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Autore: winterlover97    06/08/2016    1 recensioni
prima fanfiction nel fandom di Sherlock, siate clementi.
Detto sinceramente non tutti appaiono forti come sembrano. Allo stesso modo la stronzaggine non è che una maschera che certe volte si adotta per poter andare avanti. Tutti noi lo facciamo, voglia come meccanismo di difesa o per abitudine.
E' anche quello che fa Edith Willows, pronipote della signora Hudson, oltre ad andare bene a scuola cacciarsi nei guai per la sua lingua troppo lunga. Arrivata a Londra si stabilisce nella stanza libera, costituendo la terza inquilina di Baker Street, insieme a Sherlock Holmes e John Watson. Non farà difficoltà ad adattarsi, sia per il fatto che possiede una spiccata intelligenza, sia per il fatto che vorrebbe ricostruirsi una vita totalmente diversa da quella della vecchia Edith.
Cosa può andare storto, se non omicidi, un consulente investigativo enigmatico, un consulente criminale psicopatico ma tremendamente affascinante e la ricerca di qualcosa di banale e fin troppo scontato come la felicità.
Genere: Romantico, Slice of life, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jim Moriarty, John Watson, Nuovo personaggio, Sherlock Holmes
Note: Movieverse | Avvertimenti: Spoiler!
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Le parole feriscono più di mille spade, ricordatelo.


 

Il livido di pochi giorni prima era ancora visibile sulla mia pelle al di sopra dell'occhio, aveva assunto un colorito che passava da giallo al viola, colore che fortunatamente un paio di occhiali da sole erano riusciti a coprire. E pensare che mi era andata bene in confronto all'altro, che se l'era cavata 'solo' con una costola incrinata, naso rotto e un piccolo problema alle parti basse. Dopo la rissa, la cosa che mi rallegrò maggiormente e che mi confortò però fu l'annuncio dei miei: sarei dovuta stare dalla mia prozia, Henrietta Hudson per un tempo a me indeterminato. L'insieme degli eventi nel complesso si era risolto in modo favorevole e vantaggioso, nonostante fossero cominciati in modo non proprio ortodosso: non avrei dovuto più vedere quegli idioti dei miei vecchi compagni di classe, sia perché che avrei iniziato l'università, sia perché mi sarei trasferita in una metropoli, dove le probabilità di incontrare qualcuno la cui tendenza a starmi sul culo è pari allo zero percento.

Al suono della sirena, scesi dal treno alla stazione King Cross, la centralissima, e chiamai un taxi. 
Il tipico taxi nero accostò al marciapiede e un uomo di mezza età scese per venirmi ad aiutarmi con i miei bagagli, che, sfortunatamente per lui, erano molto pesanti e voluminosi (tenendo conto che contenevano le cose di una vita). 

"Dove la porto?"

"Al 221B di Baker street" risposi.

"Allora si metta comoda, ci metteremo un po'. Con pioggia e traffico Londra diventa un manicomio."

Sorrisi poi guardai fuori dal finestrino: è incredibile come il clima possa cambiare così in fretta. La pioggia scendeva sulla città come un velo, leggera e fine, oscurando i contorni degli edifici, incitando i passanti a muoversi prima di essere lavati completamente da cima a fondo. Tolsi gli occhiali da sole e li riposi nella borsa, feci per sciogliere i capelli come da abitudine poi mi resi conto che in realtà li avevo tagliati in un bob mosso e corto fino ad al di sopra le spalle. Aprii la giacca di pelle e, dopo essermi messa le cuffie, mi stravaccai sul sedile e tamburellai le dita al tempo della musica.

Passò una mezz'ora che il taxista, divorziato da poco a quanto rilevava il segno sull'anulare dell'anello, mi avvertì che eravamo giunti a destinazione. Nel frattempo aveva persino smesso di piovere e un pallido sole illuminava le strade brulicanti di gente. Scaricai le valigie e la chitarra dall'auto e pagai la corsa lasciandogli il resto, poi mi girai a guardare la porta del 221B. Era verde e i numeri erano smaltati in oro, smaltatura che si stava scrostando a quanto potei notare, ed era rialzata dal livello della strada da un paio di gradini. Suonai il campanello e attesi sperando che mia zia non fosse già uscita, o che il problema alle anche che la opprimeva non le avesse dato altra scelta che una sedia a rotelle. 
"Nipotina mia! Fatti vedere! Dio mio, se cresciuta moltissimo, e, o santi numi, quel livido! Ti sei messa della pomata, del ghiaccio? Entra svelta..."
Atteggiamento tipico di mia prozia, sempre apprensiva e in costante ansia. Le sorrisi, poi la abbracciai.
"Tutto a posto, e per la cronaca, ci siamo visti al mio compleanno un paio di mesi fa. Il livido, tranquilla, è già in via di guarigione. Piuttosto hai sentito mamma e papà?"
Sembrò tranquillizzarsi.
"Si sì, li ho sentiti proprio poco fa, devo ammettere che il tuo talento di metterti nei guai è molto migliorato. Hai altri lividi? Com'è ridotto l'altro?"
"Lividi no, un paio di graffi che però sono parzialmente guariti sulle nocche..."
"O aspetta, chiamo gli altri coinquilini, sono brave persone, ci andrai d'accordissimo. Sherlock! John! Potete venire un attimo qui giù?"
"Comunque l'altro è ridotto peggio di me, se ti interessa così tanto... Un paio di lividi, escoriazioni, setto nasale rotto, una costola incrinata e un problemino alle parti basse."
Il mio discorso fu interrotto dall'arrivo di due ragazzi, l'uno biondo e basso portamento da militare uno sguardo gentile, l'altro invece alto(più di me persino), pallido, sguardo freddo e glaciale, con una maglia dai bottoni troppo tirati, che sembrarono esplodere da un momento all'altro.
"A ragazzi, lei è mia nipote, Edith Willows, starà da noi per un po', occuperà la stanza degli ospiti... Loro invece sono il dottor John Watson e Sherlock Holmes. 
"Piacere di conoscerti." Fece il primo, rendendomi la mano.
"Si, ora, dato che le presentazioni sono fatte, e i convenevoli sono inutili, scusate, sono terribilmente occupato. Dammi del tu e chiamami Sherlock comunque."
Freddo e conciso, con la voce profonda, salì le scale . Decisamente da non sottovalutare anche per come mi ha risposto. 
"Sherlock! Oh, lascialo, è fatto così, non ama la compagnia umana."
Ridacchiai. 
"L'avevo notato, così come ho notato il suo portamento tipico di un militare e il suo vizio del fumo che sta combattendo con poco successo e dimenticavo zia, ricordami di darti il numero di un buon fisioterapista, le anche vanno trattate bene."
"Bene, un'altra come Sherlock." Mormorò.
"Sono solo meno stronza, su una scala da uno a dieci, sono un sette, mentre lui invece è un nove, andando con lusso. Cambiando argomento, dove posso posare i miei bagagli?"
John sospirò rassegnato. 
"Vieni, ti faccio vedere la casa e la camera."
Tra le molteplici impressioni che mi ha dato tutto questo di sicuro una sola cosa mi è certa: non mi annoierò di certo.

Angolo autrice...
Ciao a tutti! Ecco il primo capitolo della mia storia, spero vi piaccia, è la prima su Sherlock! 

 
   
 
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