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Autore: blu panda    08/08/2016    6 recensioni
L.A., prospettiva di nuove speranze o gabbia opprimente.
Due donne diverse, agli antipodi nella loro vita precedente, si incontrano nelle sue strade che di angelico hanno ben poco. Due angeli scagliati giù dal paradiso, caduti tra la polvere e i detriti di un'esistenza che rasenta il criminale, ma che forse, insieme, riusciranno a rialzarsi.
E poi... poi Eliza brucia sotto lo sguardo della sua Dama di Ghiaccio.
Genere: Romantico, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Clarke Griffin, Lexa
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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SWEETHEART

 

Eravamo sulla porta dello studio di Eli, pronti a separarci. Sembrava un'eternità da quando l'avevo visto l'ultima volta: ora, con quel camice bianco sembrava un uomo, non più il ragazzino pelle e ossa che viveva vicino a me.
<< Mi ha davvero fatto piacere rivederti, Eliza. Dovremmo prenderci una birra insieme, qualche volta >>.
Era stato gentile: nonostante il mio problema non fosse proprio la sua specialità si era offerto di dare un'occhiata in nome dei vecchi tempi. In quel caldo pomeriggio di settembre, quando l'avevo incontrato, non avevamo nessun conto in sospeso, non ci vedevamo da
anni, eppure mi aveva teso una mano.
Così gli sorrisi, assicurandogli che si, mi avrebbe fatto un immenso piacere rivederlo.
Con un ultimo abbraccio affettuoso mi congedai, percorrendo a ritroso la strada verso l'esterno.
Quel giorno pareva davvero autunno, almeno in quella parte di città: la strada per la stazione del bus era costeggiata di alberi dalle foglie ramate e scure, che cominciavano a seccare e cadere sulla testa dei passanti.
Mi piaceva quel periodo dell'anno, così freddo da tentarti di rimanere sotto le coperte, la mattina presto, ma non così tanto da rinchiudersi in casa. Si poteva passeggiare senza che le dita si intirizzissero e scaldare il naso nel fumo del caffè di qualche baracchino.
Ma queste cose le avevo imparate qui. In Australia era raro aver bisogno di un maglione.
Persa nel guardare in alto non avevo più la cognizione del tempo, né ero del tutto certa di dove fossi. Tornai in me quando uno strattone mi riscosse.
In una frazione di secondo, mi ritrovai addossata al muro di un vicolo, un energumeno che mi teneva ferma con un solo braccio schiacciato contro il collo.
Il cuore cominciò a battere come quello di un colibrì, tanto ero spaventata.
In un lampo passai in rassegna tutte le peggiori cose che mi sarebbero potute capitare. Ma nessuna di quelle era più spaventosa di ciò che mi si parò davanti: un incubo sotto forma di uomo, che sbucò dalle tenebre come se ne fosse stato creato.
Avrei riconosciuto quella voce tra mille. Vedere la sua fronte alta, le labbra strette, il torace massiccio, mi confermò solo le mie paure.
<< Quanto tempo, Eliza! >>, esclamò, allargando le mani in segno di saluto. << Quasi quasi ho pensato che mi stessi evitano! >>,.
Lo fissai con gli occhi sgranati colmi di terrore.
<< Ma poi mi sono detto: “Ehi! Siamo così amici, Eliza ed io! Perché mai dovrebbe fare una cosa del genere! D'altronde, non mi deve certo ventimila dollari”, Non è vero? >>, La sua voce era cresciuta ed era diventata un urlo, mentre pronunciava l'ultima frase.
Trattenni il fiato e serrai gli occhi, stringendo quel braccio che mi impediva qualsiasi movimento.
Se avessi avuto qualcuno da pregare, l'avrei già fatto.
Jason si era fatto più vicino. << Zuccherino >>, mi chiamò con la voce vellutata, << Davvero io non ti voglio fare del male. Ma tu mi costringi... I debiti vanno saldati, lo sai anche tu >>.
<< Ti ho dato tutto quello che avevo! >>, cercai di difendermi, con un filo di voce.
<< Ah, lo so bene. Mai io in qualche modo dovrò pur campare! >>.
<< Anche io devo campare! >>.
Mi guardò con il rimpianto con cui si guardano i figli ormai cresciuti. Che viscido figlio di puttana.
<< Non facevi tutte queste storie una volta. Ricordo che sei venuta da me in lacrime, sconvolta. Ti sei seduta sul mio divano e non smettevi più di tremare! Proprio come ora >>.
Non sapevo più cosa dire. Aveva il coltello dalla parte del manico... Sperai che non volesse usarlo.
<< Ti prego, lasciami andare >>, tentai. Trattenevo le lacrime a stento, per puro orgoglio.
Se avesse voluto farmi del male, non avrei fatto la vittima. Non mi avrebbe vista piangere.
Jason però mi sorprese: << Ma certo che ti lascio andare, sciocchina! >>, esclamò, ridendo.
Fu un lampo: in un attimo era tornato serio, affilato come una lama.
<< In ogni caso, hai due giorni. Poi ti scoverò e ti verrò a prendere. E se non potrò riavere quei ventimila dollari, mi prenderò altro, Eliza. E una sola scopata non li vale, tutti quei bigliettoni. Quindi preparati. Buona fortuna zuccherino >>, e mi strizzò l'occhio.
Ad un gesto della sua mano, lo scagnozzo mi lasciò andare.
Senza più il sostegno del suo braccio, le ginocchia mi cedettero e scivolai a terra.
Di colpo fui di nuovo la ragazzina spaventata di pochi anni prima
Non so quanto rimasi li, con la testa tra le mani, premendo forte per trattenere tutto dentro, come se da un momento all'altro potesse esplodere.
Era calata la sera quando mi rialzai da quel vicolo umido.
Si, dovevo andare. Ero talmente spossata da non avere nemmeno la forza di avere paura. Sapevo che era un'illusione, che ero solo sotto shock: avevo visto cosa succedeva a chi non ripagava i debiti con Jason e non volevo che capitasse anche a me.
Gli dovevo ventimila dollari. Ventimila dollari... e avevo a malapena i soldi per pagarmi l'autobus.

 

Non so bene perché presi quel bus visto che avrei dovuto andare in tutt'altra direzione.
Però con i pochi spiccioli che mi erano rimasti dalla spesa di quella mattina non potevo permettermi un'altra corsa.
O forse non volevo.
Scesi dal bus, incamminandomi nell'unica direzione familiare.
<< Si? >> gracchiò il citofono.
<< Alycia, sono Eliza. Ti prego, aprimi >>.
<< Eliza, io non credo che... >>
<< Solo un attimo. Devo dirti delle cose >>.
Forse fu la mia voce spezzata, o forse il rumore della pioggia incessante, ma il cancello ronzò e poi scattò.
Mi precipitai dentro, ansiosa di mettere qualcosa tra me e l'esterno.
Corsi verso la dependance a tentoni, con la visuale completamente offuscata dal vapor d'acqua delle goccioline che si schiantavano sul terreno.
Alycia era sulla porta, protetta dalla veranda e stretta in un maglione che si teneva vicino al corpo. Spalancò la bocca quando mi vide. << Ma sei completamente fradicia! >>, esclamò. << Forza, vieni dentro! >>.
Alycia mi fece sedere su uno degli sgabelli e mi portò un grande asciugamani morbido. << Ti prenderai un raffreddore, Eliza. Cosa avevi nella testa? >>.
<< Non sapevo dove andare >>.
La sua voce passò dal rimprovero al preoccupato: << E' successo qualcosa a casa tua? >>.
Scossi la testa, limitandomi a dire un vago: << Non è più sicuro... >>.
<< Eliza. Parla chiaro >>, ordinò Alycia, la bocca ora contratta in una linea sottile.
Sospirai. Non mi andava di raccontare quella storia. Non mi andava che lei la sentisse. Però se ero li, mettendola forse anche in pericolo, glielo dovevo.
<< Oggi... stavo tornando da casa della mia amica quando... >>.
<< Non sei andata da una tua amica >>, mi interruppe, la voce come uno schiocco di frusta, << Smettila di fingere. Ti ho vista >>
Sgranai gli occhi: << Mi hai seguita? >>
<< Si >>, ammise << So che non sono affari miei, ma non mi piace essere presa in giro. E quando ti ho vista uscire da quel palazzo subito dopo essere entrata, mi è venuto il sospetto. Mi do della stupida per aver anche solo pensato che... Non avrei dovuto >>
<< E sei così arrabbiata perché hai visto Eli >>, constatai.
<< Se è quel gigante col camice da medico, allora si, l'ho visto >>.
<< E hai pensato che tra noi ci fosse qualcosa >>.
<< Eravate molto più intimi che una paziente col suo medico >>.
<< Siamo amici da anni. Ha solo acconsentito a visitarmi nonostante non abbia l'assicurazione medica. Mi dispiace di averti mentito Alycia, ma io mi vergogno di quello che è successo. E non ero pronta a parlarne >>.
<< Spiegati meglio >>, disse, affilando lo sguardo. Stava sondando la verità nella mia voce: la cosa più semplice era dirgliela.
<< Tempo fa non ero così nemmeno io, proprio come te. Non ero perennemente sul lastrico. Correvo in moto, come ora, ma era legale, c'erano i campionati, i medici, i meccanici, delle piste vere. Ero bravina, mi stavo qualificando per la finale nazionale, in Australia.
All'ultimo, un incidente come quello dell'altra volta mi ha distrutto la carriera.
Avevo il ginocchio in pezzi, tanto da non riuscire più a reggermi in piedi e non avevo i soldi per pagare un'operazione così costosa. E allora... >>, feci un grosso respiro. << Allora mi sono rivolta ad uno strozzino, contando di tornare a gareggiare subito dopo l'operazione. Ma la riabilitazione è stata più lunga del previsto. E una volta tornata, non c'era più posto per me >>.
<< E non hai potuto pagare il debito >>, concluse Alycia per me.
<< Già >>, confessai << Sono scappata. Mi sono nascosta il meglio possibile. Ma mi ha trovata, proprio oggi. Ha detto che rivuole i soldi entro due giorni, e avevo paura a tornare a casa >>.
Non riuscii più a trattenermi. La voce mi si incrinò e scoppiai in lacrime.
Alycia mi mise l'asciugamano intorno alle spalle e mi venne vicina, circondandomi con le sue braccia, come se fosse la mia corazza. Le abbracciai la vita e lei mi tenne stretta, carezzandomi la schiena e i capelli fradici.
E fu una crisi di pianto senza precedenti: quell'uomo mi spaventava a morte, le sue minacce mi facevano raggelare d'orrore fino alle ossa.
Rabbrividii.
<< Hai ancora freddo? >>.
Annuii. Le braccia d Alycia mi strinsero più forte. Alzai gli occhi verso di lei, per sorriderle, cercando di farle sapere quanto le fossi grata.
E mi trovai le sue labbra sulle mie, per la seconda volta in quel giorno. Fu un bacio diverso: non era vorace, passionale, infuocato.
Fu dolce, una ventata fresca sul mio viso congestionato dal pianto. Mi stava baciando perché dimenticassi, come un incantesimo d'oblio.
Il bacio si fece sempre più intenso, le sue labbra aperte erano la porta per l'inferno.
Quella ragazza non mi lasciava il tempo d'erigere barriere abbastanza alte che già tornava all'attacco.
Questa volta non sarei riuscita a mantenere il controllo per entrambe. Con l'ultimo briciolo di sanità mentale le misi le mani sulle guance e la allontanai quel tanto che bastava per guardarla negli occhi: << Sei sicura? >>. non c'era bisogno di specificare ulteriormente.
Alycia asserì con il capo, le gote arrossate.
Senza più barriere, con il suo tacito assenso dalla mia, le sfiorai la pelle nuda sotto al maglione, facendola sussultare. Sospirò sulle mie labbra.
Notai il suo tentennamento: doveva essere la prima volta che toccava una donna in quella maniera. Le sorrisi, cercando d'essere rassicurante.
In una camera totalmente dipinta di verde, la feci stendere sotto di me, continuando a carezzarla come un gatto impaurito.
La verità era che i suoi baci mi davano alla testa come fossero vino dolce.
Quando mi sfilò la maglia, capii che non avrei più avuto la forza di fermarmi.
Mi chinai per baciare un seno di Alycia, tesa come una corda di violino. Appena la mia lingua le circondò un capezzolo le sue mani, su di me, si bloccarono. Si lasciò sfuggire un gemito.
Stavo facendo l'amore con lei, e questo non mi sembrava vero. Le sorrisi sulla bocca.
<< Cosa c'è? >>.
La fissai negli occhi, per farle capire che si, ero seria: << Sei bellissima >>.
Alycia rise.
<< Non fare la stupida. Torna a baciarmi >>.
 


Nella foresta del Panda

Buongiorno a tutti!
Lo so, è un capitolo cortissimo... Scusate.
Sto cercando di bilanciare i capitoli iniziali con quelli finali, usando il capitolo POV Alycia come una specie di fulcro, di perno.
Non è per niente funzionale alla storia, ma a mio parere da un po' di ordine e simmetria. No, giuro che non sono pazza. Spero solo di riuscire a produrre qualcosa più lungo di 1900 parole... -.-" Comunque, a buon intenditore poche parole: come avret capito la storia è entrata nella sua parte terminale, è quasi finita. Manca davvero poco e ho le idee chiare su dove andare a parare. *Me che sfoglio una margheritina dicendo "poiana... non poiana... poiana...". Chissà!
A presto!

Blu Panda 
 

  
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