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Autore: Emmastory    10/08/2016    5 recensioni
L'esistenza del regno di Aveiron continua, e Rain, nostra eroina in questo racconto, si impegna a mantenere il sorriso e la positività nonostante tutto quello che è costretta a vivere e sopportare. Fame, miseria e povertà dilaniano l'anima degli abitanti come belve feroci, e lei, addolorata per la perdita del suo tanto amato Stefan, ora scomparso per mano ignota, agisce come può per ritrovarlo e affrontare, con il suo aiuto, la minaccia dei Ladri, esseri ignobili che da tempo popolano il regno seminando terrore nei cuori della gente. Fiduciosa, è convinta dell'esistenza di un barlume di luce alla fine del tunnel che rappresenta la sua tormentata vita, in cui felicità e dolore danzano allo stesso e concitato ritmo. (Seguito di "Le cronache di Aveiron: Dimenticati)
Genere: Avventura, Azione, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Le cronache di Aveiron'
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Le-cronache-di-Aveiron-II-mod
 
 
Capitolo XX

Doni dal cielo sulla nuda terra

Lunghi sono stati i mesi ormai volti al termine, e altrettanto lunghe le giornate che li hanno caratterizzata. La quiete, merce per me e Stefan ormai rara, si è fortunatamente protratta, e nel giorno della visita dei miei genitori, mio padre ha finalmente trovato il coraggio e il modo di scusarsi con Stefan di ogni torto che lo aveva costretto a subire. Tutti i dissapori che sembravano esserci sono ormai acqua passata, e nonostante il lasso di tempo trascorso da allora, le esatte parole pronunciate da mio padre quella sera sono state letteralmente scolpite nella mia memoria. “Mi dispiace. Mi dispiace per tutto il male che ti ho causato, ragazzo mio. Ora so che tu ami mia figlia, e soltanto guardandoti riesco a capire che faresti di tutto per lei. L’hai protetta e amata per tutto questo tempo, e guardatevi. Giovani, innamorati e felici. State per avere una figlia. Sappiate entrambi che ne sono felice, e non posso fare altro che augurarvi buona fortuna.” Un discorso chiaro e fluido, che trovando la libertà grazie alla sua voce, è giunto fino alle nostre orecchie. Nessuno di noi si è permesso di interromperlo, e ringraziandolo, lo abbracciammo, facendo poi la stessa cosa con la mia adorata madre, donna bella, dolce e incredibilmente sensibile, che data tale qualità, non riuscì a trattenersi né a smettere di piangere. Un semplice ma forte abbraccio ci avvicinò, e in quel momento, qualcosa accadde. Dopo quanto era accaduto, vederli mentre erano sul punto di andarsene era per me insopportabile, così, in uno slancio di generosità, mi offrii di farli restare per la notte. Essendo entrambi troppo orgogliosi, avevano inizialmente rifiutato, ma sentendo dei tuoni in lontananza, e successivamente lo scrosciare della pioggia, si erano convinti. In fin dei conti, per noi non era certo un problema. La casa era grande, e ben due camere erano rimaste inutilizzate. Parlandone, Stefan ed io avevamo sapientemente deciso che una avrebbe accolto nostra figlia, mentre l’altra avrebbe potuto avere molteplici usi, incluso l’ospitare dei visi amici per qualche notte. Scuotendo la testa, distolsi l’attenzione dai quei felici ricordi, tornando quindi a concentrarmi sul giorno che era da poco iniziato. Il pomeriggio si apprestava a prendere il posto del dorato mattino, ed ero impegnata a leggere una nuova lettera, speditami stavolta dalla mia amica Samira. Poche righe scritte in maniera semplice e riservata, che mi informavano di un importante avvenimento nella sua vita. Con mia grande gioia, scoprii che la sua buona stella aveva deciso di sorriderle, dandole modo di incontrare un ragazzo a suo dire meraviglioso, che a suo dire, non aveva tardato a diventare l’amore della sua vita. Continuando a leggere, scoprii che si chiamava Soren, ma per mia nera sfortuna, quello fu l’unico dettaglio che diede. Volendo mostrare la sua felicità, aveva espresso un preciso desiderio, secondo il quale, un giorno avrei dovuto conoscerlo. Nel leggere quelle parole, sorrisi. Conoscendola, sapevo che Samira era una vera sognatrice, e che nulla l’avrebbe mai indotta ad abbandonare i suoi stessi sogni, fossero quelli legati all’amore o alla sua libertà d’espressione. Con il calar della sera, mostrai quella lettera a Stefan, che leggendola, rise di gusto. “Potreste essere gemelle.” Commentò poi, continuando a ridere. A quelle parole, non risposi, limitandomi a guardarlo. “Scusa.” Soffiò infine, stringendomi in un delicato abbraccio. “Non scusarti.” Azzardai, provando quasi istintivamente a difenderlo e far passare i miei problemi in secondo piano. Ad ogni modo, le ore passarono, e prima di dormire, mi accoccolai come una serafica gatta fra le sue braccia, lasciandomi carezzare e baciare da lui. Intuendo il mio volere, non accennò a fermarsi, capendo che in quel momento il sonno era fuori discussione. Alcuni piccoli ma dolci baci raggiunsero il mio collo e le mie labbra, ma gemendo per un improvviso dolore allo stomaco, fui costretta a fermarmi. Inizialmente incredulo, Stefan mi guardò senza parlare né capire, ma nonostante tutto, i suoi occhi tradivano paura. “Stefan…” biascicai, sentendo le forze abbandonarmi lentamente. “Sono qui amore, dimmi, cosa ti serve?” chiese, facendosi subito serio e mostrandosi pronto all’azione. Aprendo la bocca, mi sforzai per parlare, ma un secondo gemito di dolore parve soffocarmi. “Devi… devi chiamare tuo padre!” gridai, colta per l’ennesima volta da un dolore ancor più acuto. “Cosa? È notte fonda, ed è troppo lontano!” disse, tentando di giustificare in qualche modo la sua immobilità. Intanto il tempo scorreva, e con gli occhi velati dalle lacrime, lo pregai. Alzandosi subito in piedi, Stefan corse via da me, e uscendo di casa, urlò con quanto fiato avesse in gola per attirare l’attenzione. Forse il dottor Patrick non lo avrebbe sentito, ma poco importava. Sapeva bene che avevo bisogno di aiuto, e anche l’ausilio di una sconosciuta anima ci avrebbe allietati entrambi. In quel momento, un colpo di fortuna. La folle corsa di Stefan lo portò proprio davanti a casa di suo padre, e bussando, entrò facendo subito il mio nome. Agendo d’istinto, il dottore lo seguì correndo più veloce che potesse, e tornando a casa, entrambi riuscirono ad aiutarmi. Non volendo intralciare il lavoro di un dottore esperto quanto suo padre, Stefan rimase in disparte, limitandosi a tenermi la mano e sussurrare frasi di incoraggiamento. “Andrà tutto bene.” Diceva, faticando a mantenere la calma e il sangue freddo. Anche se lentamente, le lancette del tempo continuavano a muoversi, e mentre qualcosa nel mio corpo mutava, il dolore che sentivo non accennava a diminuire. “È quasi fatta Rain, respira.” Mi disse poi il dottore, guardandomi negli occhi con aria sicura. Mantenendo il silenzio, annuii, e dando fondo alle mie ultime energie, feci un ultimo sforzo. Spossata, crollai sul letto, e chiudendo gli occhi per uno sporadico attimo, mi allontanai mentalmente dal resto del mondo. Ero ancora cosciente, ma stanchissima. Non riuscivo infatti a tenere gli occhi aperti, e proprio nel momento in cui credetti di cedere e perdere i sensi, eccolo. Un pianto, ma non uno qualunque, bensì quello della mia amata bambina. Aprendo gli occhi, lasciai che il dottore me la posasse in braccio, e guardandola, iniziai a piangere. “Le manca solo un nome." Osservò Stefan, dopo aver deposto un piccolo bacio sulla mia guancia. “Terra.” Dissi, felice e finalmente calma. Lacrime di gioia mi solcarono il volto, e proprio allora, qualcuno bussò alla porta. Precipitandosi ad aprire, Stefan si accorse dei miei genitori. A quanto sembrava, le mie urla dovevano averli svegliati, e una volta in piedi, avevano deciso di farmi visita per accertarsi delle mie condizioni, scoprendo solo allora l’ingresso nel mondo della loro nipotina. Una creatura dolce e indifesa, che tutti avremmo amato senza riserve fino all’ora della nostra ineluttabile morte. Sapevo bene che avevano qualcosa di molto importante da dirmi, ma in quel momento, anche il segreto più recondito e nascosto passò in secondo piano. Quella sera, non mi interessai di nulla eccetto che di Stefan e di nostra figlia. Quella dolce bimba non lo sapeva, e ne era difatti all’oscuro, ma proprio come tante altre cose, lei era un dono del cielo su questa nuda terra. Chiaro era che molte cose ancora non quadrassero. “Come avrebbe reagito Drake? Dove si nascondevano i Ladri? E soprattutto, dov’era mia sorella?” domande che mi ponevo parlando con me stessa, e che avrebbero certamente trovato una risposta, anche se solo nel momento in cui fossi riuscita a svelare gli antichi segreti presenti nel regno.    
   
 
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