Il perenne frastuono della città non sembrava
cessare mai, ma non avrebbe mai potuto odiarlo per nulla al mondo.
Essendo sempre confinato in casa per via del lavoro, Luciel attendeva
impazientemente l'arrivo del suo giorno di riposo come un bambino aspettava
speranzoso il giorno del suo compleanno. Non faceva altro che stare seduto
davanti a un monocromatico monitor, cercando strenuamente informazioni delle
quali non potrebbe importargliene di meno, ma il mondo girava attorno ai soldi,
e lui non poteva di certo sottrarsi a quella cruda legge emanata dall'uomo
stesso. Non odiava il suo lavoro, anzi, però doveva ammettere che poteva essere
davvero stancante a volte. E poi i guadagni non erano certo miseri, quindi non
era certo nella posizione per lamentarsi.
Luciel si guardò intorno, osservando attentamente ogni singola porzione del
candido manto azzurro sul suo capo e ogni singolo edificio: era sempre
entusiasta all'idea di uscire e vedere di nuovo il mondo che lo circondava, e
voleva prestare attenzione ad ogni singolo particolare di quel teatro che era
la vita. Persino i gas di scarico delle macchine, i clacson impertinenti e le
insegne dei negozi erano dettagli degni di essere considerati. Fischiettò
divertito dallo spettacolo che si ritrovava davanti, iniziando a indossare una cuffietta
in un orecchio. Ogni esibizione doveva avere un sottofondo musicale, no?
«Ehy, ragazzo!»
Una voce gentile sembrò voler attirare la sua attenzione, era così delicata e
armoniosa da poter essere paragonata a un fiore sul punto di sbocciare. Si
girò, l'altra cuffietta rimasta sospesa tra l'indice e il pollice della mano
destra per lo stupore nel vedere la persona a cui apparteneva: era una ragazza
con due brillanti smeraldi al posto degli occhi che accompagnavano alla
perfezione i suoi lunghi e mossi capelli dorati. L'aurea che emanava era quella
di un fascino assolutamente maturo, ma allo stesso tempo il suo corpo era così
minuto e fragile da sembrare potersi spezzare da un momento all'altro. Si
trovava in un piccolo gazebo nei pressi dell'entrata del parco che aveva
opportunamente ignorato: esso era interamente decorato da fiori e piante di
ogni tipo, concedendo alla struttura un'aria decisamente romantica. Varie
piante rampicanti si estendevano sulle varie colonne, dipingendo il loro marmo
latteo di tutti i colori dei loro petali. Non era un grande appassionato di
botanica, e non poteva certo dire di avere il pollice verde, ma non poteva non
trovare terribilmente affascinanti quelle composizioni floreali che non sarebbe
mai riuscito a emulare.
«Sì, tu lì!» lei ridacchiò, e Luciel avrebbe giurato di aver appena sentito il
suo cuore saltare un battito. Non aveva idea di chi fosse o da dove venisse, ma
era sicuro che quella che si trovava dinanzi a lui era qualcuno di cui potersi
fidare. «Ti piacciono i fiori?»
«Ah.» sollevò i suoi eccentrici occhiali color giallo, annoiato al pensiero che
quella donna così bella stesse cercando di persuaderlo a comprare qualcosa. Non
sopportava trovarsi in certe situazioni. «Mi dispiace, non sono assolutamente
il tipo, heh. Con permesso-»
«Aspetta!» esclamò, cercando di non farlo andare via, o almeno, non ancora.
«Non voglio farti comprare nulla.»
Ci fu' un momento di silenzio tra di loro, ma la giovane prese subito la
parola.
«Sei felice?»
Inarcò un sopracciglio.
«Come?»
«Sei felice?» continuò. «Ti senti davvero felice? Non solo adesso, ma con te
stesso, la tua vita, il tuo lavoro... sei felice con tutto quello che hai ora?»
Luciel rimase immobile, incapace di concepire una risposta soddisfacente: il
concetto espresso dalla ragazza era fin troppo complicato per essere risposto
sul momento, e di certo non voleva deluderla con una risposta falsa! Era
davvero felice? O quel suo perenne sorriso era soltanto una maschera che
indossava per ingannare gli altri, incluso sé stesso?
Sospirò.
«Non lo so.»
«Se ti senti triste, o vorresti risollevare il morale di una persona, vieni
pure da me.» si portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio. «Vendo fiori
alle persone che si trovano in momenti difficili sperando possano essere
d'aiuto. Spero possano aiutare anche te.»
Aggrottò le sopracciglia, consentendo all' espressione di più totale sgomento
trattenuta fino ad allora di lasciare una forte nota di sorpresa sul suo viso.
Non aveva idea di chi fosse, o da dove venisse, e certe frasi contribuivano a
renderla sempre più sospetta. Si avvicinò al bancone.
«Sei davvero solo una venditrice di fiori?» la squadrò. «Sei- strana.»
Lei rise ancora una volta, e dio, quel suono così armonioso poteva appartenere
soltanto a un angelo. Poteva mai quella splendida creatura essere una persona
pericolosa?
«Mi scuso, non volevo fare una brutta impressione.» si guardò intorno, come se
fosse in cerca di qualcosa. Afferrò delicatamente un minuscolo fiore color
latte da un ramoscello colmo di fiori dello stesso tipo. Lo osservò, per poi poggiarlo
sul palmo del ragazzo.
«È un biancospino.» spiegò lei. «Significa "buona fortuna".»
«Grazie..» mormorò, in bilico tra confusione e diffidenza. Lei chiuse gli
occhi, e in quel momento i raggi del sole colpirono la sua chioma, facendola
sembrare sempre più una divinità. Luciel si trovò ad arrossire inconsciamente
di fronte alla meraviglia che stava accadendo dinanzi a lui.
«Spero di rivederti presto.»
~
"Quella ragazza era strana. Ma non sembrava pericolosa."
Almeno, era quello che continuava a pensare nonostante la figura di
quell'eccentrica ragazza fosse ormai ben lontana. Cosa voleva da lui? Cosa
poteva fare per lei? Era una richiesta che non riusciva a decifrare, o forse si
trattava soltanto di un nuovo e creativo tentativo per vendere i propri
prodotti? Sospirò sonoramente, quando ad un tratto i suoi occhi si posarono su
un'insegna probabilmente infissa da poco.
«SKY.... Cafè?» lesse, dando poi uno sguardo all'interno tramite il trasparente
vetro all'ingresso: alcuni tavoli erano sparsi per tutta la sala, occupati da
relativamente poche persone. Doveva trattarsi di un locale aperto perlopiù da
poco, e quindi bisognoso di tempo per conoscere e farsi conoscere dalla zona.
L'impressione che dava era quella di un posticino accogliente, quindi- perché
no? Non aveva certo altri impegni, poi.
Aprì la porta del negozio, e la sua entrata venne accompagnata dal lieve trillo
di un campanello. Diede una veloce occhiata all'ambiente circostante: le pareti
e il pavimento marroncine donavano al salone un'atmosfera di calma e relax, e
la rilassante musica jazz proveniente dal jukebox nell'angolo contribuiva in
questo.
«Ah! Benvenuto!» una vocina allegra e gentile sembrò richiamare la sua
attenzione, rivelando successivamente il suo proprietario: era un ragazzino
alquanto giovane e di qualche centimetro più basso di Luciel, con una
particolare chioma bionda che dava luminosità al locale e dei grandi e vispi
occhi violacei. Indossava una maglia a mezze maniche e un grembiule con varie
tonalità di blu e una forcina per contenere la frangia.
Gli sorrideva teneramente da dietro al bancone, ed era carino. Davvero carino.
Luciel si sedette su una delle sedie alte vicino al banco, un po' perché non
voleva rimanere da solo in un tavolo, un po' per avere una migliore visuale del
barista.
«Cosa posso servirti?»
Esitò, non sapendo cosa rispondergli, forse poiché non era mai stato in quel
cafè, o forse- no, no, era fuori discussione.
«Qual è la vostra specialità?»
«Oh!» esclamò, schioccando le dita. «Il nostro caffelatte, sicuramente! Su
richiesta, possiamo anche aggiungerci cioccolata in scaglie, polvere, cannella,
o-» continuò a spiegare tutti i modi in cui poteva essere preparata quella
bevanda, ai quali non prestò poi così tanta attenzione, dato che non rientrava
nei suoi interessi. Ma la passione con la quale esprimeva un concetto così
futile, il modo in cui i suoi occhi brillavano e le sue labbra si muovevano,
era tutto così stupidamente adorabile. Lui era adorabile. E l'altro non poteva
far a meno di pensarlo.
«Penso ne prenderò uno normale.» lo interruppe, sperando di fermarlo una volta
per tutte per la sua sanità mentale.
«Perfetto! Sarà pronto tra un attimo~ posso avere il tuo nome?»
Eh?
«Ecco- per scriverlo sulla tazza. Così da non confondere le varie ordinazioni!»
«Oh.» il suo cuore aveva perso un battito, ma andava tutto bene, sì, tutto a posto.
«È Luciel. Luciel Choi.»
«Okay! Allora, Luciel-»
«Seven!» lo interruppe. «Chiamami pure Seven. È il mio soprannome.»
«...Se-ven-» sillabò lentamente il suo nome, sperando di non aver fatto errori
nel pronunciarlo.
No. No, no, era troppo.
«Qual è il tuo?» scattò Seven, confuso e in balia di cosa il fato avesse in
serbo per lui.
«Uh?»
«... il tuo nome.»
«Uh...» le sue gote si impreziosirono di una lieve sfumatura rosea in seguito
all'improvvisa domanda. «Yoosung! Yoosung Kim!»
«Bello...»
Yoosung sgranò gli occhi.
«Eh?»
«Il nome!» ribattè prontamente. «È un bel nome.»
Il biondino rise, e Luciel avrebbe giurato che si trattasse del suono più bello
di sempre. «Ti ringrazio! Anche il tuo è carino.»
«Ah-» scosse il capo, ed era sicuro di star arrossendo, anche se
impercettibilmente. «Non credo. È strano, più che altro.»
«Questo non lo rende comunque meno carino di molti altri nomi! A me piace!»
Guardarono l'uno negli occhi nell'altro, lasciando incombere tra loro un
opprimente silenzio imbarazzante. Ma alla fine, entrambi stavano sorridendo
timidamente.
«Mi dispiace.» prese la parola Yoosung, il capo rivolto verso il basso. Seven
scosse il capo. «Uh, allora, il tuo caffelatte! Torno subito!»
Il ragazzino si allontanò dal bancone per raggiungere le varie macchine per il
caffè più avanti, portando via con lui quell'imbarazzo generale. Yoosung cercò
di non farsi distrarre dal calore sulle sue guance nel preparare la schiuma e
il caffè, mentre Luciel tirò un sospiro, poggiando rassegnato la testa sul
legno del bancone.
~
«Ecco qui~!»
Seven rialzò il capo, notando come prima cosa il bicchiere in cartone con il
caffelatte appena pronto e il sorriso soddisfatto del giovane. Sul boccale era
scritto con una carinissima grafia un "Seven" accompagnato da una
stellina colorata in nero. Provò a trattenere una risata.
Perché doveva essere tutto così
adorabile?
«Grazie.» iniziò a sorseggiarne un po', aspettando che il gusto amarognolo del
caffè e quello del latte si unissero in un delizioso connubio di gusto e
piacere.
«È delizioso!» disse, i suoi occhi brillanti anche dietro gli occhiali.
L'altro rise. «Ne sono felice! Sto cercando di fare qualche lavoretto dopo la
scuola per racimolare qualche soldo, così il mio club mi ha suggerito questo
posto! Mi ci trovo bene~.»
«Vai a scuola?»
«Mh-hm!»
«Quanti anni hai?» azzardò.
«Venti!»
«Ah, sei abbastanza giovane.»
«Lo so!» ridacchiò. «E tu, Seven?»
«Ventuno.»
«Ooooh, non sei chissà quanto più grande di me! Hai un lavoro?»
«Sì- cercare informazioni, roba simile.»
«Sembra fighissimo!!» esultò. «Del tipo?»
Luciel sfoggiò un sorriso enigmatico.
«Beh...»
~
Rimasero a parlare di loro per qualche ora,
Yoosung della scuola, del lavoro e di LOLOL, mentre Seven del suo lavoro e
delle patatine. Pian piano, sentivano di star diventando sempre più vicini, di
star spezzando man mano il filo dell'insicurezza che li bloccava. Seven pensava
fosse divertente stare con Yoosung, e Yoosung pensava fosse divertente stare
con Seven, nonostante quest'ultimo non perdesse occasione per stuzzicarlo. Ma
dopotutto, non gli dispiaceva più di tanto.
Quella magia durò fin quando l'orologio non scoccò le sette di sera. Luciel lo
osservò stupito, con un'impercettibile nota di tristezza sul volto.
«Aaah, dovrei davvero andare ora.»
«Eh?!» gemette l'altro. «Di già...?»
«Il tempo passa in fretta, purtroppo.» si alzò dalla sedia, procedendo verso
l'uscita. «Ma è stato bello. Buona giornata.»
«Torna presto!» fece in tempo a dire, prima di vedere il rosso svanire
chiudendo la porta alle sue spalle. Seven sogghignò, anche perché sapeva
benissimo che sarebbe sicuramente tornato.
Non riusciva a capire perché, ma improvvisamente un manto di solitudine sembrò
coprire il suo cuore. Prese la coppa usata precedentemente da lui tra le sue
mani, notando però un messaggio in codice binario sopra il nome scritto da lui.
Che fosse stato aggiunto da Seven? Provò a leggerlo ma, non conoscendo quel
tipo di linguaggio, rimanevano per lui una serie di numeri senza senso.
«01000001 01101101 01101111 0111001…?»
AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA
okay so. ho sempre seguito la cheritz e i suoi giochi, quindi ho aspettato
tantissimo mystic messenger e. non potevo non provarlo so!! now im in hell lies
down
so!! confession io amo la seven/yoosung. davvero. troppo. im ded quindi volevo
provare a scrivere qualcosa su loro due, ma dato che volevo evitare di scrivere
una fic c non ho finito al 100% il gioco ho pensato di progettare una qualche
AU and! HAH ho sempre adorato le coffee shop AU, quindi non potevo farmi
scappare l’occasione tbh. ;u;
E ho deciso di farla a capitoli bc. i. love to die
soooo… well, grazie a tutti quelli che hanno letto fin qui, se volete lasciare
una recensione fate pure, sono sempre più che accette!! wink
E AH giuro che non ho messo un codice binario a caso, lol, sono attualmente
andata a fare delle ricerche. x’ Lascio a voi il compito di vedere cosa
significhi. (?)
Alla
prossima!
_Carol_