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Autore: Samarskite    15/08/2016    2 recensioni
In cui è passato un anno dalla morte di Artù Pendragon, Ginevra cerca di fare del suo meglio e Merlino non sa bene cosa fare di se stesso ora che non è più il servitore di nessuno.
Canon Universe, 2478 parole.
Genere: Angst, Fluff, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gwen, Merlino, Principe Artù
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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The Life Song of Arthur Pendragon


 


Merlino siede in disparte, all'estrema destra del trono della Regina. 
 
Davanti a Ginevra, Leon e Percival stanno facendo il loro resoconto della ronda notturna. È passato un anno dalla morte di Morgana (“E dalla morte di Artù”, pensa Merlino con una fitta al petto) e sanno tutti molto bene che le minacce a Camelot sono ormai esigue al confronto.
Al termine del resoconto, Ginevra regala ai due Cavalieri un sorriso gentile e li congeda, rimanendo sola con Merlino nella sala del trono. 
“Cosa pensi che dovrei fare con lo stregone di cui mi hanno appena parlato Leon e Percival, Merlino?”, chiede la Regina, rivolgendogli uno sguardo penetrante.
Merlino si torce leggermente le mani, posate in grembo, a disagio. Non è la prima volta che Gwen gli chiede la sua opinione in proposito alla gestione della stregoneria nel regno e, sebbene sappiano entrambi che il segreto di Merlino non è ormai più un segreto, il mago non si sente a proprio agio nell'accontentarla. Non ha mai avuto l'occasione di parlare apertamente del proprio punto di vista in merito, se non nelle ultime ore di vita di Artù, e ora che gli è concesso non sa bene quali siano i propri sentimenti in proposito.
Ginevra, nell'arco di quest'anno, non ha mai dato mostra di notarlo.
“Qualsiasi cosa riteniate giusto fare, mia Signora”, risponde Merlino, senza guardare Gwen negli occhi.
Ginevra schiocca la lingua, in un leggero gesto d'impazienza; i suoi modi di fare sono sempre più regali e sempre meno terra a terra ogni giorno che passa, ma la sostanza e la gentilezza delle sue parole sono rimaste assiduamente immutate.
“Siamo solo io e te, Merlino. Potresti, per cortesia, guardarmi negli occhi e rivolgerti a Gwen, e non alla Regina?”, dice Ginevra con fermezza.
Merlino alza gli occhi dalle proprie mani e guarda Gwen negli occhi, come gli è stato ordinato di fare; da un anno non sa come comportarsi, con lei, non sa cosa dire, non sa come agire. 
Una volta erano lui, Artù, Ginevra e Morgana contro il mondo. Poi hanno perso Morgana, ed hanno eventualmente guadagnato Gwaine; ma sono rimasti infine solo lui e Ginevra, ed il mondo ha iniziato a sembrare così grande, imbattibile, incontrollato e confuso. 
Merlino non si sente potente, da un anno a questa parte. Non si sente euforico per essere riuscito a fare ciò che la profezia aveva previsto, non si sente combattivo, o determinato. Si sente ai margini, all'estrema destra, come lui è adesso nella sala del trono, in attesa.
Non è più il servitore di nessuno. Il suo compito è stato svolto. 
“Credo che quello stregone non abbia fatto del male a nessuno, Ginevra”, risponde infine Merlino stancamente, reprimendo i propri pensieri in un angolo della mente. “Dovresti lasciarlo in pace”. 
Ginevra annuisce e liscia con le mani le pieghe della gonna, pensosa. 
“Merlino”, dice infine, ed il mago la sente esitare per la prima volta in un anno, “posso chiederti una cosa?”.
Merlino annuisce, sentendo dipingersi sul proprio volto un'espressione confusa. “Tutto quello che vuoi”, risponde.
Ginevra sembra esitare una seconda volta, come se la risposta dell'amico potesse ferirla; quando parla, al mago risulta chiaro il perché: “Disapprovi così tanto il modo in cui io sto governando?”
La domanda di Ginevra risulta come una secchiata d'acqua ghiacciata; Merlino è così sorpreso che si lascia persino sfuggire una risatina.
Quando vede l'espressione ferita di Gwen, tuttavia, la reprime all'istante: “Perché mai dovresti pensare che io non approvi ciò che fai, Gwen? Da un anno a Camelot regnano pace e prosperità. Hai stretto molte alleanze, hai a cuore il popolo e non perseguiti chi possiede la magia. Perché dovrei disapprovare?”.
Ginevra inspira rumorosamente dalla bocca, e la apre e chiude un paio di volte prima di risolversi a rispondere: “Ogni tanto mi volto verso di te, Merlino, e ti vedo... Corrucciato? No, non corrucciato, non è il termine corretto. Ti vedo... ombroso. Ombroso è il termine appropriato”. Ginevra fa una pausa, in cui liscia nuovamente una gonna già perfetta. “Mi sento come se ci fosse qualcosa che vorresti dire, ma che non vuoi mai dirmi. Non lo so, io sto solo cercando di fare del mio meglio”.
Quando Merlino sente la voce di Gwen incrinarsi verso il termine della frase, si alza dal proprio posto e va ad inginocchiarsi davanti a lei, prendendo le sue mani fra le proprie. “No, Gwen, no. Te lo giuro, non sei tu. Tu sei un'ottima Regina e non c'è singola decisione da te presa che sia risultata sbagliata o avventata. Sei bravissima, stai facendo un ottimo lavoro. Davvero”, le dice con convinzione, ed è così. Non ha mai voluto, nemmeno per un attimo, dare a Ginevra quell'impressione. 
“Uther non sarebbe d'accordo con te”, scherza la donna, ed entrambi ridono sommessamente. Poi Gwen gli fa un piccolo sorriso ed un cenno con la testa, dando mostra di essere leggermente rassicurata. “Grazie, Merlino. Puoi andare”.
Merlino si alza, lasciando le mani della Regina, e si allontana dal trono con passo spedito. Esce dalla sala senza congedarsi da Ginevra, ma sanno entrambi che non ha importanza. 
 
 
La tomba di Artù è nei sotterranei del castello, a poca distanza da quella del padre. Ginevra vi si reca ogni dieci giorni, da sola, e vi rimane sempre per almeno un paio d'ore. Le guardie la sentono parlare, ma nessuno ha mai saputo di cosa. È un segreto tra lei ed il marito.
Merlino, invece, non c'è mai andato. Per i primi tempi è stato Gaius a consigliargli di non farlo; ma poi, anche quando l'anziano medico ha invece iniziato a proporre qualche visita, Merlino non gli ha mai dato ascolto. 
Non è che abbia paura di andarci, o che non sia in grado di elaborare un lutto. Merlino sa che lui ed Artù si rivedranno, prima o poi, è questione di pazienza. Artù, nella sua testa, è morto solo temporaneamente. Basta aspettare che Albione abbia bisogno di lui. Prima o poi, Albione avrà bisogno di lui.
 
Merlino, ora, è per la prima volta davanti alla tomba di Artù. In piedi, incerto davanti al volto di marmo del sovrano, non riesce a fare a meno di pensare al paragone della moneta, messo in atto da sua madre in quella che gli sembra quasi un'altra vita fa. 
“Siete come due facce della stessa moneta”, gli aveva detto; e quella frase gli è rimasta impressa sempre, per tutto il tempo che ha trascorso con Artù.
Nell'anno trascorso senza il sovrano ha cercato di dimenticarla, ma ora è tornata nella sua mente con prepotenza, mettendo le radici come una pianta velenosa. 
Da un anno Merlino si sente ai margini, in attesa. E questo perché non è più il servitore di nessuno. È metà di una moneta che non ha più alcun valore, perché il suo destino è stato compiuto. 
Fintanto che Artù rimane lontano da Camelot, l'esistenza di Merlino sarà sempre un'esistenza dimezzata.
Davanti al mago, la statua di Artù giace con le mani incrociate al petto, un'espressione severa ed austera che distorce il ricordo che Merlino ha di lui. Artù non era un sovrano severo, e tantomeno austero. Artù era un Re giusto, al contrario di suo padre.
Il mago ripensa alla battuta su Uther che ha fatto Ginevra poco prima, e ai gesti di disapprovazione che lo spirito del sovrano aveva compiuto quando liberato dal Regno dei Morti. Ricorda ancora il dolore sul volto di Artù dopo aver parlato con il padre, ma anche la risolutezza e la speranza derivate da quella stessa conversazione.
È lì, in quel preciso momento, che in Merlino scatta qualcosa. È quell'ingranaggio rotto, inceppato, quel tarlo non identificato che lo ha eroso da un anno a questa parte. 
Per rivedere lo spirito del padre, Artù aveva usato il Corno di Cathbhadh.
E il Corno di Cathbhadh è ancora a Camelot. 
È ancora nel castello.

 
 
Merlino non chiede a Ginevra il permesso. Merlino, senza pensarci, agisce e basta. A Ginevra potrà parlarne dopo, in caso il tentativo abbia successo. Cerca il Corno per un pomeriggio intero, ed alla fine lo trova, dove Artù lo aveva nascosto. 
Osserva l'artefatto per alcuni istanti, ripensando a come stavano le cose l'ultima volta che lo ha visto. Artù era vivo, e Leon credeva che il suo sovrano amasse la poesia. Merlino si fa scappare un sorriso ed esce dai sotterranei, salendo i gradini a due a due. 
Dice a Gaius che vuole un po' di tempo per sé, perché sa che l'anziano medico non approverebbe ciò che sta per fare. Cercherebbe di dissuaderlo, probabilmente con argomenti validi e del tutto sensati, ma Merlino in questo momento non vuole essere dissuaso. Non vuole che qualcuno gli si pari davanti e lo faccia ragionare. Vuole fare una delle tante stupidaggini che ha sempre fatto e che non hanno quasi mai avuto conseguenze, perché Artù vi ha sempre messo una pezza. 
Prende un cavallo e si avvia al galoppo verso le Pietre di Nemeton, senza dire niente a nessuno, perché in cuor suo sa che non potrebbe spiegare. 
Ha un nodo nel petto che non sente da molto tempo, quel nodo che sempre lo accompagnava quando Artù decideva di fare qualcosa di altamente proibito e a lui toccava accompagnarlo. Ha anche un nodo in gola, che gli rende quasi difficile respirare, perché ha paura di sbagliare qualcosa e creare dei guai. 
Cavalcando attraverso la foresta, tuttavia, Merlino si dice che tutto ciò non ha importanza. O forse, in cuor suo, spera che tornino i guai. E che Camelot, e Albione, abbiano di nuovo bisogno di Artù. 
 
 

Quando Merlino suona il corno ed il Velo tra i due mondi si squarcia, gli tornano in mente Gwaine, Lancillotto, Elyan, suo padre, Freya. Tutte quelle persone a cui lui voleva bene, che ha perso e che ora, in questo momento, potrebbe rivedere.
Potrebbe restare, qui alle Pietre di Nemeton, per sempre. 
Si dice che sia lo stregone più potente della Terra, sarebbe in grado di sopportarlo.
Vivrebbe qua, in questa radura, vicino al bosco. Si lascerebbe tutto alle spalle, in attesa che venga il tempo di Artù e la moneta sia di nuovo completa. 
Merlino chiude gli occhi ed attraversa il velo, mentre sente la luce inondarlo e lambire la sua pelle, i suoi vestiti, la sua mente.
Il mago tiene gli occhi fermamente chiusi finché non sente parlare una voce familiare, esitante, ed il mago sente una fitta al petto così dolorosa da farlo sussultare: “Merlino?”
Il ragazzo apre gli occhi, e vede davanti a sé la pallida sagoma di Artù. Il Re di Camelot ha la pelle marmorea, come la statua della sua tomba. Indossa l'armatura ed il mantello rosso dei Cavalieri, ed i suoi capelli biondi sono leggermente scompigliati. 
“Sire”, dice Merlino, chinando il capo. Sta lottando con tutte le sue forze per non lasciare che le sue labbra si pieghino in un sorriso melenso e le lacrime non sgorghino – non vuole che Artù lo accusi di essere una femminuccia sentimentale – ma sente di fallire miseramente.
Artù aggrotta le sopracciglia, ma il suo volto è divertito. Questa è l'espressione che ci dovrebbe essere sulla tomba di Artù, pensa fugacemente Merlino. “Che ci fai qua?”, gli chiede il sovrano.
Merlino scuote le spalle, mentre sente i suoi occhi diventare minacciosamente lucidi. “Volevo vedervi”, dice, tirando su con il naso.
“Ed hai pensato al Corno di Cathbhadh solo dopo un anno?”, chiede Artù con voce incredula e canzonatoria. 
Merlino scoppia a ridere, sommesso: “L'avete sempre detto che sono un idiota, no? Ho bisogno dei miei tempi per elaborare soluzioni geniali”. 
Artù si lascia andare ad un sorriso, ed il cipiglio scompare per pochi secondi.
Il sovrano china il capo ma, quando lo rialza, è già di nuovo corrucciato: “Che ti succede, Merlino?”.
Il mago rimane in silenzio, senza sapere bene cosa dire, così Artù parla di nuovo, allargando le braccia in un gesto confuso: “Vi osservo. Osservo te, Ginevra, Leon, Percival, e so che loro stanno facendo del loro meglio, ma tu... non ti ho mai visto così...”. Artù si interrompe e osserva assente il terreno, cercando un termine che descriva le proprie sensazioni. 
“Ombroso?”, supplisce Merlino con tono di voce divertito, usando le parole di Ginevra – perché, davvero, Dio li fa e li accoppia.
Artù solleva lo sguardo: “Ombroso. È l'aggettivo corretto. Il tuo vocabolario si è evoluto, vedo”. 
Merlino sorride ma scuote di nuovo le spalle, non sapendo come giustificarsi davanti alla stessa domanda postagli per la seconda volta nel giro di ventiquattro ore. “Non lo so, Artù. Ve l'ho già detto, io sono nato per servirvi, lo so. Ora che non posso più farlo, mi sento come perso. Senza scopo”. Il mago fa una pausa. “Non ha nemmeno più senso svolgere in ritardo le solite mansioni, se non ci siete voi a riempirmi di insulti”. 
Artù fa schioccare la lingua, pensieroso, e muove un passo verso il proprio servitore: “Per quanto mi risulti ancora impossibile da credere, sei il mago più potente della Terra, Merlino. Per te, l'Eternità risulta un battito di ciglia. Verrà di nuovo il tempo in cui io tornerò tra i vivi e dovrò sorbirmi tutte le tue chiacchiere ed i tuoi ritardi, non ti preoccupare, ma non è questo”. Il sovrano guarda lo stregone negli occhi, con la benevolenza che ha sempre mostrato verso di lui solo nei momenti più difficili. “Fino ad allora, Merlino, bada a Ginevra, proteggi Camelot, tieni lucidata la mia armatura e puliti i miei stivali. Non. Battere. La fiacca”. 
Merlino scoppia a ridere e si passa una manica della giacca sugli occhi, cercando di non piangere. Annuisce, e cerca di inghiottire il nodo che gli stringe la gola.
“Mancate a tutti, Artù“, dice Merlino con voce incerta. “Non ho idea di come sia possibile sentire la mancanza di un testone come voi, ma mancate davvero a tutti”.
Artù ride e allunga una mano verso la spalla di Merlino; il mago crede che stia per ricevere uno spintone, invece lo spirito lo attira in un abbraccio. 
Abbracciare Artù è strano; Merlino si aspettava che lo spirito fosse freddo come il ghiaccio, ed invece possiede il solito calore che il corpo del sovrano emanava da vivo.
“Vai, ora”, gli dice Artù, e la sua voce sembra leggermente commossa, ma Merlino tace perché sa che il Re non lo ammetterebbe mai. “O rimarrai bloccato nell’Aldilà per sempre”.
“Potrei farci un pensierino”, scherza il mago, mentre il sovrano scioglie l'abbraccio e si allontana da lui. 
Artù alza gli occhi al cielo. “Non ti conviene, Merlino. Se è possibile, Gwaine parla ancora più di te”. 
Merlino ride di nuovo ed osserva il sovrano per l'ultima volta: “Tornerò con Ginevra”, gli promette. Artù annuisce, veramente serio per la prima volta in quell'incontro. “Ci conto. A presto, Merlino, e non voltarti”.
Il mago annuisce, fa un cenno con la mano e si volta per oltrepassare lo squarcio nel Velo. “A presto, Artù”. 


 

For you, I'd wait 'til kingdom come, until my day is done.
And say you'll come, and set me free, just say you'll wait, you'll wait for me.

In your tears and in your blood, in your fire and in your flood,
I hear you laugh, I heard you sing: "I wouldn't change a single thing."

 
 


 
Io ho una proposta. Facciamo tutti finta che questa mini-one shot sia canon. Anzi, facciamo così, patto letterario manzoniano tra lettori e scrittrice: facciamo che ho trovato lo script di un episodio postumo introducendomi illegalmente nella BBC, ed ho deciso di trasporlo in questa storia. Facciamo tutti finta che sia così, oppure io il finale di Merlin non riesco a sopportarlo (visto venerdì, pianto come una fontana. So che sono in ritardo di quattro anni ma ehi, a chi importa?).
A novembre sarebbe stato un anno di inattività di questo profilo, e probabilmente se non mi fossi sparata cinque stagioni di Merlin in un'estate sarebbe stato un anniversario avveratosi, perché ormai è da gennaio che non tocco Word. Avevo iniziato una Larry che prometteva molto bene, ma poi mi sono semplicemente persa, ho perso la verve, ho perso la voglia ed ho smesso di interessarmi agli One Direction (lo so, vero? Il tunnel della disperazione da fangirling forse non sempre è infinito) e quindi, di conseguenza, ho iniziato a considerare di eliminare questo profilo, ho di metterlo in modalità reader come ha fatto paperdreams.
Non credo che alla fine lo eliminerò (a meno che qualcuno non mi contatti ed io faccia la felice fine di Anna Todd, Ilaria Soragni e Cristina Chiperi, ma ne dubito) perché sono più che altro legata alle recensioni ed ai commenti - ma sicuramente il tempo delle fanfiction Larry sta iniziando a vedere il suo tramonto.
Terrò questo profilo come unico modo che ho di gestire la morte dei fictional character, una specie di coping mechanism in cui scrivo fanfiction commemorative - cosa che si è avverata con Vincent Nigel Murray, si è avverata con Allison Argent e sicuramente si avvererà se qualcuno tirerà le cuoia nella season finale di Teen Wolf.
Spero che voi abbiate sofferto quanto me nel leggere quest fic, perché mal comune mezzo gaudio e a me soffrire da sola non piace.
Fatemi sapere, aspetto vostri commenti.

Sam (@passatger)


 
  
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