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Autore: MadLucy    15/08/2016    1 recensioni
{Tom/Harry | angst | what if | same age!AU | summarize your otp}
Da una parte c'è l'avidità, dall'altra Harry. Poi c'è l'avidità di Harry. Ciò che coniuga il gretto raspare fino a graffiare il fondo di ogni limite e l'unica cosa che abbia avuto l'impressione, durante la sua vita, non di rapinare a precedenti proprietari, ma che gli fosse stata regalata, dalla casuale fonte dispensatrice che con la stessa disinvoltura l'ha coperto di onte e scorni. La macchia della sola isola senza violenza in un mare di petrolio.
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Tom O. Riddle | Coppie: Harry/Voldemort
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
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Afraid




Harry è stato molte volte in questo studio, e mai malvolentieri come ora.
«Mi dica la verità» intima, restando in piedi nonostante la sedia scostata per lui, con la determinazione che accompagna il respingimento di ogni indoratura. «Lei crede che per Tom sia troppo tardi?»
Silente studia l'ardimento giovane che accende rubizze le guance del ragazzo davanti alla difficoltà, quell'energia attiva, e sa che non dovrebbe farlo con tristezza, bensì con commozione, in virtù della trasmissione contagiosa della speranza. Però è un caso particolare, ricorda la pena che ha provato per se stesso quando tutto è finito.
«É ormai oltre l'aiuto dei più, me stesso incluso. Ma non è detta l'ultima parola» confessa.
«Sono contento di sentirlo, perchè è ciò di cui sono convinto anch'io.» Silente nota che il petto di Harry si solleva e ritrae in un sospiro di lieve rilassamento. Intreccia le dita nodose sulla scrivania, in apprensione.
«Si tratta di una situazione molto delicata. Come si suol dire, sta tenendo il piede in due scarpe. Intende acquisire potere, spazzando via qualsiasi cosa si interponga, eppure non è ancora disposto a lasciarti andare. É rimasto molto infantile, da quel punto di vista. Si rende conto che sei una zavorra, ma è così arrogante da ritenersi abbastanza forte da poterti trainare fin lì dove vuole arrivare, anche di peso, anche recalcitrante, se necessario.»
Non c'è bisogno che lo dica. Harry conosce la mente di Tom, i potenziali sviluppi, il metodo con cui si diramano nuovi corridoi. É un antro in cui ha dovuto calarsi, anche quando la temperatura gli ha fatto venire la pelle d'oca o il pavimento era tremendamente sdrucciolevole, soprattutto in quel caso. Da una parte c'è l'avidità, dall'altra Harry. Poi c'è l'avidità di Harry. Ciò che coniuga il gretto raspare fino a graffiare il fondo di ogni limite e l'unica cosa che abbia avuto l'impressione, durante la sua vita, non di rapinare a precedenti proprietari, ma che gli fosse stata regalata, dalla casuale fonte dispensatrice che con la stessa disinvoltura l'ha coperto di onte e scorni. La macchia della sola isola senza violenza in un mare di petrolio.
«Lui soffre nel farmi del male.» Harry realizza di suonare sdolcinato, irragionevole, aggiusta il tiro. «Voglio dire, teme di non riconoscermi più se mi danneggia il cervello, non rischierà troppo.»
Silente sembra ulteriormente immalinconirsi. «É un tuo diritto tentare, ragazzo mio, ma non un tuo dovere. É ciò che vuoi?»
Ancora non riesce a risalire alla verità, se a guidarlo come una lucciola verso Tom sia stata la fumosità del suo fascino, l'iridescenza azzurrina e madreperlacea del suo volto, il taglio dei suoi occhi, o la sterilità di quella mutilazione da cui entrambi sono partiti, un buco a terra, quando la mente non può essere nemmeno un antro... Si scorgono in rilievo solo radici monche come sistema circolatorio che irrora le zolle, sassi che cadono a tradimento. Angoli scomodi in cui impari ad adeguare gli arti, il collo, a cui permetti di storpiarti. Il silenzio che hai in testa quando avverti che in quel preciso istante nessuno sta pensando a te. Lo schiocco che fanno le labbra dei pesci. Una linea libera. Un ronzio sordo che ti instupidisci abbastanza da credere che lo riprodurrai ancora tu stesso lungo tutto il tunnel della tua esistenza, un riflesso nervoso cronico. Harry non ha idea di quanto può essere difficile sporgere il naso fuori da lì, all'aria aperta, ed interagire con chi è nato in superficie, perchè per lui è stato facile. Però si avvicina più degli altri ad immaginare. Si ha gli stessi segreti di chi ha la propria provenienza emotiva, da prima di incontrarsi. É una questione di fortuna, c'è chi ne esce sano e salvo e chi lì sotto ha inspirato un bacillo, si è beccato una fame antivitale, autofagica, una perversione dell'istinto di conservazione. 
«É ciò che voglio» dichiara Harry. Silente annuisce, perchè non l'ha dubitato, e comunque sentiva che era giusto metterlo al corrente che non è mai gravato un compito su di lui.
«Tom ignora ostinatamente l'ovvio nesso che annientando l'ordine della realtà in cui vivi annienta anche te. Che asportarti non è una vera soluzione, è un capriccio. Non si può rubare al mondo che si vuole distruggere. Alla fine apparirà inevitabile, nella manifestazione più brutale possibile, che dovrà scegliere.»
Dovresti trattarti meglio, gli bisbiglia Harry, quando Tom legge anche al buio e lui gli toglie i libri da sotto gli occhi stanchi, quando gli accarezza i capelli e accetta di non farsi capire, di non penetrare le schiene dei suoi mostri, augurandosi che qualcosa filtri lo stesso per osmosi. Se Tom non lo fa, gli sforzi del suo affetto sono inutili, cure palliative. Deve partire dalla sorgente, lì dove l'infezione ha attecchito. Harry può solo promettere di stare dov'è, a fungere da motivazione, a rappresentare un'entropia gratificante. Trattiene il fiato. «É questo che mi fa paura, signore.»
«Tutto ciò su cui posso giurare, qui e adesso,» pronuncia Silente con dolcezza, «è che tu farai sempre la scelta giusta.»
Gli fa stringere la bocca con veemenza. «Non è sufficiente.»
«É tanto. Se non lo fosse stato, lui non avrebbe mai avuto un'alternativa.»
Harry è assorto in qualche fotogramma, in movimento dietro le sue palpebre. La divisa che splendeva sempre, la voce cortese e accordata come un violino. Il modo puntuale con cui si erano incastrati, senza badare alle macroscopiche incongruenze, Tom che lascia un posto nella propria camera per il suo disordine, la sua sciatteria da adolescente nella media.
«Più il tempo passa, più ho il presentimento di non potergli dare quello che cerca.»
«Puoi farlo felice, tu stesso lo ammetti.»
Sta tutto lì. Harry sorride mesto. «Non sono più sicuro che voglia essere felice.»
Silente non obietta. «E se così fosse?»
Il Tom del loro primo anno, che gli faceva il tè e glie lo serviva a letto. Dentro la sua efficienza custodiva una gratitudine che gli annodava la lingua, che quando falliva nell'essere espressa a voce faceva capolino nello sguardo, radiosa, incredula. É che non ha fiducia nelle cose semplici, vuole sofisticare tutto nella garanzia della magia oscura, reputando di doversi armare per poterlo suggellare, o forse è un pretesto, una bugia a se stesso come un'altra. Harry deve averne per entrambi, di fiducia.
«Insisterò per portarlo in salvo, finchè mi darà ascolto o riuscirà ad eliminarmi.»
Esce a passo di carica, a capo chino, in apnea.




 
  
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