Parentesi

 
 
 
        A breve entreranno in azione.
        Nella stanza in cui, solo, Dean Winchester s’assicura che tutte le armi siano pronte all’uso, l’aria pare sfrigolare, elettrica. Il resto tace.
 
        Almeno, finché non s’afferma un cauto rumore di passi.
        Un’occhiata rapida è sufficiente ad identificare chi è sopraggiunto – una famigliare sagoma avvolta in una gran giacca beige.
 
        In principio, non ci sono parole; solo uno sguardo tra un cacciatore pronto a combattere e un angelo perfettamente impassibile, che s’avvicina e s’avvicina – persino quando s’è avvicinato troppo, fa per avanzare ancora, mentre l’altro, chiaramente perplesso, d’istinto si tende per non lasciar accorciare eccessivamente le distanze.
        Sta addirittura per indietreggiare, quando «Dean» vibra la voce di Castiel – e lui subito s’immobilizza, perché dei tanti significati che il suo nome può assumere su quelle labbra, questo è Non ti muovere.
 
        Ronza un istante di silenzio.
        Occhi celesti s’assottigliano e scrutano, mentre a pochi centimetri di distanza c’è chi aspetta una spiegazione.
 
        «Hm― Cas?»
        «Perdona l’intrusione».
        Dean s’aspetta che aggiunga qualcos’altro, ma no, non lo fa: semplicemente, continua a fissarlo con le iridi che tremano appena.
        Ora― non è un segreto che Castiel sia un fan delle lunghe occhiate e dell’invasione degli spazi altrui. Ma questo comportamento – improvviso, apparentemente immotivato – è quasi strano persino per lui.
        «Tutto okay?» chiede quindi Dean, con un’ombra d’apprensione sul volto.
        «Sì. Solo―» Il suo sguardo scivola, sino a posarsi sulle armi fino a poco prima maneggiate dall’altro: sono stipate in un borsone, e ad osservarle s’incupisce e s’imbroncia, come se lo turbassero.
        «Solo cosa?»
        Castiel risolleva gli occhi, riflettendo. Pare esitare, poi, finalmente, soffia, calibrato ma morbido: «Traggo conforto dall’invadere il tuo spazio personale».
 
        Pausa.
        Dean, di colpo agitato, non può non guardare la porta della stanza: è aperta, e ciò lo turba, perché percepisce che con l’angelo le cose minacciano di farsi intime, e preferirebbe evitare d’esporsi più dello stretto necessario, tante grazie.
        Per un attimo, pensa di fiondarsi verso lo stipite per chiudere a chiave. Lo sguardo di Castiel, però, l’inchioda sul posto: al di là dell’alone mistico, è luminoso e sincero – e d’accordo, per lui, terrà a freno l’impulso di troncare sul nascere un momento sentimentale.
 
        «Vuoi― stare lì e fissarmi, quindi?»
        «Posso?»
        È un po’ tardi per chiedere il permesso, ma si risparmia di sottolinearlo; piuttosto, annuisce – perché è raro che Castiel chieda qualcosa per sé, e se è questo che vuole, e lui può darglielo, allora― «Uh― okay».
 
        Pianta gli occhi nei suoi – e tanto basta a farlo sentire caldo e sottosopra e Dio, no non si comporterà come una ragazzina.
        Ma Cas sembra così soddisfatto – e dannazione, va bene; ma se proprio deve farlo, andrà fino in fondo.
 
        Con un’espressione che urla Non dirlo a Sam, gli passa un braccio dietro la schiena e se lo tira contro.
        «Oh» mormora Castiel, sorpreso e rigido; si scioglie in fretta, però, e ricambia impacciato la stretta.

        Il silenzio torna ad avvolgerli.
 
 
 
        (Presto torneranno a salvare il mondo, ma adesso― adesso, che l’universo lasci loro avere questo momento.)






 

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Angolo di Tormenta
È definitivo: sono stata catturata dalla risacca della Destiel. Non ho più scampo. Ma ehi! il naufragar m'è dolce in questo mare. ~
Per festeggiare la mia totale dipartita, fluff per tutti! c’:

Mi auguro d’essere riuscita a rispettare i personaggi. Lavorare con un numero limitato di parole, per quel che mi riguarda, è sempre una sfida in quanto alle caratterizzazioni.
Grazie mille per aver letto sin qui! :) Baci,
T. ♪

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