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Autore: lithium    16/08/2016    1 recensioni
Prequel, Sequel, Missing Moments dalla mia fiction su Harry Potter "Il caso Mackenzie", una raccolta di one shots che raccontano momenti o eventi che ho solo sfiorato nel racconto principale e volevo raccontare. Si accettano volentieri suggerimenti per il tema dei capitoli successivi. Non è in alcun modo necessario aver letto la storia principale per comprendere il contenuto di questi piccoli racconti. Se fosse necessario un breve riassunto per seguire meglio la storia lo metterò nell'introduzione del capitolo. Le mie storie seguono quanto più fedelmente possibile il canon di JKR e i libri.
Genere: Azione, Commedia, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hannah Abbott, Hermione Granger, Neville Paciock, Nuovo personaggio, Ron Weasley | Coppie: Audrey/Percy, Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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- Questa storia fa parte della serie 'Il caso Mackenzie serie'
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AUDREY E PERCY

** * **

LACRIME

** * **

Il ticchettio dell’orologio sopra la sua testa stava facendo impazzire Percy Weasley.

Si spostò lievemente sulla sedia, cercando, senza fortuna, di trovare una posizione un po’ più comoda. Si era trascinato nel suo ufficio quella mattina, con la velleitaria speranza che, seppellendosi nel lavoro, avrebbe potuto in qualche modo alleviare il suo dolore. Si era naturalmente illuso. E come avrebbe potuto essere altrimenti? Si sentiva come se il cuore gli fosse stato strappato dal petto.

Nessuno avrebbe dovuto sapere esattamente il momento in cui una persona cara avrebbe esalato l’ultimo respiro. Era innaturale. Era una situazione rispetto alla quale nessuna dose di razionalità e logica può prepararti.

La morte è per definizione un enorme mistero. Non dovrebbe trasformarsi in qualcosa di impersonale ed asettico come lo scorrere dei minuti su un orologio.

Una parte di Percy poteva capire lo sgomento dei genitori Babbani di Audrey, la loro diffidenza ed incapacità di comprendere cosa fosse successo alla figlia. Per Merlino, Percy era un mago purosangue, cresciuta in una delle famiglie magiche più antiche del Devon, eppure aveva difficoltà a capire cosa stesse succedendo esattamente alla donna che amava.

I Medimaghi avevano confessato di essere perplessi dai sintomi della donna, incapaci di formulare una vera propria diagnosi o una prognosi su una sua eventuale possibilità di recupero. Da ultimo parevano essersi arresi di fronte all’assenza di progresso alcuno da parte dell’Auror.

L’altra parte di Percy, quella che di norma se ne stava ordinatamente imbrigliata nelle sue dorate catene di forza di volontà e pensiero razionale, era furiosa di una collera così profonda che, a momenti, rischiava di sopraffarlo e travolgerlo. Era furente con il destino che pareva prendersi di nuovo gioco di lui, privandolo della gioia più grande della sua vita, quella che l’aveva reso un uomo migliore, dopo gli errori commessi durante la guerra magica. Era in collera con sé per la sua incapacità, impossibilità a fare alcunché per salvare la donna della sua vita.

La sua rabbia non risparmiava nessuno: non la defunta, odiata, Diodora Mackenzie che aveva rapito e ferito Audrey così profondamente, non il Ministero della Magia che, con la sua cecità di fronte alla minaccia aveva costretto un pugno di Auror ad agire da soli, non i genitori di Audrey che, travolti dal loro dolore immenso, erano incapaci di empatia con qualcuno come lui, la cui sofferenza non poteva sicuramente paragonarsi alla loro, a loro avviso, considerato che Percy era entrato solo recentemente nella vita della loro adorata figlia.

Percy s’era volontariamente rinchiuso nel suo ufficio perché quello era l’unico luogo in grado di presentargli uno spiraglio di normalità in un giorno che nulla aveva d’ordinario. Non si sarebbe trascinato al San Mungo quella mattina. Non l’avrebbe osservata morire. L’aveva salutata per l’ultima volta e per sempre la notte precedente, pallida, fredda e silenziosa come lo era stata negli ultimi sei mesi.

Se solo avesse potuto concentrarsi ed ignorare i tremendi secondi che scorrevano inesorabili.

** * **

Faceva caldo. Un caldo così intenso e fastidioso che il primo pensiero che la travolse fu quello che avrebbe dovuto chiedere a Percy di spostarsi. Il più delle volte era piacevole avere un compagno in grado di sviluppare un calore corporeo che sarebbe stato in grado di preparare un toast. Al momento, però, Audrey si sentiva completamente riarsa.

Cercò di muoversi e richiamare l’attenzione di Percy perché s’allontanasse. Si accorse con particolare sorpresa che l’uomo non era accanto a lei e che quel gesto, di scostarsi, le era impossibile.

Il calore che sentiva addosso continuava a crescere.

Audrey si rese conto che la sensazione che la stava circondando era qualcosa di più che sgradevole, era come se l’aria che le attraversava i polmoni fosse improvvisamente rovente.

Cercò, disperatamente, di sottrarsi a quel fuoco, sentiva il sudore colarle lungo la schiena e le tempie. Era come se fosse tutto in fiamme, come se il suo stesso corpo ne fosse avvolto, ne fosse esso medesimo parte. Il fiato le sfuggiva in piccoli sbuffi concitati, le mancava il respiro. Con enorme sorpresa, Audrey si rese conto di non aver più la forza di lottare, la lava che le correva nelle vene era insopportabile, il dolore di combattere per il successivo respiro le toglieva ogni pensiero coerente. Sentì quel poco che le restava di coscienza farsi piccolo ed insignificante.

Si rassegnò all’inevitabile.

** * **

Percy guardò di nuovo l’orologio. Una sorte di cupa ansia, la sensazione di non poter in alcun modo salvare Audrey lo avvolse. Si accorse che era così furioso che il suo stesso corpo sembrava avvolto nelle fiamme cocenti di quella rabbia.

In un momento di rese conto che quella sensazione era qualcosa di ben più concreto di un pensiero: il sudore gli imperlò la fronte, la piuma che stringeva gli scivolò tra le dita.

Si trovò ad asciugarsi la fronte con un fazzoletto ed ad alzarsi per andarsi a sciacquare il viso.

Mentre si affrettava verso il bagno, la sensazione di caldo e soffocamento si fece ancor più insopportabile, quasi incandescente . Un respiro cocente gli attraversò le labbra. Cosa stava succedendo? Infilò i polsi sotto il rubinetto e, subito dopo, si bagnò il viso con le mani.

Quando, poco dopo, si osservò riflesso nello specchio rischiò seriamente di cadere in ginocchio.

In luogo dei suoi occhi azzurri dietro le lenti degli occhiali di corno, il volto che lo guardava dallo specchio era quello di Audrey. I suoi grandi occhi erano vivi e belli come l’ultima volta che li aveva guardati prima che la sua ragazza fosse rapita da Diodora Mackenzie.

Percy fissò quello sguardo nello specchio e, con tutto ciò che gli rimaneva in corpo, la pregò di non lasciarlo. Il volto della donna sorrise amaro e triste.

Con l’ultimo fiato che gli rimaneva, Percy ripeté la sua preghiera.

** * **

Il piccolo corpo nel letto tremava e sbatteva in preda a tali convulsioni che i tre Medimaghi accorsi si guardarono negli occhi, assolutamente sgomenti.

Non avrebbe dovuto accadere.

Avevano sollevato gli incantesimi che fino a quel momento avevano mantenuto la paziente in uno stato di stasi su richiesta della famiglia. La strega avrebbe dovuto addormentarsi per sempre circondata dai suoi genitori, pacificamente, piano piano.

Non era andata così ed ora impietriti a qualche passo da loro, due genitori Babbani guardavano increduli il povero corpo della loro figlia soffrire e lottare con un nemico invisibile.

** * **

Audrey sentì un suono flebile e, poi, appena più forte finché la voce cessò di essere tale per divenire una sorta di comando che attraversa direttamente le sue sinapsi, senza passare per il suo udito.

“Ti prego, Audrey, non lasciarmi solo.”

Il suo corpo esausto ed arreso fu scosso da quel richiamo. L’immagine dell’uomo che amava la avvolse come un balsamo fresco sulle sue ferite bollenti e la donna Auror si rese conto che non poteva lasciarsi andare a quell’irresistibile oblio.

Il dolore era incredibile, il calore le bruciava come acido nelle vene, ma Audrey lottò. Accolse la sofferenza coraggiosamente dentro di sé. Affrontò il fuoco da cui solo secondi prima voleva sfuggire finché un flebile respiro le sconquassò i polmoni e le ferì le labbra.

** * **

Percy si accasciò in ginocchio, sfiatato, tenendosi al lavandino perché le gambe erano, ormai, incapaci di sostenerlo, un pensiero fisso, doveva correre al San Mungo.

** * **

I Medimaghi si guardarono tra loro, increduli.

La temperatura della paziente era ancora altissima, ma, dopo quella spaventosa crisi quando gli incantesimi erano stati sollevati, contro ogni logica, contro ogni scienza medica e magica, la paziente aveva aperto gli occhi.

Non parlava.

Il suo respiro era ancora terribilmente sottile ed affannoso, ma aveva gli occhi aperti e vigili.

Uno dei Medimaghi accompagnò fuori i genitori di Audrey, cercando di spiegare loro perché sebbene la ragazza avrebbe dovuto essere morta in quel momento, era, invece, sveglia.

** * **

L’infermiera lo guardò stupita, ma di fronte al volto quasi spiritato di Percy non ebbe la forza o la volontà di opporsi e lo condusse nella stanza di Audrey.

Vi entrò con passo esitante, quasi incapace di riconciliare la realtà con le sensazioni terribili provate quella mattina.

Audrey non disse nulla, né si mosse, ma i suoi bei occhi vigili e pieni di vita si fissarono sul viso di Percy. Il cuore dell’uomo saltò un battito.

La speranza lo avvolse di nuovo per la prima volta in molti mesi. Improvvisamente il mago si sentiva rinato ed invincibile. Sarebbe stato un lungo cammino, ma l’avrebbe potuto compiere al fianco della donna che amava.

Più tardi avrebbe parlato con i Medimaghi, avrebbe cercato il come ed il perché, visto i genitori di Audrey. Per ora, però, non si sarebbe mosso di un passo da quella stanza dove aveva versato così tante lacrime amare ed, oggi, per la prima volta, sentiva lacrime di gioia e speranza, formarsi agli angoli dei suoi occhi.

   
 
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