Crossover
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Autore: Odinforce    17/08/2016    3 recensioni
Una serie di one-shot ambientate su Oblivion, il mondo in cui è narrata la mia maxi-opera Interior Dissidia. Storie parallele dedicati a personaggi diversi, sopravvissuti all'eterno ciclo di guerre e che cercano disperatamente di farsi valere a modo loro. Idee scartate dalla storia originale, ma non per questo dimenticate o mai avvenute.
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Fratelli
 
Voi che state leggendo queste righe, probabilmente avete già conosciuto Oblivion, il mondo spezzato. L’abisso in cui sono stati gettati innumerevoli mondi allo scopo di annientarli. In tal caso, avrete già appreso molti degli eventi che si sono verificati su questo suolo caotico: le molte guerre, gli incontri e i duelli già avvenuti e – in alcuni casi – quelli che ancora devono avvenire.
Ormai avrete compreso che su Oblivion le leggi del tempo e dello spazio non hanno significato. Gli istanti sono lunghi come ere, e luoghi lontani possono essere percorsi in tempi sorprendentemente brevi. Il suolo di Oblivion è composto da frammenti di mondi ormai distrutti, rendendolo di fatto un regno multiforme: un enorme mosaico fatto di tasselli fusi insieme senza cura.
Noi rivolgeremo l’attenzione su uno di questi numerosi tasselli: un settore remoto di Oblivion, ignorato persino dal suo signore, Nul, il Mai Nato. Il luogo è una montagna solitaria, silenziosa e avvolta dalle nevi; sarebbe una normalissima vetta se non fosse per il fatto che sulle sue cime accade qualcosa di straordinario.
Tra i popoli antichi era nota come la Montagna dove le Luci Toccano la Terra. Un luogo sacro e colmo di magia, dove gli spiriti si recavano per mostrare al mondo i loro prodigi. Grazie a loro – si diceva – le piccole cose diventavano grandi, l’inverno lasciava posto alla prima vera... e così via.
Ma quei giorni felici erano ormai morti. Perduti, insieme al mondo stesso.
Ora la Montagna giaceva su Oblivion, ultimo avanzo di un’ennesima vittima della Volontà Suprema. Dimenticata, ma ancora viva, la magia continuava a scorrere tra le rocce e la neve... e questo aveva attirato infine l’attenzione di qualcuno, mentre su Oblivion infuriava ormai l’ennesimo ciclo di guerre.
La Montagna vide arrivare ai suoi piedi una giovane donna. La sua pelle scura la rendeva identica alle persone del popolo africano, con una folta chioma di capelli dorati che le incorniciava il volto. Aveva inquietanti occhi gialli, identici a quelli di un serpente. Era bellissima, ma non era umana più di quanto non lo fosse una pietra o un ramoscello; perfino la bestia più spregevole di tutto il mondo sarebbe stata migliore di lei, per quello che aveva fatto. Perché ella era in realtà Lilith, prima compagna di Adam e madre dei demoni. Il serpente che aveva segnato il destino dell’umanità, prima di cadere lei stessa nelle Tenebre e nell’eterna dannazione.
Lilith osservò la Montagna senza alcun timore. Un ampio mantello grigio avvolgeva un corpo perfetto che altrimenti sarebbe stato nudo, in balìa di vento e neve; ma lei non provava freddo né fatica. Rivolse lo sguardo al cielo, dove le luci danzavano: un fenomeno identico all’aurora boreale, ma solo in apparenza. Erano gli spiriti, lo sapeva, e l’attendevano sulla cima del monte.
E Lilith avanzò, scalando la Montagna. Per lei non fu un problema muoversi tra quelle rocce impervie, e in breve tempo arrivò sulla cima innevata. Non appena mise piede sulla roccia più in alto, gli spiriti discesero, prendendo forma.
Le luci si fecero più forti, mentre nell’aria risuonava il canto ancestrale: un grande coro di voci che echeggiavano tutt’intorno, attraverso una melodia dolce ma profonda. Lilith attese, silenziosa e senza timore.
Davanti a lei si radunarono molti spiriti, in forma di animale. Vide un leone, un cervo, un lama e una coppia di orsi; poi arrivò un cane, o forse un lupo, non riusciva a capirlo; poi giunse un mammut, seguito da una tigre dai denti a sciabola e una specie di bradipo dagli occhi sporgenti.
Lilith li osservò uno dopo l’altro, mentre si radunavano intorno a lei formando un cerchio. Avevano tutti l’espressione seria o triste, rivolta sulla donna. Tutti loro, dal primo all’ultimo, erano stati eroi, protagonisti di meravigliose avventure. Storie passate, precipitate su Oblivion insieme ai loro mondi... per essere dimenticate. Quest’amaro pensiero s’insinuò nella mente della donna, mentre uno spirito si faceva avanti.
Lilith alzò lo sguardo: era un animale molto diverso dagli altri, molto più antico. Era un dinosauro, un Velociraptor... o almeno come lo avevano immaginato gli uomini fino a pochi decenni fa: un lucertolone bipede alto quasi quanto un uomo. A renderlo più insolito erano la postura eretta e gli abiti umani che indossava; appariva più sereno rispetto agli altri spiriti, cosa che a Lilith non sfuggì.
« Sam V. Raptor » mormorò la donna, osservandolo. « Ero sicura di trovarti qui, fratello mio. »
« E io ero sicuro che saresti venuta a trovarmi, sorella » disse Sam con tono pacato. « È un vero peccato che il nostro primo incontro debba avvenire così: io morto, e tu al fianco del nemico. »
Lilith lanciò un’occhiata tutt’intorno. Gli altri spiriti si erano fatti, se possibile, ancora più seri e tristi. Naturalmente sapeva benissimo cosa era capitato a tutti loro, dal primo all’ultimo. Nul li aveva distrutti: non aveva avuto pietà alcuna mentre scatenava la guerra su Oblivion, una devastazione di enormi proporzioni. E tutti quegli animali – quegli eroi – erano rimasti coinvolti, morendo uno dopo l’altro.
Simba, il prode leone, sovrano delle Terre del branco. Bambi, il principe della foresta. Kuzco, l’imperatore divenuto lama. Balto, il coraggioso mezzo lupo. Kenai e Koda, gli inseparabili fratelli orsi. Manny, Diego e Sid, improbabile trio di amici preistorici. Animali, creature innocenti... eppure eroi di grandi avventure.
Nul non aveva avuto pietà, neppure di loro. Anche se non aveva alzato la mano per finirli, aveva permesso che la guerra aggiungesse anche loro all’enorme numero di vittime.
Lilith era stata più compassionevole. Il che era ironico, poiché lei non era migliore di Nul. Era stata un mostro fin dal tempo prima del tempo... ma da quando era finita laggiù, aveva deciso di voltare pagina. Si era rifugiata in un luogo remoto, accogliendo tutte le donne sopravvissute alla guerra, in attesa che le acque si calmassero... ma invano. Le acque erano diventate così tempestose, ormai, da non poterle più ignorare. Per questo aveva raggiunto la Montagna, in cerca di suo fratello Sam.
« Allora, sorella » domandò Sam dopo la pausa. « Cosa ti porta da queste parti? »
« Sono venuta a chiederti consiglio » rispose Lilith. « La situazione è sfuggita di mano. »
« Eh già... me ne sono accorto. Ben poco sfugge alla mia attenzione, da quando sono asceso a uno “stato superiore”. Io e gli altri spiriti lo vediamo chiaramente: la guerra ha annientato quasi tutto, ormai. Gran parte dei mondi è precipitata quaggiù, insieme a tutti i loro abitanti. Pochi sono sopravvissuti... e quei pochi lottano per tornare a casa, ignari della verità. Nostro fratello si appresta a distruggere questi ultimi pilastri che reggono il mondo. »
Lilith annuì.
« Ora ha commesso una follia ancora peggiore » disse. « Ha risvegliato Sauron, l’Oscuro Signore, e lo ha sguinzagliato contro gli ultimi eroi rimasti! »
« Sauron... è un bel problema. Quel demonio, se non erro, non ama avere padroni... lui vuole essere il padrone di tutto. Se ha ripreso a camminare su queste terre, la vedo molto brutta... molto più del solito. »
« È una catastrofe! » sostenne Lilith. « Nul ha perso il controllo, ormai... vuole davvero che ogni cosa scompaia nel nulla. »
« Nul » aggiunse Sam, sospirando. « Che razza di nome! L’ho visto, sai? Si ostina a nascondere la faccia e svolazza dappertutto come un avvoltoio, ingannando il prossimo. Mi chiedo ancora se lo fa per nascondere agli altri il suo punto debole, o per dimenticare se stesso. Tu che ne pensi? »
« Non ne sono sicura. Noi... non parliamo molto. »
« No, infatti. Vi accoppiate, il più delle volte. Spero che questo faccia parte dei tuoi piani. »
Lilith distolse lo sguardo dal fratello, amareggiata. Gli altri spiriti sembravano accusarla, con nient’altro che il loro cupo silenzio.
« Non posso ribellarmi a lui » mormorò. « Ha molto più potere di me. »
« Tu non vuoi ribellarti » ribatté Sam, « e non ti biasimo. Tu hai bisogno di lui... ami ancora la parte di lui che, secondo la Volontà Suprema, doveva essere al tuo fianco. Va bene così... probabilmente avrei fatto la stessa cosa, se fossi stato al tuo posto. »
Lilith annuì, ripensando al passato.
« Mi dispiace per ciò che ti è accaduto » disse infine.
Sam scosse la testa.
« Non potevi fare niente » rispose. « Io non potevo fare niente, fin dall’inizio. Sai bene cosa sono... che cosa sono stato per nostro padre: un innocente passatempo. Il primo eroe da Lui immaginato... scopiazzato pesantemente da un botto di roba, vero, ma ciò non cambia la mia natura: pura e semplice finzione. Ero il Suo amico immaginario, l’eroe dei Suoi sogni... e come tutti i sogni, destinato a finire dopo il risveglio.
« Non posso parlare a nome di tutti gli amici immaginari, ma mi piace pensare che siamo tutti consapevoli del nostro destino. Per questo ho accettato fin da subito la mia fine, Lilith. Nostro padre mi aveva già messo da parte molto tempo fa, quando è cresciuto, e ora ha mandato Nul a darmi il colpo di grazia. Mi ha portato al Jurassic Park, costringendomi a vedermela contro i miei stessi simili. Per come la vedo io, è stata una mossa inutile... ma questo non fa che sottolineare l’inutilità di tutto! »
Lilith non sembrò capire.
« Che cosa vuoi dire? »
« Voglio dire che il tentativo di Nul non porterà a nulla » aggiunse Sam. « Questa guerra, questo caos... non serviranno a distruggere un bel niente! Nostro padre s’illude, se crede di poterci dimenticare così facilmente. Guarda me... guarda noi » e indicò gli altri spiriti. « Siamo morti, eppure esistiamo ancora. »
Lilith si guardò intorno. Ora gli spiriti annuivano con orgoglio, appoggiando l’idea di Sam; un’idea tuttavia insufficiente per rassicurare la donna.
« Eppure Nul non vuole rendersene conto » sostenne, mostrando nuova amarezza.
« Già » ammise Sam. « Da quando è caduto su Oblivion crede di aver perso la sua identità, di non essere nessuno. Ma lui non ha idea di cosa significhi non esistere davvero... io, infatti, lo so perfettamente; ecco perché mi considero molto più “nessuno” di voi. Lo capisco... tra noi tre, Nul è il più simile a nostro padre. È stato creato a Sua immagine e somiglianza, dopotutto; condivide le sue idee e le sue emozioni... segue ciecamente gli ordini della Volontà Suprema, e non si fermerà finché non sarà Lui stesso a fermarsi. »
Tacque di nuovo, lasciando che il vento fosse l’unica voce a risuonare nell’aria per un po’.
Lilith non sapeva cosa fare. Non si era mai sentita così impotente in tutta la sua vita: proprio lei, che nel mondo da cui proveniva aveva segnato il destino di una razza intera con una semplice tentazione. Ora era poco più che una schiava sessuale, costretta a concedersi a Nul ogni volta che lui lo desiderava. Non che fosse poi così male, dal suo punto di vista... ma mentre loro si “accoppiavano” (come lo aveva definito Sam), il mondo andava in pezzi.
Possibile che Sam avesse ragione? Che tutto dipendeva dalla decisione della Volontà Suprema?
Lo stesso padre che li aveva abbandonati, dal primo all’ultimo... e che ora muoveva questo folle Deus Ex Machina contro tutti gli altri figli della Fantasia.
« Non posso accettarlo » dichiarò Lilith con voce dura. « Non posso credere che non ci sia un altro modo! »
« Eppure è così » ribatté Sam, pacato. « Dobbiamo essere pazienti, sorella... dobbiamo aspettare. Vedrai che nostro padre ci ripenserà. Ordinerà a Nul di fermarsi, e questa distruzione avrà fine. »
« E quanti altri poveretti dovranno morire prima che questo avvenga? Quanti altri eroi, nemesi o innocenti dovranno essere sacrificati? Al punto in cui siamo, dubito fortemente che il Padre voglia ripensarci... e se ancora ci speri, Sam, dopo tutto questo tempo, allora sei un illuso! »
Gli spiriti reagirono, facendosi accigliati. Sam fu l’unico a restare calmo, sicuro di sé.
« Non m’illudo di niente, Lilith » disse il dinosauro. « Non m’illudo che il Padre mi riporti alla luce per giocare insieme di nuovo. In effetti qui non si parla di me... ma di te; e di Nul, e di tutti gli altri fratelli ancora sepolti; voi, a differenza di me, avete avuto l’occasione di esistere tra le pagine di una storia. Siete il sogno nel cassetto di nostro padre... e Lui può ancora aprirlo. E quando questo accadrà, voi potrete esistere davvero. »
Tacque di nuovo. Lilith restò in silenzio, ma la sua espressione dura non accennò a svanire. Le parole di Sam non erano bastate a rassicurarla. La donna sospirò, mentre tutti gli spiriti continuavano a fissarla ansiosi.
« Non potrà mai accadere, se tutto questo sarà distrutto » dichiarò infine. « Non posso restarmene con le mani in mano... non posso restare nel mio angolo ad aspettare che tutto finisca. Devo agire, ora, prima che tutto vada perduto. »
Gli spiriti rimasero esterrefatti da quella risposta.
« Non puoi fare nulla, sorella » disse Sam, restando calmo. « Combattere è inutile, lo sai meglio di me. »
« Oh, ma io dispongo di ben altre risorse, oltre alla mia forza. Finora le mie tentazioni non hanno mai fallito... sono certa che potranno ancora servire a qualcosa, in questo mondo spezzato. Non m’importa di fallire o morire, non mi fermerò finché non avrò tentato almeno una volta. »
Lilith fissò il fratello con i suoi occhi da serpente; una lingua biforcuta scattò fuori dalla bocca per un istante, sufficiente per turbare Sam e tutti gli altri spiriti. Il velociraptor sospirò.
« Non posso impedirtelo. Tu sei venuta da me in cerca di consiglio, e io te l’ho dato. Ora tocca a te farne buon uso... ormai non mi resta che augurarti buona fortuna. »
Lilith annuì.
Gli spiriti si fecero avanti, avvicinandosi ulteriormente alla donna. Simba, Koda, Kenai, Balto, Kuzco, Bambi, Diego, Sid, Manny; camminarono piano intorno a lei, silenziosi, avvolgendola con la loro luce arcana. Nel frattempo la neve si scioglieva sotto i suoi piedi, lasciando il posto ad erba e fiori freschi. Lilith osservò sorpresa il fenomeno: era convinta che su Oblivion non potesse nascere nuova vita... ma mentre ci pensava, l’erba e i fiori appassivano rapidamente fino a seccare.
Gli spiriti lanciarono un’ultima occhiata a Lilith, prima di ritirarsi e svanire definitivamente nella luce.
Solo Sam era rimasto, osservando la scena fino alla fine.
« Che cosa significa? » domandò Lilith.
« Quello era il consiglio dei miei “colleghi” » dichiarò Sam con un sorrisetto. « Le piccole cose diventano grandi... significa che anche un piccolo gesto può fare la differenza. Riflettici sopra, e forse scoprirai cosa puoi fare. »
E senza attendere risposte dalla sorella, lo spirito le voltò le spalle e tornò nella luce, svanendo insieme agli altri spiriti.
 
Più tardi, Lilith aveva preso la sua decisione. Per metterla in pratica si era recata in un nuovo settore di Oblivion, una spiaggia deserta e avvolta dalla nebbia. Tra quelle sabbie trovò un superstite dell’ultima guerra, un eroe: un alieno umanoide dalla pelle blu dotato di coda e tratti somatici felini. Giaceva privo di sensi sulla sabbia, ancora vivo... forse scampato a un naufragio, ma Lilith non poteva esserne sicura.
Importava solo che quell’eroe fosse ancora vivo.
Lilith poteva sentire le emozioni di quell’eroe, che pulsavano deboli nel suo cuore affaticato. L’ultima guerra lo aveva sconvolto... messo a dura, di certo; ancora un po’ e avrebbe perso definitivamente la speranza, la voglia di combattere e di tornare a casa.
A meno che...
Tra quelle emozioni trovò qualcuno. Il ricordo di una persona, molto cara all’eroe. Una donna, naturalmente... ormai era brava a riconoscere simili emozioni. Lei avrebbe potuto spronarlo, spingerlo a rimettersi in piedi... se solo fosse stata al suo fianco anche laggiù.
Ricordando i consigli di Sam e degli altri spiriti, Lilith pensò subito a cosa fare. Sfiorò il petto dell’eroe, collegandosi alle sue emozioni, e con il suo potere le risvegliò. E la voce dell’amata risuonò forte nella testa dell’eroe, che lentamente riaprì gli occhi.
« Ora sono con te, Jake... siamo uniti per sempre. »
« Ugh... Neytiri... »
« ...per sempre... »
« Neytiri! »
Jake Sully aprì gli occhi, urlando a gran voce il nome della sua amata. Ma mentre si alzava a sedere, si rese conto che accanto a lui non c’era nessuno. Nemmeno Lilith, che nel frattempo era andata a nascondersi poco lontano. Osservò la scena soddisfatta, prima di abbandonare la spiaggia.
Lilith lo sapeva bene, ormai: niente funzionava meglio dell’amore per rimettere in piedi un eroe. Ne aveva visti molti, attraverso gli occhi di suo padre, rialzarsi da terra prima che fosse troppo tardi. Grazie all’amore, gli eroi ritrovavano la voglia di vivere, di combattere, di vincere; la voglia di affrontare il nemico fino all’ultimo respiro. E tra quelle rovine c’erano molti eroi sopravvissuti che avevano bisogno di una spinta del genere.
Così Lilith proseguì. Avrebbe trovato gli altri eroi e risvegliato i loro cuori, spingendoli a ricordare ciò per cui lottavano. Avrebbe agito nell’ombra, per non rischiare di farsi scoprire da Nul; era un piano rischioso, ma preferiva correre il rischio piuttosto che farsi da parte per l’ennesima volta. Sam e gli altri spiriti l’avevano convinta a fare una piccola cosa, che forse avrebbe portato grandi benefici in futuro.
Forse era questa la chiave, il modo giusto per affrontare la guerra. Spingere gli eroi a rimettersi in piedi; convincerli a non mollare, per affrontare Nul fino alla fine.
Forse sarebbe bastato. Avrebbe convinto il Padre a porre fine alla guerra.
Spingere gli ultimi eroi a combattere ancora.
Erano l’ultima speranza, una luce ancora accesa nel fondo di un abisso... una luce che, se alimentata, avrebbe annientato l’oscurità e il caos.
E Oblivion avrebbe rivisto la luce, alla fine.
 
   
 
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