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Autore: DAlessiana    17/08/2016    12 recensioni
Storia partecipante alla sfida dei cliché su Efp: Famiglia, recensioni, consigli e discussioni.
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“Ti amo, Aurora Allen” disse, accarezzandole una guancia per fermare una piccola lacrima ribelle, sfuggita al controllo degli occhi neri e pieni di mistero di lei.
“Ti amo, Nathan Wilson” disse lei, sorridendo felice come mai lo era stata prima. Lui la baciò e, inconsciamente, le accarezzò la pancia. Amava quella ragazza probabilmente ancora prima di conoscerla ed ora avrebbe formato una famiglia insieme a lei, all'amore della sua vita.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Austin, Texas, 1990.

 

Per Aurora, quella mattina, la voglia di andare a scuola era sotto zero. Aveva dovuto ricominciare di nuovo tutto da capo: nuova scuola, nuovi insegnanti, zero amici. Odiava il fatto che suo padre fosse talmente bravo nel suo lavoro che lo trasferivano nei posti più sperduti del mondo. E, più di tutto, odiava i cambiamenti.
Quel giorno era in ritardo, come accadeva molto spesso ultimamente e la voce di sua madre che le urlava di sbrigarsi arrivò puntuale, come sempre. Suo padre era già a lavoro, lui era un tipo preciso e non amava i ritardatari cronici come la figlia e questo era, spesso e volentieri, argomento di discussione tra i due.
Arrivò a scuola correndo come una matta, la treccia che si era fatta in autobus si stava scompigliando molto rapidamente, talmente tanto che si stufò di aggiustarla e decise di lasciarli sciolti. Alla prima ora aveva matematica e detestava la materia quanto la sua insegnante, che odiava i ritardatari, cosa che non avvantaggiava molto Aurora. Aveva pensato anche di saltare la lezione, ma dato che il padre era il preside della scuola non sarebbe stata una mossa tanto intelligente. Senza neanche rendersene conto andò a scontarsi con qualcuno, di gran lunga più alto di lei. Era un metro e sessanta, di certo non una stangona.
"Perdonami, è stata solo colpa mia" sussurrò, accorgendosi in quel momento dei libri che le erano caduti a terra in pochi secondi. Si chinò per riprenderli e la sua mano strinse, senza volere, quella della persona con la quale si era scontrata. Sicuramente un ragazzo, almeno da ciò che la mano faceva capire. Arrossì violentemente e ridendo per l'imbarazzo, una volta in piedi, si scostò i capelli dal viso e incrociò lo sguardo di lui. Fu rapita da due occhi color ghiaccio.
"Figurati, neanche io ti avevo visto" replicò lui, porgendole il libro di matematica. I suoi capelli lunghi castano scuro sembravano talmente morbidi, che resistì con fatica alla volontà di accarezzarli.
"Ora dovrei andare in classe. Sai la prof già mi detesta abbastanza e non vorrei darle altri motivi" disse, dopo un silenzio abbastanza imbarazzante.
"Beh, sì so quanto possa essere odiosa la Morris e poi sta già spiegando quindi o ti conviene invitarti una scusa decente o non entrare proprio se non vuoi fare la mia stessa fine" ribatté il ragazzo, anche lui aveva i capelli di un colore castano scuro ed erano in contrasto con gli occhi. Sul viso di Aurora comparve un'espressione confusa, che lo fece sorridere.
"Stessa classe, sei quella nuova" aggiunse e lei sospirò, stanca di tutte volte che era stata etichettata come quella nuova.
"Che hai combinato?" domandò lei, curiosa di quale fine avesse fatto quel povero ragazzo nelle grinfie della professoressa Morris.
"Sono stato mandato dal preside e questa è tipo la terza volta in questa settimana, se lo sanno i miei genitori mi uccidono. Che maleducato, non mi sono neanche presentato, mi chiamo Nathan" rispose, porgendole la stessa mano di poco fa, che Aurora strinse saldamente.
"Io sono quella nuova, come mi chiamano tutti, ma in realtà il mio nome è Aurora" si presentò anche lei, pur sapendo che Nathan, molto probabilmente, già lo sapesse. Un nome italiano non passa inosservato.
"Posso darti una mano, col preside intendo..." disse, lasciando il discorso in sospeso, così da stuzzicare la curiosità del suo nuovo conoscente. Si sorprese lei stessa delle sue parole. Aveva giurato di non usare la sua posizione con nessuno dei suoi vecchi e più cari amici ed ora stava offrendo il suo aiuto a uno sconosciuto?
"In che senso? No, aspetta, non dirmi che tu sei la figlia del preside!" esclamò, ringraziando qualsiasi forza divina che non gli aveva permesso di dar voce ai suoi pensieri sulla figura di quell'uomo.
"Tranquillo, a volte lo detesto ancora più degli studenti" disse, prontamente, lei leggendo il panico di cui erano stati resi schiavi i suoi occhi. Nathan scoppiò a ridere e le risate di entrambi popolarono il corridoio deserto.
"Voi due! Non dovreste essere in classe?" una voce autoritaria fermò le loro risate rapidamente e la ragazza trasalì, riconoscendola immediatamente. Si voltò con gli occhi pieni di paura e incrociò lo sguardo del padre che, riconoscendola, si indurì ancora di più.
"Signor Wilson, so che la professoressa Morris l'ha mandata di nuovo da me. Credo che sia arrivata l'ora di fare due chiacchiere con i suoi genitori." disse, incrociando le braccia al petto. Nathan abbassò il capo, era totalmente spacciato.
"Con te facciamo i conti dopo. Ora fila in classe e dì alla signora Morris che ti ho trattenuto io." aggiunse, guardando severamente la figlia. Quest'ultima annuì e, dopo aver incrociato, forse per l'ultima volta, gli occhi di Nathan, si avviò in classe. Il ragazzo, invece, dopo averle sorriso, con capo chino, seguì il preside verso il suo ufficio.

Dopo qualche ora di lezione e aver superato, senza rischiare di addormentarsi sul banco, l'ora di storia e matematica, Aurora fu chiamata nell'ufficio del preside dalla sua segretaria, durante la pausa pranzo. Era certa che il padre non avrebbe tolto minuti preziosi all'istruzione, rischiando di mandarla a chiamare durante un'ora di lezione, nonostante alla prossima avesse educazione fisica.
Ringraziò con un sorriso gentile la signora Smith, che le indicò l'ufficio del preside ed entrò, sfoggiando il suo miglior sguardo dispiaciuto.
"Sarò breve. Quello è per te" disse l'uomo seduto dietro la scrivania, indicando un foglietto rosa sul tavolo. Aurora lo prese e dovette leggerlo minimo due volte prima di realizzare che ciò era scritto fosse vero.
"Mi stai mettendo in punizione? Sul serio?" chiese, talmente stizzita, che si dimenticò di darle del lei all'interno dell'edificio scolastico.
"Prima di tutto, signorina Allen, abbassi i toni. E si ricordi che sta parlando con il suo preside e non con suo padre." rispose lui, con tono serio e autoritario. Aurora odiava quando il padre faceva così. Si trattenne dal cominciare un'altra discussione, perché, come aveva detto lui, quello che stava davanti a lei era il preside della sua scuola, non suo padre.
"Non ero di certo io quello che invece di stare in classe a seguire le lezioni se ne andava girando per i corridoi, ridendo e scherzando!" aggiunse e la ragazza stette in silenzio, sicura che non aveva ancora finito la predica.
"Questa è la punizione del tuo preside e ti consiglio vivamente di accettarla senza discutere se non vuoi conoscere quella di tuo padre." sentenziò e Aurora rimase senza parole. Stava davvero facendo tutto quel casino solo per uno stupido ritardo?
"Non preoccuparti, ci sarà il tuo amico a farti compagnia. Ora vai, altrimenti rischi di saltare il pranzo" disse, senza neanche incrociare lo sguardo della figlia, se lo avesse fatto tutto il suo coraggio lo avrebbe abbandonato in pochi secondi. Aurora, che cercava gli occhi di suo padre, per capire se anche l'altro lato fosse arrabbiato con lei, si ritrovò a fare i conti con un rifiuto, che la mandò su tutte le furie. Corse via dall'ufficio, sbattendo violentemente la porta. Era nervosa e furiosa con suo padre, ma l'idea di rivedere Nathan le fece spuntare un lieve sorriso sulle labbra.

 

Quando arrivò in biblioteca, dove si sarebbe svolta la sua punizione, Aurora trovò Nathan a curiosare tra alcuni libri.
"Ti ho beccato! Cosa stavi facendo?" esclamò, sorprendendolo da dietro. Il ragazzo sobbalzò, non riconoscendo subito la proprietaria di quella voce melodiosa. Una volta fatto, arricciò le labbra in un sorriso che fece sciogliere Aurora.
"Non ci credo! La figlia del preside in punizione, questo è un evento che va segnato sul calendario!" replicò Nathan. La ragazza lo guardò con un finto sguardo truce, per poi scoppiare a ridere insieme a lui.
"Anche i migliori possono sbagliare!" ribatté, incrociando le braccia al petto. Nathan non la smise di sorridere, mentre Aurora moriva lentamente.
"Per rispondere alla tua domanda, non stavo curiosando. Questi sono i libri che dobbiamo mettere in ordine. Credo che la bibliotecaria ne approfitti per fare meno lavoro." disse lui, prendendone uno dal carrello, che Aurora notò, con non poca rassegnazione, stracolmo di libri vecchi probabilmente più di sua nonna.
"Sembra che i libri siano sempre tra di noi" disse, prendendone uno anche lei. Lesse il titolo e si stupì che esistesse un libro con quel nome.
"Allora il nostro primo appuntamento sarebbe perfetto in un caffè letterario!" esclamò Nathan, trovando di nuovo la spavalderia che sembrava averlo abbandonato dall'incontro, o meglio, scontro con quella ragazza dai capelli lunghi.
"Appuntamento? Tu non eri quello che era spacciato se il preside chiamava i tuoi genitori?" domandò Aurora, spostandosi i capelli su una spalla. Avrebbe potuto tranquillamente legarli, ma questo pensiero non le passò neanche per la mente, voleva che Nathan la vedesse così.
"Ho i miei metodi. E poi tu non mi hai detto ancora sì." rispose, prendendo cinque libri per volta e iniziando a smistarli nei vari scaffali.
"Tu non me lo hai chiesto" replicò lei, vedendolo scomparire tra le immense librerie. Lo sentì ridere piano, forse sperava di non essere ascoltato. La sua risata già le mandava in tilt il cervello, questo non era di certo un buon segno.
"Signorina Aurora Allen, mi farebbe l'onore di uscire con me?" domandò, inginocchiandosi di spalle a lei. Aurora si voltò e vide che sulla mano aveva il libro di Romeo e Giulietta di William Shakespeare.
"A patto che non facciamo la loro fine!" rispose, indicando il libro. Nathan sorrise, prendendo quella risposta per un sì e le fece il bacia mano. Aurora arrossì come un peperone.
"Beh, con tuo padre non si può mai sapere" replicò, alzandosi da quella romantica posizione e avviandosi per posare il libro nel suo apposito scaffale, accanto ad altri con lo stesso autore.
"Tranquillo, abbaia ma non morde." disse la giovane Allen, facendolo ridere di nuovo, stavolta più forte di prima. Aurora non ebbe più dubbi: si era già innamorata di quella risata.

Austin, Texas, Oggi.


La donna si svegliò con una leggera nausea quella mattina. La sera il marito l'aveva portata a cena fuori per festeggiare la nascita del loro primo figlio e aveva esagerato col cibo, era pur sempre una donna incinta.
Aveva sognato di nuovo l'incontro con quel ragazzo dalla risata che la faceva impazzire. Sorrise, trovando la colazione pronta sul piccolo tavolo della cucina, perfetto per due persone. Con un figlio in arrivo il prossimo passo sarebbe stato cercare una casa più grande, abbastanza per ospitare un minimo di quattro persone, perché né lei né il marito volevano far crescere il loro piccolo da solo.
“Cornetti caldi in arrivo!” esclamò Nathan, entrando in casa con una busta alla mano. Era uscito solo per comprare il cornetto preferito alla sua adorata moglie.
“Grazie” disse Aurora, abbracciandolo. Nathan sorrise, in fondo si trattava solo di un cornetto, le accarezzò i capelli lunghi e morbidi.
“Ehi, è solo un cornetto! Per cosa devi ringraziarmi?” domandò, prendendole il viso tra le mani, notò che aveva gli occhi lucidi e tentò di sorridere per mascherare la preoccupazione.
“Per avermi fatto amare i cambiamenti” sussurrò Aurora e allora Nathan capì. Aveva sognato ancora una volta il loro primo incontro e, stranamente, lui aveva fatto lo stesso sogno quella notte.
“Ti amo, Aurora Allen” disse, accarezzandole una guancia per fermare una piccola lacrima ribelle, sfuggita al controllo degli occhi neri e pieni di mistero di lei.
“Ti amo, Nathan Wilson” disse lei, sorridendo felice come mai lo era stata prima. Lui la baciò e, inconsciamente, le accarezzò la pancia. Amava quella ragazza probabilmente ancora prima di conoscerla ed ora avrebbe formato una famiglia insieme a lei, all'amore della sua vita. 


 

-Salve a tutti!
Questo storia l'ho scritta per la sfida dei cliché sul gruppo di Facebook EFP: Famiglia, recensioni, consigli e discussioni.
La mia consegna era la seguente: A lei/lui cadono i libri in un incontro/scontro e le loro mani si toccano romanticamente mentre li raccolgono.
Spero di aver svolto il tema correttamente e che la storia vi sia piaciuta almeno un po'. Ringrazio tutti quelli che la leggeranno, chi la inserirà tra le preferite/seguite/ricordate e chi spenderà un minimo del suo tempo per recensirla.
Un bacio a tutti! :)

  
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