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Autore: nikita82roma    17/08/2016    6 recensioni
After è quello che è accaduto dopo.
Nei giorni seguenti la fine di Always, Again, ma anche nei momenti successivi alla sconfitta di LokSat, prima di ritornare al loft. In “Crossfire” li abbiamo lasciati abbracciati con LokSat a terra e poi al distretto e da lì direttamente molto sorridenti mentre rientravano a casa. Cosa è accaduto? Questa è la mia versione dei fatti.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Rick Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
- Questa storia fa parte della serie 'Always Together'
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- Sei sicura di sentirti pronta?
- Sì Castle lo devo fare. Si aspettano da mesi la mia versione.
- Possono aspettare ancora Kate, non devi farlo per forza, non ora.
Castle era preoccupato per lei, ma questa non era una novità. Aveva insistito perché si prendesse alcuni giorni di riposo, da tutto, per riprendere pieno possesso della sua vita ma non ci era riuscito che per tre giorni in cui lei sì, era stata tutta per lui. Lui avrebbe voluto di più, ma aveva dovuto cedere alla sua insistenza di riprendere finalmente una vita normale.

Kate voleva parlare, Castle no. 
Non adesso. 

Non che lui non ne avrebbe sentito il bisogno in futuro, ma non in quel momento. Voleva solo stare con lei, recuperando quel tempo, quei mesi in cui erano stati per lunghi tratti anche degli estranei e mai loro completamente. Non le aveva fatto parola di tutto quel periodo, non voleva ritornare a pensare a quei mesi che erano stati pieni di tante cose belle, ma anche di momenti estremamente difficili, soprattutto per tutto quello che non si erano mai confessati apertamente.

Avevano ordinato cheeseburger e patatine fritte, per festeggiare. Avevano mangiato pop corn e gelato davanti alla tv, senza sapere realmente cosa stessero guardando. 
Si erano scambiati cibo cinese imboccandosi a vicenda, facendo tante di quelle cose sdolcinate che non avevano mai fatto e che ora gli sembrano fondamentali. Avevano mangiato pizza di ogni tipo, quando Castle ne aveva ordinate talmente tante diverse da riempire il tavolo della cucina, prendendosi i rimproveri di Kate per aver, come sempre, esagerato e lui si era piccato, dicendo che forse doveva preferire la compagnia di Esposito e Ryan che non si sarebbero mai lamentati del troppo cibo e Kate non trovò nulla di meglio di baciarlo per costringerlo a tacere e finire con le sue stupidaggini: non lo avrebbe diviso con nessuno in quei giorni e poteva ordinare tutta la pizza che voleva.
Avevano pensato anche di uscire a cena fuori una sera, idea durata solo qualche secondo, il tempo di guardarsi negli occhi per capire che tutta la gente che avrebbero avuto intorno sarebbe stata superflua. Tutto quello di cui avevano bisogno era già nella loro casa, ed erano loro. 
E poi avevano fatto l’amore così tante volte da giustificare anche tutte le pizze comprate da Castle. Rick aveva anche avuto paura, ad un certo punto, che stessero esagerando e che magari potessero anche non far bene alla bambina, ma Kate non sembrava dello stesso parere, perché gli era mancato, sotto tutti i punti di vista e la cosa che le era mancata di più, si rendeva conto adesso, era non averlo amato lei come avrebbe voluto e come lui si aspettava. Le sembrava fosse un’esigenza fisica e mentale, non solo un desiderio innato di lui. Come se dovesse compensare il tempo perso, come se volesse dimostrargli che lei lo amava, totalmente. 
Quando lui la prendeva in giro, dicendole che era estremamente affamata sotto tutti i punti di vista, lei si giustificava tirando in ballo gli ormoni della gravidanza, non capendo perché, però, lui sembrava avere gli stessi appetiti di cibo e di sesso, ma non aspettava nessun bambino. Non erano valse le spiegazioni che le aveva fornito su come anche i futuri papà entravano in empatia con le mogli e si facevano carico dei loro bisogni: Kate lo aveva liquidato semplicemente dicendogli che lui era sempre così, sia per il cibo che per il sesso, affrettandosi anche a precisare che almeno per la seconda cosa, non le dispiaceva affatto, suscitando grosse risate da parte di Castle, che le ricordò come avrebbe usato quella sua frase in futuro contro di lei. Kate non se ne curò si limitò a sussurragli in un orecchio che in casa quella armata era sempre lei, prima di mordergli il lobo e ricominciare di nuovo nella loro attività preferita. Castle pensò che se non era già incinta, in quei giorni avrebbero concepito minimo due gemelli e che se essere lei ed essere incinta la rendeva così, avrebbero fatto bambini in quantità, ma questo non glielo disse, altrimenti temeva gli avrebbe sparato sul serio.

Avevano cucinato insieme e solo quando erano lì Kate si era lasciata sfuggire una semplice frase "Mi piace la nuova cucina". Aveva ripensato alla paura di Castle, i primi giorni al loft e a come avrebbe voluto confortarlo in altro modo, ma non capiva le sue paure in quel momento. Vide il suo volto cambiare, stringere i denti per quella paura ancora nascosta e mai riassorbita. Allora lasciò tutto quello che stava facendo, la cena poteva aspettare, lui no. E lo abbracciò, come lo aveva abbracciato quella notte quando lui ancora traumatizzato le aveva confessato i suoi incubi nel rivederli ancora a terra in cucina, feriti. Ma se il gesto era uguale, il significato era estremamente più profondo. Perché quelle braccia sapevano cosa dovevano confortare, conoscevano la sua paura che era stata anche quella di lei, sapeva esattamente anche lei dove erano e per un attimo anche lei si rivide lì, cercando la sua mano strisciando in quello che credeva l’ultimo sforzo della sua vita.
E cercò realmente la mano di Rick, la prese e la portò sul suo cuore e poi fece lo stesso con la sua, su quello di lui. Battevano, insieme. E non erano solo loro ad essere vivi, lo erano talmente tanto che c'era una vita in più tra loro, che non avevano potuto strappare nemmeno i colpi di Caleb tanto era forte. Ci sarebbero stati ancora momenti come quello in futuro, quei momenti in cui a turno avevano bisogno di conforto e conferme nel sapersi vivi e insieme, quando sarebbe inevitabilmente capitato che si sarebbero fermati a pensare e ricordare. Kate sapeva quanto certi traumi avessero bisogno di tempo per essere riassorbiti e quanto in fondo non sparissero mai. Dovevano solo imparare a conviverci e ad accettare quello che era accaduto. Erano tante le cose di cui avrebbero dovuto parlare e quelle da affrontare e non rimandavano per paura di farlo, ma solo perchè non era primario in quel momento. 
Non li avrebbe capiti nessuno, forse. Tutti avrebbero pensato che sarebbero stati giorni a parlare di quello che era successo. Invece loro stettero giorni a non parlarne. A fare finta di niente non per negazione o rimozione, ma perchè avevano bisogno di altro. Di loro. Nel loro presente. Per il passato il futuro avrebbero avuto tempo.

L’unica cosa di cui avevano parlato, tanto, sempre, era della loro bambina, di Lily, come avevano deciso si sarebbe chiamata. 
Così Castle poté lasciarsi trasportare dall’entusiasmo, da tutto quell’entusiasmo represso nei mesi precedenti, parlando di progetti su progetti, di tutto quello che aveva immaginato per la loro bambina e per il loro futuro e a Kate piaceva vederlo così felice, entusiasta, con le sue solite idee fuori dagli schemi ma molto più concrete di quanto non fosse in passato. Non aveva proposto niente di simile a quando si era fissato per sposarsi nello spazio e le sembrava già un enorme paso avanti a dir la verità, temendo che avesse qualche idea simile per il parto.
Kate gli aveva chiesto solo una cosa: cosa intendesse fare con la sua agenzia di investigazioni, evitando di dirgli che ne aveva già parlato con Alexis. Rick, non senza qualche imbarazzo, le aveva confessato che aveva già deciso di chiuderla. Era dispiaciuta del fatto che lui non l’avesse resa partecipe di quella decisione e di tante altre a quanto pareva, ma la sua risposta la aveva di nuovo spiazzata e messa di fronte alla realtà di quello che era successo, ancora difficile per lei da metabolizzare “Lo avrei fatto. Ma prima con te… Non era la stessa cosa.”. Glielo disse con un sentimento misto di rammarico e vergogna e Kate gli passò una mano tra i capelli rassicurandolo che avrebbero avuto tempo per spiegarsi ogni cosa, ma non in quei giorni. Dopo, come voleva lui, non doveva farlo ora, lui non era pronto. Solo ora si rendeva pienamente conto di come tra loro due quello uscito più provato da quei mesi era lui, che aveva dovuto combattere per due, che aveva dovuto reprime i suoi sentimenti e i suoi slanci, perché lei non li avrebbe capiti e forse nemmeno accettati.
Kate fu commossa nel vedere il progetto della camera della loro bambina, proprio dove adesso era l’ufficio della PI, chiuso da quel maledetto giorno. Si sarebbe aspettata qualcosa di sensazionale da Castle, come minimo che avrebbe chiamato un illustratore della Disney per far dipingere le pareti con le immagini dei cartoni animati più belli. Invece la vera commozione fu nel constatare come quel progetto era dolce, delicato e sobrio allo stesso tempo. I mobili erano color avorio, dalle forme arrotondate e rifinite in rosa antico. Le pareti erano di una tonalità appena più scura dei mobili e l’unica particolarità che si era concesso erano le sagome di tre elefanti due più grandi ed uno più piccolo, tono su tono sui muri. Se a lei andava bene dovevano solo approvarlo ed avrebbero cominciato i lavori in modo che tutto fosse pronto per la nascita. Per Kate era semplicemente perfetta. Castle le aveva promesso che oltre a tutte le cose inutili che già aveva comprato, tutto il resto lo avrebbero deciso insieme, dai pupazzi alle lenzuola per il lettino. 

Quella mattina, però, quei tre giorni sembravano già lontani. Ed era lontano anche il futuro. Il giorno precedente, dopo che era stata per più di 72 ore solo di Rick, Kate aveva chiamato la Gates per comunicarle la novità. Aveva poi parlato subito dopo con Esposito e Ryan e solo promettendogli che il giorno seguente sarebbe tornata al distretto riuscì a farli desistere dal presentarsi subito al loft, le sarebbe dispiaciuto dirgli che volevano stare soli, ma sembrava che i due faticassero a capire la loro necessità. Rick poi aveva chiamato Martha ed Alexis e si emozionò nel dar loro la notizia, la stessa emozione che ebbe Kate a parlare con le due donne: pensò alla fragilità mostrata da Alexis e alla sua gelosia bambinesca così distante dalla ragazza fin troppo adulta che si era sempre dimostrata e non vedeva l’ora di rivederla per poterle parlare e dirle tutto quello che prima non poteva. Con Martha ci furono poche parole e tanta commozione. Sentì chiaramente le lacrime della donna mentre la ringraziava per esserle stata vicino come una madre e l’attrice sapeva quanto voleva dire per Beckett quella frase. Kate però la pregò di non interrompere la sua vacanza con le amiche nel centro benessere, avrebbero avuto modo di parlare quando sarebbe tornata. La telefonata con Lanie era stata all’insegna delle urla della dottoressa e delle risate, con la promessa che ora Kate si sarebbe dovuta subire il suo discorsetto appena si sarebbero viste solo loro due, senza scrittori e detective impiccioni in mezzo, per un pranzo da ragazze.
Per ultimo Kate chiamò Jim. Suo padre era l’unico che sapeva che, qualunque cosa fosse successa, per lui non sarebbe cambiato nulla, lui voleva che lei ritrovasse la memoria solo perché fermamente convinto che la sua felicità sarebbe stata lì, nel ricordare il suo passato, ma lei sarebbe stata sempre e comunque la sua Katie, questo non sarebbe mai cambiato. Gli disse che aveva riacquistato la memoria, tutta la memoria, con semplicità e lui con altrettanta semplicità le rispose che era felice per lei e per Rick e ci tenne a sottolineare che lo era anche per suo marito: Kate non poteva immaginare quanto i due uomini più importanti della sua vita fossero stati legati ed avessero fatto fronte comune per lei in quel periodo, anche se qualcosa poteva immaginare da come  suo padre si era comportato con lei in ospedale appena risvegliata. Era stato il primo ad insistere che la sua vita era con Rick. Poi, come suo solito, Jim fu discreto e non le chiese di vederla: fu lei a dirgli che lo avrebbe voluto vedere presto e a rassicurarlo “Papà, sono felice. Tanto felice”. Sentì l’uomo nascondere dietro due colpi di tosse la sua commozione e poi si salutarono. 
Era stato stancante per Kate parlare con tutti e ripetere le stesse cose. Dire ad ognuno che avrebbero avuto tempo e modo per parlare. Tutti erano curiosi di sapere, di capire. Ma lei non avrebbe parlato con nessuno prima di averlo fatto con suo marito. Castle doveva sapere prima di tutti qualsiasi cosa lui avesse bisogno di conoscere e lei di raccontagli, ma al momento lui non voleva farlo, voleva solo godersi il suo “ritorno” e lei avrebbe aspetto i suoi tempi e tutto il resto del mondo si sarebbe adeguato. Lei e Castle venivano prima di qualsiasi cosa, soprattutto prima della curiosità di amici e parenti, se ne dovevano fare tutti una ragione. A lei faceva sorridere che lui gli avesse ripetuto tante volte in quei giorni “da quando sei tornata”, come se fosse stata rapita (cosa che per loro poteva anche essere normale) o tornata da un lungo viaggio in solitaria, che alla fine anche lei aveva cominciato a vederla così e parlava di quello che era accaduto come del suo ritorno.
Ma quella sera, dopo aver chiamato lei tutti per buona parte della giornata, fu Kate a ricevere una telefonata. Era la Gates. Il suo primo istinto fu pensare che ci fosse stato un omicidio ed avevano bisogno di lei, pur sapendo che adesso quel tipo di lavoro non lo avrebbe fatto, a maggior ragione dopo quanto accaduto pochi giorni prima, altro argomento ancora tabù con Rick. Forse però avrebbe preferito dover andare su scena del crimine con qualche disgustoso cadavere. La Gates l’aveva informata che aveva comunicato del suo nuovo stato al capo della polizia che a sua volta aveva parlato con la commissione che si occupava del caso LokSat. Stavano aspettando il suo rapporto da mesi ormai e volevano parlare con lei, se se la sentiva. 
“Domani mattina, solo se pensi di potercela fare” le disse la Gates.
 “Posso” rispose solo Beckett senza pensare in realtà a cosa questo avrebbe comportato. Ricordava tutto perfettamente, di quel giorno e di quei giorni, ma avrebbe dovuto riviverlo e sperava di essere realmente pronta. C’erano degli aspetti di quel giorno che non aveva ancora affrontato con se stessa, che avrebbe dovuto chiarire prima da sola che parlarne con altri, con estranei.

Kate si era alzata taciturna, seria, era andata in bagno si era fatta una doccia velocemente, vestita di tutto punto in un elegante tailleur blu con pantaloni morbidi ed una maglietta bianca di seta, concedendosi anche delle scarpe con un tacco basso. Si era legata i capelli in una ordinata coda e truccata leggermente. Era austera, bellissima. Era a tutti gli effetti il capitano Beckett. Rick ebbe un brivido quando prima di uscire andò alla cassaforte della loro camera e prese la fondina con la pistola, indossata accuratamente sotto la giacca. Fu dietro di lei prima che infilasse la giacca, posando una mano sulla pistola nella fondina.
- Ti serve anche questa? 
- No. Ma devo averla.
- Devi o vuoi?
- Mi fa sentire normale.
Lui la baciò dolcemente sul collo e poi fece scivolare la mano dalla pistola al suo ventre, aprendo le dita e muovendola lentamente. Non le disse una parola, non c’era bisogno. Kate portò entrambe le sue mani su quella di Rick, in un gesto diventato ormai consueto. Era il loro modo per dirsi che erano in tre, insieme, una famiglia. Quei giorni li avevano passati quasi sempre così, ogni momento in cui erano vicini istintivamente era quello che facevano, senza nemmeno guardarsi, senza dirselo. Si riunivano in quel piccolo spazio del suo corpo in una promessa silenziosa e facevano così prendere forma alla loro piccola famiglia. 
Ormai era quasi due anni che erano sposati, ma lei mai come in quei tre giorni aveva avuto chiara la percezione che loro erano una famiglia, come se lo sentisse per la prima volta, ed in un certo senso era così. Quello era un pensiero che Kate non aveva mai confidato a Rick ma solo adesso sentiva che la famiglia erano loro, non era lei che era entrata a far parte della sua, era qualcosa di diverso. Beckett adorava Martha e Alexis l’aveva vista crescere, standole vicino negli ultimi otto anni più di quando non avesse mai fatto sua madre, ma ora, per lei, era diverso. Non era un pezzo in più nella famiglia di Rick, che si aggiungeva alla madre e alla figlia. Erano loro due che avevano creato una famiglia propria alla quale si stava aggiungendo la loro bambina e lei si sentiva parte fondamentale di un nuovo nucleo, il loro. Avrebbe voluto condividere questa sua gioia personale con Castle, ma il pensiero di ferirlo era troppo grande. Non le sarebbe stato facile, a parole, spiegare questo sentimento diverso che sentiva senza che a Rick non venissero sensi di colpa o si sentisse in difetto per non aver fatto abbastanza per lei, e Kate non avrebbe potuto fare o dire niente per fargli capire che non era colpa sua, ma era qualcosa dentro di lei, perchè Rick era sempre stato perfetto in questo, nel farla sentire a suo agio con la sua famiglia. La sua, appunto, e lei invece ora sentiva che la famiglia che avevano era la loro, nella quale sarebbero certo entrate anche Martha e Alexis, ma adesso, invece, lei, Castle e Lily sarebbero stati a pieno titolo una famiglia e l’idea le faceva venire le farfalle nello stomaco. Ma no, non era l’idea. Era la sua bimba che si stava facendo sentire sotto le loro mani, percependo forse il loro calore o le vibrazioni e l’amore che le trasmettevano. Si morse un labbro per l’emozione e i suoi lineamenti si addolcirono subito, ancora non si era abituata a quella sensazione che ogni volta la riempiva di emozioni indescrivibili e ogni volta la percepiva sempre con maggior intensità, come se la piccola reclamasse le sue attenzioni ed il suo posto nel mondo.
- Rick… Si sta muovendo… - sussurrò appena con una voce così dolce che faticò a riconoscere come sua. Castle non riusciva a percepire ancora i movimenti della figlia, ma con un nodo in gola difficile da sciogliere, strinse Kate ancora di più, muovendo la mano sotto la sua, accarezzandola per accarezzare la loro bambina. 
- Non lo devi fare se non te la senti Kate… - le disse ancora prima che lei si voltasse verso di lui, avvolgendogli le braccia intorno al collo e aspettando che lui facesse lo stesso dietro la sua schiena. Lo bacio teneramente sulle labbra, prima di regalargli uno dei suoi sorrisi più belli.
- Voglio mettermi tutto alle spalle e poi pensare solo a noi, alla nostra famiglia, a nostra figlia, Rick. - Kate era seria e determinata nel parlare così e a Castle metteva i brividi ogni volta che la sentiva pronunciare quelle parole. Kate, la sua Kate che parlava della loro figlia era una cosa reale, non era una proiezione dei suoi sogni, una di quelle cose che aveva sognato per anni.
- Ti accompagno?
Le chiese con quella che più che una domanda sembrava un’affermazione, ma Beckett non gli avrebbe mai detto di no, voleva che lui le fosse vicino in ogni atto della sua nuova vita, dopo il suo “ritorno”, e gli fece cenno di sì con la testa per poi sciogliere il loro abbraccio lasciando che fosse lui a finirsi di preparare non prima però di averlo baciato ancora.

Arrivarono al distretto, al suo distretto, dai suoi uomini. Uscì dall’ascensore con il suo uomo vicino, ma che rimaneva un passo indietro per lasciarle lo spazio che meritava. Sembrava sfilare nel corridoio con la grazia e la decisione che la contraddistingueva sempre, anche senza i suoi vertiginosi tacchi ed il passo un po' appesantito dalla vita preziosa in lei. Stando qualche passo dietro a Kate, Rick poteva ammirarla nella sua andatura che sembrava ad ogni passo riprendere possesso di quel luogo, come se marcasse il territorio. Non faceva mancare ad ognuno il proprio saluto ed anche se i più non sapevano nulla del suo stato e da settimane la vedevano entrare ed uscire dal distretto, che quel giorno fosse diversa era sotto gli occhi di tutti. Castle non sapeva se Kate era così solo per lei, ma mentre camminava lui vedeva un allure che era impossibile da spiegare, anche per lui che era uno scrittore. Era Kate Beckett, era il capitano del dodicesimo distretto ed era lì a sottolinearlo passo dopo passo. Si chiedeva come fosse possibile che tutti quegli uomini che erano lì e la vedevano non fossero irrimediabilmente innamorati di lei come lo era lui, perché secondo lui era impossibile non esserlo.
Ryan ed Esposito la aspettavano in fondo vicino al capitano Gates. Kate si mostrò seria davanti ai tre che la salutarono in modo ufficiale, salvo poi i due detective precipitarsi ad abbracciarla. Castle per una volta non era geloso di vedere altre braccia stringere in modo così possessivo la sua donna. Sapeva che loro erano come fratelli per lei ed era a loro che doveva le loro vite. Se Beckett avesse deciso di rimanere al distretto era certo che non potesse sperare in nessuno migliore di loro per proteggerla e guardarle le spalle. Anche la Gates la salutò calorosamente lasciando che quel suo soprannome fosse accantonato per qualche istante. Kate rimase a fissare oltre le spalle della donna la placca sul muro recante il suo nome e poi la sua vecchia scrivania dove era rimasta quei giorni con le sue poche cose sopra usate le settimane passate, si sentì in parte ridicola, anche se sapeva che non era colpa sua.
- Capitano Beckett, sono in riunione nell’altra stanza. Quando avranno finito la chiameranno. Se intanto si vuole accomodare… - La Gates le aveva aperto la porta di quello che era il suo ufficio, l’ufficio del capitano. Kate rispettosa dei ruoli si sedette in una delle sedie davanti alla scrivania nonostante la donna che era stata il suo superiore l’avesse invitata a prendere il posto che le spettava. Ma per Beckett la Gates era stata il suo capitano ed il suo superiore quando era lei stessa il Capitano del dodicesimo e lo sarebbe sempre stata, Kate era così, aveva un forte senso del rispetto dei ruoli e delle gerarchie. Anche Castle la raggiunse, con quel sorriso imbarazzato che aveva ogni volta che si trovava davanti Iron Gates non riuscendo a dimenticare i loro trascorsi e le sue minacce, anche se la donna gli sorrise bonariamente e avvicinandosi a lui prima di uscire gli sussurrò all’orecchio che era felice sopratutto per lui, lasciandolo senza parole. Rick si sedette vicino a Kate che teneva le mani unite sul grembo; una smorfia lasciava trasparire la tensione fino ad ora ben camuffata. Castle le prese una mano e la mise tra le sue, accarezzandola, Beckett gli rivolse solo uno sguardo e si sforzò di sorridergli. 
Lo sguardo dritto, davanti a se mentre la sua mente volava a quel giorno…

 

Le era bastato un attimo di disattenzione di LokSat causato dall’arrivo di Rick: doveva tentare il tutto per tutto e lo fece, lo atterrò colpendolo più volte, lasciandolo inerme a terra allontanando la sua pistola. Andò incontro a Castle, dimenticandosi di ogni logica, del buonsenso e di tutto quello che le avevano sempre insegnato: non le importava niente aveva bisogno di lui e del suo abbraccio. Corsero uno tra le braccia dell’altra, stringendosi con forza e dolcezza. Si abbracciarono quel tanto che bastava per accertarsi di essere veri, vivi, per respirarsi ed essere sicuri che non fosse un sogno e poi tornarono dall’uomo a terra, non potevano permettersi ulteriori distrazioni mentre stava riprendendo i sensi.
- Vi avevo sottovalutato, capitano Beckett. Non tu, avevo capito quanto eri dannatamente testarda. Ma lui sì. - disse LokSat indicando Castle parlando come se lui non fosse lì - avevo sottovalutato cosa può arrivare a fare un uomo innamorato. Lo avrei dovuto capire a Los Angeles, da quello che mi aveva detto rifiutando il posto, lo avrei dovuto eliminare prima, ma sai, mi stava simpatico lo scrittore. - il vecchio rise beffardo nonostante la situazione.
Kate aveva poi recuperato la pistola di Wood e Castle aveva disattivato il dispositivo elettromagnetico prendendo una delle loro ricadute dal soffitto. Ora LokSat era a terra dolorante sotto il tiro di entrambi ma non perdeva la voglia di chiacchierare
- Sono caduto sul più banale degli errori, non ho calcolato i rapporti umani, dovevo capirlo che quello che legava voi due era più forte di qualsiasi altro legame e quando Castle ha detto che anche Ryan ed Esposito sapevano dovevo considerare la loro caparbietà e fedeltà a lei, Beckett.
Kate ricordava come si fosse trattenuta a stento dall’infierire su di lui che anche a terra e palesemente sconfitto, non si toglieva dal volto quel sorriso irridente e presuntuoso, tanto che temeva che qualcuno potesse entrare e sopraffarli da un momento all’altro. Aveva ucciso persone che conosceva, per lui era quasi morta e per colpa sua aveva quasi distrutto il suo matrimonio ed il suo rapporto con Castle, ed ancora si meravigliava come poteva essere sopravvissuto a tutto quello che aveva fatto.
Fu invece la voce amica di Esposito che urlava concitato i loro nomi cercandoli per tutti i sotterranei a farle allentare la tensione e quando vide la squadra delle forze speciali seguire l’ispanico e prendere in consegna Wood, si sentì finalmente libera di rilassare per qualche istante i propri muscoli e cercare ancora l’abbraccio confortante di Castle ma dovette attendere e si morse il labbro per il nervoso: Mason Wood era stato appena portato fuori dal sotterraneo e lì erano rimasti solo lei con Castle ed Esposito che non sembrava aver capito di essere decisamente di troppo continuando a chiedere agli amici come stessero e di spiegare cosa era successo. Aveva ragione lui, Kate lo sapeva doveva spiegazioni a tutti, ma quel giorno non aveva bisogno nè di parlare nè di amici anche se era a loro che doveva la vita sua e di Castle. 
- Espo lasciami le chiavi dell’auto e torna in centrale con gli altri, voglio controllare una cosa prima di raggiungervi. 
- Beckett ti aspettiamo.
- No Espo, voi andate. 
- È un ordine, Capitano? - Chiese l’ispanico a denti stretti
- Sì. - Sbuffò Kate che odiava fare quella parte. Sapeva di dovergli molto ed anche tante spiegazioni e in quel momento pensava che nei giorni successivi avrebbe avuto tutto il tempo che voleva. 
- Dai Castle, sentito il Capitano? Andiamo! - L’ironia per niente velata di Javier lasciò spiazzato Rick che non sapeva cosa fare, veramente lei lo voleva rimanere sola ancora una volta? Gli bastò guardarla e vedere i suoi occhi per capire e sorridere: quando Kate allungò appena la mano verso di lui, Castle la strinse intrecciando le loro dita, lei seppe che lui l’aveva capita, come sempre.
- Io resto con mia moglie - Disse Rick ad Esposito. Non con Kate, nemmeno con Beckett, meno che mai con il Capitano. Lui doveva rimanere con sua moglie. Non aveva scelto quelle parole a caso. Era un rimarcare la sua posizione, nonchè quel rude ed arcaico senso di possesso. Sua moglie. Di lui. Solo in quel momento Javier notò le loro mani salde strette insieme che rimarcavano quanto detto da Castle e si rese conto cosa dovesse “controllare” Beckett. Gli sorrise più benevolo ed andò via lasciandoli in quel sotterraneo finalmente soli lanciandogli le chiavi dell’auto di servizio.
Kate ricordava come appena il suo detective girò l’angolo fuori dalla porta si buttò tra le braccia di Rick stringendolo e lasciandosi stringere da lui. Non le sarebbero bastate tutte le parole del mondo per dirgli quanto aveva sbagliato in tutta quella storia fin dall’inizio e quell’epilogo ne era stata la dimostrazione: potevano vincere solo stando insieme. Soli, separati, erano fragili e vulnerabili mentre insieme potevano sconfiggere anche il destino. Ormai le prove che aveva avuto di questo erano troppe per essere ignorate, persino da lei che non aveva mai voluto credere a queste cose e che rideva ogni volta che Castle le parlava di queste cose.
Ora Kate ricordava, ricordava tutto con estrema precisione e più di tutto ricordava quel senso di angoscia e smarrimento quando LokSat le aveva detto che Rick era morto e di come il suo dolore era diventato rabbia, e poteva anche ucciderla se voleva, poteva anche morire e non le sarebbe importato perchè il suo mondo era già finito nell’istante stesso in cui lui le aveva detto che il corpo di Castle stava bruciando nell’inceneritore. Non ebbe tempo nemmeno per potersi disperare perché lo vide entrare con la stessa sua rabbia dipinta in volto verso chi gli voleva togliere tutto. E quell’abbraccio che si erano concessi contro ogni logica era potente di vita, irresponsabile e incauto ma necessario più dell’ossigeno ed era per loro altrettanto urgente che respirare. Era suo marito. Era vivo. Erano insieme. 
Ricordava la sua precisa volontà di rimanere sola con lui, lì dove credeva che le loro vite sarebbero entrambe finite, per fargli capire, invece quanto erano vivi. E l’abbraccio diventò un bacio disperato e riconoscente, un bacio di vita che ardeva più delle fiamme dell’inceneritore alle loro spalle. 
Era disperata Kate, come quel bacio. Non sapeva ancora quanto Rick era andato vicino alla morte nè quello che aveva subito però se LokSat era convinto che lui fosse morto doveva esserlo stato molto. Ancora una volta per lei, ancora una volta per loro. Ripensò tra le sue braccia, mentre divorava le sue labbra, a quello che le aveva detto poco tempo prima. “Andiamo via, ricominciamo la nostra vita altrove, lasciamoci tutto alle spalle”. E mai come ora le sembrava un’idea valida. Lo aveva quasi perso, erano quasi morti, ancora una volta. Quanto ancora dovevano sfidare la sorte?
Quando le loro labbra si staccarono lei lo guardò negli occhi, catturando la sua paura ma anche la felicità di vederla e una lacrima furtiva che abbandonava quell’azzurro ora così scuro. Era quello che voleva, per sempre. Lui, i suoi occhi, i suoi abbracci, i suoi baci. Non le importava più di dover combattere, non voleva più nemici nè ossessioni. Voleva la sua vita, con lui. Kate aveva bisogno di vita dopo aver rischiato di morire e di perderlo ancora una volta.
Gli sorrise e lo accarezzò cancellando quella lacrima dal volto. 
- Dobbiamo andare Castle…
Si sentì improvvisamente stanca più del normale, più di quanto non era stata negli ultimi giorni, come se tutta la fatica degli ultimi tempi le si fosse riversata addosso. Rick le passò un braccio intorno alla vita e andarono fuori da lì. Lei gli si appoggiò lasciandosi sostenere, si sentiva spossata e nauseata, quel giorno diede la colpa al fatto che era stanca ma finalmente rilassata, non come i giorni precedenti quando, invece dava colpa alla tensione e allo stress. Erano le prime luci dell’alba, un nuovo giorno era sorto su New York e Kate in quel momento ne era convinta, anche sulla loro nuova vita.
Guidò con lui al suo fianco verso il distretto, come tante volte in quegli anni. Si scambiarono alcuni sguardi complici ed innamorati. Rick mise una mano sulla sua gamba e non la spostò aveva bisogno del contatto con lei. 
La mente di Kate era frenetica, al contrario del silenzio che regnava nell’auto di servizio. 
Al distretto fu solo tempo di saluti e di congratulazioni. Per i verbali ci sarebbe stato tempo dopo, ora dovevano rilassarsi e riposarsi. Osservò da lontano Castle abbracciato con Martha e Alexis, come tante altre volte li aveva visti dopo altre situazioni pericolose. Tutto questo doveva finire. Non poteva continuare a mettere a rischio la vita di suo marito e la propria causando tanto dolore e preoccupazione anche ai loro cari. Era mattina ormai e mentre i ragazzi con Vikram e Lanie erano andati a festeggiare, Hayley aveva convinto Alexis a seguirla per una tipica colazione inglese in un locale non distante e Martha aveva raggiunto le sue amiche per una colazione corretta a modo loro, doveva riprendersi dallo shock ed aveva bisogno di qualcosa di forte, si era giustificata.
Così Kate e Rick rimasti soli tornarono al loft. In ascensore, al riparo da occhi indiscreti, Kate baciò suo marito con passione ed un sorriso sul volto che le illuminava tutto il viso di una luce meravigliosa.
Quando le porte si aprirono, Beckett si parò davanti a Castle
- Castle… Ti devo chiedere una cosa… - aveva un sorriso malizioso
- Dimmi Kate.
- Non ora, dopo… è importante. Ora ho fame… Dopo Rick…
- Lo sai che sono curioso! - Sbuffò lui
Entrarono dandosi la mano, Kate sorrideva particolarmente felice per quello che voleva dire a suo marito. Sarebbe stato un cambiamento importante per entrambi, ma era il momento giusto, se lo sentiva, era il momento che aveva sempre aspettato ed ora era il momento di non aspettare più. Andò in camera mentre lui cucinava per lei. Appena il senso di spossatezza l’aveva abbandonata le era venuta una fame che avrebbe mangiato per due, salato e dolce, indifferentemente. Cioccolato soprattutto, pensò. Aveva tanta voglia di cioccolato.
Castle le parlava di Caleb, ma si interruppe all’improvviso e lei sentì un sibilo ed rumore sordo. Fece solo in tempo a prendere la sua pistola, non si era ancora cambiata ed uscì arma in pugno dalla stanza: vide Caleb con la pistola in mano sparò e lo fece anche lui. Entrambi esplosero più colpi che andarono a segno. Lui cadde a terra senza vita, lei non se ne accorse immediatamente ma poi riconobbe la sensazione della carne trapassata dal metallo. Cadde in ginocchio con un solo pensiero: Castle. Era ferito anche lui, steso di schiena, usò tutte le sue ultime forze per arrivare da suo marito e prendere la sua mano. Sarebbe morta, pensava, era la sua fine e almeno lo voleva morire stringendo la sua mano, fino alla fine. Sdraiata sul pavimento pensò che sarebbe morta con il rimpianto di non avergli parlato, di non avergli chiesto quello che voleva da lui, di non aver mai visto i suoi occhi brillare, perché era sicura che lui ne sarebbe stato entusiasta. Sarebbe morta, con quel sogno che sarebbe rimasto solo tale, e si sentì in colpa per tutto quello a cui aveva rinunciato per le sue battaglie solitarie. Provò a dirgli che lo amava, almeno un’ultima volta. Non seppe se ci riuscì. Poi diventò tutto buio.

 

- Capitano Beckett, può entrare.
Kate si ridestò dai suoi pensieri. Guardò Castle e sorrise pensando a quella richiesta che non gli aveva mai fatto, chissà se lui si ricordava di quel particolare. 
Lasciò la sua mano e seguì il capitano Gates al di là della sala riunioni in fondo al distretto. 
Rick andò a farsi un caffè accompagnato da Ryan ed Esposito curiosi di sapere come stava effettivamente Beckett.
Nelle due ore che seguirono, Castle passò più tempo a controllare l’orologio che a fare qualsiasi altra cosa. Non pensava che le cose andassero tanto per le lunghe e si preoccupò cominciando a camminare nervosamente per i corridoi. Quando vide Beckett uscire le andò incontro agitato. Lei prese le sue mani, rassicurandolo che andava tutto bene.
- Vada a casa Capitano Beckett e ci pensi, sono sicuro che non ci deluderà. - disse un uomo brizzolato di mezza età in un elegante completo scuro.
Rick riconobbe tra i tanti, troppi, uomini che uscirono da quella stanza anche il suo amico il sindaco Weldon.
Aspettarono che tutti se ne fossero andati, mentre Kate salutava rispettosamente tutti quelli che le passavano davanti ed il sindaco, invece, salutò Castle con una pacca sulla spalla dice dicendogli che aspettava sempre il suo invito per una serata di poker.
- Come è andata? - le chiese Rick una volta che tutti furono oltre le porte dell’ascensore.
- Bene. Devo solo preparargli una relazione scritta sugli ultimi mesi di lavoro su LokSat. Mi farò aiutare da Vikram. E poi…
- Poi? - Castle non nascondeva l’ansia
- Markway e Weldon avevano ragione. Mi hanno chiesto di candidarmi come senatrice alle elezioni tra due anni. Riprendere il comando del distretto alla fine della maternità e nel frattempo prepararmi per la campagna elettorale. Secondo loro avrei molte possibilità. - Rick sorrise orgoglioso
- Certamente. Tu ottieni sempre quello che vuoi.
- Sembra proprio di sì scrittore. - gli fece passare un dito sulle labbra e lui glielo baciò. - Torniamo a casa?
- Non aspettavo altro.

Arrivati davanti alla porta del loft, Kate ripensò ai ricordi di quel giorno ed un moto d’ansia la assalì. Temeva che potesse essere una delle sue crisi di panico. Si appoggiò alla parete vicino all’entrata e Rick intuito il suo disagio la strinse a se, scostandola dal muro e lasciandola appoggiare al proprio petto.
- Va tutto bene Kate. Non succederà nulla oltre la porta questa volta. - Lui l’aveva capita, ancora una volta, prima che lei parlasse o dicesse nulla.
Beckett gli prese il volte tra le mani e lo baciò. Sapeva che non sarebbe accaduto nulla una volta dentro casa, ma voleva essere sicura di non avere rimpianti questa volta.
- Rick… ricordi quando siamo tornati a casa, dopo LokSat… io volevo chiederti una cosa, una cosa importante.
- Sì. - Non aveva più ripensato a quel particolare ma adesso che lei lo diceva lo ricordava perfettamente.
- Quello che ti volevo chiedere era se tu ti sentissi pronto per avere un bambino. Un bambino nostro.
- Kate… - Rick con gli occhi lucidi era senza parole
- Volevo un bambino. Un figlio. Nostro. - Scandì bene ogni parola, per far sì che lui capisse l’importanza che aveva quel ricordo per lei ed anche quella decisione che aveva preso quando ancora non sapeva. E si faceva forza per non commuoversi ripensando a quel momento ed al fato che senza saperlo il suo desiderio era già realtà, ma non ci riuscì - Quel giorno avevo capito che era il momento giusto e che niente sarebbe stato più importante. Volevo chiederti se era lo stesso per te… e lavorarci su - Rise Beckett tra le lacrime, cercando di stemperare l’emozione con quella battuta.
- È la cosa più bella che potessi dirmi. Senti… - prese la sua mano e la porto sul suo cuore che batteva fortissimo - Se tu me lo avessi chiesto Kate, ti avrei detto che non c’era cosa al mondo che avrei voluto di più. L’ho sempre voluto, lo sai e l’unica cosa che mi dispiace è che tu non me l’abbia chiesto, perché sarei stato ancora più emozionato di quanto sono adesso. Ma lei già lo sapeva che la volevamo, ecco perchè è qui. Te l’ho detto anche prima Beckett, tu ottieni sempre quello che vuoi. - Le appoggiò entrambe le mani sul ventre, baciandola ancora prima di entrare a casa e chiudersi i fantasmi di quel giorno alle spalle.

 



Vi avevo detto che sarei tornata presto, credo che sia abbastanza presto.
Questa One Shot l'avevo già preparata, non sapendo se usarla come capitolo finale oppure no. Alla fine l'ho messa come a parte, ampliandola un po'.

   
 
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