Crossover
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Autore: Odinforce    18/08/2016    4 recensioni
Una serie di one-shot ambientate su Oblivion, il mondo in cui è narrata la mia maxi-opera Interior Dissidia. Storie parallele dedicati a personaggi diversi, sopravvissuti all'eterno ciclo di guerre e che cercano disperatamente di farsi valere a modo loro. Idee scartate dalla storia originale, ma non per questo dimenticate o mai avvenute.
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Image and video hosting by TinyPic Alla via così
 
Dopo tutto quello che aveva passato negli ultimi anni, Jack Sparrow doveva farsene una ragione: niente dura per sempre. La pace, per esempio, ma anche il rum. Soprattutto il rum... anche se in quel preciso momento ne aveva ancora una bottiglia piena in mano. Con l’altra invece reggeva il timone della sua nave, la Perla Nera, lottando disperatamente contro il mare in tempesta.
Jack non aveva mai affrontato nulla del genere, neanche nei suoi più folli viaggi con la testa durante una sbornia colossale. Il che era tutto dire per uno come lui, che poteva vantarsi di aver vissuto avventure straordinarie, folli e pericolose. Aveva affrontato pirati non-morti, sirene, cannibali, streghe, divinità, leviatani e mostruosi uomini-pesce; inoltre era morto, per poi ritornare in vita dopo la sua fuga dai confini del mondo.
Non necessariamente in quest’ordine.
Jack Sparrow aveva compiuto imprese incredibili, insomma, sufficienti da bastare per un centinaio di vite... se solo avesse potuto viverle tutte. Ma nemmeno questa immensa collezione d’imprese aveva potuto prepararlo all’abisso in cui ora era precipitato chissà come, insieme alla sua amata Perla. Un abisso ancora più tremendo dello Scrigno di Davy Jones.
Oblivion, il regno spezzato. Un luogo di puro caos in cui precipitavano tutti i mondi conosciuti per mano del suo signore, Nul. Costui si divertiva a sfidare eroi e malvagi sopravvissuti a duelli mortali, in un ciclo di guerre apparentemente infinito.
E Jack Sparrow aveva subìto la stessa sorte. Il campo di battaglia lo circondava, una grande metropoli sommersa dal mare, squassato da onde gigantesche. Il nemico lo attendeva a poca distanza, Davy Jones, il feroce capitano dell’Olandese Volante. Poco importava se costui era morto in un’avventura passata: su Oblivion, la morte perdeva significato insieme a molte altre leggi della natura; e Nul la piegava volentieri per riportare in vita molte carogne, spingendole ad affrontare di nuovo gli eroi responsabili della loro fine.
Davy Jones aveva raccolto la sfida senza pensarci due volte, lieto di assaporare l’occasione di una vendetta. Non era stato Jack a ucciderlo, la volta scorsa... ma quell’eccentrico pirata aveva contribuito parecchio a spedire il suo cadavere nelle profondità del suo stesso scrigno.
Entrambe le navi sfidavano la tempesta, tenendo duro finché potevano. Il suono dei cannoni non bastava a sovrastare il tuono che echeggiava sopra le loro teste. La Perla Nera contro l’Olandese Volante, ancora una volta; le ultime due navi rimaste a galla, mentre le altre che le affiancavano – nelle rispettive fazioni – erano ormai colate a picco.
Jack era rimasto solo. I suoi alleati erano caduti uno dopo l’altro, spazzati via dai cannoni e dalla tempesta: Rufy, Uncino, Kenway, Long John Silver... uomini di altri mondi, canaglie come lui. Pirati. Per questo aveva accettato di combattere al loro fianco... e non gli era dispiaciuto affatto. Ma ora la morte li aveva portati via, lasciandolo da solo.
Un’onda si abbatté sulla Perla, scuotendola da poppa a prua. Jack non riuscì a reggersi, perse la presa dal timone e cadde all’indietro, rotolando per il ponte fradicio. La schiena e la testa urtarono con forza il parapetto, facendogli vedere le stelle per qualche attimo. Tirò un sospiro di sollievo non appena tornò a vederci: se l’onda fosse stata appena un po’ più forte sarebbe volato fuori bordo... e Dio solo sapeva cosa ne sarebbe stato di lui.
Ma Dio non poteva aiutarlo in quel momento. Nessuno poteva aiutarlo. Era da solo... solo contro un nemico ormai troppo vicino. Davy Jones stava muovendo l’Olandese contro di lui: anche quel maledetto era rimasto solo, privo di ciurma e alleati malvagi... ma era ancora una seria minaccia. Poteva quasi vederlo, quell’orrido essere con la faccia da piovra, gli occhi crudeli di un demone degli abissi della peggior specie. Presto gli sarebbe toccato risentire la sua voce, e già immaginava cosa gli avrebbe detto:
« Jack Sparrow, temi tu la morte? »
E lui avrebbe risposto, ironico: « Capitan Jack Sparrow, prego! »
Perché nessuno se lo ricordava? Perché nessuno si prendeva la briga di pronunciare il titolo di cui andava così fiero? Avrebbe dovuto subire questa beffa anche laggiù, alla fine di tutte le cose?
Questo pensava mentre giaceva sul ponte della Perla, inzuppato dalla testa ai piedi. Il timone era ancora saldo, ma a cosa sarebbe servito rimettersi ai comandi? Era la fine, lo sapeva. Non poteva vincere, né tantomeno uccidere Jones... era troppo stanco per fare qualsiasi cosa.
Forse avrebbe dovuto restare a Burton Castle, pensò con amarezza. Non avrebbe dovuto voltare le spalle a quei simpatici ragazzi che tanto gli assomigliavano. Ma se n’era andato perché non aveva voluto restare; la bussola lo aveva guidato fuori dalla porta, lontano dal castello e dai suoi abitanti.
La bussola!
Jack l’afferrò di nuovo. Che cosa voleva di più in quel momento? L’ago si mosse subito, puntando verso la bottiglia di rum accanto al suo piede. Jack la prese e bevve un sorso abbondante, mentre un lieve sorriso increspava le sue labbra. Guardò ancora la bussola: l’ago si spostò, puntando verso il timone. Il sorriso si allargò. Così, lentamente, con molta fatica, si rialzò in piedi; si aggrappò al parapetto e mosse i piedi in avanti, cercando di non scivolare. Riprese dunque mano al timone, mentre i suoi occhi puntavano di nuovo verso l’orizzonte. L’Olandese Volante era sempre più vicino, pronto per un ultimo, estremo attacco frontale.
Jack sorrise ancora di più. Dopotutto, se quella era davvero la fine di tutto, preferiva andarsene così: dritto e fiero, ai comandi della sua nave, con una bottiglia di rum in mano e una spada stretta nell’altra. Peccato solo che la sua spada fosse spezzata, in quel momento.
« Mannaggia » borbottò seccato. Dove poteva rimediare un’arma più decente in mezzo a quel casino? Non c’era più tempo...
Se solo avesse avuto un’arma migliore, la sua uscita di scena sarebbe stata perfetta.
Fu allora che ripensò a qualcos’altro, o meglio a qualcun altro. Un ragazzo che lo aveva aiutato in passato contro Barbossa, armato di una strana spada simile a una chiave... un’arma in grado di fare cose incredibili e di tornare sempre tra le mani del suo padrone.
In quel momento gli avrebbe fatto proprio comodo, un’arma del genere.
Chissà come si chiamava quel ragazzo, pensò.
« Sara? No... Uhm... Ser... Su... So... Sora! Ma certo... Sora. »
Sora. Il Custode del Keyblade.
Jack chiuse gli occhi, ripensando nostalgico a tutte le imprese passate insieme a quel ragazzo, e tese la mano libera in avanti. Ricordò il momento in cui aveva preso in mano quell’arma straordinaria, pensando a quanto gli sarebbe piaciuto averne una uguale...
Una luce abbagliante si accese sulla mano di Jack, avvolgendolo per qualche istante. Quando essa svanì, il pirata scoprì di avere in mano qualcosa di nuovo... qualcosa d’incredibile.
Era un Keyblade, proprio come quello di Sora, ma con una forma diversa. La lama era sottile e nera, con i "denti" a forma di ancora e la guardia a forma di timone. Alla base della lama vi era un simbolo simile a un medaglione atzeco maledetto, e ce n’era un altro alla base della catena appesa alla guardia. Jack rimase a fissare incredulo la sua nuova arma per alcuni secondi, prima di ricomporsi.
Non capiva come era potuto accadere, così all’improvviso... ma non avrebbe rifiutato un’occasione del genere. Dunque era degno d’impugnare un Keyblade, dopotutto.
« Adesso sì che si ragiona! » esclamò soddisfatto.
Ora Jack Sparrow poteva ritenersi pronto ad affrontare la sua fine. Dritto e fiero, ai comandi della sua nave, con una bottiglia di rum in mano e un Keyblade stretto nell’altra; e avrebbe usato quell’arma per arrecare il maggior dolore possibile al suo nemico, prima di esalare l’ultimo respiro.
« Yo ho! Yo ho! la spada e il corpo e il mare » canticchiò estasiato. « Ahaha! Mi senti, Nul? Spero di sì, perché questo è uno spettacolo che non puoi assolutamente perderti! Osserva bene... perché ricorderai per sempre questo giorno come il giorno in cui... »
BUM!
Una cannonata colpì la Perla in quel momento, facendola sussultare. Evidentemente l’Olandese aveva ancora qualche palla di cannone.
« ...capitan Jack Sparrow » completò Jack, seccato.
La nave di Jones incombeva di fronte a lui, imponente bestia di legno dotata di fauci. Anche senza la sua ciurma e il potente Kraken, con l’Olandese ai suoi comandi riusciva ancora ad incutere timore a chiunque.
Ma Jack Sparrow aveva già perso tutto, quindi non aveva più nulla da temere.
Il pirata bevve quindi un altro sorso di rum, gettò via la bottiglia e puntò in avanti il suo Keyblade.
« Yo ho, beviamoci su!! »
Era tempo di farla finita, una volta per tutte. E alla fine, sarebbe morto con il sorriso sulle labbra. 
   
 
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