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Autore: Arcadia_    18/08/2016    1 recensioni
I keep building walls but you’re always on my mind,
Won’t let them fall down
I’m tired can we give up the art of moving.
[Seguito di The Definition Of Impossible]
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dustin, Kendall, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incompiuta
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- Questa storia fa parte della serie 'The Art Of Moving On'
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II
 
La mattina dopo il mio compleanno, mi svegliai con una malsana voglia di pancake.
Cercai di non svegliare Iwan, steso accanto a me e con un cuscino sulla testa per coprirsi dai raggi del sole che entravano dalla finestra, e mi alzai, vestendomi e dirigendomi in cucina, dove iniziai a preparare la colazione.
Lasciai un po’ di impasto anche per il mio coinquilino e, carica di pancake e tè, mi diressi in soggiorno a guardare la televisione.
Mentre il film che stavano trasmettendo su un canale HBO finiva, Iwan arrivò e finì l’ultimo pancake che avevo nel piatto.
«Buongiorno» mi salutò dandomi un bacio, gustandomi lo sciroppo d’acero sulle sue labbra.
«Buongiorno. – mi alzai dal divano e lo guardai – Fame?»
«Abbastanza. – mi seguì in cucina, dove accesi nuovamente la piastra per fare i pancake – Come mai ti sei svegliata presto?»
Alzai le spalle, «Avevo voglia di cucinare. – risposi – Programmi per oggi?»
«Rimanere a casa, fare l’amore con te tutto il giorno e, se ci avanza tempo, possiamo anche andare al cinema»
«Dobbiamo proprio?»
«L’alternativa è fare maratona di una qualche serie tv» mi propose.
«Allora vada per la maratona. – lo guardai – Se ci avanza tempo»
Iwan ridacchiò e finì da solo di prepararsi i pancake, mentre io sistemavo la cucina e il soggiorno.
 
«Jade, vai tu?» mi chiese Iwan dal bagno, mentre sentivamo bussare alla porta. Lanciai la spugnetta per pulire il tavolo nel lavello e andai all’ingresso, facendo scattare la serratura.
«Kendall. – dissi sorpresa, poi lo guardai – Come hai fatto a trovare il mio indirizzo?» gli chiesi perplessa.
«Ho chiesto a tuo fratello. – si passò una mano tra i capelli biondi – Dalla voce assonnata, però, credo non abbia capito che ero io»
«Che cosa ci fai qui?» chiesi ancora, cercando di non assumere il tono di una che voleva fargli il terzo grado.
«Ti ho vista l’altro giorno con Dustin. Volevo solo, non lo so, salutarti e vedere come stavi»
Sentii la mano di Iwan posarsi sulle mie spalle, «Eccomi. – disse, poi guardò Kendall – Oh ciao, tu sei Kendall, dico bene? Io sono Iwan» e gli tese la mano sorridendo.
Vidi lo sguardo di Kendall cambiare in un attimo, «Piacere. – si limitò a dire – Passo un altro giorno?»
Scossi la testa e mi spostai dalla porta, invitandolo ad entrare, «Ti va un caffè?»
 
«È davvero una bella casa» commentò Kendall dopo qualche minuto di silenzio.
Eravamo seduti tutti e tre in soggiorno, cercando di non mostrare il nostro disagio per una situazione tanto strana e insolita.
«Grazie. – Iwan colse la palla al balzo – Allora, so che avete tante cose di cui parlare, quindi vado di là a far finta di riordinare le mie cose e ad aggiustare la mensola nello studio»
«Ma non c’è nessuna mensola rotta» gli feci notare.
«Non ancora», si alzò e si diresse nella zona notte.
«È così strano» commentò Kendall.
«È un ingegnere, ovvio che sia strano» gli diedi ragione.
«Vederti con un altro. – specificò lui guardandomi negli occhi – Ne hai tutto il diritto, ma è strano comunque»
Alzai le spalle, «È un bravo ragazzo. – sentimmo un gran fracasso provenire dall’altra stanza – Questa era la mensola», alzai gli occhi al cielo.
Kendall sorrise, «Chiederti come stai è un po’ troppo formale. – mi guardò – Però voglio saperlo, quindi, insomma, come vanno le cose?»
«Abbastanza bene. – risposi – Ho preso la cattedra del mio vecchio professore, mi trovo davvero bene. – alzai lo sguardo dal mio caffè – Dustin mi ha detto che siete in tour, come procede?»
«Sta andando… davvero bene. – lo guardai, sollevando un sopracciglio – Che c’è?»
«Posso dire con sicurezza che quello è lo stesso tono di voce che usavi quando dovevi dirmi che qualcosa non stava andando secondo i tuoi piani. – mi schiarii la voce – Ebbene? – sospirò e guardò dietro di sé, come per controllare di essere soli – Kendall, anche se arriva Iwan, lui sa tutto»
«Non riesco più a scrivere canzoni. – mi confessò – Ci ho provato, ma non ho fantasia e non trovo le parole»
«Oh, mi dispiace. – riuscii a dire – Eppure hai fonti di ispirazioni continue a casa»
«Lo so, ma non ci riesco. – mi guardò – Sono riuscito a scrivere un paio di ninna nanne, ma non è il massimo suonarle ad un concerto»
«E quindi ora che state proponendo?»
«L’ultimo disco che abbiamo fatto uscire, quello dell’anno scorso»
Sospirai, «Kendall, hai una famiglia fantastica a casa che ti supporta, non ci credo che non riesci a mettere assieme nemmeno due accordi»
«È un po’ difficile cambiare completamente soggetto delle mie canzoni, per quasi dodici anni sei sempre stata tu»
Strinsi le labbra tra loro e abbassai istintivamente lo sguardo, «E come sono? Le ninna nanne?»
«Su Lauren fanno effetto. – sorrise – Mi metto a cantare e dopo due strofe sta già dormendo in braccio alla sua nonna»
Iwan si affacciò al soggiorno, «Prendo da bere e mi dileguo nuovamente, promesso»
Kendall lo guardò, «Sei scozzese?» chiese con una nota divertita nella voce.
«Secondo te perché sono ancora vivo se no? – si avvicinò e mi schioccò un bacio sulla guancia – Ho sostituito le mensole con quelle che abbiamo comprato il mese scorso»
«Abbiamo comprato delle mensole?» chiesi perplessa.
«Già, ero sorpreso anche io quando le ho trovate. – prese una bottiglia d’acqua e si versò da bere – Oh, ha smesso di piovere» commentò, dando un’occhiata fuori dalla finestra. Un sole pallido si mostrava tra le grandi nuvole e, tra gli edifici, si intravedeva un colorato arcobaleno.
«Oh, eccellente, almeno domani riusciremo ad andare al lavoro senza usare gli scarponi da neve. – esultai, poi guardai i ragazzi – Andiamo a fare una passeggiata?»
Iwan sorrise, ma scosse la testa, «Andate voi, io rimango a distruggere casa. – si fermò dietro di me e si chinò, dandomi un dolce bacio sulle labbra – Fai la brava, ci vediamo più tardi»
 
Eravamo seduti su una panchina nel bel mezzo del parco naturale dell’università, che aveva già ripreso vita: molti studenti si trovavano a gruppi nelle varie caffetterie della zona, altri facevano jogging e vidi anche alcuni professori dare da mangiare alle poche paperelle intrepide che sfidavano l’acqua gelida di inizio marzo.
«Come sta Jean?»
Kendall sospirò, «Perché me lo chiedi?»
«Sembri a disagio. – gli feci notare – Beh, tu hai conosciuto Iwan, non vedo niente di male se ti chiedo come sta la tua attuale compagna»
«Sta bene. – sembrò una risposta forzata – Abbiamo litigato qualche giorno fa»
«Si risolverà presto» cercai di consolarlo.
«L’ho chiamata Abigail»
«Non si risolverà presto. – mi corressi – Sa che io e te eravamo sposati?»
«Jade, non vive fuori dal mondo, sa chi sei. – sospirò – Abbiamo fatto una bella litigata e lei se ne è andata furiosa»
«E perché l’hai chiamata come me?»
«Ero sovrappensiero, uscivo da una giornata pesante in studio e Lauren non smetteva di piangere. Ho alzato un po’ la voce e mi è uscito il tuo nome anziché il suo»
«Questo mi fa capire che i bei ricordi che hai di noi sono le nostre litigate. – cercai di scherzare, ma con pochi risultati – Beh, chiamare la propria ragazza con il nome della tua ex è un po’ imbarazzante e decisamente imperdonabile, ma ricordo che, con le giuste parole, tu mi avresti fatto dimenticare anche di aver dato fuoco alla casa. – gli sorrisi – Si sistemerà tutto, vedrai. Inoltre, ora avete anche una splendida bambina, le cose non possono che migliorare. – lo guardai – Hai una sua foto?»
Annuì e prese il cellulare, porgendomelo. Come immagine di blocco, c’era una foto di lui con in braccio una bimba di poco meno un anno di vita, bionda che lo fissava con due occhi castani fantastici.
«È un amore. – commentai restituendogli il telefono – Immagino Kathy con la piccola»
«Esageratamente affettuosa, c’era da aspettarselo. – gli sorrisi, poi distolsi lo sguardo – Ci hai mai pensato? A come sarebbe stato?»
«Avere un figlio? Sì, soprattutto dopo… insomma, aver perso il primo. – respirai a fondo – Quando sono rimasta incinta, ho pregato a lungo perché non prendesse il tuo naso» scherzai, asciugandomi in fretta gli occhi.
«Sarebbe stata una tragedia. – mi diede ragione – Io speravo prendesse i tuoi capelli, la tua pelle e il tuo pessimo carattere»
«Ancora peggio del tuo naso. – commentai – I tuoi occhi, anche se c’era solo una minima possibilità di ereditarli»
«Sarebbe stato comunque fantastico anche con i tuoi di occhi. – le nostre mani si sfiorarono, ma istintivamente ci ritirammo entrambi – Non ne hai parlato con Iwan?»
Annuii, «Ha detto che se succederà e arriveranno, ne sarà felice, ma non vuole forzare la cosa. – risposi – Inoltre è troppo presto e non ne abbiamo mai parlato seriamente»
«Capisco. – si guardò attorno – Si è fatto tardi, che ne dici se rientriamo?»
«Ti fermi ancora un po’? – gli chiesi – Insomma, a parte l’imbarazzo iniziale, mi piace parlare con te»
«Se vuoi, resto volentieri. – accettò alzandosi – Dici che con il tempo potremmo tornare, non so, ad essere almeno amici?»
«È una parola grossa “amici”. – lo fermai – E non lo siamo mai stati, però forse sì, con il tempo magari qualcosa salterà fuori»
Kendall sorrise e mi abbracciò. Il suo profumo e il suo calore erano così inebrianti che mi ritrovai avvolta da una sensazione di tranquillità per qualche istante, quando lui si staccò e mi guardò negli occhi, «Torniamo a casa, anche se devi spiegarmi come diamine hai fatto a finire con un ingegnere, tu non li sopporti»
Mi misi a ridere e lo seguii, «Beh, l’amore è una cosa davvero strana»
  
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