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Autore: skeight    28/04/2009    10 recensioni
A poche settimane dallo scoppio della rivoluzione francese, Oscar è dilaniata tra ciò che la coscienza le impone di fare e la paura di lasciarsi alle spalle il mondo in cui è sempre vissuta. Sarà André ad aiutarla a non cedere.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un lago di sangue; la sua superficie, prima liscia, ora lievemente increspata, per poi agitarsi sempre di più sino a degenerare in un’aperta tempesta

Parigi, 30 maggio 1789

 

Un lago di sangue; la sua superficie, prima liscia, ora lievemente increspata, per poi agitarsi sempre di più sino a degenerare in un’aperta tempesta.

Ma non era vero: era solo un bicchiere di vino, che tremava nella sua mano. Quando Oscar se ne avvide, lo poggiò, brusca, sul tavolo, con una smorfia di disappunto a nascondere l’inquietudine: da quando aveva iniziato a sognare ad occhi aperti, a trasfigurare in forme così macabre la realtà?

È solo la stanchezza.

Ma sentiva che non era una spiegazione sufficiente. Poteva giustificare un assopimento momentaneo nel suo ufficio; non i crampi che la prendevano durante le ispezioni per le vie di Parigi e i controlli dei tumulti cittadini; non l’insonnia che sempre più di frequente le faceva compagnia anche dopo le più stancanti giornate di lavoro; non l’angoscia improvvisa che la assaliva nei momenti più disparati.

Di che ti stupisci? È un periodo incerto e preoccupante per tutti. E in più sei malata.

Vero anche questo. Insufficiente anche questo. La tisi non dava segnali di peggioramento; non ancora, almeno. E era da quando era diventata soldato che si trovava a vivere in situazioni incerte e preoccupanti: la corte di Versailles, ricettacolo di intrighi, corruzione e complotto che minavano l’equilibrio della monarchia, e la città di Parigi, epicentro del malcontento e del disagio che dominavano il paese; non erano certo cose iniziate il giorno prima, eppure mai le avevano causato simili stati d’animo! Del resto, soldati e guardie come lei esistevano proprio perché esistevano problemi da risolvere o controllare: l’importante era che lei facesse il suo dovere, per avere la coscienza a posto.

“Il mio dovere…” mormorò Oscar a mezza voce “Già…”

Si alzò, si avvicinò alla finestra: nel cortile semideserto, oltre ai due soldati di guardia, c’erano alcuni funzionari, il cui nervosismo era visibile anche a distanza, e un ufficiale a cavallo che sembrava aspettare qualcosa. Avrebbe dovuto convocarlo e chiedergli cosa volesse, ma non ne aveva voglia: indossava la divisa delle guardie di Versailles, un luogo che le era sempre meno gradito, nonostante lì avesse passato tanti anni. Forse proprio per quello.

La regina Maria Antonietta, a cui lei aveva offerto dedizione e servigi, la aveva delusa. E il termine delusa era un eufemismo: dietro l’aspetto gentile, sensibile e ingenuo, aveva scoperto una persona che non immaginava, egoista, incapace di capire i problemi dei suoi sudditi o di assumersi le proprie responsabilità di regina. E l’inetto re suo consorte, indifferente al dolore del popolo come il suo predecessore, ma molte meno capace e carismatico, non faceva nulla per spingerla ad un comportamento più consono. Ed era questa famiglia reale a rappresentare la Francia? Il servizio alla nazione passava per la fedeltà a simili persone?

Ma intanto Oscar aveva giurato fedeltà a Maria Antonietta, e al di là del giuramento non poteva dimenticare l’affetto sconfinato che l’aveva legata alla regina…

 

Bussarono alla porta. André.

“Comandante” disse, ponendosi sull’attenti “Il tenente Cardin della Guardia reale chiede di conferire con voi”

Oscar si appoggiò coi fianchi al tavolo, con un’espressione di insofferenza.

“Comandante?”

“Digli che sono impegnata al momento, e che lo riceverò tra un’ora. Se non vuole aspettare, si arrangi”

“Ai suoi ordini”

André uscì, e Oscar si mise a fissare il soffitto, pensierosa: che onore le faceva comportarsi come una bimba pigra?

Un minuto dopo, la porta si riaprì e riapparve André. Non aveva né bussato né fatto il saluto, ma Oscar non lo rimproverò, limitandosi a fissarlo stancamente.

“Hai fatto presto a portargli la risposta” gli disse.

“Ho chiesto a Alain di farlo al posto mio” rispose André, e sorrise “Con un occhio solo rischiavo di non ritrovare l’ufficiale”

Oscar non imitò il sorriso: “Che c’è, André?”

“Niente, sono solo preoccupato: sono molti giorni che ti vedo sempre tesa, stanca, nervosa…”

“Non dovrei esserlo? La tensione in città è al culmine, e come comandante della Guardia è mio dovere…”

“Sai che non è questo” la interruppe André.

Oscar sospirò: “Visto che hai deciso di infrangere tutte le regole del rapporto tra comandante e soldato, vai fino in fondo e dimmi chiaramente cosa hai in mente”

“Se esploderà lo scontro diretto tra i nobili e il Terzo stato, la Guardia nazionale si rifiuterà di combattere contro il popolo”

“Lo so”

“E tu, come comandante, dovresti farli punire per insubordinazione. Invece, starai dalla loro parte”

Oscar non disse niente, né si mosse per alcuni minuti. Poi annuì col capo.

“Hai fatto la scelta giusta” disse André “Non sparerai contro i cittadini che chiedono diritti e attenzione, e non appoggerai chi vuole mantenere per sé privilegi intollerabili e ottenuti senza meriti se non la nascita”

“Lo so bene, anche senza che mi fai la lezione”

“E allora di cosa hai paura?”

Di nuovo, Oscar non parlò, ma stavolta André non attese la risposta: fece un passo verso di lei e la afferrò per il polso.

“Te lo dico io cosa temi” le disse piano, fissandola negli occhi “Temi di fare questo passo con cui taglierai i ponti con la tua vita precedente. Sei una nobile di alto rango che ha deciso di stare dalla parte del popolo: una scelta che ti fa onore, ma gli aristocratici non ti ammireranno per questo. Dovrai rinunciare a molte cose che hai sempre avuto, che fanno parte di te, della tua vita e delle tue aspettative da sempre. Di questo hai paura, vero?”

Oscar si era irrigidita quando André le aveva preso il polso, ma più lui parlava e più sentiva le proprie membra allentarsi, e tremare. Anche André se ne accorse, e rilassò la stretta della mano, e Oscar lo abbracciò, stringendolo forte, mentre lacrime iniziavano a rigarle il volto. Il malessere che la seguiva era così evidente, e lei non se n’era accorta, eppure André l’aveva capito subito, e ancora una volta le aveva detto in faccia una verità che lei non aveva saputo – o voluto – vedere.

“Hai ragione, André” mormorò, tra i singhiozzi “Tutto mi sarei aspettata… ma non questo… una rinuncia così totale a ciò che mi hanno sempre insegnato… la mia famiglia…”

André ricambiò l’abbraccio, le carezzò con dolcezza i capelli.

“Non sei sola; ciò che perdi può essere rimpiazzato da ciò che otterrai: i tuoi soldati che ti ameranno sempre, l’amicizia di persone come Rosalie e Bernard, e nuove persone nella nuova Francia che sta per nascere” le prese una mano e la strinse “Nemmeno io ti lascerò sola, puoi esserne certa”

Sino a quel momento, Oscar si era appoggiata ad André: ora si raddrizzò, passandosi una mano sugli occhi ad asciugare le lacrime. Rivolse all’amico un sorriso colmo di riconoscenza.

“Grazie, André”

“Dovere, comandante” disse lui, facendo il saluto militare. Risero entrambi.

“Secondo te, cosa vuole quell’ufficiale di Versailles?” chiese Oscar.

“Probabilmente a palazzo sono preoccupati per le proteste di questi giorni, e vogliono approntare azioni comuni”

“Lo penso anche io; quindi sarà il caso di fargli sapere che la Guardia nazionale non farà più azioni repressive”

“Così ti metterai subito contro la famiglia reale e i nobili”

“Lo so; ma se deve succedere, meglio affrontarlo subito, senza indugiare. Vai a chiamare il tenente Cardin, e digli che lo posso ricevere”

“Subito, comandante”

André stava per uscire, quando si sentì richiamare.

“Ah, André…”

Si voltò: Oscar fece per dire qualcosa, poi parve incerta.

“Niente. Vai pure”

Rimasta sola, Oscar tornò a guardare fuori dalla finestra, stavolta verso il cielo. Il malessere dentro di lei non era scomparso: non bastavano delle parole, per quanto belle, a cancellare la paura. Ma ora era più tenue, e lei si sentiva più sicura, più consapevole, più pronta ad affrontare gli eventi.

Il bicchiere di vino era sempre lì sul tavolo; lo prese, tenendolo fermo per qualche istante: nessun tremore. Sorrise, e bevve un sorso. Una sensazione calda e dolce le discese per la gola. Questo la rasserenò ulteriormente.

Ça ira, disse a se stessa, sedendosi in attesa del tenente.

 

 

 

Questa fanfiction la dedico ad una mia carissima amica che in questo momento passa un momento delicato ma decisivo della sua vita; spero che possa aiutarla ad avere il coraggio che le serve, e a sapere che chi le vuole bene non la lascerà mai sola^^

   
 
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