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Autore: MackenziePhoenix94    20/08/2016    2 recensioni
"Cesare, volete che faccia qualcosa?"
"Si, Cassio, quel gladiatore ispanico ha combattuto in modo valoroso, oggi, distinguendosi dagli altri e credo che meriti una ricompensa. Una cena al mio Palazzo, per questa sera... Si, credo che sia questa la ricompensa più adeguata per lui"
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Commodo, Massimo Decimo Meridio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Arriccio il naso mentre guardo la pista della Grande Arena costellata di macchie di sangue scarlatto e di cadaveri dal ventre squarciato, sparsi come tante bambole di pezza abbandonate e dimenticate nella sabbia.
Non sono disgustato, spettacoli simili li vedo ogni giorno ma nessuno, finora , mi ha sorpreso come oggi.
Forse a causa della modalità di combattimento dei gladiatori o, forse, perché proprio questi ultimi hanno vinto con sorpresa mia e del popolo.
Ad un cenno della mia mano destra Cassio è subito a mio fianco.
Cassio si occupa del annuncio dei Giochi, è un vecchio patrizio grasso e unto, unto come i pochi capelli radi che gli rimangono sotto le parrucche che si ostina ad indossare, il suo volto largo e rosso è sempre attraversato da un’ espressione viscida di ubbidienza.
Si veste con gusto, questo glielo concedo, ma le sue tuniche dai bordi dorati non reggono il confronto con le mie armature.
“Si, Cesare?”.
Mi chiede con una voce così dolce che ogni sua parola è un fiume di miele.
Nausea.
Questo uomo mi da la nausea e io mi devo trattenere dal avere un conato di vomito.
“Non ricordo molto bene la Storia, Cassio , ma… I Barbari non dovrebbero perdere la Battaglia di Cartagine?”
“Si, Cesare, volevo dire… Perdonatemi, Imperatore”.
Si affretta ad aggiungere con il timore di essere stato troppo evasivo, sono le persone come lui che mi divertono.
Quelli che ora mi trattano con riverenza perché sono l Imperatore e quando ero Principe ridevano alle mie spalle con divertimento; quando Cassio parla con me percepisco sempre che pesa ogni singola parola, ogni singolo respiro prima di pronunciarli e quando i miei occhi chiarissimi e gelidi si posano sul suo volto, lui trema.
Trema.
“Oh, non importa, mi piacciono le sorprese”.
Sorrido e lui mi imita.
Vecchio maiale unto.
“Chi è quello?”.
Indico un gladiatore, l unico sopra ad un cavallo, ed è lo stesso che per tutta la durata dello spettacolo ha condotto gli altri schiavi alla vittoria, l anello imperiale che indosso brilla sotto un raggio di sole.
“Quello? Lo chiamano l Ispanico, Cesare”
“Ispanico…” ripeto leccandomi le labbra secche dal caldo e dalla sete “sembra interessante… Sembra molto interessante”.
Mi sporgo in avanti senza mai scendere dal mio trono in granito bianco, delle fanciulle sedute alla mia sinistra scrutano ogni mio movimento: sono figlie di nobili truccate e vestite in modo perfetto e costrette dai genitori a prendere posto vicino a me nella speranza che io noti una di loro.
Seguo con i miei occhi l Ispanico entrare con gli altri gladiatori attraverso la porta dei vittoriosi.
“Cesare, volete che faccia qualcosa?”
“Si, Cassio, quel gladiatore ispanico ha combattuto in modo valoroso, oggi, e credo che merita una ricompensa. Una cena al mio Palazzo per questa sera… Si, credo che sia questa la ricompensa più adeguata per lui”
“Come desiderate, Cesare, farò in modo che il gladiatore abbia il vostro invito il prima possibile”.
Sorrido ancora nel sentire il turbamento nella voce di Cassio, chissà cosa sta pensando di me in questo momento, quale scandalo sto già suscitando.
L Imperatore che invita ad un banchetto un gladiatore.
Trovo tutto questo estremamente eccitante.
 
******
 
Trascorro almeno due ore davanti ad uno specchio di bronzo prima di trovare l’armatura giusta per l’occasione: è nera e oro, due colori che donano in modo particolare alla mia figura, lancio un’occhiata al mio stesso riflesso mentre due servi sistemano sulle mie spalle un mantello marrone.
Come la maggior parte dei membri della mia famiglia ho i capelli corvini e folti, esattamente come le sopracciglia severe, la carnagione chiara e gli occhi di un verde chiarissimo, unici nel loro genere se si sa come usarli.
E io lo so fare molto bene.
Ho la corporatura robusta, è un’altra caratteristica famigliare ma credo che questo è anche dovuto alla mia voracità durante i pasti.
Non ha importanza.
Sono l Imperatore di Roma e posso fare tutto quello che voglio.
Agito una mano carica di anelli e uno dei due schiavi mi porta una coppa colpa di vino, dicono che esagero anche con questo, in contemporanea un altro schiavo entra nella sala dopo aver bussato e, con voce agitata, mi dice
“È arrivato il gladiatore”.
Il mio sopracciglio destro si alza.
“Non farlo entrare finché non sarò seduto nel mio trono”.
Finalmente decido d’indossare la corona d alloro e prendo posto nel mio trono sistemando con cura il mantello e assumendo una posizione severa, in modo che il mio ospite si senta in soggezione.
Alzo la mano destra e la pesante porta in ebano si apre, due Pretoriani scortano il gladiatore e intimo subito loro di andarsene, lasciandoci così soli.
Forse non è una mossa del tutto intelligente ma non voglio degli stupidi soldati in presenza mia e del mio ospite.
Lo guardo con attenzione e inarco entrambe le sopracciglia.
Non nutro alcun dubbio riguardo alla sua provenienza, confermata dal colore abbronzato della sua pelle e dagli occhi chiari, indossa la stessa armatura e lo stesso elmo con cui ha combattuto questo pomeriggio.
“Perché indossi quel elmo?” chiedo in modo diretto.
La mia voce rimbomba nelle pareti di marmo e sono sicuro che fuori dalla porta sia gli schiavi che i soldati sono in silenzio per non perdere una sola delle nostre parole.
“Non sono degno di stare a volto scoperto dinanzi al grande Cesare di Roma”.
Le sue parole mi fanno ridere.
“Non capisco se stai dicendo la verità o se la tua è una spudorata menzogna nascosta dal sarcasmo. Il tuo lanista non ti ha detto come si deve porgere omaggio al Imperatore di Roma?”.
S’inchina e,dopo che io allungo il braccio destro,mi bacia l anello imperiale.
Il tocco della sua mano rozza e callosa con quella mia bianca e morbida mi provoca uno strano brivido lungo la spina dorsale.
“Perché mi avete voluto qui, Cesare? Io non sono che un semplice schiavo”
“Ti ho visto combattere e mi sei piaciuto”.
Mi verso del vino in una coppa di metallo nero e bevo il contenuto in un unico, lungo, sorso.
Il gladiatore siede affianco a me, la mia fronte arriva all’altezza del suo mento e sono sicuro che è più vecchio di me ma con quel elmo addosso è praticamente impossibile decifrarne l’età.
“Mi state dicendo che invitate a Palazzo ogni gladiatore che vi diletta durante i Giochi?”
“Se così fosse i migliori gladiatori non sarebbero altro che un ammasso di uomini grassi e pigri, non credi?”
“Dipende se passano o meno per il vostro letto”.
Per un istante lo guardo interdetto, sicuro di aver capito male le sue parole ma quando gli ordino di ripetere lui obbedisce senza che il suo sguardo o la sua voce vacillano.
“Ahh…” commento servendomi di altro vino “dicono questo di me, a Roma?”.
Bevo un altro, lungo, sorso di Falerno e il mio stomaco vuoto protesta per l eccesso di alcol ma io lo metto a tacere con l ennesimo sorso.
“Permettetemi, Cesare, ma fino a quando invitate gladiatori nel vostro Palazzo per una cena intima…”.
Adesso sta osando troppo.
“Questa non è una cena intima, non sono una meretrice! Se nel mio letto voglio un uomo con me devo solo schioccare le dita, non uso sotterfugi come questo” e con le mie parole smentisco e insieme confermo ciò che il popolo mormora di me.
“Nessuno sta mettendo in dubbio la vostra virilità, Cesare, tranne il vino che continuate a bere”
“Eccedo nel vino, è vero, lo ammetto”
“A tutti gli uomini piace bere, Cesare, ma è proprio questo vizio che ci porta allo stesso livello delle bestie”
“Il vino scioglie i nodi che una persona ha nella lingua, non è vero? Non si riceveranno mai  bugie da un ubriaco perché il vino costringe tutti a dire la verità!” dico ad alta voce, forse troppo ad alta voce, e in uno degli specchi che sono posti nella stanza vedo il riflesso del mio volto con le guance paonazze e gli occhi lucidi.
Con un gesto troppo veloce riempio ancora una volta la mia coppa e questa si rovescia spargendo il suo contenuto ovunque: sulla tavola, sulla mia armatura e sulle mie mani.
Alcune gocce colano sul pavimento formando una piccola pozza, simile al sangue, ai miei piedi.
L Ispanico si alza e mi dice
“È meglio se vi ritirate nelle vostre stanze,Cesare”.
Con mia sorpresa mi aiuta ad alzarmi, voglio protestare ma ho la lingua impastata e non riesco a pronunciare una sola parola.
“Che cosa stai facendo?” balbetto mentre mi solleva senza il minimo sforzo nonostante l’armatura pesante che indosso, sento la corona d alloro scivolare dai miei capelli e cadere nel pavimento ricoperto da mosaici, non ha importanza dal momento che possiedo più di duecento corone.
Il gladiatore mi porta nella mia stanza.
“Fermi!” ordino ai Pretoriani che hanno già sfoderato le loro spade ed ignoro le loro espressioni sconcertate mentre la porta si chiude alle mie spalle.
Il gladiatore ancora non parla e mi aiuta a sfilarmi l’armatura, mi posa sopra al mio letto a baldacchino e, sempre in silenzio, si sta per allontanare ma io lo blocco con un movimento così veloce che siamo entrambi ad esserne sorpresi.
“Ditemi, Cesare”
“Resta con me”
“Non posso, domani ho un altro combattimento”
“Raccontami della tua terra. Faccio fatica a dormire durante la notte. Se mi parli di qualcosa forse, poi, riuscirò ad addormentarmi”.
Mi sdraio scivolando sotto il lenzuolo candido di lino e lui rimane incerto se andarsene o restare, da dietro l elmo scorgo appena i suoi occhi per cui la sua espressione mi risulta indecifrabile.
Inizia a parlare della sua terra, delle colline della Penisola Iberica e della bellezza dei tramonti estivi, io lo ascolto in modo distratto perché la testa mi duole a causa del vino.
Lentamente i miei occhi si chiudono, mentre lui sta ancora parlando, e scivolo in un sonno pesante e agitato da cui non traggo nessun ristoro.
Quando mi sveglio, la mattina seguente, non c’è nessun altro nei miei appartamenti personali.
È accaduto tutto veramente o sono stato vittima di un delirio causato dal vino?
 
   
 
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