Film > L'attimo fuggente
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Autore: rossella_rose    20/08/2016    3 recensioni
La giovanissima scrittrice in ascesa Silvia Romani, riceve un'opportunità unica.
Una borsa di studio per la Welton Academy, la più prestigiosa fra le scuole preparatorie degli Stati Uniti.
Si ritroverà ad essere la prima studentessa dell'istituto maschile e dovrà dimostrare di essere all'altezza dei suoi compagni, da lei infatti dipende l'ammissione delle ragazze di tutta l'America.
Cercando di integrarsi, Silvia conoscerà sette ragazzi intelligenti e vivaci, con la voglia di vivere negli occhi e che, insieme al nuovo insegnante di letteratura, le faranno scoprire la bellezza, l'amicizia, l'amore e il coraggio di superare insieme le difficoltà.
Affiancata da Neil Perry, Todd Anderson, Knox Overstreet, Charlie Dalton, Richard Cameron, Steven Meeks e Gerard Pitts, Silvia dimostrerà al preside Nolan la potenza dell'orgoglio femminile e del cuore indomabile.
STORIA IN REVISIONE - VISUALIZZAZIONE SOSPESA DAL O6/08/2016 AL 13/06/2016
Genere: Avventura, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Charlie Dalton, Neil Perry, Nuovo personaggio, Todd Anderson, Un po' tutti
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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ATTO II
« ... ed io scelsi quella meno battuta... »

§

Capitolo X Parte II
Fuoco

§

« Ora del decesso… 11 e 17. Nome… Silvia Rom- OHGESÚCRISTO!»

§

1 Novembre, mattina inoltrata, molo della Welton Academy

ARIA! ARIA!

L’azzurro del cielo, troppo chiaro per le sue pupille deboli, l’accecò, costringendola a socchiudere gli occhi.

Spalancò la bocca, ma non riuscì ad inghiottire l’aria di cui aveva un disperato bisogno.

Le membra, dure come il marmo, con uno sforzo sovrumano si sollevarono, permettendole di alzare un poco il busto e ruotandola su un fianco, sostenuta a malapena dai gomiti.

Il mondo prese a girare vorticosamente, facendole venir voglie di vomitare tutto lo stomaco.

Ma ciò che la tormentava come non mai era la gola, la gola che ardeva come se fuoco vivo stesse carbonizzando la carne. I polmoni si erano ridotti a pezzi di carbone incandescente che le lacerava il petto. In mezzo alle clavicole, appena sotto alla gola, stava un nodo. Un nodo fatto di qualcosa di liquido, qualcosa che le impediva di ricevere aria.

Facendo violenza su sé stessa, riuscì a sputare quel nodo, graffiandosi la gola e sentendo sulle papille gustative quel sapore, che in verità era insapore, dell’acqua del fiume.

E finalmente sentì l’aria invadere dolorosamente i suoi polmoni.

L’ossigeno arrivò al cervello, rendendola cosciente, ma stordita come non mai.

Con un verso di puro strazio ingoiò avida altre boccate d’aria e si accasciò a quello che doveva essere il suolo.

Ignorando il dolore che le provocava continuare a respirare, cercò di uscire da quel limbo sfocato dov’era rinchiusa.

Pian piano, riattivò tutti sensi.
La prima cosa che sentì fu il suo corpo estremamente debole e pesante. Provò a muovere una mano, ma il dolore fu così acuto che ci rinunciò in partenza. Ogni suo arto urlava di disperazione. Si sentiva come se le fosse passato sopra uno schiacciasassi. Molte volte.

Poi la vista si fece più limpida e poté distinguere le sagome di alcuni uomini chini su di lei, che continuavano a farle domande a cui lei non rispondeva.

Il naso sentì odore d’erba, di foglie, di plastica sterilizzata e di sangue e finalmente anche le orecchie cominciarono a collaborare.

Urla.
Dicevano un mucchio di cose diverse, ma lei riuscì ad afferrarne solo poche. “Viva”, “Respirare”, “Dio”...

« Silvia… Silvia, mi senti? » disse l’uomo chino su di lei. Avrebbe voluto rispondergli, ma solo in quel momento si rese conto che aveva una mano chiusa intorno alla gola e di non sapere come sarebbe uscita la sua voce con tutto quel fuoco che divampava ogni volta che respirava.
« Riesci a parlare? » e lei, molto debolmente, scosse il capo di poco.
« Quindi mi senti ». Un cenno del capo.
« Bene, ora ti spostiamo sulla barella. Adesso mettiamo una tavola sotto di te e ti solleviamo. Riesci a muovere qualche parte del corpo? ». Scosse il capo, sentendo un nuovo capogiro. 
« Okay, tranquilla, non muoverti, ci pensiamo noi » le disse gentile, mentre qualcosa di duro, una tavola in plastica, probabilmente, le passava sotto e il medico, perché quell’uomo era un medico, ne era certa, le sollevava delicatamente la testa, le braccia, il busto e le gambe. Come se fosse una bambola di porcellana finissima, fragile e pronta a spezzarsi da un momento all’altro.

Per quanta delicatezza ci mise il medico, non poté impedire al suo corpo di provare un dolore insopportabile ogni volta che veniva anche solo toccato. Gemette, ma la gola bruciò ancor più forte e il suono che ne uscì non pareva nemmeno umano.

Fu messa su una barella e il semplice tragitto di tre secondi le fece venir voglia di rimettere qualsiasi cosa avesse in corpo.
Non appena l’ebbero sistemata, altri medici le sciamarono intorno, sistemandola in una coperta termica, attaccandole cavi addosso e posizionando sul suo viso una mascherina per l’ossigeno.

Continuando a respirare a fatica, si guardò intorno. Vide Keating parlare con il preside Nolan e poi correre accanto alla barella e parlare con i medici.
Vide Simmons sbraitare animatamente con un altro dottore e tanti studenti che si agitavano.
Tanti, tantissimi studenti.

Un momento… Cos’era successo?
Lei era caduta nel fiume e… e doveva essere morta! Era certa che sarebbe morta! Ma allora perché era viva? E perché sentiva tutto quel dolore? E chi l’aveva salvata?
Si ricordava di Todd e Neil e… TODD E NEIL!!

Si guardò freneticamente attorno, strizzando gli occhi dal dolore ogni volta che ruotava di poco il capo, e finalmente li vide.

C’era Neil, tutto bagnato e davvero molto pallido, che continuava a fissarla ed a urlare, mentre due medici lo tenevano fermo e tentavano di mettergli una coperta termica addosso mentre si divincolava e cercava di avvicinarsi alla barella. Dietro di lui c’era Charlie, tenuto a fatica da Knox e Pitts, anche lui agitatissimo. Stava gridando addosso al professor Keating, che lo aveva appena raggiunto e cercava di calmarlo. Todd e Meeks la guardavano preoccupati dietro ai compagni.
Riportò debolmente lo sguardo su Neil, che era stato avvolto a forza nella coperta, ma che continuava a spingere per raggiungerla.

Solo in quel momento capì che Neil doveva essersi buttato nel fiume per prenderla. E che se era finito anche lui in quella corrente ghiacciata e mortale…

Con uno scatto secco, alzò il busto e protese il braccio per avvicinarsi al ragazzo, ma una scossa tremenda di dolore la fece urlare, se si poteva definire “urlare” il suono spezzato e agonizzante che le uscì dalle labbra, e riatterrò di peso sulla barella. Il secondo colpo la fece scoppiare in lacrime.

Perché fa così dannatamente male?!

Neil. Doveva raggiungere Neil.
Poi si sentì chiamare di nuovo e si voltò verso Charlie, urlava più forte e pareva intenzionato a spaccare il naso a Keating se non lo avesse lasciato passare.

Fece appena in tempo a rendersi conto che Charlie la stava chiamando, che era preoccupato per lei, che stava per picchiare un professore per raggiungerla, che uno dei dottori calò su di lei e la tenne ferma alla barella.

« No » rantolò, riconoscendo a stento quella sillaba nel suo verso. E di nuovo una fitta di dolore le riverberò nelle membra.
« Silvia, devi stare ferma o ti fari male da sola. Il sangue deve riprendere a circolare bene nelle vene » le disse, massaggiandole la mano destra.

Lei gemette, mentre la mano le formicolava dolorosamente. Il dottore le toglieva la vista dei compagni e lei doveva raggiungerli.

Cavolo, se avesse saputo che bisognava annegare in un fiume ghiacciato per ricordare a Charlie la sua esistenza avrebbe risolto il problema un mese prima.

Decise di fare un ultimo tentativo. Al diavolo il dottore apprensivo.

Cerco di sollevarsi sui gomiti, ma scoprì di non averne la forza.

Andiamo…

Ci riprovò e questa volta vide che, con una stilettata che ignorò per forza di cose, ci riusciva. Almeno un pochettino.

Con uno spasimo più forte dei precedenti, riuscì ad issarsi sul busto e a vedere sia Neil che Charlie. Sembravano più calmi. Erano tutti e due vicini al professor Keating, che aveva posato le mani sulle loro spalle. Ma, non appena la notarono sollevare a fatica una mano nella loro direzione, sul punto di ricadere di nuovo sul lettino e con le lacrime agli occhi per le fitte che scuotevano il suo corpo, approfittarono della distrazione del professore e si fiondarono su di lei.

Ma, ancora una volta, vennero fermati da un dottore che li respinse di nuovo.

Per fortuna il medico che assisteva la ragazza si accorse dei suoi istinti masochisti e, delicatamente, la rimise stesa, non potendo fermare, però il suo dolore, che pareva divorarla. Letteralmente.

« Se non sta ferma dovremo sedarla » suggerì un dottore da dentro l’ambulanza.

Tutt’a un tratto i medici le parevano molto meno gentili.

Quella volta sentì distintamente le parole di Charlie: « Si sposti!!! Io ci voglio solo parlare e ci parlerò, mi ha capito?!?! » e quelle di Neil: « Lei adesso mi ci fa parlare, me ne infischio dei suoi protocolli, si levi di mezzo!!! ». Evidentemente stavano perdendo le staffe.

« Non possiamo sedarla, rischiamo che non si svegli più. Di nuovo » rispose il dottore accanto alla barella, che le stava controllando i parametri vitali.

AH! Alla faccia tua, medico numero 2 troppo apprensivo! Madonna, ma quanto freddo fa? Mi fanno male le gambe… e le braccia… e la testa… Mio Dio che dolore!!!

« …M-mal… » provò a dire qualcosa, ma la gola ardeva tremendamente.
« Cosa? » le chiese il dottore.

Ma che cavolo di medico sei?! Non vedi che sto piangendo e sono sul punto di morire?! BRR… QUANTO CACCHIO DI FREDDO FA?!?

« …Fred-do-do… » balbettò, i denti che si dibattevano furiosamente.
« Oh! Ti metto un'altra coperta. Ora ti portiamo all’asciutto e al caldo »

Aspetta… Non vorranno portarmi all’ospedale?! No! Io devo parlare con Neil e Charlie! E con Todd e… AH! CHE DOLORE!! AIUTO BASTA!

Alte lacrime presero a scendere furiosamente. Le sentiva bollenti a contatto con la pelle gelida del viso. Perché nessuno faceva niente? Stava soffrendo, agonizzando per la precisione, e perché nessuno le dava qualcosa? Una flebo, una medicina… qualcosa!

Con movimenti lenti e dolenti si strinse nelle coperte.
Una pesantezza soporifera l'avvolse.
Si sentiva così stanca, così desiderosa di stare al caldo e al sicuro.

Non ce la faccio...

« Tranquilla Silvia, ora ti portiamo al caldo, tu rilassati. MUOVIAMOCI! » urlò il dottore, mentre sentiva le palpebre pesanti. Aveva una voglia matta di dormire.
Probabilmente il medico apprensivo le aveva iniettato qualche calmante.

Maledizione a te, medico numero 2!

L’ultima cosa che vide, prima che le palpebre calassero, furono i suoi amici. Che la guardavano da lontano, tremendamente preoccupati.

« Scu… sate… » biascicò, prima di cadere, o meglio, precipitare nel dolce abbraccio di Morfeo.

§

1 Novembre, sera, infermeria della Welton Academy

« … Un miracolo… »
« … Già, lo penso anche io… »
« … Se non ci fossero stati Perry e Anderson sarebbe morta di sicuro… »
« … Benedetti ragazzi, spero gli daranno una medaglia al valore… »
« … Potrei parlarne con il preside, è il minimo dopo quello che hanno fatto. Non solo hanno salato lei, ma anche la scuola. Se fosse… morta… Nolan avrebbe dovuto chiudere l’istituto. Anche se dopo ci sono volute sei persone per tenere fermo Perry… Eh, credo proprio che quel ragazzo si sia innamorato… Ah, bei tempi quelli dell’amore adolescenziale, non trova? »
« A ragione professore, ma la guardi. E’ davvero graziosa e mi hanno detto che è anche educatissima ed intelligente! Non mi stupisco che i ragazzi ne siano tutti cotti! Oh! Si sta svegliando! »
« Signorina Romani… »

Silvia aprì gli occhi, lentamente, e la prima cosa che vide fu una figura femminile.

Ed era un pezzo che non vedeva una figura femminile.

Quando la mise a fuoco, notò che si trattava di una donna anziana, bella per l’età che doveva avere, vestita con un’uniforme blu e bianca.

Un’infermiera.

Poi ruotò la testa e incontrò lo sguardo limpido del professor Keating, che le sorrideva.
Lo guardò confusa. Si trovava in ospedale?
Effettivamente era distesa su un letto d’ospedale, con le lenzuola candide e due cuscini sotto la schiena, rialzata in una posizione semi-seduta, grazie allo schienale del letto, evidentemente regolabile.

Eppure qualcosa le diceva che non si trovava in una struttura ospedialiera. Di soccorso, sì, ma non un ospedale.

Innanzitutto, la stanza era molto grande, da quello che poté vedere, e c’erano due file di letti come il suo, disposte alle due pareti laterali. Le pareti erano color crema e ciò che la convinse del fatto che non si trattava di un ospedale era il profumo, intenso ma non fastidioso, di fiori.
E lei era più che sicura che gli ospedali non profumassero di fiori.

Keating, dopo aver ridacchiato nel vederla drizzare il nasetto alla ricerca della fonte di quel profumo le disse: « Dovrebbe girarsi signorina Romani, credo rimarrà piacevolmente sorpresa »

Lei si voltò a destra e ciò che vide, più che sorprenderla, la sconvolse.

Accidenti.

Il letto accanto e tutta l’area che lo circondava erano letteralmente ricoperti di mazzi di fiori.

Sgranò gli occhi. Ovviamente sapeva da dove arrivasse quella piccola serra. O meglio, sapeva da chi arrivasse.

« Credo che abbia degli ammiratori » ridacchiò ancora il professore.
Lei si voltò a guardarlo, poi guardò il letto, l’infermeria e l’infermiera, i fiori e di nuovo il prof.
Infine si abbandonò sui cuscini, sentendosi esaurita.
« Perché non me ne va bene una? » domandò. La voce le era uscita sorprendentemente flebile e debole. Sembrava un gemito soffiato, come se fosse senza voce.

Provò a schiarirsi la gola, ma ottenne in cambio solo del dolore alle corde vocali, mentre Keating scoppiava a ridere e l’infermiera, anche lei sorridendo, trafficava con delle medicine sul suo comodino.
« Non ti sforzare, cara » le disse l’infermiera invitandola ad aprire la bocca e spruzzandole qualcosa che doveva essere uno sciroppo, ma che era tanto amaro da suscitarle una smorfia disgustata.
« Oh, su, non fa poi così schifo » le disse la donna.
« Insomma… » rispose, questa volta con un po’ meno di fatica: « Che cos’è successo, professore? » tossicchiò.
« Oh, bene, mi hanno dato circa sessanta versioni della storia » disse, mettendosi comodo il prof come se stesse per raccontarle una favola.

« Allora. Lei era andata al molo con il signor Anderson e il signor Perry. A quanto pare si è avvicinata al bordo del pontile e ha ricevuto un colpo da uno dei suoi due compagni che stavano… “duellando con dei bastoni”. Lei è caduta nel fiume e non riusciva più a venire a galla, per colpa dei vestiti pregni, immagino, così Perry si è buttato ed è riuscito a riportarla in superfice. Però non respirava e anche il battito del cuore era estremamente debole. Perry è andato nel panico, ma, fortunatamente, il signor Anderson è rimasto abbastanza lucido da praticarle immediatamente la respirazione bocca a bocca, abbastanza da permettere a Perry di chiamare aiuto. Appena gli studenti si sono resi conto di ciò che stava succedendo è scoppiato il finimondo. E’ stata chiamata un’ambulanza e i professori sono stati avvisati. Io e il dottor Nolan ci siamo fiondati al molo, l’ambulanza era già arrivata. Anderson ha immediatamente lasciato che i medici le praticassero la respirazione artificiale, ma Perry non ne voleva sapere di lasciarla, signorina Romani. Credo fosse sotto shock, i dottori hanno dovuto promettergli di salvarla, prima che lui venisse portato via di peso da Anderson. Dopo, da quello che ho capito, sono corsi ad avvisare i suoi compagni e sono ritornati al pontile. Non ho mai visto il signor Dalton così pallido, temevo potesse svenire da un momento all’altro. Nel frattempo i medici hanno tirato fuori il defibrillatore, ma lei continuava a non rispondere. C’è stato un momento di vero terrore… pensavo che lei… non ce l’avrebbe fatta. Il dottore ha fatto un ultimo tentativo… hanno alzato il voltaggio del defibrillatore, sperando che funzionasse, ma… » Keating tentennò. Ci fu un attimo di silenzio, prima che continuasse.

« … Lei non ha risposto neanche all’ultimo tentativo. Era… morta. Dio… non le dico come mi sono sentito… come tutti ci siamo sentiti » sussurrò.

Silvia si sentì in colpa per aver fatto prendere una grande paura a tutti.

« Hanno scritto l’ora del decesso e… poi il suo corpo ha avuto uno spasimo e lei ha spalancato gli occhi. Il dottore che era con lei ha avuto un attacco di cuore, si messo ad urlare! Molto poco professionale per un medico, anche se tutti hanno avuto un infarto. Eppure lei respirava! Bhe… “respirare”… diciamo che si è quasi soffocata, prima di riuscire a sputare l’acqua residua che le ostruiva i polmoni. Poi si è accasciata di nuovo e, ogni volta che prendeva una boccata d’aria, la si sentiva gemere e urlare. Sembrava stesse soffrendo molto. Ed immagino sia stato così. A quel punto Perry si è di nuovo gettato su di lei e questa volta con lui c’era pure il signor Dalton. I medici, insieme a me, hanno tentato di fermarli, ma loro continuavano ad insistere. Poi si sono accorti che anche Perry stava gelando dal freddo, così hanno tentato di mettergli una coperta termica, ma sembrava indemoniato, quel ragazzo. Ho dovuto minacciarlo, così come per Dalton. Credo che mi volesse picchiare. Nel frattempo hanno caricato lei su una barella per portarla in ospedale, ma il signor Simmons e il dottor Nolan si sono imposti affinché rimanesse qui e credo che la ragione di ciò sia la sua fama, signorina »

Silvia lo immaginava, se i giornali avessero saputo dell’incidente Nolan, e l’intera scuola, si sarebbe trovato in situazioni alquanto spiacevoli.

Keating continuò: « Anche lei si è agitata un po’, nelle sue condizioni, e i medici hanno dovuto darle un calmante, ma credo che non si aspettassero la sua stanchezza. Dopo due minuti stava già dormendo e l’hanno portata qui in infermeria » concluse. Fu l’infermiera a proseguire.

« Sei andata in ipotermia dopo poco tempo nell’acqua. I dottori hanno ipotizzato che sia stato grazie al pronto intervento di quel ragazzo… Perry, giusto? Sì, lui ti ha portato a riva, ma il sangue aveva smesso di circolare nelle vene e il battito del cuore era debolissimo. Devi ringraziare anche l’altro ragazzo… Anderson. Se lui non fosse intervenuto immediatamente con la respirazione artificiale probabilmente saresti morta. Oh, cara, davvero, credo che ci fosse il tuo angelo custode lì con te, non so spiegarmi come tu non abbia riportato danni seri. Mentre dormivi ti hanno fatto tutta una serie di controlli. I polmoni sono apposto, devi aver ingoiato poca acqua. La gola, invece, ti farà male per un po’, qui mi hanno prescritto le medicine da darti. Ecco, inclina le testa e apri bene gli occhi. Questo è un collirio, ti rinfrescherà gli occhi. Nulla di grave, ma sono un po’ rossi per via dell’acqua » e delicatamente le fece cadere alcune gocce sui bulbi oculari, che all’inizio bruciano, facendola lacrimare, ma poi le diedero un enorme sollievo.

« Quanto ho dormito? » chiese piano: « E dove sono gli altri? Neil sta bene? » chiese flebile.

« Circa sette ore » le rispose Keating: « Tutto il pomeriggio. I suoi compagni sono a cena, ora. Ma mi hanno fatto promettere di avvisarli appena lei si fosse svegliata. Il signor Perry sta bene, ha preso solo un po’ di freddo, è molto più forte di costituzione di lei » le sorrise: « Ora devo andare, signorina Romani. Devo parlare con il preside e gli altri professori. Ah, a proposito, Simmons ha contattato la sua famiglia e li ha rassicurati, non si preoccupi, abbiamo sistemato tutto. Chiamo subito i suoi compagni? »

Ma l’infermiera rispose prima di lei: « Ce li mandi qui fra due orette, grazie professore »

« Ma… » fece per protestare Silvia, subito fermata dalla donna: « Niente “ma”, cara, ti devi fare un bagno, devo applicati delle bende su quel taglio e fare gli ultimi controlli, avrai tempo per vedere i tuoi amici dopo! » la rimbeccò.
« Uff! » sbuffò, prima di sospirare e sorridere al professore, che si era avviato verso la porta: « Grazie mille di tutto, professore ».
In risposta ricevette un sorriso, poi l’infermiera calò su di lei.

Delicatamente, la donna, che scoprì chiamarsi Daisy, l’accompagnò in bagno su una sedia a rotelle. Faceva troppa fatica a camminare, gli arti erano ancora molto indolenziti. Sollevata dal fatto che la signora fosse un’infermiera e non un infermiere, si spogliò rimanendo in biancheria intima e venne aiutata a calarsi lentamente nella calda vasca da bagno dell’infermeria. Per i primi cinque minuti fu molto doloroso riabituare il suo corpo al calore e alla mobilità. Daisy l’aiutò massaggiandole delicatamente le gambe e le braccia, le mani e i piedi, su istruzione dei medici. La consolò quando le lacrime inziarono a scendere, perchè il suo corpo stava facebdo davvero un grande sforzo per riprendersi. Dopodiché la lasciò sola, in modo che potesse lavarsi con calma anche i capelli e il resto del corpo. Poi fu asciugata di tutto punto, anzi, Daisy insistette anche per spazzolarle i boccoli. Indossò un caldo pigiama bianco di flanella, con tanto di calzini pesanti. Mangiò una calda e soffice vellutata di zucca, e infine fu sistemata a letto. Avvolta in due strati di coperta e un piumone.

Semi seduta sul morbido letto, le braccia che spuntavano appena dal piumone candido si concesse di osservare meglio i regali che i ragazzi le avevano portato.

C’erano fiori di ogni tipo, grandi mazzi di rose, tulipani, orchidee, azalee, nontiscordardime, viole, lavanda, dalie, ginestre, peonie, malva… tanti bigliettini, dediche e nomi.

Dovrò ringraziare tutti quanti…

Pensò, sorridendo dolcemente, commossa da tutto quell’affetto, mentre l’infermiera sistemava le ultime cose e le dava la buonanotte, raccomandandosi di andare a dormire presto e di chiamarla per qualsiasi cosa.

Ripensò a Todd. Lui le aveva fatto la respirazione bocca a bocca. L’aveva salvata, insieme a Neil.

Arrossì sfiorandosi le labbra con la punta delle dita.

E pensare che avrei voluto fosse un altro il primo a toccare le mie labbra.

Non era stato un bacio, lei era praticamente morta e Todd voleva solo salvarla, non lo avrebbe definito “il primo bacio”, ma era comunque una sensazione strana.

Povero Todd, lo staranno tartassando con questa storia adesso.

Sorrise, il suo tenero Todd, timido come pochi eppure così coraggioso da salvarla.
Sarebbe stata in debito con lui per sempre.
Così come per Neil, che aveva rischiato quasi quanto lei, buttandosi in quel fiume della morte.
E Charlie… Charlie non era indifferente! Sapeva che aveva qualcosa da nascondere e ora lo avrebbe scoperto, a costo di cavargli le parole di bocca a forza.
Mica era quasi morta per niente!

La porta si spalancò all’improvviso, facendola saltare in aria dallo spavento. Sbattè il gomito sul bordo di metallo del letto e una fitta acuta la trapassò, mentre una sagoma enorme si lanciava su di lei urlando.

Pitts la abbracciò per la vita, sollevandola e stringendola a sé, ridendo come un matto e ripetendo il suo nome, felice.

Silvia quasi prese a piangere dalla commozione e dal dolore, cercando di stringere a sua volta le grandi spalle del compagno, che, nel frattempo, l’aveva fatta sedere di malagrazia sul bordo di metallo del letto, mentre altre voci si accavallavano una sopra l’altra.

« Fa piano Pitts, le fai male! »
« E’ debole, vuoi ammazzarla prima che arriviamo ad abbracciarla? »
« Lasciala, su! »
« Pitts! La stai soffocando! »

Finalmente il compagno la lasciò, mentre altre braccia, l’aiutavano a risedersi sul materasso, sistemandole le coperte.
Quando il velo di lacrime, di commozione e dolore, che le aveva offuscato la vista si dissolse, sei ragazzi erano in piedi davanti a lei e sorridevano come se vedessero la cosa più bella del mondo.

In quel momento, a Silvia venne di nuovo voglia di piangere, perché sapeva che con quei sorrisi avrebbe potuto viverci.

Il primo ad avvicinarsi fu Neil: « Allora, come st- » ma non poté finire la frase che venne tirato energicamente indietro e sostituito da Knox: « Col cavolo, ci sono prima io! » sbottò e abbracciò delicatamente Silvia, che rideva contenta.
« Come stai? » le chiese dolcemente, mentre la stringeva: « Mai stata meglio! » gli sorrise lei felice, mentre lui le faceva un buffetto sulla guancia.
« Tempo scaduto, tocca a me! » trillò Todd e pure Knox fece la fine di Neil, mentre la scrittrice si protendeva per abbracciare il suo amico.
« Oh Todd! » soffocò un singhiozzo sulla sua spalla: « Grazie! » disse, mentre nascondeva il viso fra le sue braccia e gli schioccava un bacio sulla guancia: « Non ti so dire quanto ti sono grata ».
Todd arrossì e le sussurrò: « Non ringraziare, l’importante è che stai bene e sei viva » le accarezzò amorevolmente i capelli.
Poi fu il turno di Meeks, che l’abbracciò teneramente, prima di lasciare il posto a Neil che pareva sul punto di fulminare chiunque si fosse azzardato a toccarla ancora prima di lui.

Non l’abbracciò. Incurante degli sguardi degli altri, che improvvisamente si interessarono all’esiguo arredamento dello stanzone, le prese delicatamente il viso fra le mani, come a sincerarsi che fosse sempre lei, che fosse viva e vegeta. Poggiò la fronte sulla sua, respirando il suo profumo, chidendo gli occhi: « Mi hai fatto morire » bisbigliò.
« Ma mi hai ripescata » mormorò lei, decisamente troppo debole per quel contatto così intenso.
« Avrei potuto arrivare tardi, tu non saresti in questo letto ora »
« Ma ci sono » sussurrò lei decisa, facendogli aprire gli occhi: « Tu sei qui e tanto mi basta »
Lui la guardò, prima di passare le sue braccia sotto le sue e stringerla, come se avesse paura che scivolasse dal suo abbraccio: « Non farlo mai più, chiaro? »
« Ci proverò » ridacchiò lei contro il suo collo. A Niel vennero i brividi e dovette fare violenza su sé stesso per non baciarla lì davanti a tutti.
« Non scherzo, doveva venire a me l’idea della respirazione bocca a bocca » mugugnò.
Lei attese un attimo, ma lui non pareva arrabbiato o altro: « E’ già tanto che tu abbia rischiato quanto me gettandoti in acqua »
« Non ho rischiato nulla, sto ben- » cominciò Neil, ma un colpo di tosse li interruppe.

Charlie Dalton era poco lontano da loro e li guardava, come ad aspettare un consenso.
Silvia si irrigidì, ma Neil, abbandonando a malincuore la ragazza, ordinò a tutti: « Okay ragazzi, fuori! ». Tutti obbedirono e in due secondi la stanza fu vuota.

« Ciao » disse Silvia, nervosa.
« Ciao » rispose Charlie, sedendosi sul letto.

Ci fu un attimo di silenzio, poi la scrittrice parlò dolcemente, senza tracce di astio nella voce, come se stesse convincendo un animaletto pauroso ad uscire dalla sua tana: « Che cosa è successo Charlie? »
Charlie esitò. Poi si voltò a guardarla e vederla sorridere mite sciolse definitivamente ogni barriera: « Tu e Neil… vi piacete » esordì.

Lei arrossì e annuì appena.
Voleva negarlo?

« Io… non volevo che lui fosse geloso. Non volevo che si arrabbiasse per… perché eri la mia migliore amica » sospirò.

Lei lo fissò, l’aria dolce che spariva dal suo viso.
Il silenzio alleggiò come una presenza scomoda fra di loro, lei che, man mano che la consapevolezza che le parole del compagno si solidificava, divenendo un ragionamento unico nella sua testa, drizzava la schiena e assumeva un’aria leggermente inquietante.

« Perciò tu, Charlie Dalton, vieni qui da me, dopo che non avermi parlato per un mese intero, dopo aver respinto ogni mio tentativo di ricevere spiegazioni da te, dopo avermi fatto soffrire come un cane la tua mancanza e ti giustifichi dicendomi che mi hai trattato come un vecchio stuoino perché… PERCHÉ AVEVI PAURA CHE NEIL SI ARRABBIASSE!!!??? » strillò.

Charlie si indispettì. Sembrava che la ragazza non capisse la pesantezza della cosa.

« Sì! Perché siete stramaledettamene cotti l’uno dell’altra e… »
« QUESTO NON C’ENTRA NIENTE! »
« SI CHE C’ENTRA! SE LUI NON AVESSE ACCETTATO LA NOSTRA AMICIZIA, NEIL SI SAREBBE STACCATO DAL GRUPPO E… E NON L’AVREBBE ACCETTATA, LO SO! »

Silvia si era alzata faticosamente in piedi, come Charlie, reggendosi al bordo del letto. Se ne fregava delle possibilità di franare a terra da un momento all'altro era troppo presa dalla rabbia: « MA CHE CAVOLO DI RAGIONAMENTO É?!?! NEIL TI CONOSCE DA UNA VITA, COME HAI POTUTO PENSARE CHE NON TI CAPISSE!!!??? »

Charlie aveva il fiatone e stringeva spasmodicamente il bordo del letto: « SE NON AVESSE CAPITO, IO CHE AVREI FATTO, EH?! LO AVREI LASCIATO ALLONTANARSI DAL GRUPPO?! MAGARI PORTANDOSI VIA PURE TE?! OPPURE LITIGANDO CON LUI, LITIGANDO CON TE, OPPURE AVREI SMESSO DI PARLARVI?!?! VI AVREI DIVISI?! »

Silvia, che stava pian piano capendo i timori dell’amico, si sforzò di continuare a fronteggiarlo: « E perché non me ne hai parlato?!?! Facevi tanta fatica a venirmi a dire quello che pensavi, visto che riguardava anche me?!?! »

« IO… Io… » Charlie abbassò i toni, passandosi una mano fra i capelli: « Quando ti ho vista, quella sera… dopo il litigio con Niel… eri debole, non eri forte come al solito. Ho avuto paura che volessi mollare e mi sono reso conto di… di quanto fossi importante per me » sospirò.

Silvia rimase a guardarlo, vedendolo torturarsi per riferirle… il suo affetto.

« E… ho avuto paura. Ho pensato a te e a Neil. Ho avuto paura che lui non capisse… quanto mi ero affezionato a te. Che lo fraintendesse, magari che pensasse che mi fossi innamorato di te… Ho avuto paura di quello che sarebbe successo, se anche gli altri lo avessero pensato. Se tu ti fossi allontanata da me… non so… pe orgoglio, forse, ho voluto staccarmi per primo io. Ma non credere che io non abbia sofferto per ogni parola che ti ho detto. Non credere che quello che ho detto sia vero, che io lo pensi. Ma soprattutto, non credere che passarti accanto senza poterti dire quanto mi sentissi dannatamente male a non poterti stare vicino quando ne aveva bisogno non mi abbia fatto né caldo né freddo. Non credere di essere l’unica ad aver sofferto come un cane! Perché sono io quella che ti ha vista morire sotto un defibrillatore! Io ho sentito i medici che dicevano la tua ora del decesso! Io ho pensato che tu fossi morta e che non avrei più potuto dirti… tutto... »

Charlie aveva gli occhi lucidi. Silvia piangeva già da un pezzo, le mani saldamente incastrate sopra la bocca.
Non mi hai mai lasciato allora.

« Non mi interessa niente Charlie » mormorò: « Ma ti prego… ti prego… giurami su Dio che non ti azzarderai mai più a fare nulla del genere » gli disse, avvicinandosi, malferma sulle gambe. Dio, solo in quel momento si rendeva conto di quanto dolore le stesse causando rimanere in piedi.
« Giurami che verrai a dirmi qualsiasi cosa ti passi per quella testa bacata » sorrise fra le lacrime, singhiozzando: « Hai capito pezzo d’idiota? » lo rimbottò, mente lo abbracciava e lui la stringeva, alzandola da terra.

Rimasero abbracciati per un pezzo, chiedendosi scusa reciprocamente. Sollevati dell’aver finalmente chiarito.

« Ti voglio bene » sussurrò Silvia, che, per fortuna, era sorretta da Charlie o sarebbe finita per terra come un sacco di patate.
« Scordati che te lo ripeta » le disse Charlie facendola ridere: « Mi hai già tirato via che basta, oggi. E non mi metterò a fare stupidate da migliori amiche, come dipingersi le unghie e sparlare del cantante figo di turno »
« Ho mai fatto una di queste cose?! » rise ancora lei.
« No, tu passi il tempo a tentare di morire annegata in fiumi ghiacciati »
« La prossima volta provo a buttarmi giù da un albero »

Charlie le prese il viso fra le mani, guardandola serio: « Non ci pensare nemmeno, mi hai capito? »

Lei scoppiò a ridere e gli diede un bacio sul naso, vedendolo per la prima volta arrossire.

Quindi le parve la miglior cosa da fare ghignare, imitandolo, cosa che fece ghignare a sua volta il ragazzo anche se Silvia non capì il perché finché lui non le disse: « Il povero Neil creperà d’invida quando saprà che hai baciato prima me e Todd di lui » fu il turno di Silvia di arrossire: « Stai scherzando, vero? Ti rendi conto che cinque minuti fa mi hai detto che hai litigato con me per non far star male Neil? E, soprattutto, ho dato un bacetto a Todd sulla guancia e a te sul naso, non parlarne come se… avessi fatto chissà cosa! »
« Ah! Sei arrossita! » ridacchiò lui.
« Sei uno stupido! » e giù una pappina sul capo, mentre ancora la teneva stretta.
« Ma sentitela! Non mi avevi appena detto che mi vuoi bene e che sono il ragazzo più bello che tu abbia mai incontrato? »
« No, l’ultima parte non me la ricordo »
« Capita, è colpa dello shock post-annegamento… »
« Certo, certo… Charlie? »
« Sì, lo so che mi vuoi bene, me lo hai appena detto, ma non… »
« Charlie? »
« … te lo ripeterò, te l’ho detto, ho una reputazione da mantener- »
« Charlie! »
« Cosa? »
« Mi stai soffocando, signorino non-ti-voglio-bene »
« Oh, quindi mi stai dicendo che se ti stringo un altro po’ non respiri? » chiese il ragazzo, aumentando la presa.
« Coff… sì… » pigolò Silvia, che cominciava a sentir mancare l’aria di nuovo.
« Mm… interessante »
« Per favore Charlie, non mi reggo più in piedi, mi fanno… coff… male le gambe… »

Il ragazzo sorrise e si affrettò a riposarla sul letto, ghignando come un ebete.

« Neil sa della tua crisi da adolescente con i complessi? » domandò allora lei: « Era molto preoccupato per te… come tutti »
Charlie abbassò lo sguardo: « Sì… gliene ho parlato mentre dormivi. Dopo che ho quasi picchiato un medico perché non mi faceva venire da te, ha preteso delle spiegazioni. L’ha presa bene… »
« Ah sì? » domandò lei.
« Già, mi ha quasi riso in faccia » e il ragazzo assunse un’espressione offesa, che causò un ovvia risata da parte della compagna, interrotta dal suono della campanella.
Charlie sbuffò: « Evviva… il coprifuoco… adesso arrivano a slutar- » ma non fece in tempo a finire la frase che i ragazzi entrarono di nuovo nell’infermeria e si affrettarono a dare la buonanotte a la loro beniamina.
Dopo un altro giro di abbracci Charlie portò tutti fuori dalla stanza e la lasciò di nuovo sola.

Con Neil.

Silvia sorrideva ancora intenerita, dopo i saluti dei compagni, che Neil si mise seduto accanto a lei, osservando i fiori sul letto vicino in silenzio.
Lei rimase a guardarlo e solo allora si rese conto di quanto le era mancato. Sembravano passati anni da quando lo aveva avuto vicino.

Con lo sguardo carezzò il suo profilo, trovandolo bello come se lo ricordava. Il fisico asciutto ed alto, gli occhi castani, incredibilmente pieni di vita e di dolcezza.

Quando si voltò e la colse in flagrante, persa a contemplarlo, lei abbassò subito gli occhi, fissando le lenzuola.
Lui le prese una mano, delicato come se stesse maneggiando un vaso di vetro, e vi posò le labbra, facendo avvampare la povera proprietaria.
« Come stai? Sinceramente » le chiese, continuando ad accarezzarle la mano.
Silvia sospirò: « Benissimo » sorrise.
« Eri morta. Ho visto il tuo corpo ricadere » le disse, con autentico spavento negli occhi: « Io… io… » annaspò, come stesse cercando di prendere aria.
Lei, preoccupata, si raddrizzò dai cuscini dov’era stesa e gli strinse con la mano libera la mano che ancora stringeva la sua.
« Neil, non pensarci, io sto bene ora » cercò di tranquillizzarlo, mentre lui si avvicinava e poggiava la fronte sulla sua.

Silvia si sentì andare a fuoco.

Perché lui era di nuovo lì. Vicino, tangibile.
« Mi hai salvata Neil. Sembra un patetico cliché, ma è così. E se sono qui, ora, è perché tu ti sei subito buttato in acqua per prendermi. Perciò, ti prego, non pensare a quello che sarebbe potuto accadere. Sto bene, stiamo bene. E siamo insieme. E… e io non so come dirti che questo mi sembra… il posto giusto. Qui con te. A me va bene così. E non posso né voglio desiderare altro »

Neil pensò seriamente che fosse stata lei a farlo respirare di nuovo, con quelle parole. Perché se lo sentiva dentro. Sentiva che quando stava con lei, il suo sangue scorreva e il cuore pulsava.

Lei era la sua aria.
Lei era lo stesso impulso vitale, che gli diceva di aprire gli occhi ogni giorno solo per vederla ancora.
Lei era sempre stata razionale. A volte l’avrebbe anche definita “fredda”, quando si parlava di amore, perché aveva sempre pensato che fosse sciocco pensare all’amore a quell’età. Che erano giovani e che tutto ciò che sentivano era regolato dagli ormoni, dalla carne e poco dalla mente.

E forse aveva anche ragione, perché Neil quando stava con lei perdeva totalmente la capacità di pensare, ma in quel momento se ne fregò altamente.

Perché Neil la sentiva.
Lui sentiva Silvia.

La sentiva sulla pelle, nel calore dell’imbarazzo che le colorava sempre il viso. La sentiva negli occhi, quando si beava della sua espressione quando imparava cose nuove. La sentiva nelle poesie d’amore che Keating insegnava loro. La sentiva, nel profumo di boccioli della sua crema. La sentiva nel sorriso che nascondeva quando beveva il caffè.

E sapeva, era certo che se lei gliene avesse dato la possibilità, lui avrebbe imparato ogni sfaccettatura del suo essere. Ogni dettaglio sarebbe stato importante e tutto non sarebbe mai stato abbastanza.

Era giovane, Neil.
E mandò al diavolo tutto, ogni parola, ogni pensiero.

Perché, quando Neil portò lentamente le mani sul suo viso, c’era solo lei.

E ogni suo atomo bruciò nelle fiamme. Ogni nervo del suo corpo divenne fuoco.

A Neil parve di morire e rinascere lì.

Sulle labbra di Silvia.

§

 

Angolo autrice:

{E il coro celeste prese ad intonare inni alla gioia}

Salve a tutti Poeti Estinti!
Eccoci finalmente! Che capitolone il X° Parte II, nevvero?

Eh, sono successe tante cose, spero di non avervi annoiato!

Ma partiamo subito, perché le note oggi saranno un po’ più lunghe, visto che comprenderemo anche il capitolo X Parte I.
Come al solito, via con i dettagli!


Capitolo X Parte 1:

» Gli studenti di Welton: Gli studenti della Welton Academy corteggiano Silvia da quando è arrivata, ma l’inserimento nel gruppo dei Poeti Estinti, che sono sempre un po’ iperprotettivi, ha calmato perlopiù i bollenti spiriti. I ragazzi si sono, dopo due mesi, abituati alla presenza della scrittrice nelle mura della scuola, ma la notizia-bomba della candidatura ha fatto, ovviamente, molto scalpore. Di fatti, gli studenti di Welton conoscevano sì la Romani, ma non tanto da sapere che è effettivamente una persona di notevole fama e importanza. Perciò, non appena se ne sono resi conto, l’attenzione verso i confronti della ragazza è aumentata, ma si è potuta sfogare solamente dopo la partenza del fratello maggiore (che, ricordo, non solo è un ragazzone, ma è anche molto geloso della sorellina), con de corteggiamenti spudorati. Per fortuna la nostra protagonista è un osso duro e la sua attenzione, invece, si concentra su un certo ragazzetto in particolare…

» Il rapporto “Silvia-Poeti Estinti”: Io, personalmente, amo il rapporto che Silvia ha con i protagonisti del film. Mi piace pensare che tra di loro stia nascendo una forte amicizia. Come avete visto, nel gruppo ci si preoccupa gli uni degli altri ed è una cosa estremamente tenera e dolce.

» Il duello con i bastoni e l’incidente: Entrambi i due spezzoni di storia mi sono venuti in mente guardando le scene tagliate del film (Se qualcuno le vuole vedere, si trovano su YouTube, sotto la voce "Dead Poets Society: deleted scenes"). No, ovviamente non c’è un incidente in cui qualcuno cade nel fiume, ma c’è una scena di Neil e Todd che fanno finta di recitare sul molo del fiume di Welton.

» L’incidente: Allora, Silvia è di costituzione abbastanza debole e soffre il freddo. L’impatto con l’acqua fredda è stato un rutto colpo per lei. Realisticamente, se non fosse affogata in acqua, avrebbe come minimo dovuto morire per ipotermia.


Capitolo X Parte II:

» L'incidente: Ovviamente tutti sapevate che non avrei mai lasciato morire Silvia. Insomma, una storia senza il protagonista è un po' difficle da mandare avanti... Comunque, la ragazza è sopravvisuta, anche se ha riportato un po' di danni, ma si riprenderà, tranquilli ;)
Volevo chiarire un punto: Nolan ci è quasi morto per questo incidente. Se Silvia fosse schiattata lui avrebbe dovuto chiudere la scuola e le ripercussioni sarebbero state davvero tante. Problemi sulla sicurezza degli studenti. Giornalisti. Telegiornali. Soprattutto perchè si parla dell'incidente di una scrittrice molto famosa. Anche per questo si è reso necessario l'intervento nell'infermeria della scuola e non all'ospedale. Meno si spargerà la voce, meno la scuola subirà dai danni a causa dell'incidente.

» I Poeti Estenti: Amate questi ragazzi come li amo io. Punto.

» Charlie e Silvia: Sì, ce l'abbiamo fatta! Non spenderò molte parole, perchè mi piacciono troppo questi due, ma si sono riappacificati e l'importante è questo. Eh, ma il loro rapporto sarà travagliato e ricco di giocoe baruffe. In fondo, più si stuzzicano più sono teneri.

» Il bacio: { # Fra i cori angeliciii... e l'armoniaaa... Aaaave Mariaaa... # }
E qui  mi fermo, perchè... ci vediamo al prossimo capitolo, dove vedremo bene quello che è successo!

Infine: grazie di cuore a chiunque leggerà. A chi lascerà un commento, una recensione o una critica. I vostri pareri e suggerimenti sono un tesoro per me, mi aiutano a migliorare e sperimentare.
Un grazie enorme ai lettori che mi incoraggiano a continuare a scrivere e a viaggiare nella fantasia.

Rose


   
 
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