Serie TV > Sherlock (BBC)
Segui la storia  |       
Autore: Hudders_Umbrella    23/08/2016    4 recensioni
Sherlock ha sempre adorato stare al centro dell'attenzione e sminuire il prossimo. Stavolta, tuttavia, ha veramente superato il limite e Mycroft ne ha avuto abbastanza: è giunto il momento di ricordare al suo fratellino che non è il solo a saper giocare. Londra si prepari, la battaglia ha inizio.
Genere: Comico, Commedia, Demenziale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Lestrade, Mycroft Holmes, Quasi tutti, Sherlock Holmes, Sig.ra Hudson
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

N/A: e dopo un enorme, immenso ritardo, eccomi qua con l’aggiornamento. E’ stata durissima, lo ammetto, perché l’ultimo scherzo di Sherlock è stato veramente un colpo da maestro. Spero che la replica possa piacervi.

Buon proseguimento delle vacanze.

Umbrella

 

BUT INITIALLY…

 

Mycroft mosse le braccia di fronte allo specchio affisso al grande armadio della camera da letto, gli occhi puntati sul riflesso dei polsi. Perfetto, la camicia era abbastanza lunga da coprire i segni. Scosse la testa, sorridendo tra sé: il regalo di Natale che Sherlock aveva dato a Gregory “da parte sua”, causando tanto imbarazzo, alla fine si era rivelato più utile di quanto avessero immaginato, forse troppo, considerando la loro età anagrafica. La frusta era stata messa sotto chiave, tra i regali da poter riciclare (‘Se mai Sally si dovesse sposare, gliela regalerò’ aveva detto Gregory), ma delle manette avevano deciso di fare buon uso. Superate le prime esitazioni e ritrosie imbarazzate (e tolto quell’assurdo peluche da rivestimento), avevano cominciato a prenderci gusto arrivando a… beh, a dover nascondere i segni di quello che combinavano, come se fossero due adolescenti.

Un paio di braccia si avvolse intorno alla vita del politico, facendolo sorridere ancora di più.

“Buongiorno Gregory, vedo che siamo mattinieri oggi.” Disse, appoggiando le mani su quelle dell’Ispettore, che intanto aveva posato il mento sulla sua spalla.

“Che tu ci creda o no, non avevo sonno” rispose l’uomo, baciandogli appena il collo e prendendogli le mani. “Volevo assicurarmi che stessi bene, ho visto con che attenzione ti sei messo la camicia.”

Mycroft strinse a sua volta le mani del compagno.

“Sto benissimo, te lo assicuro. Sono rimasti solo un po’ di segni, credo che possa capitare quando un certo Ispettore prende gli arresti troppo sul serio”. Gli rispose, facendo ridere l’uomo dietro di lui.

“Beh, perdonami, ma quante persone possono dire di aver avuto in custodia il Governo Britannico? Era normale che mi facessi un po’ prendere la mano.” Gli disse, infatti, baciandogli di nuovo il collo, prima di farlo voltare per guardarlo negli occhi. “Sei sicuro che non abbia esagerato?”gli chiese, lasciando scivolare le mani lungo le braccia e squadrandolo, sinceramente preoccupato. Mycroft gli prese le mani, ricambiando lo sguardo e lasciandogli un bacio sulla fronte.

“Gregory, smettila di angustiarti. Sto benissimo, davvero. Solo perché non siamo più ragazzini, non significa che io mi debba rompere subito quando il gioco si fa un po’ più duro. Te lo avrei detto subito se mi avessi fatto male, tranquillo.”

Lo rassicurò, accarezzandogli il dorso di una delle mani con il pollice e guadagnandosi un sorriso da parte dell’Ispettore, che lo abbracciò stretto.

Mycroft ricambiò immediatamente, chiudendo gli occhi e assaporando quel momento. Lui e Gregory stavano insieme ormai da diverso tempo, eppure non riusciva ancora a stancarsi di quegli attimi, di quei gesti che lo facevano sentire tanto bene nella loro semplicità. Mentre faceva il suo ormai consueto ragionamento su come avesse fatto a trovarsi in quella situazione tanto fortunata, si scoprì a pensare che alcune delle ultime occasioni erano state create, forse involontariamente, da suo fratello.

Sherlock aveva indubbiamente cercato di metterlo in imbarazzo, prima davanti a Gregory, poi davanti ai suoi genitori eppure, ogni singola volta, si era trovato a sperimentare le cure amorevoli dell’Ispettore, che aveva fatto di tutto per tirarlo su, per aiutarlo a guarire, per sostenerlo nelle sue idee e, in quell’ultimo caso, per riportarlo a quell’adolescenza che non aveva mai vissuto.

In un certo senso, era debitore nei confronti di suo fratello e non gli piaceva avere dei debiti. Forse poteva trovare il modo per ricambiare il favore. Si strinse ancora di più al compagno, mentre un piano cominciava già a prendere forma nella sua testa. L’occasione era perfetta, il luogo lo sarebbe stato ancora di più. Doveva solo convincere la persona che avrebbe potuto dare vita a tutto e, conoscendola, non sarebbe stato affatto difficile.

Dire che Sherlock era euforico sarebbe stato l’eufemismo del secolo. Tale entusiasmo, tuttavia, non era dovuto a un nuovo caso o a qualche bizzarro esperimento il cui esito aveva portato ad una grande scoperta nell’ambito delle indagini criminali.

No, Sherlock era contento perché, da ormai quasi tre mesi, Mycroft non si faceva sentire. Neanche un piccolo, minuscolo segnale di vendetta imminente. Certo, i primi tempi era stato in guardia e ogni telefonata, ogni visita del fratello o di Lestrade erano sembrate una potenziale minaccia, ma, fino a quel momento, non era successo niente. Era forse troppo presto per cantare vittoria definitivamente, ma il consulente investigativo era abbastanza sicuro di averla spuntata.

Doveva ammetterlo, lo scherzo di Natale era stato un vero colpo da maestro, ma era sorprendente che Mycroft non avesse ancora replicato. Forse si era stancato, forse aveva deciso di fare la parte del fratellone maturo (e noioso) e di darci un taglio. Certo, in parte gli dispiaceva, ma d’altro canto, per una volta, l’aveva spuntata su “quello intelligente” tra loro due e non poteva dire che la sensazione fosse brutta, anzi.

Finalmente gli aveva dato scacco matto, in un modo davvero spettacolare tra l’altro.

Senza riuscire a trattenersi, scoppiò a ridere poi, sempre con un grosso sorriso sulle labbra, afferrò il suo violino dalla poltrona e cominciò a suonare un allegro motivetto di sua composizione. Dopo pochi minuti John entrò nel salotto, sbadigliando.

“Sherlock, sono le sette e mezzo del mattino. Vuoi farmi credere che qualcuno ti ha cercato a quest’ora per affidarti un caso?” chiese, guardandolo con aria torva e assonnata prima di andare verso la cucina per prepararsi il caffè.

“No, nessun caso. Solo la più bella vittoria della mia vita.” Replicò il consulente con un ghigno non molto dissimile da quello di un gatto del Cheshire.

“Ah, hai per caso scoperto la combinazione vincente della lotteria? Non che ci manchino, ma qualche sterlina in più potrebbe farci comodo.” Fu la risposta del dottore, che intanto stava riempiendo una ciotola con dei biscotti.

“No, i soldi non c’entrano. Sai che giorno è oggi?” chiese Sherlock, fissandolo. Il dottore aggrottò la fronte, confuso, prima di rispondere con una certa esitazione.

È… giovedì, se non sbaglio. Ha importanza?”

Il consulente alzò gli occhi al cielo.

“Come al solito, hai a disposizione tutti gli elementi, ma scegli quelli sbagliati. La data, John, qual è la data di oggi?”domandò con impazienza.

È il 25. Dovrebbe dirmi qualcosa?” replicò John, continuando a non capire dove l’amico volesse andare a parare. Sherlock ghignò.

“Oggi sono passati tre mesi esatti dal mio ultimo scherzo ai danni di Mycroft e lui non ha ancora sferrato il contrattacco. Mi sembra ovvio che ormai abbia rinunciato.” Spiegò, un’espressione di trionfo stampata sul viso spigoloso.

Il dottore, però, alzò gli occhi al cielo, passandosi poi le mani sulla faccia.

“Santo cielo, ancora con questa storia…” borbottò, esasperato.

“Ma come John? Ti ho appena comunicato la tua vittoria e tu reagisci così? Ti ricordo che anche tu hai subito le sue trovate, in più di un’occasione.”replicò il detective, sorpreso della reazione dell’amico.

“Solo e soltanto perché ti ho voluto seguire. So benissimo di essere stato una conseguenza collaterale e che Mycroft non ce l’ha con me. Probabilmente, alla fine, ha deciso di essere maturo e ha lasciato perdere.”

Sherlock guardò l’amico, basito, prima di corrugare la fronte.

“No, non è così. L’ho battuto in astuzia e lui l’ha riconosciuto, anche se è troppo orgoglioso per venire a dirlo di persona.” Gli rispose, incrociando le braccia al petto.

“Se ti piace crederlo…” borbottò il dottore, prendendo il giornale del mattino e spiegandolo per cominciare a leggerlo.

Il consulente stava nuovamente per rispondergli, ma fu interrotto dal passo un po’ claudicante della loro governante che, infatti, sbucò poco dopo, bussando alla porta socchiusa.

“Cucù? Buongiorno, siete svegli?” chiese, entrando nella stanza. “Sherlock, caro. C’è qui un ragazzo molto agitato che chiede di te. Posso farlo entrare?”

Tuttavia, prima che il detective potesse replicare, la donna si spostò, lasciando entrare un giovane che poteva avere forse venticinque, ventisei anni e che aveva un’aria spaurita e l’aspetto trasandato di uno dei senzatetto che facevano parte della rete di Sherlock.

“Signor Holmes. Mi spiace disturbarla, signore, ma devo dirle una cosa che credo possa interessarle.” Gli disse, torcendosi nervosamente le mani. “A Scotland Yard non mi darebbero ascolto e Chrissy di London Bridge – la conosce, vero? – mi ha detto di venire qui.”

Il consulente lo guardò, all’apparenza per niente colpito da quel racconto. Tuttavia John, osservandolo, si rese conto che stava mostrando un vivo interesse, almeno a giudicare dalla luce che aveva negli occhi e dalla sua postura.

“Dimmi tutto”

“Credo sia meglio se viene a vedere di persona. Glielo racconterò per strada, ma dobbiamo fare presto.”

Il consulente inarcò un sopracciglio e altrettanto fece il dottore, i sensi improvvisamente in allerta.

“Per quale ragione?” chiese, infatti, John.

“Perché quel galeone potrebbe sparire.”

Se Sherlock si era mostrato interessato prima, ora appariva completamente catturato.

“Galeone, hai detto? Spiegati meglio.”chiese al ragazzo, sfilandosi la vestaglia azzurra e andando verso l’attaccapanni per recuperare il suo Belstaff.

“Un galeone pirata. L’hanno portato in una rimessa in disuso del porto ieri notte e degli uomini sono scesi da lì e hanno caricato delle grandi casse che sono portate davanti alla rimessa da un furgone grigio senza targa o scritte.”

“Potrebbe trattarsi di contrabbando. Certo che non fanno un buon lavoro per nasconderlo.” Commentò John, guardando l’amico vestirsi.

“Ovvio, John. Prevedono una partenza rapida e sono nascosti abbastanza bene da eludere Scotland Yard. Devo andare a vedere subito di cosa si tratta.” Replicò il consulente. “Vieni con me?”

“Ah no, non stavolta. Dopo l’ultimo caso, credo che non potrò lasciare i miei pazienti per almeno un paio di mesi, oppure dovrò cercarmi un altro ambulatorio.” Rispose il dottore, tornando a leggere il giornale.

Sherlock fece spallucce e si rivolse al ragazzo.

“Andiamo, fammi strada.” Gli disse, seguendolo poi giù per le scale e in strada, lasciando John e la signora Hudson da soli nel salotto.

“Certo che qui non ci si annoia mai. Ora addirittura un galeone pirata!” commentò la donna, guardando il dottore. “Devo confessare che sembra strano, però.”

“Già, molto strano.” commentò John, continuando a sfogliare il giornale.

“Credi che possa esserci lo zampino di Mycroft dietro?” chiese la governante con un’espressione preoccupata e divertita al contempo.

“Non solo lo credo. Ne sono assolutamente convinto e se Sherlock è abbastanza stupido da non accorgersene da solo anche stavolta, io voglio restarne fuori. Mycroft non è come suo fratello, non credo che lo metterebbe mai in pericolo. Beh, non per una cosa del genere e non in modo eccessivo.” Rettificò John, dopo l’occhiata dubbiosa della signora Hudson.

La donna scosse la testa.

“È incredibile: da Sherlock mi sarei aspettata scherzi del genere, ma da Mycroft Holmes… “

“Evidentemente non lo conosciamo abbastanza bene.” Replicò il dottore, lasciando vagare lo sguardo verso la finestra, chiedendosi cosa avesse in serbo il Governo Inglese per il suo amico.

Quella sera stessa…

Sherlock stava appostato dietro alcune casse di legno in attesa degli eventi. Quella mattina, quando lui e il ragazzo erano arrivati alla rimessa, non avevano trovato traccia del galeone. Ignorando le assicurazioni frenetiche del giovane, aveva indagato e aveva trovato le prove della presenza di un’imbarcazione la notte precedente. Aveva così deciso di tornare a Baker Street e di prepararsi per tornarci al calare del buio.

John, ancora una volta, si era rifiutato di seguirlo, ma lui non aveva insistito più di tanto ed era tornato alla rimessa.

Così eccolo lì, in attesa degli eventi.

Controllò l’orologio: mancava ormai poco a mezzanotte e ancora non si era mosso niente. Aveva preso in considerazione l’idea che la nave avesse già compiuto il suo dovere e non tornasse, ma era altamente improbabile che delle persone si prendessero il disturbo di portare un’imbarcazione simile in una rimessa solo per una notte.

All’improvviso, un rumore giunse alle sue orecchie: sembrava lo sciabordio delle onde contro uno scafo di discrete dimensioni. Strinse gli occhi, cercando di scorgere qualcosa nell’oscurità. Poco lontano, vide una luce oscillante che sembrava quella di una lanterna. Dopo poco comparvero altre luci, tremule, fioche, come di tante candele. Sherlock non riuscì a non ghignare: però, se effettivamente erano dei contrabbandieri, stavano facendo molto bene il loro lavoro.

Attese, sempre nascosto, che il galeone pirata, finalmente ora ben visibile, attraccasse, poi si preparò a trovare il momento buono e a salire a bordo per indagare meglio.

Il momento arrivò circa una ventina di minuti dopo: era arrivato, come da copione, il furgone grigio e, mentre i marinai, vestiti di tutto punto come dei veri e propri pirati, compivano la loro opera di carico, esattamente com’era stata descritta dal ragazzo che era venuto a cercarlo quella mattina, riuscì a intrufolarsi a bordo, mischiandosi agli uomini e portando su un sacco.

Una volta arrivato, posò il sacco e, cercando di non dare nell’occhio, cominciò a ispezionare lo scafo. Se quegli uomini erano effettivamente dei contrabbandieri, trattavano merce ben strana: farina, verdure, rhum… sembrava quasi che stessero semplicemente facendo provviste. Il motivo, però, ancora non riusciva a capirlo.

Forse la cabina del capitano gli avrebbe fornito le risposte che cercava. Stando attento a non farsi vedere e attingendo ai ricordi di bambino, si diresse a poppa, entrando nella porta sotto la postazione del timoniere. Percorse uno stretto corridoio, fortunatamente deserto, fino ad arrivare alla meta. Una volta entrato, lo colse subito un sospetto: quando da piccolo sognava di diventare un pirata, aveva spesso immaginato e disegnato la stanza che avrebbe avuto in qualità di capitano e quella che aveva davanti era identica a quella impressa nella sua mente.

Le deduzioni cominciarono a scorrergli davanti, ma ormai era troppo tardi: ebbe appena il tempo di sentire un fruscio alle sue spalle, poi qualcosa si abbatté contro la sua nuca, facendogli perdere i sensi.

 

“Mycroft, per favore, me lo ripeta di nuovo perché non credo di aver capito bene cosa ha fatto”.

John, seduto su una delle confortevoli poltrone del Diogene’s Club, fissava incredulo il maggiore degli Holmes il quale, con un sorrisetto stampato sulle labbra, stava versando a entrambi un bicchiere di Scotch. Quando non aveva visto Sherlock nell’appartamento la mattina successiva, il dottore era andato a cercare Mycroft per farsi spiegare cosa fosse successo e la risposta lo aveva lasciato basito.

“L’ho spedito per i Sette Mari, come avrebbero detto i corsari di un tempo.” Gli ripeté il funzionario minore del Governo Britannico, porgendogli poi un bicchiere.

“In parole povere?” lo incalzò John, prendendo un sorso di Scotch. L’uomo davanti a lui sorrise.

“In parole povere, attualmente il mio caro fratellino è su un galeone pirata, nel ruolo di capitano. Dalle ultime notizie, so che dovrebbe essere nei mari del Sudamerica, diretto verso l’Australia, che tutto procede bene e che per ora si è trattenuto dal mettere una benda sull’occhio.”

Il dottore lo guardò, prendendo un altro sorso di Scotch, più generoso del primo.

“Ma io non capisco. Cioè, dove…”

“Dov’è l’entità dello scherzo?” lo incalzò Mycroft, incrociando le braccia al petto. Ricevuto un cenno d’assenso da John, si accinse a spiegare.

“Se lo conosco bene, o quantomeno quel poco che basta, quando gli passerà il broncio per aver ricevuto una simile imposizione, il suo spirito teatrale prenderà il sopravvento, si lascerà coinvolgere e si butterà nell’interpretazione del ruolo.”

John continuò a guardarlo, poi qualcosa scattò nella sua mente.

“E lei ovviamente avrà le prove di questa sua… recitazione, mediante delle riprese.”

“Ovviamente, le parrebbe giusto lasciare a mio fratello tutto il divertimento?”

FINE

   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Sherlock (BBC) / Vai alla pagina dell'autore: Hudders_Umbrella