Anime & Manga > Lupin III
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Autore: Fujikofran    23/08/2016    3 recensioni
Lupin, quasi catturato da Zenigata, non riesce ancora a raggiungere Fujiko e Jigen, giunti a Napoli per partire alla volta di Procida, dove si trova un tesoro recentemente rinvenuto da un sub. I due, quindi, aspetteranno Lupin e decidono di attuare una tregua: quella di non litigare. Ci riusciranno? Canzone da ascoltare durante la lettura : "Con te" di Claudio Baglioni
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fujiko Mine, Jigen Daisuke, Lupin III
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Ti odio, ma ti voglio'
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Napoli, 1979

Avevano evitato il traffico del centro, prendendo una strada secondaria, come se fosse l'unica salvezza, in quel momento. Lo era, forse, di più la Fiat Mirafiori rubata in un vicolo vicino alla stazione Garibaldi, dopo essere giunti nella città simbolo del Sud Italia. Scesi dal treno frettolosamente, Jigen e Fujiko sì avviarono verso l'alloggio in cui dovevano stare, per aspettare Lupin, con il quale dovevano partire per rubare il tesoro di Procida, scoperto di recente nei fondali vicino all'isola. Si trattava di un tesoro risalente probabilmente al III sec. A.C. e che era stato rinvenuto da un giovane sub. Lupin era a Roma e non riusciva a lasciarla, per via di Zenigata, che gli stava alle costole. L'ispettore aveva rinforzato i controlli e il celebre ladro rischiava davvero di essere catturato. Goemon, invece, si trovava in Nepal, da un monaco buddista amico di vecchia data, dal quale si era recato non solo per meditare, ma anche per rilassarsi e liberarsi da alcuni pensieri, tra cui quello delle donne (Fujiko compresa), la sua più grande ossessione. Gli piacevano così tanto da impedirgli di vivere serenamente. Napoli, quindi, aveva accolto, per il momento, solo Fujiko e Jigen, che, appena giunti nell'alloggio, ai Quartieri Spagnoli, si rimboccarono le maniche per sistemarlo, litigando spesso e, soprattutto, stancandosi. I risultati, però, ci furono, eccome: l'appartamento era diventato un gioiello, pulito, ordinato e originale, con mobili dal design anni Sessanta e un balconcino fiorito, di cui Fujiko si innamorò. Stanchi morti, la sera non cenarono, ma, dopo una doccia, si erano addormentati, ognuno nella propria stanza. Ce ne erano in tutto due, ma quella matrimoniale era destinata a Lupin e a Jigen, che decise, poi, di uscire, per mangiare qualcosa: la fame aveva vinto la sua stanchezza. Trovò un chiosco che vendeva piccole pizze fritte. Ne comprò una, ma si scottò subito il palato.

-Dottò, fumma tutt'e cos' pecchè è appena fatta!- commentò il venditore (perdonatemi il pessimo napoletano, n.d.a), nonostante avesse capito che Jigen non fosse napoletano.

Jigen non capì nulla, ovviamente, ma, andando a intuito, annuì alle parole del simpatico giovanotto del chiosco. In un bar poco lontano comprò una bottiglia d'acqua e la finì in un battibaleno. "Pessima idea, quella di mangiare alle 23.30" pensò "ora questa cosa infernale e bollente nuoterà nel mio stomaco per tutta la notte". Rincasò, cercando di non far rumore, per non svegliare Fujiko, che dormiva beata. La osservò e sorrise "Quanto sei bella, anche se non ti sopporto" mormorò. Non riusciva a toglierle gli occhi di dosso, preso com'era dalla grazia della posizione con cui la donna dormiva, supina e con un polso appena poggiato sulla fronte. Sembrava un dipinto art nouveau, tanta era la bellezza che la caratterizzava, in quell'attimo. Jigen avrebbe voluto avvicinarsi a lei, chinarsi, baciarla sul viso, sulle labbra e poi amarla per tutta la notte. Si ritirò, invece, nella sua stanza, quella con il letto matrimoniale; troppo grande, per lui. Avrebbe voluto condividerlo con Fujiko e non con Lupin, che si sarebbe di sicuro messo a russare e in posizioni che gli avrebbero lasciato poco spazio. Una cosa era sicura: non avrebbe permesso a Lupin di dividere quel letto con Fujiko.

La mattina successiva, Jigen si svegliò tardi e si arrabbiò con se stesso, ma, del resto, che cosa avrebbe avuto da fare se non aspettare Lupin? Quindi era meglio aver dormito. Si recò in cucina, ancora assonnato e in boxer. Fujiko non c'era. "Se ne sarà andata, la stronza, fa sempre come pare a lei". E invece la vide entrare in casa dopo pochi minuti, con due buste della spesa. Rimase sorpreso, nel notarla raggiante e, in un certo senso, felice.

-Ho comprato qualcosa per la colazione e per il pranzo. Io ho già mangiato, tu no, a quanto pare: ti preparo qualcosa io, così ti svegli- disse la donna, con un fare quasi amorevole. Jigen ringraziò a stento e si mise ad osservarla, mentre lei metteva una caffettiera napoletana sul fuoco. 

-Che ne pensi di fare una bella colazione all'italiana? Caffè e il cornetto alla crema che ho comprato al forno. Ne ho mangiato uno anche io: buonissimo- aggiunse Fujiko.

-Ok, volentieri, grazie. Secondo te, quando arriverà Lupin?- domandò Jigen.

-E chi lo sa? Zenigata stavolta ce lo ha quasi in pugno...al massimo il tesoro di Procida lo rubiamo noi due-

-Per poi fregartelo tu?-

-No, è di tutti, ne ho promesso un po' anche a Goemon. Ma perché non riesci a fidarti di me?-

-Dammi un motivo per farlo. No, aspetta, non mi dire che il cornetto e il caffè italiano siano dei buoni motivi, ti prego, saresti patetica-

-Non ne ho di motivi, al momento...fidati e basta-

Jigen apprezzò la colazione, ma non riusciva a sentirsi tranquillo: quella donna sapeva attrarlo, ma anche spaventarlo, in un certo senso. Aveva ingannato lui e il resto della banda fin troppe volte, per farsi davvero voler bene. 

-Ascolta, Jigen, Lupin potrebbe telefonarci nel pomeriggio, so solo questo. Teniamoci pronti-

E invece telefonò in mattinata, dicendo di trovarsi a Tivoli, per studiare un piano per seminare Zenigata. Forse sarebbe arrivato a Napoli il giorno successivo. Poi Fujiko uscì sul balconcino, per controllare le condizioni dei fiori. 

-Mmmmm...ma quanto sono belli e odorosi- disse -specie questi all'angolo, sono deliziosi- 
 
Si chinò leggermente, per annusarli ed accarezzarli, Jigen fece un mezzo sorriso ed ebbe l'idea di prendere la Polaroid della donna, per scattarle una foto. 

-Sei venuta bene- disse poi, mostrandole la foto.

-Hai ragione, è molto bella, grazie! Ora fammene una in posa tra i fiori-

L'uomo obbedì, poi si mise dietro di lei, per un autoscatto, tenendo la Polaroid tra le mani. 

-È bella anche questa...sarà perché raramente ci scattiamo foto insieme, tu e io- commentò Fujiko. 

Successivamente, Jigen staccò un fiore, dal colore rosso corallo e lo osservò.

-Ma che diamine hai fatto? Non si staccano i fiori...e non è nemmeno casa tua!- lo rimproverò Fujiko.

-Volevo fare questo- rispose Jigen, mettendo il fiore tra i capelli della donna, che, nel ringraziarlo, arrossì.

-Forse devo farti un'altra foto: quel fiore ti sta benissimo-

Le scattò un'altra foto e lei decise di regalargliela.

-È tua- disse -un'opera d'arte rimane all'autore, finché non viene venduta o donata. E tu mi hai resa un'opera d'arte, grazie a questa foto-

-Forse perché tu lo sei...-

-Ma...-

-Ti ho sempre detto di non sopportarti, ma non che tu non sia bella-

Il cappello era ben calato sugli occhi, in modo che lei non si accorgesse di quanto quell'uomo così tenebroso fosse in realtà molto emozionato.



Pranzarono, poi Jigen si addormentò sul divano, col cappello che gli copriva il volto. Fujiko se ne stava sul balconcino, guardando la vita che scorreva in quella stretta via così tipicamente partenopea da sembrare uscita dai versi di una canzone. "Che città meravigliosa" pensò la donna. Poi si girò a guardare Jigen, il quale dormiva ancora profondamente. Toccò il suo fiore tra i capelli e decise di fissarlo meglio con una forcina. Tirò poi fuori uno specchietto dalla borsa e si guardò. Si piaceva sempre, Fujiko, non era nemmeno il tipo da nasconderlo, ma, in quel momento, si vedeva ancora più bella, soprattutto da quando Jigen le aveva fatto quei complimenti così delicati e diretti allo stesso tempo. Si avvicinò a lui, gli spostò il cappello, senza farsene accorgere, per ammirare il suo viso e pensò che anche lui fosse davvero bello, con la sua aria vissuta e quella barba senza baffi che mandava in tilt le donne che incontrava sul suo cammino, pronte tutte a cadere ai suoi piedi. Poco dopo squillò il telefono: era di nuovo Lupin, che aveva incrociato Zenigata e che gli era sfuggito per un soffio. Era andato via da Tivoli e si era rifugiato a Castelgandolfo. Jigen si era svegliato e aveva espresso delle perplessità sui movimenti di Lupin.

-Sta facendo il gioco di Zenigata- commentò il pistolero -si sposta per tutti i dintorni di Roma, quando potrebbe arrivare a Napoli senza per forza percorrere la A1-

-Per noi è stato semplice, perché siamo riusciti a camuffarci, sul treno, ma lui al momento non ha alcun modo di travestirsi, oltre ad avere un bagaglio misero. Ma ce la farà, ne sono certa-

-Tu la fai facile...si vede che ti importa poco di lui-

-Sbagliato, mio caro, a lui tengo tantissimo, così come tengo a te e a Goemon-

Jigen non credeva alle parole della donna. Discussero, ma poi si calmarono, specie quando l'uomo  rivolse il suo sguardo al fiore tra i capelli di Fujiko. 

-Non lo hai tolto, il fiore- disse, accarezzandoglielo -Perdonami, se mi sono innervosito. Non risolveremo mai nulla se ci muoviamo continuamente accuse reciproche. Stavamo parlando di Lupin e non di noi, quindi non serve litigare, anche perché poi spesso finiamo per far la pace in maniera un po'...eccessiva-

-Hai ragione, finiamo eccessivamente a letto insieme- disse la donna, ridendo -Forse dovremmo provare a fare una tregua: stare un po' senza discutere o litigare, magari potremmo uscire a prendere una boccata d'aria o fare una passeggiata. Poi potremmo finire sempre nella stessa maniera, ma almeno non saremo arrabbiati-

-Ci stavo pensando, in effetti-
 
Jigen si avvicinò a Fujiko, le prese le mani e provò a parlarle cercando di non mostrarsi titubante.

-Rispettiamo la tregua come si deve, allora: vuoi venire a cena con me, stasera?-

-Certo, ma a una condizione: che tu non metta alcun cappello, perché devo poterti guardare negli occhi tutte le volte che voglio-

Jigen acconsentì e le diede un bacio sulle labbra.

-Ehi, pistolero: non siamo ancora usciti insieme!-

-No, ma la tregua è già iniziata-



Uscirono, finalmente, per spostarsi verso Posillipo, per una cena a base di pesce e con vista sul mare, dato che, nel ristorante che avevano scelto, vi erano delle grandi vetrate, attraverso le quali si poteva scorgere la luce della luna che, tremolante, si rifletteva sull'acqua. E, poi, si vedeva il Vesuvio.

-Chissà che meraviglia sarà il panorama di giorno, qui- affermò Fujiko.

-Beh, se ci piace, potremmo tornarci domani a pranzo- rispose Jigen.

Arrivò un cameriere, un biondino alto e dall'aria un po' svampita, per prendere le ordinazioni.

-Come antipasto, insalata di polipi anche per suo marito, quindi?- domandò a Fujiko.

-Sì, anche per lui-

Non appena il cameriere si allontanò, Jigen si meravigliò del fatto che la donna non avesse smentito, quando il cameriere l'aveva scambiato per suo marito.

-Che c'è di male? Con la tregua potremmo giocare anche a marito e moglie-

Jigen sorrise, arrossendo.

-Ma il fiore tra i capelli...-

-No, non voglio toglierlo, per ora-

Dopo gli antipasti, arrivarono i primi: paccheri ai pomodorini con vongole e capperi. Un'abbondante pepata di cozze arricchì, successivamente, la già favolosa cena. Jigen e Fujiko avevano ordinato gli stessi piatti ed erano felici di gustarli appieno. 

-Oddio, ho mangiato divinamente, ma sono pienissima- asserì la donna. 

-Anche io, ma un sorbetto non possiamo non prenderlo, moglie-

-Allora ne prenderemo uno da dividere in due, marito-

Risero, poi si guardarono, lui le prese la mano, prima che lei sollevasse il bicchiere colmo di vino bianco. Fecero un brindisi, dedicandolo a loro e a Lupin. 

-Vorresti che Arsene fosse qui?- domandò Jigen.

-Sano e salvo sì, ma qui a cena con noi non so- rispose Fujiko, titubante.

-Ah, già, forse tu vorresti Goemon-

-Non credo apprezzerebbe questa cena-

Usciti dal ristorante, i due si presero per mano, passeggiando per Posillipo, poi per Mergellina.

-Non allontaniamoci troppo dalla macchina- disse Fujiko.

-Ok. Va beh che non è nemmeno la nostra...ahahahah-

Si fermarono davanti alla Fontana del Sebeto e Jigen toccò il fiore tra i capelli di Fujiko, che bloccò la sua mano per accarezzargliela. Si baciarono, ma solo per poco. Lui poi riprese a passeggiare, facendo cenno a Fujiko di tornare indietro, per avvicinarsi alla zona in cui si trovava la "loro" macchina. 

-Stavo pensando di andare al Festival del Blues in Piazza del Plebiscito, che ne pensi?-

-Ottima idea, pistolero!-

Lo raggiunse, abbracciandolo da dietro.

-Ci credo che hai una donna quasi in ogni porto, se poi ti comporti così-

-Anche in ogni aeroporto, se è per questo- ironizzò il pistolero.

-Ah,sicuro! Conosci i migliori modi per far cadere una donna ai tuoi piedi-

-Davvero? E quali sarebbero?-

-Essere come sei, per prima cosa. Poi non dai mai l'impressione di provarci. Una donna va coinvolta, stimolata, piano piano. E tu ci riesci-

-Mi stai idealizzando, non sono il principe azzurro- 

-Guarda che non ti ho definito il principe azzurro, ho solo detto che ci sai fare. Uno come te è romantico...e non ha fretta di portare una donna a letto-

-No, infatti...abbiamo tutta la notte a disposizione- ironizzò Jigen con sguardo malizioso.

-Goemon, al contrario, diventa romantico solo dopo aver soddisfatto i suoi istinti: fare quello è il suo primo pensiero. Non che la cosa mi dispiaccia, ma, sai com'è...Lupin, invece, con quell'atteggiamento appiccicoso...-

-Ognuno è fatto a modo suo e nessuno è perfetto-


Il Festival Blues era nel vivo della serata, la gente in piazza tantissima e Jigen e Fujiko, nonostante la folla, si stavano godendo lo spettacolo, reso particolarmente vivace dall'esibizione di alcuni esponenti della scena folk e blues napoletana contemporanea. Fujiko era entusiasta, Jigen l'abbracciava da dietro e, anche se non toglieva lo sguardo dal concerto, ogni tanto la baciava sul collo. Decisero di andare via prima della fine del festival, per non trovarsi imbottigliati in mezzo agli spostamenti della folla. Ma non era soltanto quello il motivo che li aveva spinti ad andare in macchina: una certa fretta di tornare a casa li stava pervadendo, anche se nessuno dei due volle manifestare una smania che rischiava di rovinare una serata romantica e vivace. Jigen stava per mettere in moto l'automobile, ma, non appena incrociò lo sguardo di Fujiko, le sorrise e accarezzò quel fiore tra i capelli che tanto l'aveva resa bella e speciale, quel giorno. La baciò, ma in maniera diversa rispetto al resto della serata: era un modo per farle capire che la desiderava, mentre, quasi ansimante, cercava un contatto fisico più approfondito, che poco lasciava spazio all'immaginazione. 

-Calmati, tanto stiamo andando a casa- affermò Fujiko.

-Perdonami, mi stavo comportando come Goemon-

-E appiccicoso come Lupin-

Risero e, finalmente, Jigen mise in moto la Fiat Mirafiori rubata. Era trascorsa da poco la mezzanotte e una serata indimenticabile si concluse nella maniera più naturale, per i due, che passarono buona parte della notte a fare l'amore, mettendo a dura prova quel letto matrimoniale destinato a Jigen e Lupin. Quest'ultimo se ne farebbe fatta una ragione, specialmente quando, la mattina successiva, giunse nell'appartamento e trovò i due addormentati abbracciati, tra lenzuola scomposte, stropicciate e testimoni di una notte molto infuocata. Notò il fiore tra i capelli di Fujiko e gli piacque moltissimo. "Hanno trovato il modo migliore per attendermi", pensò tra sé il ladro amaramente, andandosene, poi, a fumare una sigaretta sul balconcino, dove riconobbe lo stesso tipo di fiore che si trovava tra i capelli della donna. "Avrò quel tesoro", pensò tra sé e sé, accarezzandone uno e guardando il vicolo che iniziava a svegliarsi.
(C)2016 by Fujikofran



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https://youtu.be/u4zU7_k0k8Q
   
 
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