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Autore: Ambrambru    24/08/2016    0 recensioni
Quello che mi stava accadendo era uno scherzo. Doveva esserlo, per forza.
Forse, a mia insaputa, ero appena diventata vittima di uno di quei programmi americani dediti alle candid camera.
L'unico intoppo in quell'ipotesi era che non riuscivo a vedere alcuna telecamera o microfono, nessun presentatore che venisse a stringermi la mano e a ridere insieme a me, assicurandomi che fosse tutto finto.
MA LASCIATE CHE VI RACCONTI OGNI COSA DAL PRINCIPIO.
Mi chiamo Lil-Anne Desmet, ho diciassette anni e questo non è un diario. Assolutamente, non sono il tipo. E'... un... una... una biografia, ecco, si. Una biografia che magari nel futuro verrà trovata da qualcuno, magari verrà pubblicata e magari diventerò famosa anche se sarò già morta. Il che accadrà a breve, temo.
Quindi, se qualcuno sta leggendo quello che ho scritto deve essere avvertito di una cosa: i seguenti fatti sono veri, io stessa ho bisogno di scriverli nero su bianco per rendermi effettivamente conto di cosa sta succedendo. Forse, a forza di rileggere il tutto, mi abituerò all'idea di essere diventata una Senz'Ombra.
Genere: Azione, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non era possibile. Non stava accadendo a me.

Comunque mi muovessi nessun tipo di ombra veniva proiettata dal mio corpo.

Presa da un impeto di disperazione, strappai la torcia dalle dita di Reinhard e la puntai febbrilmente contro la mia mano, ma la parete retrostante non mostrava alcuna figura, nessuna forma scura che indicasse l'interposizione del mio corpo tra il muro e la luce.

Quindi la seconda Ombra, quella che era riuscita a fuggire, era... la mia?

Fianna mi abbracciò tra le lacrime, Reinhard fissava il pavimento e io mi sentivo uno schifo.

“Dobbiamo portarti via” mi disse il comandante.

“V-via?”

“Sei in pericolo, se rimani qui metterai a repentaglio anche la vita della tua famiglia e dei tuoi amici. Non credo ci sia bisogno di spiegarti che dal momento in cui diventi una Senz'Ombra non avrai tregua fino al giorno della tua morte, giusto?”

Allora mi ero veramente ammalata. Sentii le ginocchia cedermi.

Non avrei più potuto vivere normalmente, andare a scuola, stare con mio padre o vedere i film con Fianna. Non avrei più potuto vendicarmi di Luke Gernoff o aspettare il week-end per passare del tempo con mio fratello.

“Ti conviene preparare una borsa con quello che ti serve, non so quando potrai tornare a casa”.

Annuii, lentamente.

Mi veniva da piangere e contemporaneamente sentivo un feroce desiderio di spaccare qualcosa, magari non il telefono questa volta.

Fianna mi abbracciò ancora, assicurandomi che sarebbe andato tutto bene e che ci saremmo riviste presto, poi metà della squadra la scortò a casa sua con la Faro-vettura e io mi diressi in camera, con il cervello in panne, a lanciare ogni cosa che mi capitava sotto mano in un'enorme valigia.

Avrei voluto farci stare tutta la stanza, ma non era possibile, così lasciai indietro il computer, i libri e mille altri oggetti che amavo e che forse non avrei mai più rivisto, cercando di riempire anche lo zaino fino a farlo scoppiare.

Tolsi il pigiama e mi vestii di nero, come il mio umore in quel momento, infilando nella tasca posteriore dei pantaloni la foto della mia famiglia, poi iniziai a trascinare la valigia per le scale che portavano in sala.

Non parlai con nessuno dei soldati, non li guardai nemmeno, nonostante non avessero colpe particolari sentivo di odiarli tutti dal profondo del cuore.

Qualcuno prese i miei bagagli e li caricò sulla seconda Faro-vettura parcheggiata sulla strada, qualcun altro mi spinse dentro velocemente controllando che nulla ci stesse seguendo ed io guardai la mia abitazione scomparire mano a mano che la jeep accelerava.

“Tutto bene?”

Mi accorsi solo in quel momento che Reinhard era seduto accanto a me.

“No” gli risposi secca, non mi andava di parlargli e non l'avrei fatto, lui fissò lo sguardo fuori dal finestrino e non disse più una parola.

Attraversammo tutta la città in cui vivevo, Zacine, per dirigerci nella periferia dove le rocce che compongono il suolo precipitano vertiginosamente nel mare formando un'alta scogliera, quasi un burrone, chiamata Maja Jura. Sapevo che le basi militari erano in quella zona, ma non ci ero mai stata e con il buio della notte non riuscivo a distinguere bene le forme, nonostante la nostra macchina fosse un piccolo sole in miniatura.

Dopo quella che mi parve un'eternità, arrivammo ad un cancello di metallo grigio, si aprì automaticamente al nostro avvicinarsi ed il soldato che guidava svoltò parcheggiando la jeep all'interno di un garage coperto, anch'esso munito di una porta automatica che si richiuse alle nostre spalle. Nessuno si mosse finché tutte le luci non si furono accese e la stanza non fu sigillata ermeticamente.

Un uomo tarchiato prese la mia valigia, io lo seguii imbambolata attraverso una porticina che collegava il deposito delle macchine con la costruzione centrale, mi condusse attraverso corridoi e stanze che sembravano tutte uguali, fino ad un ascensore. L'edificio era illuminato a giorno e il primo pensiero sciocco che mi saltò in mente fu che avrei voluto sapere il saldo delle loro bollette.

Una volta entrati il soldato premette il bottone con inciso il numero tre e le porte dell'ascensore si chiusero, portandoci in un piano che mi ricordava vagamente l'interno di un hotel e in breve tempo scoprii di non esserci andata troppo lontana.

“La tua è la stanza numero nove -disse l'uomo porgendomi una chiave- mettiti pure comoda, spegni la luce e dormi. Domani mattina alle ore sette suonerà la sveglia generale della base militare, devi farti trovare pronta per le otto in punto, passerà qualcuno a prenderti. Non uscire da sola dalla camera.”

“Mio padre.. mio fratello..”

“La tua famiglia verrà avvisata domani, non ti preoccupare. Potrai avere contatti telefonici con loro ogni qualvolta lo vorrai, per adesso è meglio se ci limitiamo a questo.”

Annuii e l'uomo si allontanò.

La stanza non era brutta: c'era un letto matrimoniale con le lenzuola pulite, una televisione, una scrivania e un grande armadio. Avevo persino un bagno tutto mio, già attrezzato con saponi e asciugacapelli. Era completa di tutto, mancava solo una cosa: finestre.

Mi sentivo letteralmente murata dentro ma immaginai che fosse necessario per la mia incolumità, gettai vestiti e valigia in un angolo e mi infilai sotto le coperte con il cellulare.

Mi era arrivato un messaggio da Fianna.

"Andrà tutto bene, me lo sento, e lo sai che non sbaglio mai. Spero che tu non stia piangendo o altro, ricorda che sei rinchiusa in una caserma piena di militari con un fisico da urlo! Chiamami in qualsiasi momento, ci sarò sempre, qualunque cosa accada. Buonanotte."

Chiusi gli occhi. Inspirai ed espirai cercando di mettere in chiaro le idee, mi dovevo fare coraggio, niente era perduto, dopotutto ero ancora viva, giusto?

Prima di addormentarmi promisi a me stessa di non arrendermi alla sorte dei Senz'Ombra, anche se come aveva detto il comandante non avrei avuto tregua fino alla morte, non importava.

Risposi a Fianna di non preoccuparsi, quella notte non avrei pianto.

 

 

Ebbene si, sono viva! Chiedo scusa a tutti quelli che hanno letto/recensito per la mia lunga assenza, ma mi sono successe un sacco di cose, tra le quali una simpatica ragazzina che ha avuto la brillante idea di copiare i primi due capitoli di Senz'Ombra spacciandoli per suoi su Facebook..

Dopo essermi innervosita parecchio avevo deciso di non pubblicare più, fino a questa mattina.

Non so perché non so percome ma ho deciso di tentare di nuovo, quindi ancora grazie a chi segue me e Lil-Anne nelle nostre strambe avventure!

A presto, speriamo!

Ambrambru

 

  
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