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Autore: _Noodle    25/08/2016    5 recensioni
"Yuu era sempre stato convinto che i colori fossero un po’ come degli specchi, lastre in cui il carattere di ognuno veniva riflesso con naturalezza, bizzarri oceani personali. Adorava riempire le pagine dei suoi quaderni con stravaganti disegni colorati, perdere la concezione del tempo disegnando mandàla complicatissimi. [...] Pennelli e barattoli giacevano al suolo sfiniti, le pareti risplendevano e profumavano di soddisfazione, la luce era mutata. E per Asahi era piacevole poter perdersi al suo fianco, senza pretese e senza difese. Le lunghezze d’onda di tutti quei colori producevano un suono strano, risacche rumorose, scrosci particolari."
Di come Nishinoya decise di sacrificare un suo ciuffo di capelli al colore giallo e Asahi dimostrò il suo coraggio.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Asahi Azumane, Ryuunosuke Tanaka, Yuu Nishinoya
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Lunghezze d’onda.
(Canzone consigliata per la lettura: “Doria”, di Olafur Arnalds)
 
 
 
 
 
 
<< Asahi-san, mi passeresti quel barattolo di vernice gialla? >>
 
Era un pomeriggio assolato di agosto.
Asahi, non appena ebbe messo piede nella stanza di Yuu, notò con piacere che Ryu aveva già iniziato a dargli una mano. Il pavimento di legno chiaro era stato interamente rivestito di carta di giornale e i muri erano stati spogliati da qualsiasi fotografia, quadro e poster. Il resto della mobilia era stato trasferito temporaneamente in salotto.
Sapeva che cosa l’aveva spinto a venire fin lì, a rendersi disponibile per un individuo eccentrico come Nishinoya: uno strano sentimento di rispetto, un particolare tremore nella voce e fremito nel petto. Aveva la sensazione che un percussionista disperato si impossessasse del suo cuore ogni volta che per sbaglio incrociava il suo sguardo e, chissà per quale arcano motivo, quel pomeriggio sentir tamburellare i suoi ventricoli era ciò che maggiormente bramava, era ciò di cui aveva bisogno per colmare la distanza che li separava da ormai un mese.
 
Per Noya era arrivato il momento di ridipingere la propria stanza. Ci aveva pensato a lungo nelle precedenti tre settimane: i colori con i quali avrebbe battezzato le nuove pareti sarebbero stati accesi, scintillanti, eloquenti.
Era sempre stato convinto che i colori fossero un po’ come degli specchi, lastre in cui il carattere di ognuno veniva riflesso con naturalezza, bizzarri oceani personali. Adorava riempire le pagine dei suoi quaderni con stravaganti disegni colorati, perdere la concezione del tempo disegnando mandàla complicatissimi.
Per quanto riguardava camera sua, avrebbe realizzato, estesa su quattro pareti, una fluida sfumatura di colori caldi, che sarebbe mutata dal rosso al nero, passando per l’arancione, il giallo e il viola. Un’onda di vapore, una nuvola fluttuante ed accogliente.
 
Nishinoya era sicuramente il rosso. La sua personalità era dell0 stesso colore della passione, della tenacia, del sangue, del coraggio, del fuoco e della lava. Era del colore della rabbia, dell’imbarazzo, delle emozioni forti. Era del colore dell’amore, dell’affetto, della complicità.
 
<< Ryu, non devi stenderlo in maniera uniforme! Devi picchiettare, così vedi? >>
Noya mostrò all’amico come fare, rimproverandosi di non averlo avvertito prima che cominciasse. Aveva chiesto a lui e ad Asahi di dargli una mano perché erano le due persone di cui apprezzava maggiormente la compagnia, con le quali si sentiva libero di essere se stesso, di agire impetuosamente come un uragano o silenziosamente come una marea.
Tanaka lo guardò sorridente, passandosi una mano dietro la testa per l’imbarazzo.
<< Scusami Noya, cercherò di rimediare in qualche modo. >>
 
Tutto si sarebbe potuto dire, eccetto che Tanaka non fosse il colore giallo. Giallo esplosivo, giallo sole, giallo limone. Giallo di gioia, giallo di luce, giallo di novità. Vitalità, asprezza, sicurezza. Tanaka era il miglior amico che Noya avrebbe potuto desiderare e la sua esuberante follia si mescolava perfettamente con l’incontenibile inquietudine dell’altro.
 
<< Questo sì che è un lavoro ben fatto Asahi! Hai saputo ricreare esattamente la sfumatura che avevo in mente! Ryu, guarda com’è impercettibile il cambiamento tra il rosso e l’arancione! >>
Noya colpì con un pugno la schiena di Asahi, facendogli quasi cadere il pennello a terra. L’Asso della Karasuno tramutò la sua placida espressione in una smorfia di imbarazzo; ogni volta che Noya cercava di dimostrargli quanto fosse in gamba, sprofondava in un tiepido stato di confusione.
 
Asahi –come negarlo- era l’arancione. Un rosso meno violento, un giallo meno estroverso. Il colore dei tramonti, la sfumatura delle albe, la tonalità di un silenzio capace di urlare. Asahi era arancione come la creatività, come la saggezza, come lo stupore. Era dolceamaro, ma più tendente al dolce.
 
L’armonia che aleggiava nella stanza si poteva palpare, annusare, assaporare. Come potevano tre anime così loquaci passare inosservate tra le luci del quartiere? Pennelli e barattoli giacevano al suolo sfiniti, le pareti risplendevano e profumavano di soddisfazione, la luce era mutata. La tavolozza di colori che erano riusciti comporre con le loro energie avrebbe fatto invidia a quelle dei pittori più capaci. Vi erano tinte conosciute, altre più ricercate, meravigliosi arcobaleni, iridi torridi e di una bellezza lancinante.
 
Il sole aveva incominciato a tramontare. Noya si era sdraiato a terra, stropicciato tra le carte di giornale, attorniato dai suoi bei colori. Concludere il lavoro nell’arco di un solo pomeriggio era stato possibile grazie all’aiuto dei suoi due amici e per questo avrebbe dovuto ricambiare il favore in qualche modo. Ryu era andato via non appena erano scoccate le sette, mentre Asahi aveva preferito aspettare, aveva preferito godersi ancora una volta il loro lavoro, e non soltanto quello. Passeggiava per la stanza spoglia di mobili con le mani giunte dietro la schiena, il volto velato da una chiara espressione di felicità.
 
<< Devo pregarti in ginocchio per farti sdraiare qui accanto a me? >>
 
Come al solito, Noya riusciva a destabilizzarlo con una facilità disarmante. Non ebbe nemmeno il tempo di formulare una risposta di senso compiuto che si ritrovò al suo fianco, con le gambe che toccavano una bacinella di acqua abbandonata lì da ore. Com’era grande il suo corpo in confronto a quello di Yuu, com’erano spesse le sue mani.
Era piacevole poter perdersi al suo fianco, senza pretese e senza difese. Le lunghezze d’onda di tutti quei colori producevano un suono strano, risacche rumorose, scrosci particolari.
 
<< E’ venuta proprio bene. Ora la tua stanza è veramente degna di essere chiamata tale! >>
Nishinoya si voltò per poterlo osservare più da vicino.
Era appagante poterne esplorare il volto senza l’utilizzo di strani mezzi, ma solo grazie ai propri occhi. Le iridi castane di Asahi erano un tripudio di misteri, una torbida mescolanza di mal di pancia e di risate. Nishinoya, non poteva negarlo, era sorpreso che si fosse sdraiato con tanta facilità al suo fianco, era sorpreso che fosse ancora lì con lui sebbene avessero concluso di lavorare già da un bel po’. Nemmeno in campo gli era mai stato così affine. Soli, avvolti da quel silenzio assordante, Asahi gli stava dimostrando tutto il suo valore.
<< Grazie a te e a Ryu, Asahi. E tra l’altro… >>
Asahi si voltò, affacciandosi sul suo viso minuto.
<< Hai della vernice sulla faccia! >>
<< Dove? Non mi sembrava di… >>
 
Noya scagliò la prima pennellata afferrando il pennello inzuppato nel barattolo del viola accanto a lui. Una striscia irregolare sporcò il viso di Asahi, il quale strizzò e subito dopo spalancò gli occhi stupefatto, divertito ma allo stesso tempo furioso per quello che aveva appena combinato il piccoletto sdraiato accanto a lui.
<< Che hai fatto? Inizia a correre, Noya. >>
L’altro si alzò in piedi di scatto, ridendo a crepapelle, scivolando tra le carte e le parole che giacevano sotto i suoi piedi, slittando per l’adrenalina sul pavimento instabile. Uscì dalla stanza, attento a non urtare le pareti, e si diresse verso il bagno. Asahi, simile ad un gigante buono, che pur volendo non riusciva a risultare minaccioso, lo inseguiva con un pennello zuppo di giallo, che gocciolava nella sua mano grande.
<< Non penserai di scapparmi! >>
<< Tanto sono più agile di te! >> ribatté Noya, nascosto nel bagno dalle piastrelle verdi. La luce calda del tramonto filtrava dalle ampie finestre, ferendogli il volto.
Asahi spalancò la porta all’improvviso, la faccia ancora striata di viola. Noya fece per saltare fuori dalla finestra, ma l’altro non lo fece scappare e lo catturò tirandolo per la maglietta azzurra. Lo inchiodò davanti al davanzale e gli bloccò il bacino con le gambe.
Nell’impacciato tentativo di Yuu di fuggire, Asahi gli afferrò un ciuffo di capelli, proprio nella metà del suo ovale, e glielo tinse con quel giallo ridanciano e burlone. L’altro si dimenava ridendo, come se qualcuno gli stesse facendo il solletico; nemmeno Asahi era riuscito a trattenersi al cospetto di quell’ilarità infantile e candida, semplice, serena.
<< Dammi qua! >> Yuu afferrò il pennello e lo gettò nel lavandino di fianco a lui. Asahi non si mosse di un passo, il diaframma che si alzava e si abbassava con irregolarità.
<< Sono sorpreso >> gli disse poi Noya con gli occhi bassi e il sorriso che sfumava in una smorfia compiaciuta. L’Asso lo guardò con espressione interrogativa.
<< Sono sorpreso del fatto che tu oggi sia rimasto qui, del fatto che non te ne sia andato con Ryu. Perché sei voluto restare qui con me? >>
Non aveva mai sentito Nishinoya pronunciare sillabe e sussurrare fiati con tanta dolcezza. La vernice gialla gli era colata sul piccolo naso a punta; i grandi occhi castani restavano nascosti tra le ciglia. E Asahi lo contemplava smarrito, incredibilmente attratto, violentemente affascinato. Avrebbe voluto trovare le parole adatte per descrivere che cosa provasse, quali fossero i primordiali sentimenti che strisciavano nel suo intestino, tra i lobi del suo cervello. Avrebbe voluto, ma non ci riusciva.
<< Perchè con te sto bene, Yuu. Non la trovo una cosa tanto strana >> confessò infine.
<< Oh, lo è eccome. Dal primo giorno in cui ti ho conosciuto, hai sempre accolto le mie parole con reverenza, hai sempre rifuggito i miei sguardi per l’imbarazzo. Mi sei sempre stato accanto, ma… non in questo modo. Sei stato semplice oggi. Lo sei stato a contatto con questi colori. >>
Fu in quel momento che Noya sollevò gli occhi e li incastrò in quelli di Asahi.
<< Non pensavo che tu potessi pensare queste cose di me. >>
<< Io ne penso anche altre. Ma non è necessario che te le dica. Dimmi tu, piuttosto, che cosa pensi di me. >>
Una goccia di colore giallo, colpevole di aver profanato il suo volto, dopo aver disegnato il profilo del suo naso, stava per cadere sulle labbra di Yuu.
Asahi non voleva che ciò accadesse.
<< Dimmi perché te ne stai qui con le tue gambe avvinghiate ai miei fianchi e non ti muovi, dimmi perché ogni volta che parliamo arrossisci. Asahi, è da tanto tempo che… >>
 
Più esaustivo di un bacio non può esistere niente al mondo. Il bacio lo è più di un urlo, più di un discorso, più di uno sguardo. Il bacio non è fraintendibile, quel bacio non fu fraintendibile. Asahi portò a sé le labbra di Noya come se fossero state l’acqua della sorgente più pura e si dissetò, si rimpinzò di quella fessura tremenda e famelica, accolse in sé quella lingua così impetuosa e sincera. E Yuu restava lì, incapace di rendersi conto che il passo era riuscito a farlo Asahi, che l’aveva preceduto, che lo stava baciando come se non ci fosse stato niente di più facile, niente di più naturale. Una sfumatura accesa quanto il sole che li spiava alle loro spalle esalò dalla loro pelle, evaporò in aria simile alla nube che si stagliava sulle pareti della camera di Nishinoya. Il Libero rispose al bacio come uno tsunami. Accarezzò i capelli del suo Asso, si sporcò le dita della vernice viola che aveva dato inizio al loro inseguimento, si strinse contro il suo petto sollevandosi in punta di piedi.
 
<< …è da tanto tempo che volevo dirtelo, Yuu. E ora lo sai >> disse Asahi, allontanandosi dalle sue labbra.
 
Quando Azumane, ritornato dalle vacanze estive, incontrò Nishinoya per i corridoi del liceo Karasuno, notò piacevolmente che c’era qualcosa di diverso in lui. Non si trattava dell’uniforme, e nemmeno di una di quelle sue magliette dalle scritte eccentriche.
Erano stati 50 ml di tinta gialla e 50 ml di ossigeno a fare la differenza.
 
<< Perché hai tinto quel ciuffo? >> domandò Asahi sollevando lievemente le spalle, mostrando i denti bianchissimi.
<< Perché dentro questo colore ci sono tutte le cose che dovevamo dirci da tanto tempo. >>
 
 
 
 
 
Ed eccomi qui, a pubblicare per la seconda volta una storia su queste due patate <3 Non so precisamente come mi sia venuta l’ispirazione, ma era da un sacco di tempo che volevo trovare una motivazione a quel ciuffo ribelle e la mia fantasia ha scovato questa soluzione. Spero che la storia possa avervi lasciato qualcosa, anche semplicemente un sorriso (: Noya e Asahi sono due personaggi bellissimi, sono sicura che scriverò ancora su di loro!
Inoltre, per chi non l’avesse capito, sono leggermente fissata con questo autore (Olafur), perché OMMIODDIO, compone in modo divino e le sue melodie mi fanno tremendamente pensare ai nostri pallavolisti.
Grazie a chi leggerà, preferirà, seguirà o recensirà, le critiche e i commenti sono sempre ben accetti! Un bacio ^^
_Noodle 
  
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