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Autore: Seeph    25/08/2016    5 recensioni
“Lo pensi sul serio?” aveva domandato Jeongguk, “Che il tempo porti via tutte le cose, intendo.”
E mai più avrebbe sentito la voce di Min Yoongi [...]
se non in un altro tempo, in un altro luogo o, forse, in un’altra vita.
“Jeonggukie, andiamo?”
{ yoonkook } || 1630 words
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Min Yoongi/ Suga
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Omnia fert aetas

 
 



 
 
Omnia fert aetas” sussurra, interrompendo il silenzio, e millecinquecentoventisette giorni sono già trascorsi. “Omnia fert aetas” mormora di nuovo e il buio continua a pervaderlo. “Omnia fert aetas” bisbiglia, ancora la medesima frase, mentre la solitudine attanaglia, lacera e dilania quel che rimane della sua anima.
 
E’ da solo, Jeongguk. Completamente abbandonato a se stesso, segregato per sua scelta in quell’appartamento. E’ da nove mesi che non sente più una voce che non sia la sua, da undici che non esce più di casa.
 
L’ultima volta che prova a mettere qualcosa nello stomaco è sedici giorni fa. Prova, infatti, perché alla fine non ci riesce; riversa tutto nel wc ancor prima che arrivi nello stomaco. Ma di nutrirsi adesso gl’importa poco, perché non riesce a pensare ad altro.
 
Pensa un sacco, Jeongguk, pensa senza sosta. Pensa perché non riesce a fare nient’altro. Pensa al fatto che dovrebbe assolutamente pulire il suo appartamento, il quale è ridotto un vero schifo; pensa a tutti gli esami che deve ancora dare in università, pensa a tante altre cose. Pensa a lui.
 
Lui che è una costante nella sua vita, l’unico punto fermo, sebbene adesso non ci sia più. Lui che lo salva costantemente anche solo con la sua presenza, ma che però adesso lo fa a pezzi con la sua assenza e la conseguente mancanza. Perché sì: gli manca. Gli manca come l’ossigeno, come la terra sotto i piedi ma sa bene che, nonostante tutto questo, lui non ritornerà. Questa consapevolezza fa male, distrugge.
 
Dall’esterno del suo appartamento sente gli uccellini fischiettare, Jeongguk. Se le finestre fossero aperte, annuserebbe il profumo dei fiori, contemplerebbe il cielo limpido, beneficerebbe del tepore dei raggi del sole sulla propria pelle ma quelle finestre, Jeongguk, le aveva serrate molti mesi addietro senza più riaprirle.
 
La primavera è vicina: la stagione in cui tutto rinasce e Jeon Jeongguk, pian piano, muore.
 
Vuole piangere, Jeongguk, eppure non ci riesce. Oramai ha solo un cuore lacerato e una mente squarciata, niente più lacrime. Forse perché piange fin troppo da quattro anni a questa parte, forse perché è prossimo alla totale disidratazione dal momento che ha smesso di bere otto giorni fa.
 
E’ triste, Jeongguk, è stanco e ha così sonno. Vorrebbe solamente chiudere gli occhi e dormire, morire, non svegliarsi più.
 
Chissà cosa si prova poi, a morire... pensa Jeongguk. Forse lui lo sa.
 
E si maledice, Jeongguk, si dà mentalmente dello stupido. Perché lui se n’è solo andato e non è morto... I loro amici continuano a ripeterlo: dicono che una persona non sparisce nel nulla per quattro lunghi anni e che dev’essersene per forza andato all’altro mondo. Si rifiuta però di accettare una cosa del genere, Jeongguk. Si rifiuta anche solo di pensarla.
 
Omnia fert aetas.” E’ avvolto nel buio, Jeongguk, sdraiato sul pavimento freddo del soggiorno, mentre pronuncia quelle parole, parole che sente pronunciare solo una volta da lui, Min Yoongi, dal suo hyung.
 
 
Jeongguk guardava in silenzio Yoongi. Era steso accanto a lui sul letto della propria camera. Quella stanza profumava di loro, del bagnoschiuma che condividevano e del loro amore.
“Hyung, cosa c’è scritto?” aveva chiesto Jeongguk, annullando il silenzio, indicando la frase tatuata alla base della schiena di Yoongi.
Omnia fert aetas” aveva risposto l’altro.
Jeongguk lo conosceva bene, sapeva che Yoongi era una persona estremamente riservata, ma sperava che, almeno per quella volta, sarebbe riuscito a chiedergli qualcosa senza infastidirlo.
“E cosa significa?” aveva chiesto titubante.
Min Yoongi, che aveva notato una certa indecisione nel porre quel quesito, l’aveva osservato per qualche secondo e, prima di rispondere alla sua domanda, aveva lasciato, sulla sua spalla nuda, un piccolo morso e poi un bacio. “Il tempo porta via tutte le cose.
Jeongguk aveva annuito pensieroso sfiorando delicatamente quella porzione di pelle tatuata e facendo automaticamente rabbrividire il maggiore.
Jeongguk non si sarebbe mai stancato di toccare la sua pelle, così come Yoongi non si sarebbe mai stancato di farsi toccare da quelle mani.
“Lo pensi sul serio?” aveva domandato ancora Jeongguk, “Che il tempo porti via tutte le cose, intendo.”
Yoongi quella volta aveva sorriso. Un sorriso triste, debole.
Jeongguk non aveva mai ottenuto una risposta.
 
 
E mai più avrebbe sentito la voce di Min Yoongi,
mai più avrebbe avuto il piacere di perdersi nei suoi occhi,
mai più avrebbe avuto l’onore di sfiorare quella pelle candida.
Mai più, se non in un altro tempo, in un altro luogo o, forse, in un’altra vita.
 
Ma allora non lo sapeva ancora, il piccolo Jeon Jeongguk.
 
 
Ancora non ci credeva, Jeongguk. Davvero erano già passati quattro anni da quando l’aveva visto l’ultima volta? Sul serio era passato tutto quel tempo da quando aveva saggiato le sue labbra? Ne sentiva ancora il sapore, Jeongguk. Il sapore inconfondibile di quelle labbra sulle sue, la loro morbidezza, la loro forma perfetta.
 
Il tempo porta via tutte le cose.”
 
Si ritrova a sussurrare quella frase, Jeongguk, quelle parole che pronuncia il suo hyung tanti anni prima. Quelle belle parole che lui stesso vorrebbe marchiare a fuoco nella sua testa e sul suo corpo, quelle stesse orrende parole che vorrebbe dimenticare, strappare via dai suoi ricordi.
 
 
 
Il tempo aveva già portato via Min Yoongi, un po’ troppo presto forse ma l’aveva fatto.
Ora Jeon Jeongguk stava solamente aspettando il suo turno.


 
 
 
 
 

Sono i suoi amici a irrompere nel suo appartamento, quella mattina fin troppo calda e soleggiata del nove marzo, decisi a riportare Jeongguk di nuovo alla vita. Nessuno di loro vorrebbe dirgli della chiamata che hanno ricevuto dalla polizia proprio quella mattina, non vorrebbero proprio farlo. Ma lo devono a lui: Min Yoongi. Lo devono a loro stessi. Lo devono a Jeongguk, soprattutto a Jeongguk.
 
Jeon Jeongguk che vive in uno stato comatoso da quando Min Yoongi se n’è andato, da quando l’ha lasciato. Jeongguk che in realtà non vive più, respira e va avanti per inerzia in quella che non è più vita senza il suo hyung.
 
Quella mattina parlano ininterrottamente, gli amici di Jeongguk, mentre tentano in tutti i modi di tenerlo sveglio in attesa dell’arrivo dell’ambulanza.
 
“Ha chiamato la polizia” dice uno dei suoi amici.
 
“Hanno trovato Yoongi” esclama un altro.
 
“Jeongguk” lo richiama un terzo e poi: “lui è morto” dice.
 
Ma ‘poliziaYoongi e morto’ è tutto quello che Jeongguk recepisce.
 
Lui è morto? Min Yoongi è morto? Il mio hyung è morto?
Allora com’è possibile che Yoongi, proprio mentre gli altri stanno proclamando la sua scomparsa, lo stia guardando negli occhi e gli stia persino sorridendo affettuosamente?
 
Quel sorriso che Jeongguk da sempre trova adorabile, che da sempre ama. Quel sorriso, l’unica cosa che riesce a ricordare in modo nitido e perciò custodisce gelosamente nei suoi ricordi. L’unica cosa che, in un modo o nell’altro, riesce ancora, anche se solo in parte, a tenerlo legato al mondo terreno.
 
Allora decide di non credere alle parole dei suoi amici, Jeongguk, dopotutto perché dovrebbe? Perché dovrebbe farlo ora che il suo adorato hyung è proprio davanti a lui?
 
Ciao, Jeongguk.
 
suoi occhi, la sua voce.
 
Finalmente sei ritornato, Yoongi hyung...
 
E Jeongguk sorride, mantenendo lo sguardo fisso su un punto non preciso alla sua destra, mentre gli altri lo osservano, un po’ sorpresi del vederlo finalmente sorridere dopo anni, un po’ spaventati. Lo richiamano più volte, i suoi amici, senza però mai ottenere una risposta dal ragazzo. Lo smuovono ma nulla sembra più riportarlo indietro.
 
Prova dolore ovunque, Jeongguk. La testa pulsa, i polmoni s’incendiano, il cuore quasi esplode, le gambe e le braccia non gli sembrano più far parte del suo corpo. Non sa cosa succede ma non gl’importa, non vuole saperlo. Non adesso che il suo hyung, sorridendo, allunga la sua mano verso di lui.
 
Jeonggukie, andiamo?” chiede Min Yoongi e annuisce, Jeongguk, prima di sfiorare le sue dita pallide e affusolate. Poi prende la sua mano stringendola forte.
 
L’ultima voce che percepisce è quella lontana di uno dei suoi amici e poi, finalmente, dopo quella che gli sembra un’eternità, chiude gli occhi.
 
 
 
 
 
Solleva piano le palpebre, Jeongguk, e nulla fa più male.
Respira ma senza farlo sul serio; il suo cuore batte, senza però battere davvero. Ma ora le lacrime e il dolore sono solo un ricordo distante, lontano così come la mancanza e l’assenza del suo hyung.
 
Sente una voce alle sue spalle, Jeongguk, una voce dal timbro basso che pronuncia il suo nome. Una voce che riconoscerebbe tra mille. Così si volta incontrando lo sguardo di Min Yoongi. Senza pensarci si precipita su di lui e lo stringe forte a sé avvolgendo le braccia attorno al suo collo. Chiude gli occhi e inspira forte il suo profumo.
 
Oh, il suo profumo. Quanto gli è mancato...
 
“Dov’eri finito, hyung? Ti ho aspettato per così tanto tempo.”
 
E tutto ciò che fa poi è scostarsi piano da Yoongi prima di lasciare un delicato bacio sulle sue labbra.
 
Non si guarda intorno e non si domanda dove sia finito, Jeongguk, dopo aver riaperto gli occhi in un luogo che non ha mai visto prima d’allora. Non si chiede perché il suo hyung sia rimasto esattamente identico a quattro anni fa, né tantomeno perché indossi ancora gli stessi vestiti che indossava anche l’ultima volta che l’aveva visto molti anni prima. Non si chiede nemmeno perché le lancette del suo orologio da polso abbiano smesso di muoversi –sicuramente non ha nemmeno ancora notato questo particolare, probabilmente mai lo farà.
 
Non gl’importa molto in realtà di tutto questo, non adesso che finalmente è di nuovo con il suo hyung e sa che nessuno potrà più portarglielo via, perché ora il tempo è immobile. E bacia ancora quelle morbide e agognate labbra, Jeongguk, perdendosi in ogni istante perché ora lo sa: il tempo non gli porterà via più nulla, nemmeno il suo adorato hyung.




 


(La fanart non mi appartiene.)


 

   
 
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