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Autore: AdharaSlyth    25/08/2016    2 recensioni
Jon non sa nemmeno come ci è finito in quel bar buio e fumoso.
Lo hanno trascinato lì Edd e gli altri dicendo che c’era una cosa che doveva assolutamente vedere, ma lui fino ad ora non ci ha ancora trovato nulla di particolare, anzi, sembra peggio dei posti che frequentano di solito.
Un luce abbagliante si accende d’un tratto, illuminando con un occhio di bue il palco.
Sopra c’è una ragazza, i cappelli spostati tutti sulla spalla sinistra, rossi come le fiamme.
[Modern AU - Jon/Sansa]
Genere: Angst, Malinconico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jon Snow, Sansa Stark
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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NOte:
Va bene… è giunto il momento di prendere il coraggio  due mano e pubblicare questa… cosa!

Ma magari prima servono delle presentazioni:


Per chi mi segue anche sugli altri fandom: Ciao! Lo so, sono una persona orrenda perché non ho scritto nemmeno una riga tutta l’estate!. Giuro che non lo faccio apposta, anzi! Soffro tantissimo quando non riesco a scrivere! E' che in estate vengo assalita da un sentimento a metà tra la pigrizia e l’ansia di dover farle mille cose che durante l’anno non posso fare, ma che alla fine non faccio comunque! Tipo scrivere!
Però ora ci sono!
Spero che questa storia vi piaccia! 

 

Per chi invece non sa chi io sia: Ciao anche a voi nuovi amici! Mi chiamo AdharaSlyth e, come forse avrete intuito se avete letto anche il primo pezzo delle note, possiedo una preoccupante psicosi Ehm... incredibile vena creativa!

Questa è la mia prima ff su GoT!

Io amo questa serie, dico davvero! Ho amato i libri, prima che uscisse il telefilm! Poi ho amato anche il telefilm, gli attori, i personaggi, la storia, TUTTO! Io del Trono di Spade amo tutto!  Quindi ho deciso che, con la benedizione (spero) di voi appartenenti a questo fandom, avrei provato a scrivere una piccola piccolissima fanfiction, solo per vedere...

Ci terrei molto a sapere cosa ne pensate!

 

Ci tengo a specificare che questa storia è nata in uno dei momenti di sana follia in cui non sapevo cosa fare…

Il pairing è uno dei miei preferiti, anche se non shippo Jon e Sansa come coppia di innamorati, li vedo benissimo in un rapporto di supporto e amore fraterno, specie dopo l’ultima stagione! 

Per entrare nel serio mood della storia vi consiglio di sentirvi almeno una volta “This is a man’s world” cantata da Dianna Agron aka Quinn Fabray in Glee ( https://www.youtube.com/watch?v=UEbeGXtqPb0 ) (si, lo so! Glee non è il miglior telefilm della storia ma vi assicuro che questa fanfiction con quella canzone sotto cambia completamente spetto, almeno secondo me.)

Ora bando alle ciance, ciancio alle bande e cominciamo!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

This Is A Man’s World

 

 

 

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Jon non sa nemmeno come ci è finito in quel bar buio e fumoso.

Lo hanno trascinato lì Edd e gli altri dicendo che c’era una cosa che doveva assolutamente vedere, ma lui fino ad ora non ci ha ancora trovato nulla di particolare, anzi, sembra peggio dei posti che frequentano di solito, peggio del The Wall.

C’è poco più che un bancone, qualche tavolino occupato da tristi consumatori che fumano sigari da quattro soldi e bevono whisky di bassa qualità, e un piccolo palco che è vuoto da quando sono arrivati.

“Ripetetemi perché siamo venuti qua…” chiede senza prestare attenzione all’uomo che ci sta posizionando sopra un microfono d’altri tempi.

“Sta zitto, ora comincia.” gli sussurrano.

Un luce abbagliante si accende d’un tratto, illuminando con un occhio di bue il palco.

Sopra c’è una ragazza.

Ha poco più di vent’anni, un volto incredibilmente bello dello stesso colore della neve che copre già le strade di Detroit, un corpo che fa la sua parte avvolto in un vestito di pagliette dorate corto poco sopra il ginocchio e le maniche a tre quarti.

Ha i cappelli spostati tutti sulla spalla sinistra, rossi come le fiamme.

Jon crede di cominciare a capire che cosa lo hanno portato lì a fare. E giura che se è un’altro spettacolo di lap dance li ucciderà con le sue mani.

La ragazza invece si avvicina al microfono con le labbra brillanti di rossetto e come per incanto in sottofondo parte una base che ha qualcosa di estremamente triste e malinconico.

 

“This is a men’s world…”

 

La voce della ragazza è dolce e forte allo stesso tempo.

Jon rimane incantato. E’ sempre stato convinto che il funk non sia per i bianchi, ma lei ha un’attitudine che gli farebbe dubitare di ogni sua convinzione.

C’è una sofferenza in quelle strofe appena sussurrate con profondità che potrebbe tranquillamente fargli credere che quella canzone sia stata scritta per lei sola.

E non ha modo di prestare attenzione a nient’altro. 

Il mondo si annulla.


"This is a man's world,
But it would be nothing, nothing
Without a woman or a girl..."

 

Sansa chiude gli occhi mentre canta.

Non le interessa vedere gli sguardi vuoti e disillusi dei consumatori di quel postaccio dove è finita a cantare sempre la stessa canzone ogni sera.

Lei ha già i suoi uomini.

Canta e pensa, Sansa.

Pensa a suo fratello Robb, che è partito per l’Afghanistan e non è più tornato.

Pensa a Bran e Rickon, che ha lasciato per partire per il college e che se ne sono andati in una notte, divorati dal fuoco assieme alla sua casa.

Pensa Joffrey, il ragazzo che conosceva fin da bambina, che l’aveva portata a tutte le feste della squadra di football solo per abbandonarla ubriaca sul marciapiede dopo una litigata, con la guancia in fiamme per lo schiaffo che le aveva tirato, semplicemente perché lei lo aveva accusato di non averla difesa quando uno degli altri giocatori aveva cercato di metterle le mani addosso.

Pensa a Petir Balish, che era come uno zio per lei, che avrebbe dovuto essere il suo tutore, aiutarla e proteggerla dopo la morte dei suoi, e invece l’aveva abbandonata a gestire da sola la follia di sua zia Lysa, senza guardarsi indietro.

Pensa a Ramsey, che è stato il peggiore di tutti. Che l’ha distrutta in ogni senso e le ha portato via tutto, la verginità, la dignità, un posto in cui tornare. Che non sa nemmeno lei perché continuava a starci assieme, nonostante le botte, la violenza, quel sorriso sadico che fin dal primo momento non faceva presagire niente di buono.

Si è fidata sempre Sansa.

E ora non si fida più.

Va tutte le sere a cantare in quel pub di periferia, per racimolare i pochi soldi che le servono a pagare la piccola stanzetta che ha in affitto in casa di una vecchia signora.

Non le importa degli uomini del pubblico, sono innocui. 

Soli e tristi come lo è lei.

Solo sul finire del brano decide di aprire gli occhi e trova quelli neri di un ragazzo al bancone.

Non è uno dei clienti abituali, e Sansa pensa che è troppo giovane per avere già quello sguardo spento in volto. 

Un volto che non vede da una vita.

Jon. Era amico di suo fratello al liceo. Era amico di Robb.

Si chiede se la abbia riconosciuta, anche se lei era poco più di una bambina quando lui bazzicava in casa loro.

Vorrebbe che lui la riconoscesse, che la tirasse fuori dallo schifo della sua vita, ma una parte di lei ha imparato troppo bene che non ci si può fidare nemmeno di chi si crede di conoscere.

E quindi si limita a guardarlo mentre la musica cala piano e lei arretra verso il buio del piccolo sipario.

 

 

Jon continua a guardare la ragazza che canta ad occhi chiusi.

Ha un che di familiare in volto, ma crede che sia solo suggestione finchè non apre gli occhi.

E tutto ad un tratto li vede.

Gli occhi di Robb Stark.

E i capelli rossi sono quelli di sua mamma Catelyn, che li lasciava studiare nella sua cucina ogni giorno, l’anno del diploma.

E si ricorda della ragazzina, la sorella piccola del suo migliore amico, che faceva solo la seconda e a cui non aveva mai prestato attenzione.

Si chiede come sia finita in quella topaia, cosa le sia successo davvero per farla cantare con quella tristezza, con quella ferita cicatrizzata male nel cuore.

Si risveglia appena dai suoi pensieri, in tempo per sentire la musica svanire e vederla allontanarsi dall’occhio di bue.

Senza interessarsi di quello che i suoi amici gli stanno dicendo si alza dallo sgabello e si affretta verso il retro del palco, ignorando anche la voce del proprietario che gli dice che non gli è permesso l’accesso.

Lei è lì, che sembra lo stia aspettando.

“Sansa.”

“Ciao Jon.” 

Non gli sorride.

Lo guarda senza espressione.

“Che ci fai qui? Dove sono gli altri?” parla dei fratelli più piccoli, dei genitori di Robb.

Robb lo sa dov’è. E’ persino andato al funerale, e ha pianto.

“Non c’è più nessuno.”

 

 

 

Sansa non ha freddo ma si stringe comunque nel cappotto.

Jon ha insistito per accompagnarla a casa, blaterando sul fatto che le strade di notte non sono sicure. Come se lei non lo sapesse.

Fermi davanti al portone della palazzina fatiscente si guardano entrambi attorno in imbarazzo, senza sapere esattamente cosa dirsi.

“Lascia che ti aiuti.” vorrebbe dirle Jon, ma ha capito che Sansa non accetterebbe, che non si fida nemmeno di lui.

“Torno a trovarti domani?” le chiede invece mentre lei cerca le chiavi nella borsa.

Sansa si limita ad annuire.

E Jon torna.

 

A distanza di qualche mese continua a tornare e Sansa, alla fine, cede.

Si fida.

Si trasferisce da lui.

Si muovo cautamente l’uno con l’altra, con il fantasma di Robb che aleggia tra di loro.

Perché lei rivede in lui suo fratello maggiore, e lui ha giurato a se stesso che non permetterà che le venga fatto altro male, che lo deve al suo vecchio migliore amico.

Trovano la loro armonia, in qualche modo.

Tornano ogni sera nel locale.

E Sansa canta ancora la stessa canzone.

Per loro due, e per chi come loro si sente schiacciato dal mondo.

 

 

“In loneliness…”

 

 

 

 

 

 

   
 
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