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Autore: PervincaViola    26/08/2016    1 recensioni
Finalmente America riconosce l'Arthur che è venuto a salvare, e sa che lo sta facendo con piacere poiché si tratta di Arthur, non solo perché non gli è mai dispiaciuto interpretare la parte dell'eroe.
{US/UK ♥}
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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26 gennaio 1942
La fitta nebbia irlandese lo coglie impreparato, così come il fosco cielo britannico; le ventose praterie in cui atterra, invece, sono verdi come gli occhi di Inghilterra.
«L'eroe è venuto a salvarti, Arthur!» sono le prime parole che Alfred urla non appena scende con un balzo dal suo Douglas, agitando le braccia e con un sorriso smagliante, mentre la fredda brezza gli scompiglia i capelli biondo grano. Non ha ancora conosciuto gli orrori della guerra in corso, America, e il suo è l'entusiamo di una Nazione ancora giovane.
Arthur è invece serio nella sua divisa militare, le braccia serrate. «Vedo che Giappone ha fatto proprio un bel lavoro» lo accoglie, sorridendo cinicamente; i suoi occhi sfiorano l'echimosi che segna lo zigomo destro dell'americano, soffermandosi sul doloroso ricordo di Pearl Harbor.
«Anche Germania non scherza» ghigna Alfred, ma senza allegria, davanti al braccio fasciato di Inghilterra, alle ustioni provocate dai raid aerei tedeschi. Ce la posso fare, è stato il suo mantra sin dall'inizio della guerra, ma il suo viso racconta ben altro: la pelle chiara è tirata, opaca, e gli sforzi per rimanere in piedi hanno scavato profondi solchi violacei sotto i suoi occhi. L'orgoglio di Arthur gli impedisce di liberare la verità persino di fronte all'affermazione dell'evidenza stessa – non sono bastate lacrime e sangue.
Alfred si guarda attorno: le campagne non recano ancora le cicatrici della guerra che – America lo vede – sta logorando Arthur: Londra brucia ogni notte, e il suo paese, in ginocchio, non è che lo spettro dell'impero che per secoli ha dominato il mondo. Eppure, l'ostinazione con la quale Inghilterra aveva deciso di non piegarsi al volere di Germania, accettando di pagarne le conseguenze, è dovuta forse proprio al ricordo di ciò che era stata.
«Non c'è nessuna crocerossina carina a curare i feriti, qui?» domanda con l'aria più innocente del mondo e, con la coda dell'occhio, occhieggia la reazione dell'altro, che non tarda ad arrivare.
Arthur dapprima impiega qualche istante per capire e poi aggrotta furiosamente le sopracciglia troppo grandi, decisamente troppo grandi, mentre lo sdegno tinge le sue gote pallide di un adorabile carminio – senza impegnarsi troppo, Alfred lo immagina reprimere un ben poco fine bloody hell. «Se ti aspettavi crocerossine carine» sbotta acidamente, stringendo i pugni, «Potevi restartene a casa».
America reprime una risata: è questo l'Arthur che conosce, con cui litiga da almeno due secoli, dal lontano 1773; quello dalle sopracciglia enormi e dalla parlata ruvida nonostante proclami di essere un gentleman, quello che conversa con gnomi, folletti e unicorni e cucina in maniera così orribile che – may God help him – Alfred non sa come farà a ingoiare tutto per compiacerlo, come quando era bambino. Finalmente America riconosce l'Arthur che gli piace e che è venuto a salvare, e sa che lo sta facendo con piacere poiché si tratta di Arthur, non solo perché non gli è mai dispiaciuto interpretare la parte dell'eroe.
D'istinto si getta contro di lui e lo abbraccia, mentre Inghilterra barcolla e sussulta, forse per la sorpresa, forse perché lo sta stringendo con troppa foga, ignorandone le ferite, e a questo pensiero Alfred allenta la presa, anche se solo un poco.
«A-Alfred» balbetta il britannico, intrappolato nella sua stretta, e nella sua voce la rabbia sfuma, lasciando percepire una distinta nota di imbarazzo, e America sorride.
«Portiamo ancora i segni di Victoria, mh?» lo statunitense si china in avanti e lo mormora contro il collo di Inghilterra, inspirandone l'odore di tè e zenzero. «You're still so bigoted, old man» ridacchia, punzecchiandolo, mentre Arthur freme contro di lui, e Alfred lo immagina più rosso che mai.
«A chi hai dato del vecchio, scusa?!» bercia l'inglese, prima che lui e le sue stesse proteste vengano soffocate nella giacca di pelle dell'altro.
«Uniremo le forze e avanzeremo insieme» proclama quindi, serio, e ad America le sue stesse parole ricordano quelle pronunciate dal boss di Inghilterra quasi due anni prima – e deve riconoscere che sì, quello era stato un gran bel discorso. «Per vincere aspettavi solo un eroe come me!» conclude, nuovamente entusiasta, mettendolo a tacere.
Gli schiocca infine un sonoro bacio sulle labbra, mentre Arthur torna a soffiare come un gatto arrabbiato e, nascondendo un sorriso, sibila qualcosa di scontroso che somiglia nemmeno troppo velatamente ad un damned, hot-headed Yank.









 
Angolino della Vì:
Perché Alfred un po' esaltato lo è ♥ Il 26.01.1942 è il giorno in cui le prime truppe statunitensi arrivarono in Irlanda e in Europa; in realtà Roosevelt meditava da tempo di entrare in guerra dato che l'Inghilterra era sola e ormai sfiancata dalla lotta contro il Nazismo: l'aiuto degli USA in favore della stessa era già iniziato con il Lend-Lease Act e la loro alleanza, seppur non militare, era stata sancita con la Carta atlantica, entrambi del '41.
Victoria è ovviamente la regina Vittoria, con riferimento al rigido codice morale che caratterizzò il suo regno; il 'gran bel discorso' è invece quello celebre di W. Churchill del 13 maggio 1940, con cui dichiarò guerra totale alla Germania.
Tanti ventilatori e biscotti al cioccolato per chi troverà la voglia di recensire :3

   
 
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