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Autore: Roxar    27/08/2016    3 recensioni
Basta un mantello che pare intessuto d'acqua ad unirli.
E ne basta uno che in realtà un mantello non è per dividerli per sempre.
[Remus/Sirius | Angst]
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: Remus/Sirius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica, II guerra magica/Libri 5-7
- Questa storia fa parte della serie '27/8'
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Tre volte in cui Remus vede scom

Crew&Ship: Remus Lupin, Sirius Black | Remus/Sirius
Warnings: Romance, Angst
Note: questo è un regalo di compleanno. Il che, a giudicare dagli avvertimenti, sembra una scelta tutto fuorché saggia. Lo so, ne sono totalmente consapevole. La persona a cui è indirizzata sa che ci ho provato, e riprovato, e riprovato, ma alla fine è stata questa roba a trovare me. Quindi, alla luce di questo, tale persona sarà moralmente obbligata a perdonarmi (che poi, lo so che questo genere è anche il tuo punto debole, carina, non me la dai mica a bere!) e - ma questo è assai discutibile - a farsi piacere lo stesso quanto segue. ♥ Voialtri, invece, siete liberi anche di insultarmi. :3

 

 

____

 

Auguri, Love.
AmoTi.

 

 

 

 

 

«I will always hold you close,
But I will learn to let you go.»
Sleeping At Last, Light

 

 

 

 

 

1971

 

« È una pessima idea! Andiamocene! »

« Shhh! Sta' zitto! »

Il suono secco di una manata sui capelli, quello trattenuto di un gemito di rabbia e dolore e quello ancora dei passi del guardiano che picchiano velocemente il pavimento, figli di piedi e gambe di un uomo che non desidera altro che stanare i due ladruncoli che hanno appena rubato dal suo ufficio, in piena notte, violando il coprifuoco e ogni benedetta regola della scuola: a questo si è ridotto il mondo del piccolo Remus Lupin. Tremante di paura e rimorso – perché mai, poi, si è sentito in dovere di aiutare quel delinquente di Sirius Black, che, oltre ad essere matto come un cavallo, non apprezza neanche lo sforzo? – si stringe al suo amico, che lo spinge via con un verso mezzo impaziente e mezzo disgustato – non sta bene che due maschi siano così vicini. Cade su un fianco e il Mantello, che li cela alla vista ma non all'udito, è troppo sottile per coprire il suono della mano che si tende e schiaffeggia il marmo per parare la caduta. I passi si arrestano di colpo; c'è lo slittamento di una mezza scivolata, un secondo di silenzio e, alla fine, il guardiano che punta come un segugio verso di loro. Lo osservano con gli occhi spalancati e la bocca aperta in un muto urlo di orrore e, di punto in bianco, Sirius si tira Remus addosso; lo tiene stretto stretto, come un bambino con il suo gioco favorito, e Remus, miracolosamente, non ha più paura.

Ha appena imparato che, nel cerchio delle braccia di Sirius, non c'è nulla che possa penetrare, non la paura, non il mostro. Le cose brutte, nel cerchio delle braccia di Sirius, sembrano molto lontane.

Lo impara adesso e lo ricorda per tutta la vita.

E poi, poi le mani di Sirius si allontanano, proprio come il guardiano, che continua a cacciarli, fiutando letteralmente l'aria come per cogliere il loro odore. Remus soffoca una protesta e prova vergogna. Non sta bene mostrarsi così bisognosi. Non sta bene essere così bisognosi.

E questo ancora non lo ha imparato; non sa che avrà sempre bisogno di Sirius e che, un giorno, questo starà molto bene.

Lui starà molto bene.

 

1975

Non è che non abbia tutte le ragioni del mondo per nascondersi da lui – le ha e Remus lo trova cosmicamente doveroso. È contento che Sirius Black provi  vergogna per quello che ha fatto, perché è stato stupido e, forse per la prima vera volta, ha offeso quel cervello brillante che Remus invidia e ammira in egual misura. Perché se Sirius Black prova vergogna, allora vuol dire che sta iniziando a crescere veramente. A fare la muta, da ragazzino a uomo. La differenza, pensa Remus, sta tutta nel rimorso che provi il mattino dopo, appena sveglio.

Dunque, è contento.

Solo, vorrebbe essere capace di stanarlo, parlarci, rimproverarlo duramente per averlo usato e magari, sì, magari baciarlo appena per dirgli che, alla fine, l'ha perdonato, perché non esiste un mondo in cui Remus non sia capace di perdonare Sirius. Non esiste un peccato che glielo porterà via; la sua indulgenza è più forte di tutto il resto. Glielo direbbe pure, se solo non fosse sparito sotto il Mantello di James, smettendo a conti fatti di esistere.

È rimasto solo un posto dove controllare e, risentendo degli strascichi del recente plenilunio, Remus si arrampica nel passaggio segreto celato dallo specchio, accendendo la bacchetta quando, chiudendo l'imbocco, l'oscurità preme solida da ogni lato. Nonostante il bagliore sia bianco e debole, rimbalza sul muro e illumina l'ambiente quasi a giorno. Abbastanza, comunque, da tracciare il profilo scintillante di una punta di scarpa che sporge dal nulla – letteralmente.

Il sospiro che lascia andare suona come una tempesta, ripetuto dai molti echi che rimbalzano sui muri.

Tiene la bacchetta accesa finché, tastando il terreno polveroso, non indovina sotto i polpastrelli la consistenza lieve e vagamente acquosa del Mantello. Allora si fa nuovamente buio fitto e davanti ai suoi occhi restano a galleggiare decine di punti di luci che formano costellazioni singolari, che tremano e si modificano. Batte un po' le palpebre e, infine, striscia sotto il tessuto, fermandosi solo quando sotto la mano sente il profilo di un ginocchio. Segue la forma di quel corpo che ossessiona i suoi sogni da almeno due anni, ma, si rende conto, è la prima volta che lo fa. La prima volta che lo tocca. La prima volta che Sirius glielo permette. Dovrebbe tirarsi indietro quando travalica il confine della spalla e sfocia sul collo – che è liscio e morbido come quello dei suoi migliori sogni – e dovrebbe davvero darci un taglio quando disegna la curva della sua mandibola e, alla fine, quella morbida dello zigomo. Ma Sirius non si scosta e Remus si chiede se può osare.

Se può saltare tutta la parte dei rimproveri e delle recriminazioni e finire direttamente sulla sua bocca.

Sirius, di punto in bianco e spaventandolo, gli stringe il polso e tira forte.

Sì, può.

 

1980

Il cuore sta per scoppiargli.

Perché, anche se non conosce le dinamiche della medicina, non è sicuro che un cuore possa battere in quel modo, gonfiarsi in quel modo senza esplodere come un palloncino troppo carico. È proprio come se avesse corso per chilometri avendo il diavolo alle calcagna, e invece non si è mosso, non si è assolutamente mosso. È rimasto accucciato nel cespuglio, è rimasto ad aspettare.

Anche quando le ginocchia hanno iniziato a pungere, anche quando non le ha sentite più, anche quando le punte delle dita si sono fatte blu, anche quando il panico ha iniziato a zampillare, anche quando ha distrutto la barricata, anche quando il cuore ha iniziato a vibrare, senza più distinguere lo stacco tra un battito e l'altro, Remus è rimasto perfettamente immobile, aspettando il suo ritorno. Perché Sirius deve tornare e deve farlo sulle sue gambe. Non ci saranno finali alternativi, non ci saranno altre vie, altre dinamiche, altre storie.

Ma è passato troppo tempo, sussurra una voce dietro il suo orecchio. L'appuntamento era un'ora fa. Non pensi che dovresti tornare indietro e chiamare aiuto?

No.

Non lo pensa. Non se ne andrà. Aspetterà per tutto il tempo necessario e non fiaterà una protesta che sia una. Ha promesso di aspettarlo in quel punto esatto e l'aspetterà in quel punto esatto, né più né meno.

Qualcosa si muove tra le ombre; una tenebra meno fitta, quasi liquida. L'immagine spettrale di una mano che compare dal nulla e, galleggiando a mezz'aria, fa per sollevare un tessuto che Remus non può vedere. Sotto la coltre invisibile, il viso di Sirius si intravede a malapena e la poca luce che filtra dalla cortina di nuvole scure illumina appena tutti i graffi e il sangue che gli segnano la pelle. Ma ciononostante, è vivo e il suo sorriso quasi brilla. Gli fa cenno di raggiungerlo e non se lo fa ripetere un'altra volta. Le gambe fanno malissimo, le ginocchia si piegano un paio di volte e restare in piedi richiede sforzi mai compiuti prima, ma poi Sirius è già lì a sorreggerlo, a lasciare andare il Mantello dell'Invisibilità intorno a loro. Remus se lo sente scivolare addosso come acqua, ma quasi non ci fa caso quando, con tutta la calma ritrovata del mondo, tiene le mani ai lati del suo collo e si solleva un po' sulle punte per baciargli la bocca, una volta e una volta sola.

« Ti sono mancato? »

« Neanche un po' ».

E non è vero, neanche un po', ma, in qualche modo, stanno già ridendo.

 

1995


L'ultima volta che ti vedo sparire sotto un mantello è anche la prima in cui non mi è permesso seguirti.

Per un attimo l'idea mi solletica e mi domando se avrò il coraggio di osare; l'attimo dopo capisco e mi rispondo che, se ti seguissi adesso, non me lo perdoneresti mai. Perché il tuo ultimo sguardo è per Harry, per James, per tutto quello che hai avuto, per tutto quello che hai perso.

Ma il tuo ultimo sguardo è anche un po' per me. Dura un battito di cuore – forse l'ultimo, forse il tuo – e mi stai abbaiando di restare al mio posto. Di lasciarti andare.

Per un secondo sei immobile, mi sembri così leggero; quello dopo le pieghe di quel mantello nero ti stanno già avviluppando come le braccia di un amante. Ti stanno già portando via.

Per la seconda volta nella nostra vita, prendi un'altra strada e vai avanti senza di me. Mi lasci indietro, a raccogliere i pezzi di questo mondo che inizia a collassare e io, Sirius, te lo giuro, non so più che chi va, e chi resta*.
 

 

 

«I will rearrange the stars,
Pull ‘em down to where you are.»

 

 

 

 

*tratto dalla meravigliosa, straziante poesia La casa dei doganieri, di Eugenio Montale. Qui, se non la conoscete e volete rimediare.

   
 
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