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Autore: Piuma_di_cigno    27/08/2016    4 recensioni
Se potessimo sapere l'esatta data in cui un evento sconvolgerà la nostra vita per sempre, cosa faremmo nell'attesa? Quando Tessa si ritrova in questa situazione, risponde alla domanda in modo molto semplice: lei se ne starebbe a letto per giorni e giorni e sbatterebbe il mondo fuori dalla porta. Questo finché la sua amica Lia non piomba nella sua stanza la mattina presto e la trascina su un treno per una vacanza di una settimana che le cambierà la vita.
Una sola settimana e Tessa si ritrova a provare tutte le follie dell'universo: da tuffi notturni, a scorpacciate di marshmallow fino all'amore ...
Genere: Commedia, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1 - Invasione

Me ne stavo beatamente rannicchiata sotto le coperte da giorni. Con i genitori fingevo di stare poco bene, avevo smesso di rispondere alle chiamate di Lia e avevo chiuso il mondo fuori dalla porta. Così, stavo lì, nella speranza di non dover affrontare quel giorno.

Ero stanca. Sapevo che stavo perdendo quegli ultimi preziosi giorni, i giorni in cui la mia vita era ancora normale, ma non ce la facevo. Non volevo pensare a come mancasse ancora una settimana prima che la mia vita venisse sconvolta per sempre, non volevo pensarci eppure ci pensavo notte e giorno e non potevo farne a meno. Volevo dormire… Mi rigiravo nel letto alle sei del mattino, con il sole che faceva appena capolino tra le tende. Sarebbe stata una bella giornata estiva.

Pensai tra me e me a come l'estate mi fosse letteralmente scivolata addosso: avevo pensato che mi sarei divertita, che mi sarei rilassata, che avrei fatto tutto quello che non avevo fatto per colpa della scuola… E invece eccomi lì, con appena venti giorni di vacanza e una settimana di sanità mentale, che peraltro stavo sprecando allegramente.

Ma ero stanca. Stanca, stanca, stanca. Mi sentivo così da giorni ormai e non sapevo cosa farci. Non avevo fame e volevo dormire, anche se non dormivo. Pensavo e passavo ore nel dormiveglia. Non avevo voglia di fare niente.

Mi girai su un fianco e seppellii la testa sotto le coperte, raggomitolandomi su me stessa come un ghiro in letargo e chiusi gli occhi. Pensai a tutti i libri che avevo letto e cercai uno che mi piacesse e tentai di immaginarmi nei panni della protagonista… Era questo che stavo facendo quando suonò il campanello. Cacciai la testa sotto il cuscino, infastidita, e richiusi gli occhi. Ma non avevano altro da fare alle sei del mattino!?

Sentii delle voci concitate al piano di sotto e qualcuno che saliva a passi pesanti le scale.

Dalla voce era… Lia?

La porta si aprì di colpo -la sua solita delicatezza- e lei entrò come un tornado con mia madre al seguito.

“Ma aspetta...”

“No, guarda, lascia fare a me. Davvero, lasciala a me questi tre giorni, va bene?”

“Va bene va bene.” la voce di mia mamma era sorpresa, ma sembrava che volesse lasciarla fare. O mio Dio, perché non mi ero nascosta nell'armadio? Chissà cos'aveva in mente ora, lei e le sue trovate. Io volevo dormire…

“Tessa!” Lia entrò a grandi falcate nella stanza, aprì le tende e io mi sentii come un vampiro colpito dalla luce del sole. Ma dai, che diavolo…? In pochi capivano quando la gente voleva essere lasciata in pace, e lei non era una di quelle persone.

“Dai, alzati!”

Mugugnai qualcosa di incomprensibile e schiacciai la faccia tra cuscino e materasso.

“Su su!” mi tolse barbaramente il copriletto di dosso e cominciò a strattonare anche il cuscino. “E andiamo, Tessa! Dai, abbiamo un sacco di cose da fare! Muoviti!” E mi strappò il cuscino dalle mani. Senza coperte, con i pantaloncini grigi e una canottiera nera, i capelli scarmigliati, aprii gli occhi e mi misi a sedere, irritata ed infastidita.

“Va bene. Qual è il tuo problema?”

“Non ti lascerò andare in letargo!” detta così, suonava davvero plateale. Lia era in piedi davanti a me con gli occhi spalancati e i capelli legati in una coda, truccata con fondotinta, mascara e lucidalabbra a volontà e con addosso una tutina rossa a fantasia. Mai mi sarei sognata di mettere una cosa del genere.

“Preparati.”

“Come no.”

“No, Tessa sul serio. Fai le valigie, partiamo.”

Mi ci volle un po' per metabolizzare la notizia che il mio cervello rifiutò prontamente e in quei secondi il mio corpo si irrigidì dalla testa ai piedi. Partire. Avevamo diciassette anni, dove cavolo voleva che andassimo? Che cos'aveva in mente?

“Sì, Lia, per favore io...”
“No no no, giù dal letto. Ora.” cacciai un sonoro sbuffo e scesi dal letto.
“Ecco fatto.” ero in piedi davanti a lei, in tutto il mio evidente disfacimento, retto dai miei piedi nudi con lo smalto nero sulle unghie e coronato dai capelli che sembravano un nido di topi.

“Fantastico. Ora vestiti o ti porterò via in mutande.”

“Detto così sembra una vera perversione...”

“Tessa, vestiti.”

“Puoi almeno dirmi dove andiamo?”

“No. È una sorpresa. Muoviti.”

“Ma...”

“Vuoi davvero venire via in mutande?”

“Okay okay...”

Aprii l'armadio mentre Lia spariva in corridoio alla ricerca di qualcosa di cui non volevo onestamente sapere niente. Non capivo cosa avesse in mente e pensavo si trattasse semplicemente di uno scherzo, ma cominciai a sentirmi davvero inquieta quando la vidi tornare e sbattere una valigia blu sul mio letto sfatto. Quella era una delle mie valigie, la usavo per i viaggi di qualche giorno soltanto; ricordavo di essere andata anche in gita con la scuola con quella.

“Vediamo...” Iniziò a prendere vestiti dal mio armadio e a cacciarli alla rinfusa nella valigia.

“Perché-lo-stai-facendo?”

“Perché tu non lo vuoi fare. Hai intenzione di venire via senza spazzolino da denti per caso?”

“Ma… Ma via dove? Lia ma sei impazzita?”

“No no senti, ora tu vai a… Ma non sei ancora vestita!? Ora basta, metti quello che dico io.” Mi rifilò un vestito color sabbia. Ebbi un attimo di incertezza. Di solito mi vestivo di nero, ma tanto mancava solo una settimana e cosa contava se mi vestivo di un altro colore? Lo indossai.

“E ora, metti quello che ti serve nel beauty-case.”

Non mi ero ancora rassegnata -non mi piacevano le sorprese-, ma decisi che tanto valeva assecondarla e avrebbe smesso con quello scherzo delirante. Conoscevo Lia e non era così avventata da farmi partire per chissà dove su due piedi. Dai, dopotutto era una persona responsabile.

Andai in bagno e tirai fuori un astuccio di plastica a fiori che usavo in quelle situazioni e ci misi dentro spazzolino, dentifricio, shampoo, sapone per il corpo, crema, elastici e forcine a volontà. Raccolsi i capelli nella solita pettinatura e misi un po' di matita per gli occhi. Sistemai qualche imperfezione con il correttore e mi decisi a tornare in camera, dove Lia aveva quasi riempito la valigia di vestiti, tra cui tre neri, cinque paia di shorts, magliette di tutti i tipi, parei, costumi e un paio di ciabatte. Non era esattamente quello che io chiamavo ordine.

“Ecco, dammi anche quello.” prese il beauty-case e lo infilò nella valigia. “In un'altra borsa metti la carta d'identità, il cellulare, l'mp3 e portati via un libro se vuoi.”

Mio Dio, ma stava facendo proprio sul serio.

“Lia, sei impazzita? Per favore, smettila, è una stupidaggine. Dove diavolo vuoi portarmi? Avanti, non ha senso. Ascolta...”

“Sì sì, è una cosa irresponsabile, stupida eccetera eccetera e non sai neanche di cosa si tratta. Prendi il taccuino e la carta di credito che ti hanno regalato i tuoi e vai giù a salutarli.”

Chiuse la valigia con i vestiti alla rinfusa e a scapito di conseguenze ci ficcò dentro anche due libri che trovò in giro per la stanza. Vedendo che non reagivo, prese lei la mia borsa, dove sapeva che tenevo carta d'identità e taccuino, e ci inserì cellulare, pastiglie per mal di testa e mal di pancia, cerotti, gomme da masticare, mp3, chiavi, un coltellino svizzero, macchina fotografica e carta di credito.

“Al limite comprerai il resto, se ti servirà.” detto questo mi diede la borsa e si avviò giù dalle scale con la mia valigia al seguito. Me ne stavo come intontita, immobile in mezzo alla camera. O no che non l'avrei seguita.

“Tessa, muoviti o perderemo il treno!”

Treno!?! Ma scherzava!? Ma che problemi aveva quella mattina!? Io volevo solo dormire per quell'ultima settimana come un bravo ghiro domestico, perché tirarmi giù così dal letto? Dov'erano i miei? Decisi di scendere le scale per chiedere il loro aiuto, ma quando arrivai in taverna e cercai di spiegare il mio dramma, nessuno parve particolarmente impressionato; e perché avrebbero dovuto? Io e Lia andavamo sempre in giro, prima.

“Divertitevi.” si limitò a dire la mamma. Papà distolse a malapena lo sguardo dalla tv e il mio cane sbadigliò.

“Ma… Ma...” Ma? Lia mi ha fatto fare una valigia? Lia mi fa una sorpresa? Vuole rapirmi? Vuole obbligarmi a fare qualcosa di divertente? Ci rinunciai. In fondo, una settimana e la mia vita sarebbe comunque cambiata per sempre. Perché non fare qualcosa di stupido?

“Ciao allora.” baciai e abbracciai i miei genitori e feci una carezza al cane. Mi sembrava davvero una cosa idiota da fare, ed ero terribilmente irritata, ma avevo una settimana. Scrollai le spalle e uscii con Lia trascinandomi dietro la valigia e continuando a borbottare tra me e me riguardo agli idioti che disturbavano i ghiri.

Vivevo in un paese piuttosto piccolo, perciò la stazione dei treni non era lì, ma a due o tre chilometri di distanza; per questo, Lia mi fece camminare fino alla piazza -con la valigia- e mi fece prendere la corriera. Scendemmo meno di dieci minuti dopo e camminammo per un altro quarto d'ora verso la stazione, e io ero sempre più irritata; non soffrivo il caldo ma quella era una vera faticaccia e io non volevo fare tutta quella storia e stare a pensare a cosa mi aspettava e io detestavo le sorprese. Io volevo il mio letto, mi piaceva il mio letto. Cosa c'era di male a dormire quando si era stanchi? Ero stanca davvero spesso, ma non mi sembrava una cosa particolarmente tragica.

Arrivammo alla stazione e Lia entrò con passo deciso, sguainando due biglietti dalla tasca come fossero armi letali. Dunque l'aveva già pianificato. Li timbrò e mi fece salire sul treno, che era già arrivato. Avrei voluto vedere la destinazione, ma mi disse che se l'avessi fatto mi avrebbe trascinata in discoteca e, al culmine dell'irritazione, lasciai perdere.

Mi stravaccai sul sedile del treno e misi la valigia accanto a me.

“Allora? Posso sapere cos'hai?”

Lia alzò la testa dal cellulare e mi sorrise.

“Mi sembravi un po' giù di tono, così ho deciso di farti una sorpresa.”

“Una sorpresa.”

“Sì.”

“Non potevi semplicemente portarmi una scatola di cioccolatini?”

“No, non potevo. Mi sentivo ispirata.” la fissai esterrefatta, chiedendomi a cosa diavolo pensasse ogni tanto. Mi aveva appena trascinata su un treno da cui fui davvero tentata di scendere, ignara com'ero della destinazione, ma poi mi resi conto che poche cose potevano essere più tristi di casa e allora lasciai che il treno partisse senza dire una parola.

“A proposito, tu non sai cos'è successo ieri sera!” Alzai lo sguardo. Non avevo molta voglia di stare ad ascoltare, ma dopo un po' mi resi conto di essere interessata; Lia aveva avuto l'ennesima discussione con suo zio e mi raccontava di come fosse stupido e di come lei l'avesse insultato e lui le avesse dato della ragazzina e le avesse detto che non doveva rispondere in quel modo a un adulto. Era uno scemo convinto che sua nipote fosse la ragazza migliore dell'universo, anche se io e Lia sapevamo che era solo una ragazzina viziata che non voleva studiare e cambiava ragazzo una volta a settimana. Di recente si era decolorata i capelli e li aveva fatti biondi, ma si erano rovinati un sacco e ora erano come stoppa.

Alla fine, partecipai alla conversazione e le raccontai di come il giorno prima il cane si fosse mangiato la nostra pizza e di come avessimo perso una compagna di classe, che si era trasferita in quel periodo in un'altra scuola. Arrivammo anche a parlare del Canada, dove sarebbe andata presto in vacanza e mi ripeté -come faceva da mesi- che non vedeva l'ora di partire.

Cercai di estorcerle la nostra destinazione o quanto ci saremmo rimaste, ma non ci riuscii e, anche se irritata dalla cosa, mi rassegnai a lasciar perdere. Il paesaggio ci scorreva accanto; prima edifici, poi campagna e infine il mare. Era cristallino, brillava alla luce del sole, e si estendeva a perdita d'occhio. Sentii il mio cuore scaldarsi come non mi succedeva da giorni a quella vista: era meraviglioso. Io amavo il mare, era il posto che adoravo di più al mondo. Il profumo dell'aria, il verso dei gabbiani, il rumore delle onde erano cose che non potevo dimenticare e che non potevo non amare. Aspettavo ogni anno tutto l'anno, giorno dopo giorno, le mie vacanze al mare, le due settimane in cui vivevo più che in tutte le altre.

In quel momento sentii il treno rallentare e vidi che Lia si allungava per prendere la sua valigia.

“Siamo arrivate.”

La nostra destinazione era il mare.

Spazio autrice: ciao a tutti! Quello che avete appena letto era il primo capitolo della mia storia; ho immaginato per tanto tempo di metterla per iscritto e finalmente eccola qui :) Spiego subito che il fatto per cui la protagonista ha ancora una settimana prima che la sua vita cambi radicalmente verrà spiegato più avanti. Non l'ho fatto all'inizio perché intendo prima sviluppare meglio la trama ;) La storia, perlomeno per quanto riesco a prevedere fino ad adesso, non sarà troppo lunga e si articolerà intorno alle esperienze che possono vivere due diciassettenni in vacanza per la prima volta senza genitori e su quanto una sola settimana possa cambiare le cose ... :) Ma non voglio anticipare oltre.
Spero che siate numerosi nella lettura!
Baci,
Piuma_di_cigno.

   
 
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