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Autore: Eneri_Mess    27/08/2016    3 recensioni
« Lui è Iwaizumi Hajime, nato nell’ultimo anno della Contrada di Kitagawa Daiichi. Hajime-kun, lui è Oikawa Tooru, ex allievo dell’Accademia e del Primo Maestro. Anche lui viene dalla tua stessa contrada »
Londinium, fine '800. È un periodo di cambiamenti significativi, di scoperte e conquiste. Il Regno non può permettersi di rimanere privo della guida del Primo Maestro, ruolo di spicco in ambito magico. Determinato a ottenere la carica, Oikawa, il Mago più brillante della sua generazione, fa ritorno dopo essere sparito per tre anni.
Ma le cose non andranno come previsto, non quando cerchi in tutti i modi di sfuggire all'inevitabile.
Genere: Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hajime Iwaizumi, Tooru Oikawa, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Spoiler!
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A Spiga Rose,
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Parte Prima
 
- Il Ritorno Del Mago -
 
 
 
 
 
 
 
 
La città era di un unico colore. Grigia.
Perfino il rumore lo sembrava. Gli zoccoli dei cavalli e lo sferragliare delle ruote, i rintocchi degli orologi, il verso cupo dei gufi. Le tende delle case erano tirate, le porte serrate e i marciapiedi deserti. Il tempo plumbeo, compatto e immobile.
Zuppe dal recente temporale, le bandiere esposte sulle palazzine rumoreggiavano al vento come ali di cuoio, anch’esse di un gradiente tra la cenere e il fumo di una pira funebre.
Il nero era stato sbiadito dopo tre giorni di lutto nazionale. Per i successivi, finché il seggio della nomina più alta dell’Accademia fosse rimasto vacante, sarebbero rimaste così, incolori, a esprimere un cordoglio unanime.
Oikawa sbuffò, il mento appoggiato al dorso della mano, lo sguardo fisso fuori dalla finestrella della carrozza a osservare il vile panico di Londinium. C’era più magia nell’umore spaurito e piagnucolante degli abitanti della città che nelle mani dell’intera Accademia.
Senza un Primo Maestro al fianco del Re come simbolo di autorità, prestigio e lungimiranza, i Comuni si sentivano smarriti; di conseguenza l’intero Regno appariva vulnerabile.
Nonostante i secoli bui fossero finiti e le guerre si combattessero più a tavolino e a parole, il terrore persisteva invariato senza una figura a rappresentanza della forza magica del paese.
Chiacchiere, erano solo chiacchiere, pensò Oikawa quando l’imponente palazzo dell’Accademia si profilò nella sua magnificenza in fondo al viale di alberi resi scheletrici in parte dal clima autunnale in parte vittime anch’essi dell’aria tesa.
Un solo sguardo non bastava per abbracciarla tutta. A differenza della tetraggine della città, le mura conservavano il loro colore caldo ricordando l’aurora. Le luci dei lampioni erano accese e sfavillanti a rischiarare la strada fino all’ingresso, le siepi ancora verdi e gli incantesimi a difesa aleggiavano come polvere luminescente a chi aveva l’occhio allenato per notarli.
In ultimo, i Guardiani dell’Accademia osservarono l’arrivo della carrozza mimetizzati perfettamente nello stormo di corvi volteggiante nel cielo. Due di essi planarono di fronte al cancello, per nulla intimoriti dall’avvicinarsi in corsa degli zoccoli dei cavalli.
La trasfigurazione fu stupefacente. Piume e fasci di magia color notte vorticarono eleganti verso l’alto in secondi troppo brevi per carpirne la bellezza. Il primo vortice a sparire rivelò una figura in sé non troppo alta rispetto alla seconda, con una pettinatura degna di un incantesimo esplosogli in faccia ma con uno sguardo determinato sufficiente ad arrestare bruscamente il passo dei corsieri. Il nitrito acuto infastidì la seconda figura, indolente e allampanata, con corti capelli biondi e occhiali che sottolinearono la noia per l’intrusione.
Entrambi vestivano un’alta uniforme nera, ricamata in filo color ossidiana e bordure arancioni.
« ALTOLÀ! » urlò plateale il primo, un ghigno per la propria uscita che nulla c'entrava. Poco più dietro il secondo lasciò andare le spalle con rassegnazione.
« Sono già fermi, Noya-san »
« Bisogna sempre farsi sentire bene, Tsukishima! » lo rimproverò brioso Yuu, mani ai fianchi e gambe ben piantate a sottolineare che da lì non sarebbe passato nessuno senza il suo permesso. « Potrebbero interpretare un silenzio per un consenso a sfondare il cancello! »
L’ottica dell’ipotesi era tanto insensata che Kei evitò di rispondere al superiore in grado solo per non spingere ulteriormente la questione su lidi surreali. Discernere tra insegnamenti concreti e illogicità tali da fargli dubitare delle proprie scelte di arruolamento erano il bivio costante a cui si trovava dal giorno della promozione. Sebbene il suo compito quale cadetto fosse starsene zitto a osservare i veterani, l’idea che Tanaka e Nishinoya fossero troppo esuberanti nel loro operato non lo abbandonava.
Una risata leziosa interruppe la lezione, attirando l’attenzione.
Senza scomodarsi a scendere, Oikawa tolse l’incantesimo oscurante e fece sparire momentaneamente il vetro della carrozza, sporgendosi abbastanza da farsi notare.
« Non è mia intenzione entrare con la forza, men che meno sfidando i Guardiani del Clan Karasuno. Ci tengo ai vestiti » interloquì il Mago, passando lo sguardo dall’uno all’altro, prima di soffermarsi curioso su Tsukishima abbastanza da indispettirlo. « Non sei un po’ giovane per essere già un Corvo, Megane-kun? »
Nonostante il tono sinceramente interessato e morbido, Kei sentì un brivido lungo la schiena e non prese bene il nomignolo. Qualcosa della sua nuova natura, l’istinto del rapace, diedero alla sua voce una sfumatura arrogante.
« Ho quindici anni, signore »
« Notevole! » cinguettò Oikawa sempre con aria affettata. « Il tuo superiore deve essere Nishinoya della Contrada di Chidoriyama, dico bene? Sugawara mi aveva parlato di te »
Yuu non si fece incantare anche quando fu tirato in mezzo il nome di un loro compagno; con la testa annuì entusiasta e la sua parlantina rimase conviviale, ma il suo sguardo era ancora vigile e invalicabile.
« E lei signor mago? Chi è e perché si presenta all’Accademia oggi? »
« Fino alla scelta del nuovo Primo Maestro le udienze sono sospese senza un invito formale siglato dal Camerlengo o da un membro del Collegio » aggiunse Tsukishima, ripetendo una clausola imparata a memoria con un pizzico di perfidia ben dissimulata.
Il sorriso sulle labbra di Oikawa si ampliò sottilmente, diabolico nella curva degli angoli. Gli occhi proclamarono la sua superiorità in una battaglia cominciata e finita ancor prima dei tamburi d’inizio.
« Allora non vedo dove sia il problema a farmi passare » celiò divertito. Roteò il dito indice in aria e una pergamena apparve davanti a Nishinoya, presa al volo. Senza attendere la lettura, il Mago riprese a parlare per presentarsi. « Sono Oikawa Tooru della ex Contrada di Kitagawa Daiichi, allievo del precedente Primo Maestro. Sono qui come candidato al titolo »
La sicurezza di Nishinoya si incrinò nella ruga verticale della fronte mentre scorreva le righe che certificavano le parole appena udite. Il fastidio di Kei fu ancora più palese e sopra le loro teste alcuni dei corvi iniziarono a volare in cerchi più stretti, chiaramente attenti alla scena.
« Suga-san non ha menzionato il suo arrivo » finì Nishinoya, meno affabile.
« Perché non l’ho avvertito. È stata una decisione veloce quasi quanto la triste dipartita del Maestro Irihata » spiegò paziente Oikawa. Le dita stavano scaricando la fretta tamburellando sul ginocchio, nascoste alla vista dal portello della carrozza, quando le alzò in un gesto sollecito. « Avanti Megane-kun, rendi onore alle Ali Corvine e vai ad annunciare che la soluzione ai vostri problemi è qui. Avvisa Koushi o chi ti pare del Collegio. Sfido quelle mummie a essersi dimenticate del più brillante dei loro apprendisti »
« Non prendo ordini da un- »
« Tsukishima » lo interruppe Yuu, levando un braccio a monito per quello che si stava per lasciar sfuggire. Tornò a fissare negli occhi l’ospite inatteso, cercando vanamente di leggerci attraverso. Non si scusò per i modi bruschi del cadetto, non quando era inutile dilungare oltre la discussione. « Se Sugawara-san darà il suo assenso potrà entrare in Accademia. In caso contrario, le Guardie la scorteranno oltre il confine della nostra contrada e le sarà vietato mettervi piede senza un regolare invito. La prego di pazientare »
Finì la frase e diede un ordine silenzioso a Kei.
La stessa magia ad averlo reso umano lo ritrasformò in un corvo. Volò verso il centro del palazzo, per poi deviare elegantemente in direzione dell’Ala Nord ed entrare passando attraverso l’illusione di una finestra chiusa.
Qualche minuto più tardi, i cancelli dell’Accademia scivolarono sui cardini e permisero l’ingresso della carrozza.  
 
 
 
Fuori, l’Accademia sembrava risplendere contro il cielo e l’umore grigio di Londinium; tuttavia, per i corridoi e le stanze che Oikawa attraversò senza un briciolo di nostalgia, l’atmosfera era ovattata, un crepuscolo senza tempo tra i bagliori delle candele quasi immobili e un palpabile senso di preoccupazione ben dissimulato.
Anche se il Camerlengo aveva dato l’approvazione a farlo entrare in Accademia, le Ali Corvine non erano state altrettanto accomodanti. Di fronte al Capitano, Nishinoya si era offerto di scortarlo, dando l’idea fosse più un prigioniero che un mago in visita. Tuttavia Sawamura, sempre attento e di poche parole misurate, aveva tacitato i suoi uomini e aveva aperto la strada personalmente verso lo studio del Camerlengo. Certe abitudini erano dure a morire.
Composto a spalle dritte e non incline a farsi fregare da battutine e accenni maliziosi, Daichi camminava di fronte al loro ospite con la fierezza di un uomo che conosce e adempie con orgoglio alla propria carica. Qualità invidiabile quanto noiosa per un tipo come Oikawa, che si stava mostrando paziente mentre avrebbe voluto schioccare le dita e trovarsi già seduto in poltrona.
« Megane-kun è un novellino intrigante »
Sawamura annuì da sopra la spalla con un sorriso cortese.
« È intelligente e arrogante » proseguì Oikawa non curante, passando lo sguardo sullo stesso mobilio rimasto inalterato nel tempo. « Uno spreco per il solo ruolo di Guardia… senza offesa »
Una punzecchiatura che rimbalzò amabilmente contro il disinteresse del Capitano.
« Il Maestro Takeda ha insistito e ottenuto il benestare del Collegio per impartire lezioni di magia ai nostri nuovi cadetti »
« Wow… le cose sono cambiate qui. Un tempo il Maestro Ukai non avrebbe lasciato tempo ai pulcini della Guardia per svagarsi nello studio »
« Uhm… il Maestro Ukai ora si occupa solo del Collegio »
La prima notizia interessante udita fino a quel momento.
« Eeeh… Chi è subentrato? Tu, Capitano? »
« No no » negò lusingato. « Il nipote del Maestro »
Tooru inarcò un sopracciglio, esprimendo uno stupore che svanì presto assorbito dal nuovo silenzio. La sua lettera di presentazione e il consenso a entrare in Accademia non sembravano sufficienti a convincere i Corvi ad abbassare la guardia. La sua fama ambigua doveva ancora essere nota più della sua presenza fisica.
Non gli importava in fin dei conti. Non era lì per spendersi in chiacchiere e fare comunella.
« Siamo arrivati » annunciò Daichi. Bussò alla porta nera a doppio battente, decorata con incisioni di rami e corvi; i loro occhi scintillarono per un istante mentre i loro becchi scattarono e nello stesso momento la porta si aprì.
Sawamura lo invitò a precederlo, palesando l’intenzione di rimanere quando richiuse l’uscio dietro di sé. Oikawa ricambiò tutta quella perizia nel tenerlo sott’occhio con un sorrisetto esasperato che non incontrò pieghe nella compostezza del Capitano.
« Tooru »
Finalmente l’ospite ricevette un tono meno guardingo e più affettuoso, sebbene Sugawara lo fissasse con la sorpresa di chi non crede ai propri occhi.
« È passato un po’ di tempo, Suga-chan. Ops, ora il titolo è Camerlengo, dico bene? » replicò lasciandosi sfuggire un po’ di dolcezza per quel volto amico. Dissimulò in fretta. Allargò le braccia senza che la lunga giacca poggiata sulle spalle scivolasse via, e piroettò teatralmente per indicare l’immenso studio dove si trovavano; gli alloggi ufficiali del braccio destro del Primo Maestro. « Ne hai fatta di strada »
« Anche tu » replicò Koushi e non c’era malizia, ma una curiosità in cerca di spiegazioni. Spiegazioni che Oikawa non aveva messo in conto di fornire, così cambiò discorso.
« Irihata-san ha sofferto? »
Alle loro spalle, come una delle tante ombre di uno dei mobili d’arredo, Daichi chinò il capo in segno di rispetto.
« No. La malattia è stata imprevista e fulminante » spiegò Koushi invitandolo a sedere su una delle poltrone. Sul tavolino tra loro era già stato preparato il tè e un’alzatina con tartine dolci e tramezzini.
Oikawa si concesse un sospiro per mitigare un po’ la tensione. Conosceva Sugawara, il suo sguardo vigile e la sua dote empatica, per cui si assicurò di occludere la mente per non mostrargli più di quanto necessario.
Si guardarono in silenzio mentre la teiera zampettava sul tavolo riempiendo le tazze e i cucchiaini vibravano impazienti. I tintinnii colmarono il vuoto di anni che nessuno dei due aveva intenzione di intavolare come discorso. La lettera di presentazione di Oikawa giaceva aperta su un lato del tavolo e Sugawara iniziò da lì.
« Sei stato ovunque » abbozzò ammirato, chinato in avanti con gli avambracci poggiati sulle ginocchia e le dita intrecciate, famigliare nei lineamenti, invece di Oikawa che, assiso comodamente in poltrona alla stregua di un regnante, continuò a passare uno sguardo fintamente interessato sul sontuoso arredamento. « Ogni tanto è giunta qualche notizia sui tuoi successi. Il Maestro Irihata era molto fiero ma anche malinconico. Sei stato il suo miglior allievo »
« E il meno adempiente, al contrario delle aspettative » rincarò serafico l’ospite, assaggiando un tramezzino per impedire alla bocca di farsi sfuggire altro. Servì a poco. « Non ero poi tanto geniale come tutti credevano, ma indubbiamente brillante »
« … e umile come sempre » ridacchiò il Camerlengo, rigirando il cucchiaino nella tazza ma senza portarsela alle labbra.
« Vogliamo intraprendere discorsi sull’effettiva utilità dell’umiltà nella vita? »
« No, soprattutto non con te… comunque, Tobio sta bene »
Oikawa si fermò dal dare l’ultimo morso al sandwich. Il suo sguardo divenne cauto e colpevole. Il tempo di accorgersene, di realizzare la trappola di Sugawara, e rimise su la maschera.
« L’Accademia lo ha accettato? » buttò lì la prima cosa che gli venne in mente.  
Koushi annuì con un sorriso indulgente.
« Taciturno ma promettente, ci ricorda molto te »
« Ci? » ripeté il Mago senza capire. Trasecolò un istante più tardi. « No! Non ci credo! È entrato nel Clan Karasuno? »
« Sì. Ha padroneggiato la metamorfosi quasi da subito, lasciando tutti impressionati. Gli allenamenti delle Ali Corvine gli piacciono, nonostante abbia ancora qualche problema a fare gruppo. In più il Maestro Takeda lo segue nello studio » raccontò con l’orgoglio di chi loda un figlio.
« Tzé » sfuggì a Tooru, che ripensò a tre anni prima e a quel suo unico apprendista. « Le cose sono davvero cambiate qui. Prima alle Ali Corvine non era consentito l’accesso alle lezioni. Per il vecchio Ukai non era motivo di distrazione? »
« Lo è ancora » ridacchiò Koushi. « Ma il Maestro Takeda sa essere convincente. Dall’anno scorso alla guida della Guardia è subentrato il nipote del Maestro Ukai; avallare nuove proposte è stato più facile – lo disse quasi si stesse scusando, grattandosi a lato del viso – e i nostri attuali cadetti hanno accesso alle lezioni di magia base per ora. A pensarci, è a vantaggio della difesa »
« Mpfh… un po’ come il Clan Dateko »
« Esattamente. Anche se Kageyama potrà aspirare a molto di più. Le basi che gli hai fornito sono stupefacenti. Lui e un altro novellino stanno suscitando una certa competizione tra gli altri allievi e tutti si impegnano per dare il meglio » concluse Koushi con gli occhi luminosi.
« È un peccato che questi prodigi non siano che semplici e giovani apprendisti »
Oikawa aveva centrato il punto senza girarci più intorno, riportando l’apparente chiacchierata di bentornato ai propri interessi.
Sugawara fu abile a nascondere la crepa da frecciatina nella sua cordialità, ma lo sguardo piantatosi in quello di Oikawa era di un corvo a protezione del nido.
« Ci è sempre voluto un po’ di tempo per scegliere il Primo Maestro… » replicò, ma le sue dita tradirono la tensione.
« Quanto? Due anni? Così che quella statua animata di Ushiwaka-chan raggiunga l’età minima per la carica? » celiò il Mago con la sua perenne ilarità, per poi divenire di colpo serio e ricambiare lo sguardo con le iridi cioccolato incupite. Daichi ebbe un moto riflesso, avvertendo il clima improvvisamente rigido tra i due, ma rimase al proprio posto. « Non prendiamoci in giro Koushi. Non è mia intenzione mancare di rispetto al ricordo di Irihata-san, ma la sua prematura dipartita non gioca a favore dell’Accademia, non in questi tempi burrascosi. La nuova generazione è ancora acerba per prendersi sulle spalle una responsabilità tale e sappiamo tutti cosa comporta. È politica, prima di essere magia. Quell’aquila impagliata di Ushijima può essere il vanto del Clan Shiratorizawa, ma lo piazzeresti sul serio in Parlamento come nostro rappresentante? Ci ritroveremo la Guardia Reale ai cancelli nel giro di una settimana per qualche constatazione vera ma sgradevole sfuggitagli di bocca »
Sugawara aveva distolto il viso, restio a dare ragione al vecchio amico. Oikawa non si risparmiò e proseguì, chinandosi in avanti nel modulare l’intonazione e renderla penetrante alla stregua di uno stiletto da far scivolare tra una costola e l’altra.
« Tobio-chan ha un potenziale strabiliante, ve ne sarete accorti tutti. Quel moccioso è un genio, mi costa ammetterlo. Gli bastava fissarmi per imparare… ma avete visto tutti, tre anni fa, la nostra Incompatibilità. Sono certo che non sia riuscito a dominarla ancora e ciò si somma ai suoi quindici anni, tenendolo lontano dal seggio di Primo Maestro ancora più di Ushiwaka. Oltre al fatto che ora è un’Ala Corvina, e per quanto abbiate ammorbidito il regolamento su certi aspetti dubito che la regola per cui una Guardia non possa aspirare al titolo più alto sia invariata »
« Ho capito dove vuoi arrivare » lo interruppe sulla difensiva Sugawara, tornando a fissarlo dritto in faccia. « Il Collegio non è al completo. I rappresentati dei Clan Dateko e Johzenji non sono ancora arrivati, per tanto qualsiasi ipotesi o proposta riguardo i candidati non è stata presa in considerazione. Inoltre, non tutti i candidati sono troppo giovani per il ruolo di Primo Maestro. Come ho detto, è una scelta che richiede attenzione e tempo »
Non c’era più incertezza nel tono del Camerlengo, ma la fermezza di chi dà voce al proprio ruolo. Oikawa non ne rimase stupito, non quando era stato lui stesso, anni prima, ad appoggiarlo per quel seggio.
Nondimeno, il passato per Oikawa era un capitolo concluso. Gli affetti, le confidenze, i rimpianti erano ricordi in un album che non era venuto lì per sfogliare.
« Gli unici altri due maghi in grado di ricoprire la carica – probabilmente i più adatti dopo di me – sono Kuroo e Bokuto. Pensavo fosse la carta che avresti giocato per zittirmi, ma è evidente che c’è qualcosa che non va con quei due o non ti arrampicheresti sugli specchi »
Aveva esagerato, lo lesse nelle sue iridi dure come giada. Sugawara era troppo gentile e ben educato per urlargli contro, soprattutto in un incontro semi-formale. Anche per lui le favole sull’adolescenza erano libri chiusi, visto che l’argomento riguardava un futuro delicato.
Tuttavia, uno dei motivi per cui si erano trovati ad andare d’accordo stava nella lingua pungente di Koushi, soprattutto nel rimarcare verità scomode. Peccato che quella volta fosse rivolta a lui.
« Manchi dall’Accademia da tre anni. Le uniche notizie su di te arrivavano da passaparola o per articoli di giornali stranieri. Hai abbandonato tutto dopo l’incidente con Kageyama, compreso lui, un bambino di dodici anni, nonostante l’intero Collegio, all’unanimità, si sia espresso a considerare la situazione una svista e abbia riconosciuto la vostra Incompatibilità. Tobio stesso non nutre rancori verso di te.
Poi ti presenti qui oggi, a lutto finito. Ti ho mandato una lettera ogni settimana da quando il Maestro Irihata ha iniziato ad accusare sintomi preoccupanti, pregandoti di tornare… e tu non hai sprecato un briciolo del tuo impegnatissimo tempo a rispondere, a dare un motivo della tua assenza, mentre io – si morse un labbro – speravo tornassi sui tuoi passi, almeno per il tuo Maestro nelle sue ultime ore » si interruppe per riprendere fiato. Aveva le dita artigliate ai braccioli della poltrona, il busto tremante sentendosi uno sciocco a esternare quello sfogo.
Oikawa occhieggiò la porcellana sul tavolo, le gambe del tavolino, il tappeto, ma ogni cosa sembrava incredibilmente irraggiungibile e inutile per venirgli in aiuto.
Poi un senso di urgenza nello stomaco, molto simile ad acido, lo stesso che l’aveva spinto a tornare contro ogni suo desiderio, gli rammentò perché fosse lì. Perché fosse scappato.
Incontrò gli occhi accusatori dell’ex compagno di studio e li sostenne con la maschera più indifferente in suo possesso.
« Sono dispiaciuto per la morte del Maestro Irihata » mormorò e l’onestà era tale che colpì la rabbia di Sugawara stemperandola contro la sua volontà. Quello che seguì però gli fece comprendere fino in fondo che davanti non c’era davvero più il ragazzo brillante e carismatico che conosceva. « Le ragioni per cui me ne sono andato non le devo a nessuno, neanche a te Koushi. Avete rispettato la mia scelta anni fa, ti prego di non rivederla ora alla luce di un lutto che sta evidentemente alimentando dell’avversione nei miei confronti e di conseguenza alterando il giudizio del Camerlengo sulla mia capacità di ricoprire il ruolo di Primo Maestro »
Se fosse stata un’operazione chirurgica non sarebbe stata altrettanto pulita nel modo in cui Tooru tagliò i sentimentalismi di Koushi ritorcendoglieli contro.
Sugawara constatò con una smorfia addolorata la distanza, il fossato profondo che si era creato tra di loro.
Anche a Oikawa non era sfuggito. Gli costava ammetterlo ma quell’alterco con Sugawara lo stava privando di energie, solleticando la parte di sé che voleva arrendersi. Era l’effetto che gli provocava da sempre, una sorta di porto sicuro in cui lasciare cadere le proprie difese, concedendogli di prendersi cura delle sue preoccupazioni. Era successo già in passato che si confidasse con lui e Koushi non l’aveva mai tradito, a differenza sua.
Lo occhieggiò, cedendo un poco alla debolezza, a quella voce che aveva lo stesso tono gentile di Koushi, che lo carezzava suggerendogli di smetterla con i teatrini e svuotare il sacco.
In fondo, si aggiunse un’altra vocina motteggiante, quel garbato e carino ragazzino della sua infanzia ora era Camerlengo e gli aveva appena dimostrato che stava cercando ancora la sua amicizia tra gli strati di arroganza e alterigia in cui si era ammantato da quando era lì.
Ma non schiuse le labbra in cerca di scuse e aiuto.
La ragione, e un miglior e prepotente senso di orgoglio, ristabilirono l’ordine nella sua testa e tornarono a dettare il ritmo del suo cuore scombussolato. Era stato a un passo dal crollare, ma un particolare fondamentale, fuori luogo, gli balzò all’occhio e al suo istinto magico.
Contò le ombre e fu come se quelle nella sua fiducia infiacchita aumentassero.
Se c’era stato uno spiraglio di cedimento da parte sua, tutto finì inghiottito dal gelo. Letteralmente.
Sugawara e Sawamura avvertirono una morsa inaspettata all’altezza della gola. Il loro respiro si condensò, la pelle si fece d’oca e i vetri delle finestre scricchiolarono. Un velo di brina candida corse sul pavimento e la tappezzeria alla stregua di un’onda, intirizzendo qualsiasi oggetto al proprio passaggio.
Oikawa rimase composto, le dita intrecciate in grembo e il mento alto. Gli occhi, tuttavia, avevano assunto lo stesso colore, quasi la consistenza, del ghiaccio.
« Cosa…? » si lasciò sfuggire Koushi rabbrividendo.
« Un incantesimo che ho imparato nella Steppa Siberiana. In estate è un tocca sana, ma durante la mezza stagione – e con l’indice, indolente, puntò l’autunno oltre le imposte – non è salutare per chi soffre di reumatismi o sente i cambiamenti del tempo nelle ossa »
Koushi comprese all’istante ed ebbe la bontà di vergognarsi per aver omesso quel particolare. Lo sguardo di Oikawa glielo fece scontare tutto con cattiveria.
Qualcuno nella stanza starnutì e qualcun altro imprecò, ma nessuno dei presenti. Nessuno dei presenti visibili.
« Sei diventato un moccioso pestifero » borbottò un’altra voce e il velo d’illusione si sciolse. Le fiamme delle candele, tremule, si rianimarono e le ombre fremettero con loro.
Seduti sulle restanti poltrone, come se fossero sempre stati lì, fecero la loro apparizione il Maestro Ukai e il Maestro Nekomata.  
Il primo si stava massaggiando un ginocchio mentre il secondo era stretto tra le proprie braccia per l’effetto della temperatura polare.
« Vuoi tirarla per le lunghe, Oikawa!? » gli abbaiò l’anziano del Clan Nekoma.
Il Mago sciolse l’incantesimo, facendo tornare i propri occhi del rassicurante e tiepido color cioccolato.
« Perseveri nell’esibizionismo » lo rimproverò Ukai Sr. « Lasci un vantaggio enorme all’avversario se gli mostri il tipo di incantesimo che stai eseguendo » nel dirlo si riferì al colore assunto dalle iridi di Oikawa.
Il sorrisetto superbo del suddetto non mancò di palesarsi.
« E lei persevera nei suoi consigli da ex Guardia, Maestro Ukai. Mentre il mio avversario rimarrà affascinato da me, il mio incantesimo lo avrà già reso innocuo o sconfitto »
« Non lo vedrai un avversario se non inizi a portare un po’ di vero rispetto ai tuoi superiori. Irihata-san non ti aveva educato in maniera tanto sfrontata, che accidenti ti è successo!? » sbraitò Nekomata. Sugawara cercò di placarlo ravvivando la temperatura dell’acqua nella teiera e versandogli una tazza di tè.
Oikawa roteò gli occhi al soffitto, accomodandosi meglio in poltrona.
« Il mondo lì fuori, oltre i confini perbenisti del Regno, è barbaro e selvaggio. Aveste visto quei pomposi dei Franchi a vantarsi dell’Exposition Universelle, o i Figli dello Zar che da sobri non sono in grado di trasfigurare nulla di decente… »
« Perché hai lasciato l’Accademia, Oikawa? » lo interruppe Ukai.
Il Mago non raccolse la provocazione. La sua pazienza era al limite dopo quello scherzetto dell’invisibilità e i discorsi di Sugawara a renderlo vulnerabile.
« I classici motivi, Maestro. Vedere il mondo, sete di conoscenza, trovare me stesso… scelga lei »
« Oh per tutti i numi » sbuffò Nekomata in sottofondo.
« Maestri » li richiamò Sugawara per quietarli. Lanciò un’occhiata ammonitrice anche all’ex compagno, ma senza riprenderlo ulteriormente. Sapeva che non era stata una buona idea celargli la presenza dei due anziani, lì da prima che Daichi aprisse le porte, e se ne era pentito subito perché ci aveva guadagnato solo di aver ulteriormente allontanato Oikawa più di quanto non lo fosse stato negli ultimi anni.
Il peso delle proprie responsabilità come Camerlengo gli gravavano addosso e non era ancora certo di gestire al meglio il suo ruolo. Prima dell’amicizia e di un passato in cui più volte aveva cercato la risposta per l’abbandono di Oikawa, doveva pensare al bene del Regno. A quel che era giusto.
« Oikawa Tooru » esordì con la sicurezza adeguata alle proprie mansioni. « Ti domando perdono per aver dubitato delle tue intenzioni nel presentarti qui così all’improvviso. Mi rammarico anche per non averti palesato prima la presenza dei nostri Maestri »
L’ospite corrugò la fronte ma annuì, lasciandolo proseguire.
« Ti comunico che prendo atto della tua candidatura a Primo Maestro – e nel dirlo indicò la lettera di presentazione – e che nel pieno diritto della mia carica di Camerlengo rifiuto la tua richiesta »
Lo stupore fu tale sul volto di Oikawa che per un instante sembrò essersi congelato lui stesso. Gli altri tre presenti non batterono ciglio.
« Che stai dicendo…? » lo sbigottimento lasciò presto spazio a uno sguardo abbastanza pericoloso da spingere Daichi a fare un passo avanti. « Non montarti la testa perché al momento sei l’autorità massima qui dentro! » sbottò e lo sprezzo fu palese tanto quanto la confidenza che gli sfuggì di bocca.
« Non ha detto nulla di sbagliato o egoistico » lo redarguì Ukai e fece un cenno a Sawamura perché si rilassasse.
« Ascolta prima di giudicare » aggiunse Nekomata come fossero a lezione.
Oikawa fremette per un attimo nel tornare padrone di sé, eccetto per l’ostilità che emanava.
Koushi più che non farsi intimorire, cercò di arginare il dispiacere.
« Tooru… per essere Primo Maestro bisogna prima dimostrare di essere un Maestro… »
« Mi state tagliando fuori per la storia di Tobio!? Vi rimangiate il vostro perdono di tre anni fa!? »
« Calmati ragazzo, nulla di tutto questo » lo blandì scarsamente Nekomata.
« No Tooru… mi sto riferendo al problema che da allora tu non ci abbia più provato, ad avere un allievo. Hai imparato tanto e le raccomandazioni di altri illustri Maestri oltre i confini del Regno sono un curriculum apprezzabile… »
« Ma!? » latrò impaziente Oikawa.
« … ma come Camerlengo che vaglia le candidature da presentare al Collegio non posso accettare quella di – gli costò dirlo – un solitario »
Oikawa inspirò profondamente per calmarsi e non rimettersi a sbraitare. Non era una tattica vincente. Il suo cervello era già al lavoro per ovviare a quel cavillo. Nulla più di un cavillo, sottolineò.
« Se entrassi in un Clan ti andrebbe meglio come referenza? » si morse la lingua per non essere riuscito a contenere la frustrazione e aggiunse un po’ più pacato « Che ne pensi? » per cercare di ristabilire le apparenze. Non funzionò e non ne rimase troppo stupito.
« Francamente ragazzo » intervenne Nekomata. « Non vedo ragione per cui, al momento, uno dei Clan dovrebbe accettare un randagio riapparso dopo tre anni e dopo aver lasciato una discutibile impressione di sé. Anche se sarei curioso di vedere all’opera la tua arroganza nello spiegare al Clan che vuoi entrare e farne parte solo per essere poi Primo Maestro. I Clan non sono così stupidi da appoggiare qualcuno che sanno non prederebbe mai in considerazione i loro suggerimenti e che li sta palesemente sfruttando »
« Credevo che a voi del Nekoma piacessero i randagi » ribatté stucchevole e ignorando la frecciata veritiera che stroncava la sua idea.
« Un’altra sparata così e uscirai da questa stanza su quattro zampe! »
« Per favore! Calmatevi! » intervenne Sugawara, rivolgendosi poi all’ex compagno. « Tooru il punto non è fare parte di un Clan, ma essere un Maestro »
« Perché!? » si lasciò sfuggire Oikawa insieme a una nota di smarrimento.
« Non screditare la tua stessa intelligenza, Oikawa » riprese il Maestro Nekomata, mani sulle ginocchia ed espressione seria. « Come puoi essere una guida per l’Accademia e un punto di riferimento per il Regno se non sei capace di trasmettere il tuo sapere a un apprendista? E non mi riferisco all’Incompatibilità con Kageyama – un caso sventurato e imprevedibile »
Nekomata e Oikawa si fissarono con evidente aria di sfida, ma alla fine fu lo stesso anziano a sbuffare e placarsi. « Hai una magia notevole e un’invidiabile capacità nello sfruttare le tue doti. Dimostravi questo potenziale quando eri un bambinetto da svezzare e lo sento anche adesso dall’aura che emani e che tenti di nascondere sotto questa superbia megalomane »
Tooru voltò il capo altrove, gesticolando a quei riferimenti per lui privi di valore.
« Tutto questo potere però non ti rende migliore di altri. Non quando l’idea che dai è che tu non abbia bisogno di nessuno. Lasciatelo dire – concluse Nekomata, ammorbidendo ancora il tono – ci lasci pensierosi, ragazzo. E preoccupati »
Oikawa sgranò gli occhi per una manciata di secondi, prima di reclinare il capo e nascondere lo sguardo all’ombra delle ciocche della frangetta. Sentendosi serpeggiare addosso un senso di sconfitta amara tremò leggermente, subissando il tutto poi con una impazienza che era più pavida che collerica. Non era tornato per sentirsi dire no. Aveva bisogno di accedere alla carica di Primo Maestro.
Una supplica, come un ultimo sorso di antidoto necessario, gli salì in gola, spodestando l’orgoglio.
« Quale desiderio ti spinge per volere tanto il posto di Primo Maestro? »
Ukai parlò nel silenzio teso, tagliandolo con inflessione calibrata, fermo e trasparente del suo passato da Capitano della Guardia. Esortava a rispondere e Sugawara rimase sulle spine, sperando segretamente funzionasse.
Lo sguardo di Oikawa non vedeva niente e nessuno. Lo riportò sui presenti senza impegnarsi a dipingerlo come il sorriso affabile e dissimulato delle labbra. Qualsiasi muro avesse eretto e fortificato in quegli anni intorno a sé, e ai segreti che tanto lo avevano portato lontano, Koushi comprese che quel pomeriggio di fine settembre non erano riusciti ad abbatterlo, o a spingerlo alla resa. Il pensiero di averlo costretto in un angolo gli fece male, facendogli sperare in un’opportunità di chiarimento.
« Maestro Ukai, Maestro Nekomata, Camerlengo… vorrei mettere a disposizione dell’Accademia il mio potenziale ed essere ai vostri occhi, e a quelli del resto del Collegio, un mago degno della carica di Primo Maestro »
Tooru disse ciò come se la discussione precedente non fosse mai avvenuta, come se avesse varcato la soglia un’istante prima. Anche di fronte alle facce contrariate e svilite dei tre interlocutori, Oikawa non ritrattò. Si aggrappò con tutto se stesso a quella facciata per il bene del proprio obiettivo, ingoiando una prospettiva che non aveva considerato. « Prenderò un allievo, se servirà a rendermi idoneo – e mentre lo diceva un pensiero gli balenò alla mente, evidente dall’assottigliarsi delle palpebre nell’occhieggiare Nekomata – … e darò vita a un nuovo Clan per fondare la mia buona fede nel restare e non scappare più »
Sugawara fu sul punto di intervenire, quando il Maestro del Nekoma lo precedette con un sorrisetto poco rassicurante.
« Per avvalorare questa tua buona fede dedicherai un’ora di lezione ogni giorno agli apprendisti qui in Accademia »
Oikawa non cedette di fronte al ghigno dell’anziano e replicò ampliando il proprio, anche se le parole vennero fuori masticate.
« Sono un mago impegnato, io »
« Ragazzo mio, eri tu a parlare del ruolo politico del Primo Maestro. Non verrai mai preso in considerazione e appoggiato dai Clan se spunti fuori dal nulla e pretendi la Luna, anche dimostrando di essere il migliore dentro queste quattro mura. Insegna ai loro apprendisti; mostra cosa hai imparato là fuori e prova che non è solo una questione di potere. I Clan tengono molto al loro sangue fresco e sono consapevoli che al momento ben pochi potrebbero sobbarcarsi l’impegno di Primo Maestro. Alleva e conquista i loro cuccioli e la strada sarà sicuramente più facile »
Tooru non si pentì mai come in quel momento della scelta sbagliata delle proprie parole e di come si era cacciato in quella situazione. Il discorso edificante del Maestro Nekomata andava bene per persone come Sugawara, Kuroo o Bokuto, non di certo per lui. Non aveva pazienza. Non aveva il minimo desiderio di vedere qualche giovane leva, come Tobio, anche solo avvicinarsi ai suoi personali traguardi. Maestro Oikawa suonava pure da vecchio.
Ma non aveva scelte o opzioni. Il tempo era poco e il cappio al suo collo stringeva impaziente.
« … va bene » accettò sentendo prudergli i palmi delle mani.
« Sawamura » chiamò il Vecchio Ukai senza attendere altri scambi di battute poco utili.
Il giovane Capitano si fece avanti, ossequioso.
« Chiama Shimizu e cercate quest’apprendista » e nel dirlo gli consegnò un pezzo di pergamena con un nome appena vergato.
Daichi lo lesse e rimase interdetto.
« Signore, non è mia intenzione mancare al suo giudizio, ma parliamo di un bambino… Lo abbiamo appena accettato nel nostro Clan »
« Questo breve periodo tra le nostre file non avranno cambiato la sua vita e possiamo privarci di un cadetto. Nel qual caso Oikawa non sia in grado di prendersene cura ed educarlo lo riprenderemo tra noi »
Koushi cercò lo sguardo di Daichi per capire di chi stessero parlando, ma la Guardia strinse il pezzo di carta nel pugno e si congedò con un breve inchino.
« Volete affidarmi uno dei vostri pulcini? » interpretò Tooru col suo senso teatrale. « Pensavo di dovermi occupare della maturazione di un mago, non di un corvetto »
L’attesa non fu lunga. Le porte nere si aprirono di nuovo, stagliando sulla soglia Daichi accompagnato poco dietro dalla bella Kiyoko per mano a un ragazzino.
Oikawa rimase inebetito dal fascino della donna, tanto che Sugawara si trovò a intervenire con un colpetto di tosse.
« Tooru, lei è Shimizu, non penso vi siate conosciuti. Siamo cresciuti insieme nella Contrada di Karasuno ma è arrivata qui solo due anni fa »
Kiyoko si espresse con un cenno del capo e nulla di più. Distolse subito lo sguardo dall’ospite, incoraggiando il bambino a farsi avanti con una carezza sulla spalla.
Non che ci fosse reale bisogno di fargli forza. Il suo cipiglio indispettito stava apostrofando ogni singola persona di quella stanza in una muta accusa. Oikawa replicò automaticamente corrugando la fronte e levando il mento.
Dopo un’ultima occhiata al Maestro Ukai per avere conferma della sua decisione, Sugawara interruppe quel poco incoraggiante inizio.
« Lui è Iwaizumi Hajime, nato nell’ultimo anno della Contrada di Kitagawa Daiichi. Hajime-kun, lui è Oikawa Tooru, ex allievo dell’Accademia e del Primo Maestro. Anche lui viene dalla tua stessa contrada »
Che gli avessero insegnato le basi delle buone maniere si vide dall’inchino un po’ forzato che il bambino concesse ai suoi interlocutori. Se possibile, la sua espressione divenne ancora più fredda e astiosa, infastidendo Oikawa.
« Ultimo anno della Kitagawa... » mormorò pensieroso tra sé quest’ultimo, prendendosi il mento tra le dita. « Non hai più di sette anni »
« Ne ho otto » chiarì l’altro calcando ogni parola con intimidazione. Cogliendo i cipigli ammonitori di Shimizu e Sugawara, aggiunse un « Signore » di rispetto molto poco sentito.
Tooru lo ignorò, rivolgendosi agli anziani e al Camerlengo come se il bambino fosse appena diventato un’altra tazzina sul tavolino.
« È davvero un pulcino, anche per gli standard dell’Accademia. Così piccolo come può sostenere un addestramento? Cos’è successo allo statuto che ammetteva apprendisti solo dai dieci anni in su? »
Shimizu strinse la spalla di Iwaizumi per impedirgli di saltare addosso al Mago e « Te li faccio vedere io i pulcini! », minaccia che passò pressoché inascoltata.
« Il bambino ha perso i genitori durante le disgrazie che hanno portato alla repressione della vostra contrada. Quattro mesi fa l’orfanatrofio dove alloggiava lo ha segnalato all’Accademia. La sua magia è precoce e instabile, ma sarai più che capace di tenerla a bada e affinarla per fare di lui un mago » spiegò Ukai scoccando un’occhiata al ragazzino che si diede una calmata e abbassò il viso. A Koushi e Kiyoko non sfuggì la stretta dei suoi pugni tremanti. « Iwaizumi-kun » chiamò ancora il vecchio. La sua voce non ammise repliche e pretese la totale attenzione del fanciullo.
« Da oggi Oikawa Tooru sarà il tuo Maestro nell’apprendimento della magia. Così è deciso »

 
 
 
 
 
 

 
 
 
… a me non piacevano le AU un tempo. Perché? Bho.
Bene, Haikyuu mi sta facendo sfornare AU come un pasticcere sforna ciambelle glassate. Gnam.
Paragoni mangerecci a parte, torno a fare danni IwaOiosi, anche se stavolta un po’ particolari!
Tutto parte (di nuovo!) da una fanart [QUI] e da Spiga Rose. Abbiamo pensato cose. Sono nate cose. È venuto fuori anche un meme ma è troppo spoiler al momento u.u
 
L’AU è ambientata in una Londra ucronica (qui Londinium dall’antico nome latino), in un’Europa altrettanto ucronica di fine ‘800 inizio ‘900. Un po’ Vittoriana, non so ancora se steampunk, e con qualcosa alla Harry Potter.
Il Regno è diviso in contrade (tipo grandi quartieri, quasi delle città, a se stanti) da cui i Clan magici (e non) prendono il nome. Per esempio il Clan Karasuno viene dalla Contrada Karasuno.
#Spoiler per chi non in pari con le uscite giapponesi di Haikyuu sarà il Clan Nohebi (squadra di Tokyo)!
Non ho ancora pensato in maniera molto chiara alla gerarchia dei Clan, però diciamo che i coach sono gli anziani e/o rappresentanti che formano il Collegio all’interno dell’Accademia, una sorta di consiglio a capo di alcune decisioni (qui nello specifico sarà un conclave per la scelta del nuovo Primo Maestro).
A fianco di questo Collegio c’è il nostro Sugawara, il Camerlengo (vi rimando alla definizione della Treccani *pigra*), un super partes diciamo.
Ogni Clan ha una specializzazione e/o prerogativa. Il Clan Karasuno è preposto alla Guardia dell’Accademia, come più o meno il Clan Dateko che amministra i confini del Regno. Pian piano scriverò di tutti ♥
 
 
Ora passiamo alla parte in cui mi sono presa la maggior libertà: le età dei personaggi.
Coff.
Forse avrei dovuto farmi una tabellina, ma per sommi capi ecco qui: (per chi è apparso finora)
Oikawa, Sugawara, Daichi, Bokuto, Kuroo (e Asahi) sono più o meno della stessa generazione e hanno studiato insieme – tranne Daichi e Asahi che hanno seguito l’addestramento da Guardia. Su per giù la loro età è tra i 27 e i 30 anni.
Tanaka, Nishinoya, Ushiwaka: poco più giovani, intorno ai 23/25.
Tsukishima, Kageyama: più o meno 15 anni.
Iwachan: … sì, ha 8 anni ♥
 
Non prendete tutto alla lettera… sono talmente confusionaria che cambierò qualcosa in corso d’opera e poi tornerò sui miei passi.
 
Riguardo le spiegazioni dovrei aver finito (anche perché tra poco diventano una fanfic a parte).
Sono una pessima persona perché non ho ancora finito la seconda parte e già posto questa, ma sono curiosa di sapere se come idea piacerà!
In realtà è senza pretese; sarà una storia blanda e che vorrei infarcire di fluff. Niente roba shouta con Iwachan così giovane, ma ci saranno accenni di altre ship (HQ è il carnevale delle ship ~).
 
I ringraziamenti di rito vanno a: Spiga Rose, sempre ♥ A Mayo Samurai per aver betato la storia (e ha scoperto il mio odio per i nessi relativi)! A _Lady di Inchiostro_ che *sniff* sta apprezzando le mie storie oltre quanto immaginassi ;___; tanti bacini tesoro ♥ Spero di non deluderti!
 
 
Alla prossima!
Nene ~
 
 
Pagina autore: Nefelibata




PS: qualcuno si è chiesto perché Londinium/Londra è stata invasa di giapponesi? Spero di no.....! 
   
 
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