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Autore: Birra fredda    28/08/2016    0 recensioni
Era cominciata così, con Alan che aveva avuto un attacco di panico, Austin che si era innervosito e Tino che aveva afferrato una felpa di Aaron all’ultimo secondo e menomale che lo aveva fatto altrimenti il freddo dell’alba avrebbe ucciso il chitarrista di ipotermia.
Era entrato così Ian nelle loro vite.
Genere: Generale, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ian rigirò a pancia in su sul materasso nella cuccetta che gli avevano sgomberato, che stava sotto quella di Austin, e ripensò al concerto a cui aveva assistito.
Nonostante il soundcheck avesse rafforzato la sua idea non esattamente positiva riguardo quel tipo di musica, durante lo show si era dovuto ricredere. Gli Of Mice & Men avevano una presenza scenica spettacolare, coinvolgevano il pubblico e Ian non aveva potuto fare a meno di fissarli catturato e interessato per tutto il tempo. Erano grandiosi.
E si era sorpreso così preso da loro e dallo show da non avere sul viso neanche la vaga espressione di irritazione per via dei suoni troppo crudi o delle urla di Austin.
Il biondo aprì le tendine della sua cuccetta e uscì fuori con mezzo busto per controllare la situazione. Erano partiti per una nuova meta da almeno due ore e tutto taceva, tutti dormivano tranne lui.
Aveva sempre sofferto d’insonnia e non era affatto sorpreso di essere sveglio. In realtà la sua non era vera e propria insonnia ma era, piuttosto, paura di dormire. Se non appena ci si lascia scivolare nell’inconscio i propri pensieri si materializzano immediatamente tramite mostri dal volto scuoiato e cadaveri putrefatti dalle unghie sporche e adunche, è ovvio che si abbia paura di addormentarsi.
Più di una volta Ian si era svegliato urlando e per questo aveva paura, in quel momento più che mai, di addormentarsi. Era in mezzo a delle persone che conosceva solo da quella mattina e non voleva di certo farle saltare dal letto a causa dei suoi incubi. Erano stati così gentili nei suoi confronti, gli avevano anche dato un pantaloncino e una t-shirt con cui dormire, e poi dopo il concerto era così stanchi che si sarebbe sentito davvero in colpa se li avesse fatti svegliare.
Pensò a suo padre rimettendosi disteso nella cuccetta. Suo padre che lo odiava, che lo considerava un fallimento, suo padre che troppe volte gli aveva messo le mani addosso e che non si era neanche voltato a guardarlo quando era uscito di casa per l’ultima volta.
Adesso era al sicuro. Non poteva dirlo con estrema certezza, in realtà, ma si sentiva protetto tra quei ragazzi che l’avevano accolto immediatamente e si sentiva assolutamente bene al pensiero che ogni giorno si trovavano in un luogo diverso. Sarebbe stato ancora più difficile rintracciarlo, in questo modo.
“Non dormi?”
L’improvviso sussurro di Alan lo fece destare dal fiume di pensieri. Non si era accorto che il rosso si era svegliato e aveva aperto le tendine della cuccetta.
“Non ci riesco” rispose in un bisbiglio.
“Ti va qualcosa da bere?”
“Certo.”
Il chitarrista scese lentamente dalla sua cuccetta e si diresse così come si trovava, quasi totalmente svestito, nelle parte anteriore del tourbus con Ian al seguito.
“Tecnicamente tu saresti ancora troppo piccolo per l’alcol” disse con un ghigno Alan aprendo il frigo. “Ma chiuderò un occhio perché mi piaci.”
Ian ridacchiò e sedette sul divano. Non sapeva cosa avesse visto Alan in lui da fargli dire che gli piaceva, ma se era servito a farsi dare dell’alcol andava più che bene.
Osservò in silenzio l’altro che mischiava troppi super-alcolici in due bicchieri di carta e poi gli fece spazio sul divano prendendone uno.
“Cin cin” sorrise il rosso alzando il suo e sorseggiandone un po’.
Il più piccolo bevve un sorso e immediatamente sentì la gola ardere. Non aveva idea di cosa ci fosse in quel bicchiere, e non voleva averla, ma era buono e forte.
“Allora, ti è piaciuto lo show?” chiese Alan stravaccandosi sul divano e posando i piedi nudi sul tavolino che aveva davanti.
“Moltissimo” rispose velocemente Ian. “Mi avete davvero sorpreso, siete stati fantastici.”
“Non ci avevi mai ascoltati prima?”
“Mai. Non vi avevo mai neanche sentiti nominare.”
Il chitarrista alzò un sopracciglio e poi fece una strana smorfia che voleva significare che si era offeso. Poi disse: “Qualche volta ti presto il mio Ipod e ti ascolti i nostri cd, che ne dici?”
Il biondo annuì entusiasta e pensò che senza i testi delle canzoni davanti non ci avrebbe capito nulla, ma non lo disse per non sembrare scortese. In ogni caso un sorrisetto gli comparve ugualmente, involontariamente, sul volto.
“Cos’hai da ridere?”
“Pensavo al fatto che mi sono subito sentito a mio agio con voi e non mi era mai successo prima, neanche a casa mia” mentì velocemente, anche se le sue parole erano tutt’altro che false.
Alan ingoiò in un solo, lungo sorso il resto del cocktail e poi sorrise a sua volta. “Mi fa piacere sentirtelo dire” asserì poi. “Stamattina sembravi un povero orfanello, adesso sei passato al grado orfanello da adottare.”
Rimasero lì a chiacchierare ancora per un po’, Alan fece conoscere a Ian il loro autista e parlarono un po’ anche con lui fino a che non emerse Austin dalle cuccette e li riportò tenendoli per le orecchie – e non è un eufemismo, li teneva davvero per le orecchie – a dormire.
“Domani abbiamo uno show e non voglio un chitarrista rincoglionito dal sonno sul palco” disse il cantante sottovoce mentre Alan saliva nella sua cuccetta alzando gli occhi al cielo.
“Ma io che c’entro?” si lagnò Ian, ma un’occhiataccia di Austin lo fece tacere e allungare sul suo materasso.
“E poi non mi piace questa cosa che ci si alza in piena notte per bere” concluse il maggiore dei tre allungandosi nella sua cuccetta e chiudendo le tendine.
Ian alzò lo sguardo per cercare quello di Alan ma i suoi occhi trovarono solo delle tendine chiuse. Sospirò e si voltò su un fianco. Aveva troppa paura di addormentarsi, soprattutto in seguito alla reazione di Austin, ma allo stesso tempo si rendeva conto che era davvero assonnato e che se non si fosse trovato qualcosa da fare il sonno l’avrebbe avvolto e così sarebbero giunti anche gli incubi.
Allora pensò a quello che gli aveva detto Alan riguardo l’ascoltare i loro cd e si sporse oltre il corridoio fino alla cuccetta dove la band aveva ammassato degli zaini e trovò quasi subito quello che cercava: un Ipod e un paio di auricolari. Non sapeva a chi appartenessero quegli oggetti, ma non stava facendo nulla di male, li stava solo prendendo in prestito per qualche ora per non dormire.
Si stese nella cuccetta, chiuse le tendine, si infilò gli auricolari e si lasciò cullare dalla musica.




















































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Lo so che non aggiorno da un secolo e che non vi ricordate neanche più di cosa parli questa long, ed effettivamente neanche io ricordo troppo bene quali fossero i miei piani per il suo proseguimento. Ultimamente, però, mi sento ispirata e mi è venuta voglia di continuarla. Quindi beccatevi questo piccolo capitolo e ci vediamo al prossimo.
La vostra,
Birra Fredda
  
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