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Autore: Emmastory    30/08/2016    5 recensioni
La sfortuna della giovane Rain continua a perseguitarla. Sono passati due anni, e il regno di Aveiron è ancora in ginocchio, sotto la costante minaccia dei Ladri, persone assetate di ricchezza e potere, che faranno di tutto per ottenere il completo controllo del regno. Alla ricerca di salvezza, Rain è fuggita verso il villaggio di Ascantha alla ricerca dei suoi genitori, e nonostante i contrasti avuti con loro, è ora fiduciosa e pronta. Sa bene di dover agire, e di non essere sola. I nostri protagonisti si trovano quindi catapultati in una nuova e pericolosa avventura, costretti a far del loro meglio per fronteggiare il pericolo. Si assiste quindi alla nascita di amicizie, amori, gioie, dolori e tradimenti, ma soprattutto, e cosa ancor peggiore, oscure minacce provenienti da voci sconosciute. A quanto sembra, il regno nasconde molti segreti, e toccherà alla nostra Rain e al suo amato Stefan risolverli dando fondo ad ogni grammo di forza presente nei loro corpi. Nelle fredde e buie notti, l'amore che li lega è la loro guida, ma nessuno sa cosa potrà accadere. In ogni caso, bentornati nel regno. "Seguito di: "Le cronache di Aveiron: Segreti nel regno)
Genere: Avventura, Azione, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: Lime | Avvertimenti: Violenza
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- Questa storia fa parte della serie 'Le cronache di Aveiron'
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Le-cronache-di-Aveiron-III-mod
Capitolo XXI

Simboli di amore e fede

L’estate era finalmente arrivata, e una debole pioggia cadeva dal cielo di Ascantha. Nel tentativo di rilassarmi, la guardavo rigare i vetri delle finestre, e tenendo in braccio mia figlia, mi abbandonavo a dei piccoli sospiri. Ingenuamente, lei teneva ancora in mano il suo disegno, così come uno dei suoi peluche preferiti. Un orsetto di morbida pezza, che sua nonna le ha regalato nel giorno della sua nascita. Stando ai suoi ricordi, apparteneva a me quando ero una bambina, e ora era suo. Posandoci lo sguardo, lo fissai, concentrandomi sugli occhi di quell’ormai vecchio pupazzo. Erano dei semplici bottoni, e uno stava per staccarsi. Guardandomi con aria triste, Terra me lo mostrò più da vicino, per poi lamentarsi e arrivare a credere che quel giocattolo si fosse ferito. Lasciandomi vincere dalla sua tenerezza, afferrai un ago e del filo da una piccola scatola di legno tenuta sul ripiano più alto della nostra libreria, e togliendole quel gioco di mano per un pò, mi assicurai che ritornasse in piena forma. “Ecco, adesso sta bene.” Le dissi, restituendoglielo solo dopo averlo aggiustato. “Grazie, mamma.” Soffiò lei in risposta, abbracciandolo e tornando subito a parlarci e giocarci come era solita fare. Ancora una volta, la sua vista mi inteneriva, sciogliendomi il cuore. La guardavo da una debita distanza, e rimembrando il giorno della sua venuta al mondo, non riuscii ad evitare che una solitaria lacrima mi solcasse il viso. Era mia figlia, stava crescendo, e ne ero troppo felice. Con gli occhi velati dalle lacrime, non mi accorsi di avere ancora quel piccolo ago in mano, e chiudendo erroneamente il pugno, mi punsi un dito. Mi lamentai quindi per il dolore, e alcuni attimi dopo, mi accorsi della presenza di Stefan. Guardandomi, non fece che sorridermi, ma la sua espressione cambiò non appena il suo sguardo cadde sulla mia mano. Nello spazio di un momento, notò quella piccola ferita, e stringendomi la mano incriminata, baciò con dolcezza quel dito ancora sporco di sangue. Colta alla sprovvista, non ebbi reazione alcuna, e ben presto, una garza da lui applicata finì per coprirlo. “Così dovrebbe andare.” Disse in quel momento, apparendo serio e calmo al tempo stesso. “Ti ringrazio.” Biascicai, sentendo il volto venire inondato da un improvviso calore. “Tutto per la mia amata.” Rispose, avvicinandosi ulteriormente a me e baciandomi stavolta la fronte. Il tempo continuò quindi a passare, e in breve, notai l’arrivo della sera. Voltandomi nuovamente verso Terra, ancora occupata a giocare, la chiamai per nome. La luce diurna era ormai scomparsa, ed era per noi tutti ora di andare a letto. Distratta dal suono della mia voce, lei non tardò ad obbedire, mostrandosi molto più matura e ragionevole di altri bambini, che al contrario avrebbero preferito il gioco al sonno. Raggiunta la mia stanza, mi ritrovai da sola con Stefan. Indossai velocemente il pigiama, e poco prima di infilarmi a letto, feci per togliere l’anello che mi aveva regalato nel giorno in cui aveva chiesto la mia mano. “Tienilo.” Fu la sua richiesta, giunta chiara e forte nel silenzio della camera. “Perché?” mi informai, facendo unicamente uso dello sguardo. “Non c’è una vera ragione, fallo e basta.” Continuò, spiegandomi con chiarezza il suo volere. Continuando a guardarlo, obbedii, e in quel momento, una singola frase da lui pronunciata ebbe il potere di scombussolarmi e far crollare le mie certezze come un affatto solido castello di carte. “C’è una cosa che devo dirti.” Esordì, spingendomi inconsapevolmente a tremare di paura. “Che cosa?” soffiai, ormai preda dello spavento. “Prima che ti incontrassi, moltissime ragazze si innamoravano di me, ma io ho scelto te, e ti amo.” Mi disse, avvicinandosi e attirandomi a sé per poi stringermi e baciarmi. Per qualche strana ragione, quel bacio fu diverso dagli altri. Meraviglioso, casto dolce e molto più profondo del solito. Chiudendo gli occhi, ne assaporai ogni istante, e pur rimanendo abbracciata a lui, lasciai che mi spingesse dolcemente contro il muro. Una volta toccatolo con le spalle, ci staccammo per un attimo, e in quell’istante, una mia preghiera raggiunse le sue orecchie. “Il tuo passato non mi importa. Mi sono innamorata di te quel giorno, e ti voglio al mio fianco per sempre. Baciami, ti prego.” Dissi, continuando a risultare rapita dal suo sguardo e guidata dai miei sentimenti. Realizzando quel mio desiderio, Stefan posò di nuovo le sue labbra sulle mie, dando inizio ad un bacio che volli subito approfondire. Subito dopo, un brivido mi percorse la schiena. Lo amavo davvero, ed ero sicura di non desiderare nessun altro al mio fianco. Intanto, il tempo scorreva, e mentre la situazione non faceva che migliorare, mi accorsi di trovare sempre più difficile controllarmi. Mi lasciai quindi sollevare e adagiare sul letto, per poi baciarlo e sussurrargli una frase all’orecchio. “Rendimi tua, Stefan, qui e ora.” Una semplice richiesta dettata dal profondo amore che sapevo di provare per lui, e che in quei momenti di pura passione, non riuscii a tacere. Senza darmi quindi il tempo di respirare, Stefan agì d’impulso, disseminando piccoli baci prima sulle mie labbra, poi sul resto del mio corpo. Divenendo preda delle mie stesse emozioni, mi beai di quei momenti, e chiudendo gli occhi, mi morsi un labbro tentando di controllarmi, ma fallendo in quel misero intento, persi definitivamente il controllo. Raggiunsi quindi l’apice del piacere, accasciandomi sul letto, sfinita. Ero così stanca da non riuscire a parlare, e sempre tenendo gli occhi chiusi, sentii le dita del mio amato scivolarmi fra i capelli. “Stefan?” lo chiamai, con solo un filo di voce. “Sì, Rain?” rispose, voltandosi a guardarmi con gli occhi di un vero innamorato. “Sei stato assolutamente fantastico.” Continuai, voltandomi nella sua direzione unicamente per permettere alle nostre labbra di incontrarsi. “Dormi bene, amore mio.” Disse poi, augurandomi una buona notte, che non sarebbe comunque potuta essere migliore di quella appena trascorsa. Perfetta, sublime, e in altri termini, piena d’amore e passione. Addormentandomi felice e serena, cullata dal battito del suo puro cuore, mi svegliai soltanto la mattina dopo, continuando a vivere la mia vita all’insegna della calma a lungo desiderata. Passarono così alcuni giorni, e in un tranquillo mattino estivo, scoprii una purtroppo tetra verità “Rain, mi dispiace moltissimo, ma noi due dobbiamo lasciarci.” Confessò con l’arrivo in cielo del sole, guardandomi con aria seria ma al contempo afflitta. “Cosa? Ma perché?” non potei fare a meno di chiedere, confusa e stranita da quelle parole. “Ho ricevuto una lettera da mio padre. Vuole che lo raggiunga ad Aveiron.” Affermò serio, dando un ultimo sguardo al mio viso prima di voltarsi e darmi le spalle. “No.” Risposi a muso duro, convinta delle mie idee. “Tu non andrai da solo.” Aggiunsi, posandogli una mano sulla spalla e costringendolo a voltarsi. “Devo farlo. Non ho scelta.” Mi disse, facendo uso dello stesso tono di voce adoperato poco prima. In quel momento, un’improvvisa ma motivata tristezza s’impadronì di me, portandomi a versare amare lacrime e urlargli in faccia quanto covassi nel cuore. L’ansia era tornata a farmi visita, e il suo amore mi aveva aiutato a dimenticarla, ma ora eccola di nuovo, comparsa come uno spirito in un vecchio maniero infestato. “Ma non capisci? Non puoi andare! Io ho bisogno di te, Terra ha bisogno di te! È tua figlia! Non pensi a lei?” gridai fra le lacrime, sentendomi così debole da faticare a restare in piedi. Per poco non caddi in ginocchio, ma fu un vero e proprio miracolo. “Sei tu a non capire! È per voi che sto partendo!” rispose, alterandosi di colpo e non riuscendo ad evitare di gridare. “Ascolta, tu resterai qui con la bambina. Non preoccuparti, tornerò presto.” Continuò poi, riuscendo incredibilmente a tornare ad essere il dolce e calmo uomo che conoscevo e amavo. “E se non accadesse?” indagai, con la voce spezzata dal dolore e dal pianto. “Allora conserverai il tuo anello.” Replicò semplicemente, voltandosi per la seconda volta e aprendo la porta di casa al solo scopo di andarsene. “Stefan, aspetta.” Lo supplicai, guardandolo con occhi lucidi. “Sappi solo che ti amo, con tutto il cuore.” Ammisi, rendendomi capace di una confessione per me piena di significato. “Anch’io ti amo, mia principessa.” Questa fu la sua risposta, che in quel momento, riportò alla mia mente i bei ricordi legati al nostro matrimonio. Subito dopo, lo baciai lievemente, e dopo averlo visto ricambiare, lo lasciai partire. Rimanendo ferma e inerme, lo guardai allontanarsi, e non appena fu fuori dal mio campo visivo, chiusi la porta. Voltandomi, provai a raggiungere la mia stanza, ma scoprendomi sopraffatta dal dolore, caddi in ginocchio. Piansi quindi in silenzio, e nascondendo il volto con le mani, rividi il mio anello. Un gioiello di fine bellezza, regalatomi in quel giorno così speciale, che ora comprendevo essere uno dei tanti simboli del nostro amore e della nostra reciproca fede.




Salve di nuovo a tutti! Questo capitolo conclude la terza parte delle avventure della nostra cara Rain. Spero sarete felici di sapere che non è ancora finita, e in queste righe finali, degli speciali ringraziamenti per "la luna nera." "Karon Migarashi." e "JustBigin45." che mi seguono da moltissimo tempo. Non voglio però dimenticare "alessandroago_94" che si è da poco aggiunto al mio pubblico di lettori. Ringrazio anche coloro che silenziosamente mi seguono e leggono. Ci rivedremo nel seguito. Alla prossima,


Emmastory :)
   
 
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