Storie originali > Thriller
Ricorda la storia  |      
Autore: Kim WinterNight    30/08/2016    5 recensioni
[Spin off di 'Dark is not too Black'.]
LA STORIA PUO' ESSERE LETTA ANCHE SEPARATAMENTE RISPETTO ALLA LONG PRINCIPALE, ANCHE SE VI AVVERTO CHE TROVERETE DEGLI SPOILER RISPETTO ALLO SVILUPPO DELLA TRAMA.
«Davide spiega le sue ragioni, il suo coinvolgimento, il suo disagio, il motivo delle sue azioni e ciò che è andato storto.
Elena sembra aver rovinato anche la sua vita.»
Genere: Drammatico, Horror, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Violenza
- Questa storia fa parte della serie 'Amaro come la vita, dolce come la morte'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
ReggaeFamily

DARKNESS INSIDE





Era successo circa un mese prima.

Davide era in macchina, si stava dirigendo alla tavola calda di Monica; aveva promesso alla sua fidanzata di pranzare da lei.

Tuttavia, mentre guidava, pensava a tutt'altro che a lei. Pensava a Elena, la sua migliore amica. Le due erano inseparabili da un bel po', lo erano già quando lui e Monica si erano conosciuti. Davide aveva come l'impressione di non andare a genio a Elena, perciò avrebbe voluto che le cose cambiassero.

Il negozio di lei non era tanto distante dalla tavola calda, così, d'impulso, decise di provarci. Aveva fatto una piccola deviazione di tragitto e si era parcheggiato poco distante dall'ingresso.

Quando entrò nel piccolo negozio di alimentari, Elena stava finendo di servire una cliente e le due chiacchieravano del più e del meno intorno al bancone.

Lui attese per un po', e quando la cliente lasciò il negozio con un sorriso, si avvicinò al bancone e rivolse a Elena un'occhiata accattivante.

«Ciao Davide, cosa posso fare per te?»

«Stai per andare a pranzo da Monica?» domandò lui, senza rispondere alla domanda della ragazza.

«Non so se ce la faccio. Ho da fare qui.»

«Allora è perfetto.»

«Perfetto per cosa?» indagò lei, inclinando leggermente la testa di lato.

«Stavo cercando qualcosa... del cioccolato» disse Davide, guardandosi distrattamente intorno.

«Vuoi regalarlo a Monica? Lei adora quello con le nocciole!» saltò su Elena, uscendo da dietro il bancone e avviandosi verso uno scaffale alal sua sinistra.

«No, non per lei.»

Elena si bloccò. «Allora?»

Davide si avvicinò in fretta a lei e la afferrò per i polsi, bloccandoli con una sola mano.

«Cosa fai?!» sussultò lei.

«Non spaventarti, voglio parlare. Ho sempre pensato che non ti stessi molto simpatico, è così?»

Elena pareva terrorizzata e Davide non riusciva a capire il perché. Forse aveva esagerato nel momento in cui l'aveva afferrata per i polsi, ma temeva che lei non avrebbe voluto parlare con lui.

«Ma che dici? Non è vero! Ora puoi lasciarmi?»

«No che non posso. Dimmi la verità» la sollecitò lui, tenendo i suoi polsi con una sola mano; con l'altra le sollevò il mento e la costrinse a guardarlo.

«Ma è così. Si può sapere cosa vuoi, Davide? Mi lasci o no? Monica non sarebbe d'accordo se sapesse...»

Davide allora si infuriò. La schiacciò con forza contro uno scaffale e qualche alimento cadde a terra. Una rabbia cieca stava montando dentro di lui e annebbiava tutti i suoi pensieri. Non sopportava quel trattamento da una ragazza scialba e insignificante come lei, anche perché non riusciva a capire cosa le avesse fatto di male per meritarselo.

«Monica non lo saprà mai. Mai. Capito?» ringhiò tra i denti.

Elena annuì in preda al terrore e cercò di non muoversi, per evitare di accrescere la collera di Davide.

Lui infilò una delle sue cosce tra quelle di lei e la costrinse a dischiuderle, poi fece scivolare la mano libera sotto la sua gonna e frugò per qualche istante dentro le sue mutandine.

Fece tutto ciò senza staccare gli occhi fiammeggianti da quelli di Elena, la quale sembrava sempre più terrorizzata e stentava a respirare regolarmente.

Davide estrasse la mano poco dopo e la annusò come un lupo famelico, poi fece una smorfia e sibilò: «Anche tu mi fai schifo».

Detto questo la lasciò andare e lei rimase appoggiata allo scaffale, con le gambe che tremavano.

«Cercavo del cioccolato... del cioccolato amaro come la vita, dolce come la morte

Davide uscì dal negozio ed Elena ebbe due certezze in quell'istante: non avrebbe mai raccontato l'accaduto a Monica; e mai più avrebbe dimenticato quelle parole, anche se non riuscì più a dare un nome alla persona che le aveva pronunciate.


Poi Davide cominciò a lasciare quei messaggi minatori, quei messaggi che riportavano la stessa frase che le aveva detto quel giorno. Si era parecchio compiaciuto di sé nel momento in cui si era reso conto di aver pronunciato delle parole a effetto, così quello divenne il suo motto.

Il fatto che lui avesse provato a mettere le mani addosso a Elena, aveva fatto scattare qualcosa in lei, anche se non se n'era resa immediatamente conto: i sogni erano apparsi pochi giorni dopo, sogni confusi che lei non ricordava al risveglio e che tuttavia le lasciavano l'amaro in bocca. Non riusciva a spiegarsi il perché e aveva fatto di tutto per non pensare al comportamento inaudito di Davide; si era messa in testa di salvaguardare il rapporto tra lui e la sua amica, pensava di non essere la persona adatta a distruggere ciò che si era creato tra i due.

L'accaduto parve addirittura non turbarla più di tanto. Non andò a pranzo da Monica né quel giorno, né i tre giorni successivi; poi riuscì a calmarsi e si accorse che far finta di niente era più semplice di quanto credesse.

Non sapeva che tutto sarebbe degenerato di lì a poco.


Davide aveva deciso di vendicarsi. Aveva deciso che avrebbe arrecato dei danni a quella sgualdrina: non l'aveva mai potuta sopportare, la sua amicizia con Monica era decisamente morbosa per i suoi gusti e voleva che le due si allontanassero. Pensava che, distruggendo la sua attività commerciale e lasciando Elena in mezzo a una strada, lei sarebbe tornata a vivere con sua madre fuori città e le due si sarebbero allontanate definitivamente, o almeno non si sarebbero più viste come facevano abitualmente.

Lui e Monica non avevano più un attimo di pace, né un momento di intimità; spesso e volentieri Elena usciva con loro o veniva invitata a cena da Monica. Lei diceva che non voleva lasciarla sola, perché da quando Elena aveva subito un brutto colpo dal suo ex, non era più la stessa. Monica temeva che potesse cadere in depressione.

Davide voleva proprio questo: il negozio per Elena era una certezza, lui l'avrebbe distrutta.


Aveva avuto paura, veramente paura, quando Elena disse di essere stata stuprata.

Lui non era arrivato a tanto, ma temeva che lei potesse accusarlo di ciò che aveva tentato di fare un mese prima.

Le cose degenerarono con questa storia dei presunti abusi sessuali subiti dalla ragazza. Davide non riuscì più a stare accanto a Monica, fingendo di non sapere niente di ciò che era accaduto in negozio, mentre nella sua mente spesso apparivano le immagini dei suoi atti vandalici all'interno di quella piccola attività commerciale. Ciò che ricordava con maggior piacere era la soddisfazione che aveva provato nel ridurre tutto in un meraviglioso caos, sapendo che Elena ne sarebbe uscita sconfitta in ogni caso.

Poi a qualcuno venne in mente di fare il test del DNA. Parlarono di controlli preventivi a cui sottoporre i clienti abituali del negozio e gli amici più stretti della vittima.

Ma quella stupida non aveva amici, quindi ci volle ben poco per arrivare a lui. E per incastrarlo.


Mentre ripensava a tutta la storia, Davide sedeva su una branda, nella sua cella. Aveva fatto a pugni con un compagno poco prima e si tamponava le ferite sul viso con la camicia sudicia che portava da quando era stato recluso.

Era stato sfortunato. Se non fosse venuta fuori questa stronzata dello stupro e il passato di Elena non fosse venuto a galla proprio in quel momento, lui l'avrebbe passata liscia e il suo piano avrebbe funzionato perfettamente.

In quel momento lui e Monica sarebbero potuti essere felici insieme, ed Elena sarebbe stata lontana anni luce da loro.

Ma quella sgualdrina aveva vinto. Ancora una volta lo aveva allontanato dalla donna che amava, e stavolta le cose sarebbero state definitive.

Davide sospirò e sollevò lo sguardo, ritrovando il compagno di cella che, raggomitolato su se stesso in un angolo, lo guardava in cagnesco.

«Ne vuoi ancora, eh?» fece quello, alzando la testa di scatto.

Davide scosse il capo. «Per oggi no. Pace?»

«Pace, brutto stronzo.»




Cari lettori, eccomi qua.

Come promesso, ho scritto questo spin off per cercare di spiegare la vicenda di Elena dal punto di vista di Davide, nonché il suo coinvolgimento nei fatti accaduti.

Qualcuno credeva che lui fosse lo stesso uomo che violentò Carmela, qualcuno non capiva perché Davide l'avesse fatto, qualcun altro ha sperato fino all'ultimo che lui fosse innocente e che sembrasse soltanto colpevole, visto come si stava comportando con Monica nell'ultimo periodo...

Insomma, spero che ora siate soddisfatti, spero di aver chiarito ogni dubbio e di avervi dato delle spiegazioni accettabili e comprensibili :)

Grazie a chiunque sia arrivato fin qui, anche a chi non ha letto “Dark is not too black” ed è stato incuriosito da questa OS!

Alla prossima! =)

  
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Thriller / Vai alla pagina dell'autore: Kim WinterNight