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Autore: elokid78    30/08/2016    3 recensioni
Anna è una diffidente ed intransigente giovane avvocatessa londinese che deve occuparsi di redigere il contratto per il nuovo film della star inglese del momento. Una serie di imprevisti ed equivoci la porterà a dimenticare il suo passato.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Cap. 17. LA RESA DEI CONTI
 
 
 
Quando aprii gli occhi non riuscii a capire dove mi trovavo.
Ero in un enorme letto matrimoniale, con lenzuola candide e morbide ed un caldo piumino turchese.
Nonostante la casa fosse riscaldata ed io mi trovassi affondata tra quelle soffici coperte, tremavo di freddo.
Poi ricordai.
Tom.
La pioggia.
L’arrivo praticamente involontario a casa di Benedict.
Poi probabilmente ero svenuta.
Ma non c’era nessuno lì con me a cui potessi chiedere.
Così feci per alzarmi.
La testa prese a girare vorticosamente ed un brivido mi attraversò tutto il corpo, scuotendomi.
Non mi sentivo molto in forma.
 
- Anna! Dove pensi di andare?
 
Senza replicare lasciai che Benedict mi aiutasse a ritornare a letto e docilmente mi feci rimboccare le coperte dal mio premuroso ospite, che mi stava guardando preoccupato.
 
- Per quanto tempo sei stata sotto la pioggia?
- Oh, non saprei. Per tutto il giorno?
- Ecco spiegato il febbrone.
- Mh? Non posso avere la febbre, dovrei avere caldo, invece sto tremando – dissi con un filo di voce.
- Significa che sta salendo ancora. Certo che dopo la botta in testa potevi anche evitare di fare questa sciocchezza!
- Mh.
- Mi spieghi cos’è successo?
- Tom mi ha lasciato.
- Cosa?
- Hai sentito.
- Ma non è possibile! Non ci credo.
- Credici.
- Ma, come?
- E’ tutta colpa mia.
 
E presi a singhiozzare.
 
- Adesso calmati e prendi questa.
 
Si sporse verso il comodino e mi allungò un bicchiere d’acqua ed una pillola.
 
- Cos’è?
- Antipiretico ed antinfiammatorio.
 
Agguantai entrambi e buttai giù la pastiglia in un lungo sorso.
 
- Da quanto non mangi?
- Non so. Da ieri?
- Aspettami qui, vado a prendere qualcosa.
- No, non ho fame.
- Devi mangiare qualcosa, se no la medicina ti darà fastidio allo stomaco. Arrivo subito.
 
Se ne andò per qualche interminabile minuto, tornando con una tazza di tea fumante ed alcuni biscotti. Il tea era perfetto, mi avrebbe subito scaldato. Non avevo molta voglia di mangiare, però mi costrinsi ad ingoiare qualche morso di un biscotto, giusto per fargli piacere.
 
- Come va? – mi domandò quando gli porsi la tazza vuota.
- Sto bene.
- Non direi. Vuoi riposarti o mi racconti cosa è successo dopo che me ne sono andato?
- Abbiamo litigato.
- Questo lo avevo intuito.
- Io ti ho difeso. Ero talmente dispiaciuta per come Tom ti aveva trattato ingiustamente! Come ti è uscita la storiella di Star Trek? Lo sapevi che si sarebbe infuriato!
- Però mi ha creduto.
- Ma tu non eri d’accordo di raccontargli una menzogna!
- Tu volevi farlo, ma non avevi una storia credibile. Te l’ho fornita. Punto.
- Ma..
- E poi cosa è successo? Non ti avrà lasciato perché hai preso le mie parti.
- No, io.. mi ha offesa. Ed io ho replicato. Mi ha detto che ieri sera voleva stare con me, mentre io avevo il telefono spento ed ero con te. Io gli ho risposto che mi stava soffocando e che volevo i miei spazi. Ovviamente non potevo dirgli che ieri avevo buoni motivi per non rimanere incollata al cellulare in attesa di una sua telefonata!
- E quindi?
- Allora mi ha detto che mi avrebbe accontentata. Avrei avuto tutto lo spazio che volevo. E se ne è andato.
 
Rimanemmo entrambi in silenzio per qualche istante.
 
- Chiamalo. – fece lui, improvvisamente.
- Cosa? No.
- Non fare lo stesso errore di ieri, devi fargli sapere che stai bene e stai pensando a lui.
- Ma..
- Sono certo che non ti ha lasciato. È stata solo una lite, gli passerà.
- Non credo. Sembrava molto… deciso.
- Chiamalo. Tom sa essere piuttosto… impetuoso e irascibile a volte, ma sono certo che tiene a te – insistette lui – Almeno saprà che stai bene, ti avrà cercato, sicuramente. Ti prendo il telefono.
 
Ritornò con tutta la mia borsa, che, rispettosamente, non aveva voluto frugare alla ricerca del cellulare.
Riflettei per un attimo, mentre cercavo l’iphone nella borsa.
Quando lo trovai effettivamente c’erano due chiamate perse ed un messaggio.
Due chiamate di Tom ed un messaggio di Kate:
 
“Anna dove sei? Mi ha contattato Tom per chiedermi se sei a casa mia. Sembrava triste e preoccupato, cosa è successo? Chiamami.”
 
Risposi subito a Kate, dicendole che ero da un amico e che avevo litigato con Tom. Le avrei spiegato tutto l’indomani.
Poi osservai le chiamate di Tom. Mi aveva cercato fino a un’ora prima, poi aveva desistito.
Decisi di inviare un sms anche a lui.
 
“Tom sto bene. Mi dispiace per quello che è successo oggi, veramente. Non voglio perderti. Spero che accetterai di parlarmi”.
 
Rimasi a pensare ancora qualche minuto prima di premere il tasto di invio.
Poi feci partire il mio breve messaggio.
Alzai gli occhi e notai solo allora che Benedict era rimasto tutto il tempo in rispettoso silenzio ad osservarmi mentre pigiavo frettolosamente i tasti del cellulare.
 
- Fatto - dissi infine.
- Gli hai detto che sei qui?
- No.
- Dovresti. Andrà a cercarti a casa tua e non ti troverà.
- Mi ha già cercato anche da mia sorella.
- Appunto.
- Non posso dirgli che sono qui.
- E perché?
- Ecco.. Lui.. è geloso. Pensa che possa esserci qualcosa tra noi due.
 
Non rispose. Si limitò a guardarmi con un’espressione atona.
 
- Quando questa storia sarà finita non ci vedremo più – mi rispose alla fine, semplicemente.
- Cosa? No! Io non voglio perdere Tom, sempre che non sia già troppo tardi, ma questo è ingiusto.
- Fidati, è meglio per tutti se non ci vediamo più - insistette lui, deciso.
- No.. non posso perdere anche te..
 
Mi coprii il viso con entrambe le mani, incapace di dire altro.
Avvertii che si stava avvicinando e percepii che si era seduto accanto a me sul letto.
Prese gentilmente i miei polsi con entrambe le sue grandi mani per guardarmi in faccia.
Non disse nulla.
Allungò solo una mano e la posò delicatamente sulla mia fronte per tastare la febbre.
Il contrasto tra la sua mano fredda e la mia fronte in fiamme fu subito evidente ad entrambi.
Chiusi gli occhi godendo di quel piacevole contatto e Ben non tolse la mano. Non subito.
Poi improvvisamente si alzò di scatto.
 
- Ora dormi un po’. Quando ti sveglierai la medicina avrà fatto effetto e la febbre sarà già scesa. Buon riposo.
 
Non ebbi modo di replicare che lui aveva già richiuso dietro di sé la porta.
I brividi mi erano passati, lasciandomi una sensazione di spossatezza generale.
Decisi di non contrastare l’impulso di chiudere gli occhi e mi abbandonai alla sonnolenza provocata senza dubbio dal farmaco che avevo ingoiato poco prima.
Mi addormentai subito dopo.
 
 
 
 
Quando riaprii gli occhi era già mattina.
Qualche timido raggio di sole si faceva strada dalle persiane semichiuse.
Mi sentivo veramente bene, di sicuro ero ormai sfebbrata.
Decisi di alzarmi e constatare le mie condizioni generali.
Uscii dalle coperte e mi tirai in piedi senza alcuna difficoltà.
Rimasi di stucco quando mi resi conto di cosa indossavo.
Tutti i miei vestiti, che dovevano essere stati fradici, erano spariti.
Avevo solo una grande camicia azzurra, sufficiente a coprirmi fino alle cosce.
Per fortuna sotto portavo ancora tutti gli indumenti intimi.
Benedict mi aveva spogliato?
D’altronde non poteva fare diversamente, dovevo essere zuppa. E lasciarmi così grondante equivaleva ad una polmonite assicurata.
Non aveva scelta.
Mi rassegnai all’idea di essere stata “maneggiata” da lui mentre mi trovavo seminuda ed incosciente.
Agguantai un plaid che giaceva in fondo al letto, me lo avvolsi sulle spalle ed uscii a piedi nudi dalla stanza.
Da qualche vago ricordo della sera della festa, pensai che dovevo trovarmi al primo o al secondo piano. Non tentai neppure di andare a cercare dove Ben dormiva, semplicemente cercai di raggiungere la cucina. Avevo sete.
Riuscii a trovarla quasi subito.
Aperto il frigo, mi impadronii di una bottiglietta di Evian (chissà perché gli attori bevono solo Evian, che mai avrà di speciale? È acqua!) e la finii subito a lunghe sorsate.
Molto meglio.
Non mi restava che ritrovare i miei vestiti, che speravo nel frattempo si fossero asciugati, lasciare un biglietto di ringraziamento al mio generoso ospite e sgattaiolare via. Avevo approfittato fin troppo della sua ospitalità.
Stavo giusto riflettendo su dove potessero essere finiti i miei indumenti, uscendo a passo svelto dalla cucina, quando senza potermi fermare mi scontrai con un muro di marmo, che scoprii solo dopo essere i pettorali di Benedict.
Fui sospinta all’indietro con forza e cacciai un piccolo grido per la sorpresa.
Per evitarmi di finire sul pavimento, lui mi afferrò per le spalle e mi tirò in avanti, facendomi nuovamente sbattere, stavolta con leggerezza, contro di sé, a palmi aperti sul suo petto.
Rimasi per un attimo immobile, appiccicata a lui come una ventosa, poi mi scostai lievemente.
 
- Mi hai spaventata! Credevo dormissi ancora. – feci, imbarazzata.
- Anche io. Come stai?
 
Raccolse da terra il plaid, che nell’impatto era caduto, e me lo rimise sulle spalle.
 
- Molto meglio, grazie.
- I tuoi vestiti sono asciutti e puliti, te li ho messi sul mobiletto nel bagno adiacente alla mia camera.
- Oh. Grazie. E dove sarebbe di preciso la tua camera in questo labirinto? – scherzai.
 
Sorrise appena.
 
- E’ quella in cui hai dormito questa notte.
- Oh. Grazie.
 
Abbassai lo sguardo e avvampai, improvvisamente consapevole di come lui doveva avermi visto la sera prima.
 
- Non avevo fatto caso ai vestiti – affermai, non sapendo che altro dire per spezzare il silenzio.
- Non preoccuparti, non ti ho guardata ieri – fece lui con tono indifferente, intuendo il motivo del mio imbarazzo.
- Come?
- Ti ho solo asciugato come potevo e ti ho subito infilata a letto, se è questo che temi.
- Io.. non..
- Stamattina ti ha già chiamato Tom. Ho risposto io e gli ho detto che eri qui. Arriverà tra poco.
- Co-cosa? Ma come..?
- Non era il caso che si preoccupasse ancora, non credi?  
- Sì, certo, ma..
- E’ tutto a posto, vi chiarirete presto.
 
Mi disse con un sorriso, cercando di rassicurarmi.
 
- Ora vai a vestirti – proseguì lui – quando torni ci sarà un caffè ad attenderti.
 
Nuovamente mi sorrise incoraggiante. Gli restituii un sorriso caldo e.. intimo e mi avviai verso il piano di sopra per cambiarmi.
Benedict riusciva a farmi sentire veramente bene. Forse mi trovavo un po’ in imbarazzo, a volte, però era innegabile che ci fosse una bella sintonia tra di noi.
Era quella “chimica” che aveva percepito Tom?
O c’era dell’altro?
Lui mi piaceva ed indiscutibilmente mi fidavo di lui.
E ciò aveva dell’incredibile, visto che in prima istanza non mi fidavo mai di nessuno.
Avevamo condiviso molto ed in poco tempo.
Prima c’era stato l’episodio nel parcheggio.
Era stato Benedict a venire in mio soccorso quando avevo avuto bisogno. Lui e non Tom.
Certo non potevo fargliene una colpa, però questo aveva contribuito al legame che si era creato con il suo amico e di cui era geloso.
Poi condividevamo il mio segreto, che lui custodiva per me, pur non approvandomi.
Ed in ultimo, ma non certo per importanza, aveva cacciato Bean da casa mia.
Con tutto quello che era seguito.
Non avrei lasciato che questa persona che stimavo e di cui mi fidavo mi fosse portata via.
Non senza combattere.
Però non potevo assolutamente rinunciare a Tom.
 
Trovai tutti i miei vestiti puliti e piegati nel bagno, dove mi aveva detto Benedict.
Mi presi un momento per osservare la mia immagine riflessa allo specchio.
Di certo avevo avuti giorni migliori.
La medicazione sullo zigomo aveva miracolosamente resistito alle intemperie del giorno precedente ed il livido era in lento riassorbimento.
Avevo gli occhi cerchiati e stanchi. Ma stavo bene.
Ero e mi consideravo sempre di più una sopravvissuta.
Però ne portavo i segni.
Feci una doccia veloce e mi vestii.
Proprio mentre scendevo al piano inferiore, sentii suonare il campanello.
Non poteva che essere Tom.
Mi precipitai verso l’ingresso e sentii Benedict che lo faceva accomodare, molto freddamente, in salotto.
Dovevo assolutamente fare in modo che quei due si riappacificassero.
Raggiunsi anche io il soggiorno.
Quando entrai i due ragazzi sollevarono entrambi all’unisono lo sguardo su di me.
Cercai gli occhi di Tom.
Il mio primo impulso era stato quello di corrergli incontro e gettarmi tra le sue braccia, implorando il suo perdono.
Ma il suo sguardo glaciale mi bloccò.
Rimasi così sulla porta, senza dire nulla.
Fu Benedict ad interrompere quell’imbarazzante silenzio.
 
- Vi lascio soli – disse semplicemente.
- No. Dovresti rimanere – gli rispose Tom, deciso.
- Cosa? – lo apostrofammo entrambi, in coro.
- Ormai sei coinvolto. Vorrei parlare anche con te – fece lui, rivolgendosi all’amico.
 
Lo presi come un tentativo da parte sua di chiarire la situazione creatasi con Benedict, quindi non mi opposi. 
 
Mi avvicinai allora a Tom, con l’intento di iniziare a scusarmi.
 
- Tom, mi dispiace per quello..
- No. Adesso parlo io.
 
Mi zittì subito.
Mi preparai ad ascoltare quello che aveva da dire. Glielo dovevo.
 
- Allora. Facciamo un rapido riassunto della situazione: c’è qui la mia ragazza, che mi accusa di essere paranoico, geloso e possessivo, che, alla prima litigata, si rifugia tra le braccia del mio migliore amico..
- No, Tom, non è andata così! Io …
- Fammi finire, per favore.
 
Mi mise a tacere nuovamente, con un tono che non ammetteva repliche. E proseguì il suo monologo.
 
- Come dicevo? Giusto, il mio miglior amico. Quello di cui ti dovresti fidare più che di ogni altra persona al mondo, quello che non dovrebbe darti una pugnalata alle spalle alla prima occasione. Quello che non dovrebbe voler passare con la tua ragazza tutto il tempo possibile.
 
- Tom, smettila, non sai di cosa stai parlando!
 
Cercai di fermare tutte quelle insensate recriminazioni, ma senza risultato.
Benedict se ne stava in un angolo, appoggiato al bracciolo del divano, con le braccia conserte ed apparentemente per nulla turbato da quel fiume di parole.
 
- Adesso devi dirmi - fece Tom, sempre rivolto all’amico, con uno sguardo di fuoco - guardandomi negli occhi, che non provi niente per lei, che non ti ha colpito, che non pensi a lei e che non ti piacerebbe portarmela via!
- Adesso stai esagerando! Tom, tu non hai il diritto di parlargli così, lui non.. – cominciai quasi a strillare, ma la replica di Ben spense ogni mio ardore.
- Non posso.
 
Benedict, alle parole dell’amico, aveva abbandonato la postura che aveva fino a quel momento mantenuto, per spostarsi rigidamente in avanti, sollevando il viso e reggendo il suo sguardo.
La sua risposta aveva ammutolito entrambi.
 
- Non posso. L’ho detto e lo ripeto – proseguì lui, ignorando l’espressione sconvolta che gli restituivamo entrambi – Anna mi piace. Penso che sia una ragazza speciale e l’ammiro molto, per come è e per tutto quello che ha costruito nonostante tutte le prove che il destino le ha riservato.
- Vedi, cosa ti avevo detto? – disse Tom quasi istericamente, rivolto a me.
- Ma non è come pensi – continuò Benedict, ignorando il suo commento – Non c’è stato e non ci sarà mai nulla fra di noi, Tom, mettitelo bene in testa. Porto troppo rispetto a lei, a te ed alla nostra amicizia per pensarla diversamente. E comunque lei ti ama, ti adora, amico mio, e questo puoi vederlo in ogni suo sguardo ed in ogni suo gesto. Tutti i suoi pensieri e le sue attenzioni sono rivolte a te e non avresti dovuto trattarla in quel modo.
 
Non potevo crederci.
Non solo aveva appena affermato – proprio lui, Benedict Cumberbatch – di stimarmi e rispettarmi, ma aveva anche rimproverato Tom per come mi aveva trattata. Quando ero io l’unica ad essere in torto e questo nessuno meglio di lui lo sapeva.
Anche Tom era rimasto senza parole. Ma solo per un attimo.
 
- Quindi non neghi di provare qualcosa per lei.
 
Non pareva una domanda. Ed infatti non ottenne alcuna risposta.
 
- Tom, adesso basta – intervenni, a quel punto – ti ho detto e ti ripeto che mi dispiace per come sono andate le cose ieri. Sono stata molto male per quello che ti ho detto e mi scuso per non aver risposto al telefono l’altra sera. Non è vero che voglio mantenere le distanze tra noi. Io .. tengo veramente tanto a te e non posso pensare di aver perso la tua fiducia...
 
Le parole mi si strozzarono in gola, ma cercai di ricacciare indietro le lacrime.
 
Lui mi guardò, probabilmente per la prima volta quel giorno, e, forse intenerito dal mio discorso, finalmente si avvicinò a me lentamente e mi prese tra le braccia, stringendomi forte nel suo abbraccio consolatorio.
Io mi sciolsi letteralmente nella sua stretta, calda e rassicurante, e lo strinsi a mia volta, come se avessi paura di perderlo nuovamente da un momento all’altro.
Gli presi il viso con entrambe le mani ed alzandomi in punta di piedi gli deposi un unico, caldo bacio sulle labbra.
 
- Come stai? – mi chiese allora.
- Adesso meglio – gli risposi con un ampio sorriso.
- Però sarebbe meglio che stesse a riposo per qualche giorno – si intromise Benedict.
- Ho avuto solo un po’ di febbre, ora sto benissimo.
 
Tom mi guardò con aria interrogativa, così gli spiegai che dopo la nostra litigata avevo fatto un giretto per Londra.. sotto la pioggia, e mi ero ritrovata vicino a casa del suo amico.
Così avevo suonato e …
 
- E’ svenuta davanti al mio portone. – concluse Ben.
- Cosa? – fece Tom, preoccupato.
- Vi dico che sto bene, ero solo un po’ bagnata e infreddolita.
 
Tom mi mise subito una mano sulla fronte, per verificarne la temperatura.
 
- Tom, non agitarti! Ho solo avuto un po’ di febbre, ma ora è passato tutto.
- Sarebbe comunque il caso che stessi riguardata per qualche giorno – insistette Benedict.
- Tu non ti intromettere, hai già fatto abbastanza! – sibilò Tom, con voce tagliente, guardandolo con gli occhi ridotti a fessura.
- No, no, voi dovete smetterla di litigare! Speravo che vi sareste chiariti!
 
Non potevo rassegnarmi a vederli ancora discutere. Dovevo fare qualcosa. Dopotutto era solo colpa mia se eravamo arrivati a questo punto, delle mie bugie e dei miei segreti.
 
- Mi sembra che infatti sia tutto molto chiaro. Stai lontano da noi!
- No, Tom, perché? Se non fosse stato per lui, ieri sera non so cosa mi sarebbe successo! Dovresti ringraziarlo!
- RINGRAZIARLO? Ma ti rendi conto di cosa dici? È colpa sua se siamo qui, chi ti ha ridotto la faccia ad un ammasso insanguinato?
- NON E’ STATO LUI!
 
A quelle parole entrambi si voltarono verso di me, attoniti.
Il momento era giunto.
Il velo di menzogne che io stessa avevo tirato, presto sarebbe stato squarciato.
 
 
 
N.d. A.
 
Ta-daaaaa!
Eheheheh!
Capitolo denso di avvenimenti, spero di non avervi annoiato, comunque io mi diverto un mondo a scriverlo!
Specialmente a lasciarvi col fiato sospeso fino al prossimo aggiornamento!
Un grande abbraccio e mille ringraziamenti a tutti quelli che leggono, seguono, preferiscono e recensiscono. Il più grande incoraggiamento ad andare avanti!
 
 
 
 
 
  
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