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Autore: Phoenix Mars Lander    30/08/2016    3 recensioni
Draco Malfoy accarezzò lentamente i bordi del Pensatoio, seguendo le incisioni coi polpastrelli pallidi e lasciando vagare distrattamente lo sguardo in una delle stanze più anonime del maniero: era completamente vuota, eccetto per il bacile di pietra che stava ora rilucendo, emettendo bagliori argentei che danzavano sul viso di Draco invitandolo a buttarvisi dentro, ad affogare nel ricordo che aveva scelto. Ci mise più di mezzo minuto ad assecondare la loro muta richiesta, la schiena rigida e la mascella serrata e le nocche bianche per la stretta ferrea, ma poi si chinò in avanti e si lasciò sprofondare nell'oscurità.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter | Coppie: Draco/Harry
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Purple rain







Draco Malfoy accarezzò lentamente i bordi del Pensatoio, seguendo le incisioni coi polpastrelli pallidi e lasciando vagare distrattamente lo sguardo in una delle stanze più anonime del maniero: era completamente vuota, eccetto per il bacile di pietra che stava ora rilucendo, emettendo bagliori argentei che danzavano sul viso di Draco invitandolo a buttarvisi dentro, ad affogare nel ricordo che aveva scelto. Ci mise più di mezzo minuto ad assecondare la loro muta richiesta, la schiena rigida e la mascella serrata e le nocche bianche per la stretta ferrea, ma poi si chinò in avanti e si lasciò sprofondare nell'oscurità.
La prima cosa che vide non appena atterrò sul pavimento di legno della torre d'astronomia fu la neve, una distesa bianca che ricopriva ogni cosa, facendo quasi brillare al buio le colline in lontananza, il Lago Naro che rifletteva la luce tenue della luna. Davanti a Draco, appoggiato elegantemente alla balaustra di ferro, c'era una versione di se stesso più giovane di un paio d'anni, un Draco coi capelli un po' più lunghi, i gomiti un po' più pronunciati e i vestiti molto più chiari.
«Draco Malfoy che rinuncia allo stare al centro dell'attenzione, non pensavo che avrei mai visto questo momento» biascicò una voce familiare dietro di loro, facendoli irrigidire entrambi sul posto. Un Harry Potter diciottenne si avvicinò a passo incerto alla ringhiera, con i suoi capelli immancabilmente incasinati e gli occhi verdi lucidissimi – due prati inglesi reduci dal più violento dei temporali. I suoi abiti scuri attraversati da ghirigori rossi facevano a pugni col completo grigio chiaro di Draco.
«Harry Potter che rinuncia allo stare con la donnola femmina per ubriacarsi in solitudine, non pensavo che avrei mai visto questo momento» ribatté gelido il Draco più giovane, l'unico che Harry poteva vedere, lanciando un'occhiata alla bottiglia aperta di Whiskey Incendiario che l'altro teneva in mano.
A quel punto anche Potter la guardò, riservandole uno sguardo a metà fra lo stupito e l'accusatorio, come se non sapesse come fosse finita fra le sue dita e la stesse sfidando a rimanervi. Infine, constatando che il contenitore di vetro probabilmente non gli avrebbe dato retta e non si sarebbe mosso da lì, scrollò le spalle e se lo portò alle labbra, facendosi scivolare il liquido ambrato in gola.
«Ginny è come una sorella per me» disse poi, appoggiandosi in modo goffo e insicuro alla balaustra, accanto a Draco. Quest'ultimo si fece scappare un verso di scherno. «La gente non porta le proprie sorelle al Ballo di Natale dell'ultimo anno di scuola, Sfregiato.» Poi si voltò, rigido, con tutte le emozioni al proprio posto, chiuse nello scompartimento giusto, e s'incamminò verso la scala di pietra.
«La persona che volevo portare mi ha detto di no.»
Draco si bloccò, sentendo quell'ammissione pronunciata con una leggerezza che lui non aveva mai provato, un'ammissione che aveva un retrogusto di alcool e spirito Grifondoro.
Lo sguardo di Harry gli perforava la schiena, gli bombardava la spina dorsale, e il Draco ventenne, quello ch'era rimasto a guardare, fu investito dalla voglia di correre da stesso e infilarsi in bocca parole di qualcuno più maturo, qualcuno che aveva imparato, qualcuno di coraggioso. Ma non poté farlo, ovviamente, e restò ad osservarsi andare via, scendere i gradini con una lentezza studiata e un'indifferenza finta.
Guardò Harry ancora una volta, il Draco più grande, e vide che nei suoi occhi aveva ricominciato a piovere. Serrò le palpebre prima di uscire dal Pensatoio, il ricordo del viso di Harry impresso nelle retine, l'immagine dei suoi capelli scompigliati e della lacrima che gli tagliava la guancia sinistra in due.
Draco strinse la presa sul bacile, una volta tornato nel maniero, e percepì un nodo familiare andare a chiudergli lo stomaco. Sfilò la bacchetta dalla tasca dei pantaloni e, senza pensarci su nemmeno un secondo, se la portò alla tempia estraendone un ricordo d'argento. Prese un respiro profondo e in un attimo era di nuovo chinato sul Pensatoio, i capelli che fluttuavano e il buio a circondarlo.
Atterrò nella Stanza delle Necessità, stavolta, arredata in modo simile alla sala comune Serpeverde, ma con al centro un letto a baldacchino da cui pendevano drappi di velluto verde scuro attraversati da una fantasia color platino. Addosso a una parete c'era un camino acceso le cui decorazioni parevano direttamente scolpite nella pietra, serpenti e mostri marini che si avvolgevano gli uni agli altri, si mordevano a vicenda, si fronteggiavano attorno alle fiamme. Gli altri muri erano invece composti da vetrate enormi che sembravano dare sul Lago Nero, le cui acque – riprodotte fedelmente dalla Stanza – si muovevano incessantemente producendo riflessi blu e verde smeraldo.
Sdraiato sul letto a guardare il vuoto, il proprio vuoto, un Draco Malfoy ancora diciottenne, più grande solamente di un paio di mesi rispetto a quello del ricordo precedente. Quel Draco scattò in piedi in un attimo, d'istinto, quando Harry Potter fece irruzione nella camera con un'espressione furiosa stampata in viso.
«Si può sapere quale cazzo è il tuo problema?» urlò Harry sbattendosi la porta alle spalle. «Non te n'è mai fregato niente dell'opinione degli altri, perché inizi a fregartene adesso con le ultime persone che dovresti ascoltare?»
«Le ultime?» rispose Draco con una pacatezza che nascondeva una minaccia di esplosione. «La Donnola sarà felice di sapere che il suo migliore amico lo ritiene un inaffidabile.»
«Ron se l'è già presa la mia sfuriata» assicurò Harry investendo Draco col proprio peso e spingendolo contro una delle vetrate, il volto a pochi centimetri da quello dell'altro. «Ed è impulsivo, ma sa che quelle che ha detto sono tutte stronzate.»
«Perché dovrebbero esserlo, le pensano tutti dopotutto» sibilò Draco divincolandosi nervosamente e sferrando un pugno che andò a colpire in pieno lo zigomo sinistro di Harry. «Pensano che adesso che mio padre è morto c'è un posto già ben arredato per me ad Azkaban.»
«E quindi?» rincarò Harry, tornando a premere Draco contro la parete, il sangue che gli riluceva in viso e colava infradiciandogli la cravatta scarlatta e oro. I suoi vestiti e i suoi globuli rossi stonavano clamorosamente con tutto il resto. «Non hanno capito niente di questa guerra, quelle persone, niente
Draco espirò e si rilassò di colpo, la rassegnazione vivida nel suo sguardo, le scapole addossate al vetro freddo. «Allora forse non ho capito niente neanch'io, perché non penso che abbiano torto.»
Harry lo osservò per un tempo infinito e il Draco ventenne quasi si sentì di troppo, nonostante tutto, nonostante il ricordo fosse suo. Poi, Harry alzò il braccio sinistro di Draco e gli sbottonò il polsino della camicia. A quel gesto, l'altro cercò di spingerlo via, senza riuscirci a causa della gomitata che Harry gli assestò alle costole, lasciandolo immobile e ansante per qualche secondo. Quando riprese a respirare regolarmente e il dolore cominciò a scivolare via, Draco si trovò davanti una visione che lo paralizzò completamente. Harry Potter era inginocchiato di fronte a lui, la schiena dritta e l'avambraccio di Draco fra le dita.
Senza staccare mai gli occhi da quelli dell'altro, Harry avvicinò il volto al Marchio Nero e lo baciò, lo baciò una, due, dieci volte, percorrendo tutto il corpo del serpente con le labbra aperte e la lingua che scivolava sulla pelle. «Tu sei molto più di questo» sussurrò infine. Poi si alzò e si avventò sulla bocca di Draco, macchiandolo di rosso, di Grifondoro, di coraggio.
Draco uscì dal Pensatoio con le mani che tremavano e il cuore che sembrava volergli divorare la gabbia toracica e squarciargli il petto. Si costrinse a calmarsi, a recuperare il contegno, e quando si fu placato si rigirò fra le dita la bacchetta di biancospino. Di nuovo, un filamento argentato rimase appeso alla punta dell'oggetto magico per poi precipitare nel bacile. Draco pecipitò con lui, senza sosta, senza freni.
La Stanza delle Necessità era arredata pressoché allo stesso modo di quella del ricordo precedente, ma qua e là c'erano sprazzi rossastri e scarlatti che tradivano la presenza del Grifondoro, come impronte digitali lasciate sul divano, sulle pareti di vetro, sul pavimento. In più, il camino era spento: era il trenta di giugno.
Harry Potter si alzò dal letto a baldacchino, lasciando fra le lenzuola un Draco estremamente appagato, coi capelli scompigliati e gli occhi lucidi. Harry s'infilò i pantaloni della divisa e camminò verso l'armadio di legno che ormai da qualche mese occupava un'intera parete. «Potrei ucciderti per molto meno» commentò Draco con un tono assonnato, vedendo Harry sfiorare i suoi completi appesi alle stampelle in ordine cromatico.
«Com'è possibile che tu riesca a fare stare tutta questa roba in un solo baule?» chiese, cominciando a rovistare tra le scatole finemente avvolte da nastri di seta.
Draco alzò gli occhi al cielo, distendendosi sul letto. «Potter, so che potrebbe sembrarti assurdo all'inizio, ma la magia esiste davvero.»
«Ah, ah» rispose Harry sarcastico, sfilando una cravatta dal suo contenitore – ben nascosto in un angolo dell'armadio – e scoppiando a ridere. «Merlino, tu compri cose di questo colore?»
Draco scorse l'indumento viola sgargiante tempestato di decorazioni arancioni che Harry stava studiando e avvampò, lasciandosi sfuggire un verso di esasperazione. «È un regalo da parte di una persona che non appartiene più alla famiglia per ovvi motivi. Non la indosserò mai. Mi sono dimenticato di bruciarla.»
Harry rideva ancora. «Dai, mettila.»
«Mai.»
«Ti prego
«Nei tuoi sogni, Potter.»
«Nei miei incubi vorrai dire.»
Draco si fece scappare un sorriso, mentre le risate di Harry rimbombavano nella stanza. «La indosserò al tuo funerale per far incazzare il tuo fantasma» decretò.
Harry gli rilanciò un ghigno. «Sempre a pensare a come attirare la mia attenzione, eh, Malfoy?»
Draco sbuffò, divertito.
Harry si avvolse la cravatta intorno alle dita e si fece serio all'improvviso. «Esci con me, Draco.» Il biondo s'irrigidì nel letto. «Quando arriviamo a King's Cross, esci con me. Quando sarai tornato al maniero e io a Grimmauld Place, esci con me.»
Draco piantò lo sguardo sopra la propria testa, nel soffitto, e se le sue pupille avessero avuto il potere di distruggerlo gli sarebbe crollato tutto addosso. «Mi sposo con Astoria, lo sai. Lo sappiamo da mesi.»
«Ma non è quello che vuoi. E non lo voglio nemmeno io» lo accusò Harry, la rabbia nella sua voce che si mescolava a un sentimento che sapeva di disperazione.
«Mi ringrazierai, Potter. Troverai un'altra donnola femmina con cui stare e metterai su famiglia e andrà bene così.»
«Come osi decidere al posto mio cos'è meglio per me?» urlò Harry, lasciando cadere a terra la cravatta. «Ho permesso agli altri di manovrare tutta la mia vita, adesso tocca a me. E io voglio te
Il mondo sembrò fermarsi per alcuni secondi, sembrò smettere di orbitare intorno al sole, bloccarsi alle ventitré e trentaquattro e rimanere così, immobile, per qualche minuto, dilatando di poco l'ultimo giorno di giugno. Draco – quello più grande, quello che stava a guardare con le mani che gli tremavano contro le cosce – si ricordava benissimo quella sensazione, quel sentimento che la versione di se stesso più giovane stava provando. Era speranza che affogava nel Lago Nero, lasciandosi dietro bagliori rossastri che stridevano coi colori del suo quadro, che non s'incastravano coi dettagli del suo mondo ma li prendevano a pugni, li aggredivano, li manomettevano. Harry gli contaminava l'universo.
«Ma io non voglio te» disse Draco, odiando ogni singola molecola del proprio corpo.
C'era di nuovo la tempesta, negli occhi di Harry, c'era ferocia e rabbia e una sfumatura di dolore che Draco riconosceva. Quando Harry si sbatté la porta alle spalle, lasciò la Stanza delle Necessità piena di tutto, tranne che di quello di cui Draco aveva veramente bisogno.
Draco emerse dal Pensatoio con una compostezza che chiunque gli avrebbe invidiato. A spalle dritte e schiena rigida, osservò il contenuto del bacile fluttuare incessantemente, i ricordi che si decomponevano in filamenti traslucidi roteanti. Si permise di tirarne fuori un ultimo, un unico pensiero che gli scivolò via dalla tempia destra, aggrappato alla sua bacchetta che era stata un po' anche di Harry.
Non s'immerse nel Pensatoio, però, non questa volta; rimase immobile a guardare il ricordo espandersi nel bacile, riempendolo di immagini che risalivano soltanto a tre giorni prima.
Nel Pensatoio apparve il viso tumefatto di Harry, il suo corpo che veniva trasportato su una barella, la divisa da Auror pregna di sangue scurissimo, Draco che faceva irruzione nella stanza del San Mungo urlando ordini a chiunque, nervoso, preoccupato, terrorizzato. Harry aprì gli occhi e lo vide e sorrise, prima di chiamarlo Medimago Malfoy e prenderlo in giro per il camice.
«Devi riposare, adesso» disse il Draco nel Pensatoio. «E poi cominciare a limitare le tue missioni suicide.»
«Non era una missione suicida» ribatté Harry con una smorfia, affondando la testa nel cuscino dell'ospedale. «Ci sono dei pazzi che se ne vanno in giro con le maschere dei Mangiamorte a trucidare le persone.»
Draco s'irrigidì accanto al letto. «E ovviamente tu devi andargli dietro.»
Harry scrollò le spalle. «È il mio lavoro» affermò sorridendo.
Draco sfogliò distrattamente la cartella clinica che stava tenendo in mano. «Si può sapere perché sei così felice di essere stato malmenato, Potter?»
Il sorriso di Harry si allargò ancora di più, andando a infastidire i lividi sul suo viso e spostando i filamenti nel Pensatoio. «Hai divorziato.»
Draco alzò gli occhi al cielo. «Da quando segui i gossip del Mondo Magico?»
«Da quando Rita Skeeter mi tartassa ogni giorno lasciandomi una copia gratis del Settimanale delle Streghe per cui lavora ora nella speranza di ricevere un'intervista esclusiva.»
Draco scosse la testa, segretamente divertito, e si voltò rifilandogli un semplice Dormi, Potter.
«Dopodomani» disse Harry.
Draco si fermò, confuso.
«Dopodomani c'è quella che dovrebbe essere la missione definitiva per catturarli» spiegò Harry. «Poi potrò festeggiare.»
«C'è un motivo per cui mi stai dicendo tutto questo o sono necessari altri controlli al tuo cervello?» ribatté Draco, girandosi a guardarlo. «Anche se lì ci sono palesemente danni irreversibili che nemmeno la magia può cura-»
«Esci con me.»
Draco si bloccò, la parola che stava pronunciando spezzata a metà, lasciata a mezz'aria. Poi prese un respiro profondo, le dita che allentavano la presa ferrea sulla cartella clinica, e disse Okay. Solo questo. Okay.
Harry esultò e Draco si dovette voltare, di nuovo, per nascondere il proprio sorriso.
«Draco?»
Le immagini nel Pensatoio si sfilacciarono, scomparendo nei meandri del bacile magico, e Draco vide con la coda dell'occhio Astoria ferma sulla soglia. Era vestita completamente di nero
 lo sarebbero stati tutti, quel giorno. «Sei pronto?» gli chiese.
Draco rimase immobile ancora per un attimo, i ricordi che gli scivolavano via dagli occhi, gocciolavano sul pavimento, un'alluvione di rimpianti nel bel mezzo del maniero. Poi annuì, un solo cenno della testa e la solita postura rigida, e con un tremore quasi impercettibile alle dita si sistemò la cravatta arancione e viola.











Author's corner ~
Spero con tutto il cuore che il finale si capisca e che la ff vi sia piaciuta. Sono consapevole del fatto che è un po' strana e per questo sono alquanto in ansia, ehm çç
La dedico alla mia bellissima wifey Shoshi, che fa ingrassare il mio ego ogni singola volta che mi dice qualcosa
 ❤
Il titolo è tratto dall'omonima canzone di Prince.
  
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