Fanfic su artisti musicali > Muse
Segui la storia  |       
Autore: Eternally_Missed    31/08/2016    1 recensioni
Due amiche, Ilaria e Giulia, separate dalla geografia ma con una pagina bianca da scrivere insieme. La vita che corre su binari nuovi e imprevisti.
"C'è crisi per avere un posto fisso dentro le persone".
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
9.
 
 
Simon mi convoca in ufficio, chiamandomi allo studio. Da sola, senza il mio team. Inutile dire che un colpo l’ho preso anche ascoltando il suo tono di voce, che sembrava promettere ben poco di buono. Questa settimana è iniziata male, finirà anche peggio di questo passo.
Arrivo di corsa con il battito a mille, la sua segretaria mi fa passare praticamente subito. Entro e come di consueto mi siedo sulla poltrona di fronte a lui.
“Buongiorno capo.” lo saluto accennando un sorriso tirato, sono un fascio di nervi
“Scusami se ti ho messo fretta ma oggi non me ne va proprio una dritta. Vuoi un caffè?” chiede gentilmente e non c’è traccia della freddezza che ho sentito al telefono
“No, grazie, sono già abbastanza nervosa così. Meglio non peggiorare il tutto! Che succede?” domando cercando di prendere il discorso alla larga
“Allora, mi è saltato un servizio. O meglio, il ragazzo che avevamo proposto, non è stato accettato. Anzi, mi è stato detto di proporre il tuo nome o quello di Giulia.”
“Eh?” mi scappa fuori mentre Simon ride sotto i baffi
“Hai capito bene, Ila. Evidentemente è piaciuto il vostro modo di lavorare. Tra le due, però, ho scelto te. Giulia è già impegnata su un report dei Kasabian la settimana in questione. Che ne pensi?”
“Dunque: di cosa stiamo parlando? Ma poi, da sola?!” chiedo delucidazioni dato che pare faccia una fatica enorme a sbottonarsi
“Ah, si. Con il tuo team, chiaramente. Sono i Muse a volerti al concerto-evento che terranno per raccogliere fondi per un’associazione benefica.”
Credo di aver trattenuto il fiato. Sono a metà tra l’onorato e l’incazzato. Se Dom crede di entrare nelle mie grazie fornendomi un lavoro di questo tipo, si sbaglia di grosso. Poi, però, penso a Leslie ed Alex: per loro sarebbe un’occasione d’oro, oltre che per me. Non posso rifiutare, ma venderò cara la pelle.
“Accetto.” affermo decisa imbracciando il famoso coltello tra i denti
“Bene, allora vi metto in contatto. Puoi andare. Buon lavoro!”
Esco dall’ufficio con estrema fatica, come se avessi corso una maratona. Senza forze e decisamente arrabbiata. Lentamente, ritorno al mio studio. Nel corridoio non vola una mosca, molto bene: potrò dar sfogo alla mia furia senza problemi. Apro la porta, come faccio centinaia di volte, ma rimango interdetta.
“Matt?!” domando ripiombando tutto in un colpo nello stupore
“Ehi, ciao!” afferma seduto di fronte alla mia scrivania “Ti stavo aspettando.”
“Come sei entrato?” chiedo ancora guardandomi intorno “Non ti azzardare a dirmi ‘dalla porta’ perché non sono proprio dell’umore al momento.”
“C’è qualcosa che non va?” sonda il terreno provando a farmi sorridere. È così tenero con i suoi occhi azzurri e quello sguardo da bambino non completamente cresciuto.
“Uhm, fammi pensare. Il mio capo mi convoca dicendo che i Muse vogliono me per un servizio. Mi spiega che mi metterà in contatto con la band. Torno al mio studio e ci trovo il frontman della suddetta band, seduto a tradimento. Sei Flash per caso?!” gli spiego brevemente facendolo ridere
“No, purtroppo. Comunque, Simon mi ha detto che sicuramente avresti accettato. Ero già qui, così sono entrato. Sapevo non avresti rifiutato!” mi fa l’occhiolino cercando in me complicità. È questo il lato professionale maniacale di Bellamy?! Sono spacciata.
“Ok, ok. Adesso spiegami un po’ la questione. Al momento so solamente che si tratta di una raccolta fondi.” proseguo cercando di essere il più professionale possibile e non cedere ad alcuna risata isterica
“Dunque, parlando con gli altri, volevamo per questo evento qualcosa di semplice.”
“Semplici, voi? Quelli con mega effetti sul palco durante i concerti? Ma quando mai!” scoppio a ridere mentre lui mi fulmina divertito con lo sguardo
“Non posso negarlo, in effetti. Comunque, vorrei riuscissi a ricreare l’atmosfera del concerto attraverso le fotografie. Noi non siamo il centro in quel momento, quello che dovrebbe risultare importante è lo scopo per cui stiamo suonando.”
“Ok, recepito il messaggio capo. Mettere la musica a servizio di una cosa bella. Sono onesta, però: il mio team oggettivamente si troverà di fronte alla prima grossa occasione, volevo lo sapessi.” gli spiego lasciando lo schienale della mia poltroncina con le rotelle, iniziando a dondolarci sopra. È giusto che lo sappia.
“Ti ringrazio per aver messo le carte in tavola, non sono in molti a farlo.” risponde lui fissando i suoi occhi azzurri nei miei “Non devi preoccuparti, Dom mi ha fatto vedere i tuoi lavori e mi sono piaciuti moltissimo.”
“Lo sapevo che c’era il suo zampino!” esclamo di botto interrompendolo
“Prego?” chiede ovviamente lui, notando la mia strana reazione. Ha quell’espressione da so-qualcosa-ma-non-voglio-dirtelo che mi manda letteralmente fuori di testa.
“Hai capito benissimo, Bellamy. In ogni caso, ho bisogno di fare un sopralluogo prima dell’evento per valutare luci e strani effetti che sono certa ci saranno. Devo sapere tutto in anteprima, mi sono spiegata?” affermo con un tono di voce che non ammette repliche “Voglio poter programmare il tutto al meglio. Ne va della mia reputazione di fotografa e della dignità dei miei collaboratori.”
“Bene, sono contento di vederti così grintosa. Mi piace. Ti farò avere tutto entro domani pomeriggio, va bene?” spiega lui alzandosi in piedi e sporgendo la mano verso di me per stringerla, manco avessimo fatto un patto di sangue “Sarà divertente lavorare insieme. Mi fido del tuo istinto, Ila.”
“Non vi deluderemo. A presto, Matt.” rispondo sciogliendo la presa, mentre lui si avvia verso la porta con la sua camminata stramba. Prima di uscire si volta con un sorriso divertito stampato sul volto.
“Per quanto riguarda il mio batterista…lo ha fatto in buona fede, credimi. Ma soprattutto: ti prego, voglio esserci quando gli aprirai la testa!” ridacchia massaggiandosi la nuca
“Ci penserò su. Grazie.” rispondo prima di vederlo scomparire dietro al porta. Mi lascio crollare sulla poltrona e ricomincio a girare su me stessa lentamente. Adoro farlo, così come adoro le sedie con le rotelline. Non so quante volte mi sono lanciata a tutto gas nel corridoio di casa quando ero in Italia. Ovviamente, lividi ovunque, ma li portavo come piccoli trofei di guerra vinta.
Inizio a pensare, riflettere, ma non ne cavo molto. Il dilemma che mi affligge è: lo chiamo per insultarlo o fingo indifferenza di fronte alle rivelazioni della giornata? Non so cosa sia peggio. A distogliermi da tutto ciò, ci pensa Leslie che entra con due bei caffè bollenti. Ovviamente lo gusto insieme a lei aggiornandola rapidamente sul nuovo lavoro che ci hanno affidato. Per poco non si strozza quando gli dico che i Muse ci vogliono. Forse dovrei avere un po’ più di tatto quando lo dirò ad Alex o finisce che da trio, rimaniamo un duo.
Il resto della giornata sembra non voler scorrere. Lavoro al computer quasi tutto il pomeriggio, accendo la musica, ma non riesco a togliermi di mente il mio pensiero fisso del giorno: Dom. Lancio occhiate furtive al cellulare, sperando decida da solo cosa fare. Poi, vengo assalita da un raptus di follia dei miei: gli scrivo un messaggio e basta, questa tortura non può continuare ancora. Sto per scrivergli una roba alla ‘sei un uomo morto’, ma mi fermo. In fondo, e ripeto in fondo, mi ha aiutato a raggiungere un sogno. Simon poteva benissimo scegliere Giulia, in effetti. Ciò non significa che alla prima occasione io debba stendere un tappeto rosso al signorino, giusto? Giusto. Sotterro l’ascia di guerra, al momento, e con essa anche il mio cellulare. Proseguo il mio lavoro, quando il mio telefono squilla. È Dom: telepatia? Inspiegabilmente mi sfugge un sorriso.
“Buonasera Howard.”
“Ciao! Che fai?” chiede lui subito
“Come i comuni mortali, lavoro.”
“A che ore finisci?”
“Curiosone. Tra un’oretta, se non ci sono imprevisti.” rispondo sempre più stranita dall’andazzo della conversazione
“Perfetto. Ti passo a prendere tra un’ora, allora. Ti devo assolutamente parlare!”
“Dom, stiamo già parlando!” esclamo ridendo
“Ok, ok. Ho voglia di vederti, beccato.” ribatte immediatamente e già me lo immagino mentre ride tirando indietro la testa e contorcendosi nelle sue migliori smorfie. Adorabile.
“Bene. Ti avviso: sei un uomo morto.” affermo serissima
“Eh?” domanda notando il cambio di tono nella mia voce, bingo! Almeno un mezzo colpo se lo merita tutto.
“Matt.” rispondo solamente scandendo ogni singola lettera
“Cazzo, che ti ha detto?!” chiede in preda all’ansia ed io non riesco a fare altro che scoppiargli a ridere nell’orecchio “Ora mi spieghi che c’è di così divertente, Ila!”
“C’è che era tutto il pomeriggio che nella mia mente provavo a minacciarti per farti spaventare. Adesso, sentire la tua voce allarmata, mi ha dato un po’ di soddisfazione.” gli spiego rapidamente
“Mmm qualcosa mi dice che c’entra il report, eh?”
“Quanto sei perspicace, Howard.”
“Ne riparliamo dopo, allora. Un bacio!” e chiude la chiamata, così. Resto come una deficiente con il telefono in mano. Sento il turbamento dietro l’angolo. Poi, scoppio a ridere: indosso la sua felpa con dei banalissimi jeans. Mi sfotterà a vita, già lo so, meglio mettermi l’anima in pace. Nonostante tutto, non riesco ad avercela con lui e l’idea di vederlo tra poco, mi mette di buonumore. La consapevolezza che il miglioramento d’umore è provocato da Dom, ovviamente mi getta nel panico più totale. Posso perdere la brocca per chiunque, ma non per lui. È un suicidio del cuore, ammettiamolo.
Spengo il computer, dopo aver salutato Leslie, raccolgo la giacca e mi avvio verso l’uscita. Davanti alla porta trovo Dominic in gran forma ad aspettarmi con un sorriso sul volto. Mi avvicino facendogli un cenno con la mano.
“Cosa ti va di fare?” chiede lui di punto in bianco “Perché se come penso, sei invasa da istinti omicidi verso di me, mi conviene stare in mezzo alla gente.”
“Howard, ti avviso, meno spiritoso. Comunque, concordo, in mezzo alla gente è perfetto.” rispondo mentre lui cambia espressione, si sta divertendo come un bambino con le macchinine. Mi prende per un braccio e mi invita a seguirlo a piedi. Niente auto? Che strano.
“Oggi mi fischiavano le orecchie, sai?” prosegue lui imperterrito, mentre io mi fermo in mezzo al marciapiede riprendendo in mano l’ascia di guerra. Mi sta irritando da morire questo suo atteggiamento. Per la cronaca, manco si è reso conto che ho smesso di camminargli accanto. Giro i tacchi e torno indietro. Sento solo un’imprecazione alle mie spalle, prima di vederlo riapparirmi di fronte.
“Che ti prende?!” chiede stupito fermandomi
“Mi prende che il tuo atteggiamento mi sta innervosendo.” comincio a gesticolare da brava italiana “Cioè, prima mi trovi un lavoro con i controcazzi, poi vieni qui e fai pure l’ironico. Me n’è bastato uno di uomo che mi dicesse come lavorare e quando e con chi. Come se non fossi in grado di fare le cose da sola, come se non fossi all’altezza o peggio non abbastanza. Ecco che mi prende. Contento?” esprimo tutto il malessere che mi accompagna da questa mattina e osservo lo sguardo di Dom diventare sempre più serio. Nel silenzio più totale, mi prende per mano e ricomincia a camminare. Zero reazione, come un muro di gomma. Stupita mi lascio trascinare da lui, qualunque sia la meta. Ferma un taxi, saliamo e dieci minuti dopo siamo di fronte ad un palazzo decisamente fuori dalla mia portata. Non oso nemmeno chiedere dove siamo, anche se presumo possa essere casa sua. Ascensore, quarto piano, porta nera con battente oro. Con un cenno della testa mi invita a seguirlo dentro. Entro come se stessi camminando sulle uova. Non avevo previsto tutto questo. Sento Dom chiudere la porta e lanciare le chiavi sul mobiletto accanto all’ingresso. Faccio solamente due passi. Mi giro verso di lui, che invece rimane fermo, incollato al muro.
“Non mi piacciono le scenate pubbliche.” inizia lui con un tono di voce molto pacato “Per questo siamo qui.”
“Meno male, pensavo avessi optato per lo sciopero della parola. Iniziavo a preoccuparmi.” rispondo cercando di sdrammatizzare, ma lui rimane impassibile
“Mi hai sputato addosso un veleno che ti scorre dentro da tempo e di cui non sono la causa diretta. Quello che ti posso dire è che ti sbagli, su tutta la linea.” prosegue avvicinandosi a me, fissando gli occhi nei miei “Hai una così bassa opinione di me?” chiede con un’espressione sul viso che è tutta un programma. Vorrei abbracciarlo e dirgli che sono una cretina ad aver reagito così male, ma non ci riesco. Abbasso lo sguardo incapace di reggere ancora i suoi occhi.
“Dom, non è affatto così. O almeno, in parte non lo è. Sono io ad avere una bassa opinione di me stessa e probabilmente la gente che ho frequentato, non ha aiutato in questo senso.” spiego dicendo per la prima volta una verità dal sapore decisamente amaro per me “Non era mia intenzione offenderti, ecco. Ma tutte queste cose insieme mi hanno fatto perdere il controllo. E io sono una maniaca del controllo.”
“Avrei dovuto parlartene prima, ma hai visto com’è Matt. Appena gli ho accennato la cosa, è partito a razzo e non c’è stato verso. La mia non voleva essere un’imposizione dall’alto!” afferma lui ed io non posso far altro che scoppiare a ridere di gusto “E poi, la devi smettere di pensare di non essere abbastanza, chiaro? A me piaci, così come sei, e se serve te lo ripeterò all’infinito finchè non ci crederai anche tu.”      
“Io, non so cosa dire.” rispondo in preda all’imbarazzo più totale
“Ecco, stai zitta che è meglio!” ribatte lui sorridendo “Anzi, dammi la giacca che la poso di là.”
“Non ridere, ok?” chiedo, già sapendo che non ci riuscirà, consegnandogli la mia giacca. Mi lancia un’occhiata rapida e ride mettendosi le mani sulla bocca, come per giustificarsi.
“Giuro, è un caso. Non l’ho messa apposta.” preciso immediatamente
“Ma come? Ed io che pensavo fosse un abile tentativo per entrare nelle mie grazie.” borbotta in risposta lui, cercando di farmi il verso. Incrocio le braccia fingendo un broncio che non riesco a reggere per più di due secondi.
“Dominc Howard che mi imita.” rifletto “Non pensavo di assistere ad una cosa del genere in vita mia. Credo di avere una voce più acuta, comunque.”
Lui in risposta, posa la giacca sul mobile, si avvicina a me e con un movimento rapidissimo mi solleva il cappuccio sulla testa, dandomi un leggero scappellotto sulla nuca.
“Se è per questo, sei pure più rompiscatole. Adesso cosa posso offrirti?” domanda subito dopo invitandomi a seguirlo nell’ampio salotto. Ovviamente rimango incantata perché è tutto così ordinato, come se ogni cosa fosse stata accuratamente messa lì per un motivo. Immancabile una specie di terribile copertina leopardata piegata sul divano. Sgrano gli occhi e mi scappa una risatina che viene colta dal mio cicerone.
“Ehm. La copertina super virile sul divano.” gli spiego ridacchiando ancora di più per via della sua espressione mista tra divertimento e offesa. Mi aspetto una rispostaccia delle sue, ma non dice nulla. Anzi, si avvicina, mi appoggia al muro, mi accarezza i capelli e appoggia le sue labbra alle mie. Semplice, diretto e assolutamente sconvolgente. Mi bacia con desiderio, in un crescendo che mi toglie letteralmente il respiro. Poi, si stacca da me e rimane a fissarmi, il suo naso a pochi millimetri dal mio.
“Questo è abbastanza virile, invece?” domanda sottovoce senza lasciare la mano dal mio fianco
“Howard, questo è un colpo basso. Bassissimo.” sorrido inebetita e ipnotizzata dal suo sguardo, intreccio le braccia attorno al suo collo e riprendo a baciarlo. Sentirlo così vicino, mi spezza qualcosa dentro. Come un argine che avevo costruito nel tempo, torno a sentirmi viva, in preda a queste sensazioni meravigliose che mi riconducono a lui.
Dopo un tempo imprecisato, torniamo a parlare, a respirare, a prendere contatto con il mondo attorno. Dom mi guida sul divano e si sofferma a guardarmi mettendomi in imbarazzo.
“Era dalla cena a casa tua che volevo farlo, sai?” mi rivela lui abbassando gli occhi ed istintivamente gli accarezzo i capelli, sembra un bambino sperduto quando fa così
“Nonostante le botte prese? Che carino” ribatto appoggiandomi al suo petto “Sei così paziente, ma credo che se non lo fossi, probabilmente a quest’ora Matt sarebbe morto.”
“Forse. Non l’avevo mai vista da questa prospettiva!” risponde lui ridendo di gusto “In realtà penso di aspettare solo ciò che valga la pena esser atteso. E tu, lo meriti.” prosegue giocando con i miei capelli e queste parole letteralmente sciolgono alcune mie insicurezze come neve al sole. Affondo il viso nel suo collo e respiro il suo profumo che adoro.
“Nessuno mi ha mai parlato al cuore così. Dom, io ho paura a lasciarmi andare. Tutte le volte che l’ho fatto, mi sono ferita.” gli spiego aprendogli ancora un po’ il mio cuore “Il problema è che ho cercato di metterti alla porta, ma ogni volta che lo facevo, tu rientravi in grande stile dalla finestra…ed ero felice. Anzi, lo sono ed è solo colpa tua.”
“Siamo in due ad aver paura. Però, se ti guardo, mi passa. Voglio provarci, capisci? C’è qualcosa in te di cui non riesco a fare a meno. Non voglio, ecco.”
“Sei peggio del miele per Winnie Pooh, Howard!”
“Lo so, acidella dal cuore tenero.” mi punzecchia subito per poi rubarmi un bacio “Vuoi qualcosa da mangiare?”
“Te.” ribatto seria provocandolo, lui solleva un sopracciglio e mi si fionda addosso “Sto scherzando, una pizza va benissimo!”
“Sono un gentleman, ti va bene. Ok, ordiniamo allora!” mi bacia la fronte e si attacca al cellulare per prenotare le pizze.
Mi pizzico la faccia, per esser sicura di non aver sognato tutto questo.
Sorrido, aveva ragione Giuls, Londra mi ha fatta rinascere.
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Muse / Vai alla pagina dell'autore: Eternally_Missed