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Autore: Etoile_Noir    30/04/2009    1 recensioni
Durante quella notte senza stelle di dicembre faceva freddo per gli standand dell'isola. Il suo respiro si ghiacciava a contatto con l'aria invernale. La brezza gelida e traditrice proveniente dal fiume gli dava noia scompigliandogli i capelli che aveva fissato la mattina stessa con una massiccio strato di gel. Qualche settimana prima, prima di tornare da mamma se li era tinti di rosa. [...] Un passo dopo l'altro sentiva il materiale dei suoi jeans scuri e rovinati strusciare contro l'asfalto. E solo quello. C'era solo pace in quel buio totale.
Tony Lovato [ex Mest] One-Shot
Genere: Dark, Song-fic, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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ALL BLACK

Un ragazzo, uno di quelli che di solito avresti visto schierato con la sua gang, camminava solitario nelle vie di Blue Island.
Il suo splendido e squallido posto, come si ripeteva continuamente lui.
Infondo da quando era andato a Los Angeles sentiva la mancanza di questa cittadina, dove monumenti in ricordo della grande guerra troneggiavano ovunque.
Non aveva una bella fama, però i suoi prati perfettamente verdi e tagliati e le maestose case coloniali che erano state riprese in parecchie pellicole invogliavano le giovani coppiette sposate a trasferirsi. Lui non badava a tutto ciò; c'era nato in quel posto ed era difficile camminare tra quelle strade buie senza essere sommerso dai ricordi, che erano solo dolorosi per lui.
La sua dose di problemi ce li aveva avuti, ma doveva ammetterlo, se li era anche cercati soprattutto nel periodo in cui bazzicava con gli skinhead.
Era entrato in una band formata principalmente da ragazzi più grandi, i Confederate Storm. Dopo qualche mese voleva andarsene, scrivevano testi troppo violenti e razzisti per i suoi gusti, ma non poteva più; erano gli stessi che tenevano in piedi il giro di droga con cui lui si era indebitato fino al collo.
Quella fu la sua epoca buia, il suo medioevo.
Ne era uscito strisciando, unicamente con il sostegno dei suoi poichè gli skin gli avevano fatto rompere con tutto, e nemmeno i suoi amici d'infanzia erano riusciti più a capirlo.
Ne era passato di tempo prima di riacquistare la loro fiducia, con il tempo era tornato tutto come prima.

Durante quella notte senza stelle di dicembre faceva freddo per gli standand dell'isola.
Il suo respiro si ghiacciava a contatto con l'aria invernale.
La brezza gelida e traditrice proveniente dal fiume gli dava noia scompigliandogli i capelli che aveva fissato la mattina stessa con una massiccio strato di gel.
Qualche settimana prima, prima di tornare da mamma se li era tinti di rosa.
Colore che in qualche modo gli aveva sempre portato fortuna.
L'ultima volta che li aveva avuti di quel colore era quando gli era stata annunciata la proposta per un altro contratto con la Maverick riconfermando così la carriera come cantante della sua band.

I Mest.

Un passo dopo l'altro sentiva il materiale dei suoi jeans scuri e rovinati strusciare contro l'asfalto.
E solo quello.
C'era solo pace in quel buio totale.

Take a look at my life, all black
Take a look at clothes, all black
Like Johnny Cash, all black
Like Rolling Stone when they painted black
Like the colour of your dress all black



Amava stare a sentire ciò che il mondo aveva da dire; il mormorio degli alberi, qualche insetto che tesseva le proprie lodi alla notte suprema.
O semplicemente il silenzio.
Di mp3, ipod non ne possedeva. Non ne aveva mai voluti.
Per lui la musica doveva essere ascoltata forte e non solo sussurrata all'orecchio, perchè la musica era il suo universo.
Voleva che la musica gli facesse male, lasciasse un' impronta permanente su di lui, dentro di lui.
Doveva graffiargli l'anima, lacerarla dalle emozioni.

L'oscurità era spezzata ogni tanto da qualche lampione, fissato sulla veranda di qualche casupola fino a Lincoln Boulevard.
La via più buia. Il quartiere malfamato.

E il maledetto sottopasso ferroviario.

Passi riecheggiavano dietro di lui.
Forti ed amplificati dall'enorme vuoto che c'era lì attorno.
Piena di barboni che cercavano di non crepare dal freddo come Buck, il cane intrepido del richiamo della foresta.

Come le persone che ho lasciato indetro, che faticano a scaldarsi dal gelo in cui le ho avvolte...

...Chelsea, Matt, Benji, Joel, Nick, Jeremiah, Paul...


C'era silenzio, troppo silenzio per trovarsi in quel posto.
Si sentiva inquieto. Si udivano sempre voci sommesse e rumori sinistri provenire da angoli reconditi.
Fantasmi che si raccontavano i drammi della loro vita, di come erano finiti a dormire per la strada con voci spesso prive di emozioni.
Lo scoppiettio delle braci dentro le taniche che in anni migliori avevano l'onore di contenere litri e litri di oro nero.
Eppure quella sera tutto era silente, statico.
Era ormai fuori di lì.
Cominciò a respirare di nuovo a pieni polmoni poichè si era lasciato la minaccia alle spalle.

"Guardati le spalle, Tony."
Le parole di un amico che come lui aveva avuto a che fare con la gente dell'isola.
Ma era tanto tempo fa, un tempo troppo lontano.


Un uomo alto gli si parò di fronte.
L'odore di alcool era fortissimo, quasi come se avesse scordato la sua anima dentro al bicchiere di un alcolico ed ora ne era completamente intrisa.

Jack. Gin. Brandy.
Come i nomi di persone, che col tempo erano diventati probabilmente i suoi migliori amici.

"Tony, vecchio mio", lo salutò accogliendolo tra le sue braccia.

Lo abbracciò controvoglia. Un minimo contatto ed aveva il suo puzzo addosso, sentiva il lerciume assalirlo pian piano. Chissà a quanti mesi prima risaliva la sua ultima doccia.

"Hey Aaron"

Il suo tono era cauto, guardingo nei confronti di quello che una volta era il leader della banda di skinhead locali.

"Perchè non ci sei, non mi sei venuto a salvare da questa merda di posto, eh?"

Le parole s'inceppavano tra le labbra del ragazzo che era troppo ubriaco, troppo fuori di sè per riuscire a pronunciare solo una parola correttamente.

"Eh, brutto bastardo? Perchè non sei più tornato?"

Stava iniziando ad essere violento e dargli una risposta sarebbe stato peggio.
Si sarebbe infuriato.

"Avevo da fare"

Un concetto troppo vago e conoscendolo, troppo presuntuoso da sopportare per lui.

"Cos'avrà avuto da fare il piccolo Anthony fottuto Lovato da fare di più importante da non ricontattare i suoi vecchi cari amici?"
Non ha senso parlare.


[Take a look at my life, all black
Take a look at clothes, all black
Like Johnny Cash, all black
Like Rolling Stone when they painted black
Like the colour of your dress, all black
Like the seats of my cadillac, all black


Scopare le tue piccole troiette di fans, uh?"

Guardava a terra, Tony. Evitando, come i codardi fanno, di guardare l'altro in faccia.

"E a me nulla, eh, Tony?", continuò imperterrito il suo discorso "Sono stato come un fratello per te. Ti ho cresciuto. Ti ho dato la roba anche quando non avevi un fottuto dollaro. Ti ho salvato la pelle. E tu cos'hai fatto?"

Erano tutte balle. Solo fottute balle. Ce l'aveva trascinato lui in quello schifo.
"Party tutte le sere, ti divertirai a girare con noi", aveva detto Aaron.
Le feste erano solo il regno dell'eroina, assenzio e delle puttane.
Come i gironi dell'inferno, ogni volta la trasgressione si spingeva lontano e man mano si scendeva nell'abisso.

"No, non rispondere. Risparmiati",
comandò prendendosi la testa tra le mani come disperato.

"Un cazzo, ecco. Mi hai lasciato a marcire in questa merda. Ma ora, piccolo Tony, è arrivato il momento di saldare il debito"

Gli si avvicinò rapidamente.

"Vieni qui brutto frocetto"

Lo prese per i capelli. Lo costrinse a guardarlo in faccia.
Il volto era emaciato, sporco e i suoi occhi sporgenti come quelli di una civetta; lucidi e sgranati come quelli di un pazzo.

"Ti ha convinto la tua fidanzata troia a tingerteli così? E' per fare di te un accessorio da abbinare ai vestiti rosa da battona che si comprano a Los Angeles?"

Gli occhi che bruciano.
La rabbia che ti fa tremare, che ti fa venire la pelle d'oca.
Ovunque.
E il desiderio pressante di ucciderlo.
Costante.

Gli stringeva la mascella come se volesse frantumarla sotto la sua morsa, mentre continuava a provocarlo prima con parole sempre più acide e taglienti e poi con la violenza fisica.
Continuava a spintonarlo. Lui cercava di respingerlo come poteva.

"Spinte su spinte. Non sai fare altro, Aar?"
Era più alto di lui di una spanna e il suo fisico era molto più possente del suo. Forse era un rischio provocarlo, ma si era stancato.
Era livido.
Non ce la faceva più a sopportare le sue pressioni e starsene zitto.

"Finalmente parli. Temevo che il gatto ti avesse mangiato la lingua", lo provocò l'altro.
Un ghigno stampato sulla sua faccia.

Il suo volto gli dava sui nervi, la sua presenza era intollerabile.
Gli andò adosso, tirandogli un pugno che quasi non sentì.
La risposta fu crudele, rapida e talmente potente che lo buttò a terra in un istante.
Dolorante.

Come un'avvoltoio su una carcassa, se lo trovò addosso.
Raffiche di pugni e calci sul volto, al basso ventre, alle gambe.
Non riusciva ad alzarsi, non aveva la forza e il tempo necessari. Il dolore era insostenibile e gli attacchi troppo rapidi.

Chiamare aiuto era perfettamente inutile.
Non c'era nessuno in giro.

Faceva male, un male cane. Non si lasciò scappare nemmeno un gemito.

Il sangue iniziò a colare dal suo volto a fiotti, il naso non se lo sentiva nemmeno più.
Si toccò il volto.
La sua mano era sporca di sangue e le goccioline cadevano sui suoi vestiti macchiandoli.
Tradimento.

Lo rimise in piedi come se fosse una marionetta in mano ad un burattinaio, e lo spinse ferocemente verso il suolo con altrettanta facilità.

L'impatto fu brutale.

La vista gli si appannò, e piano piano il mondo si chiuse su di lui.


Take a look at my life, all black
Take a look at clothes, all black
Like Johnny Cash, all black
Like Rolling Stone when they painted black
Like the colour of your dress all black.
Take a look at my life, all black
All black



  
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