ALL BLACK
Un
ragazzo, uno di quelli che di solito avresti visto schierato con la
sua gang, camminava solitario nelle vie di Blue Island.
Il suo
splendido e squallido posto, come si ripeteva continuamente
lui.
Infondo da quando era andato a Los Angeles sentiva la
mancanza di questa cittadina, dove monumenti in ricordo della grande
guerra troneggiavano ovunque.
Non aveva una bella fama, però
i suoi prati perfettamente verdi e tagliati e le maestose case
coloniali che erano state riprese in parecchie pellicole invogliavano
le giovani coppiette sposate a trasferirsi. Lui non badava a tutto
ciò; c'era nato in quel posto ed era difficile camminare tra
quelle strade buie senza essere sommerso dai ricordi, che erano solo
dolorosi per lui.
La sua dose di problemi ce li aveva avuti, ma
doveva ammetterlo, se li era anche cercati soprattutto nel periodo in
cui bazzicava con gli skinhead.
Era entrato in una band formata
principalmente da ragazzi più grandi, i Confederate Storm.
Dopo qualche mese voleva andarsene, scrivevano testi troppo violenti
e razzisti per i suoi gusti, ma non poteva più; erano gli
stessi che tenevano in piedi il giro di droga con cui lui si era
indebitato fino al collo.
Quella fu la sua epoca buia, il suo
medioevo.
Ne era uscito strisciando, unicamente con il sostegno
dei suoi poichè gli skin gli avevano fatto rompere con tutto,
e nemmeno i suoi amici d'infanzia erano riusciti più a
capirlo.
Ne era passato di tempo prima di riacquistare la loro
fiducia, con il tempo era tornato tutto come prima.
Durante
quella notte senza stelle di dicembre faceva freddo per gli standand
dell'isola.
Il suo respiro si ghiacciava a contatto con l'aria
invernale.
La brezza gelida e traditrice proveniente dal fiume gli
dava noia scompigliandogli i capelli che aveva fissato la mattina
stessa con una massiccio strato di gel.
Qualche settimana prima,
prima di tornare da mamma se li era tinti di rosa.
Colore che in
qualche modo gli aveva sempre portato fortuna.
L'ultima volta che
li aveva avuti di quel colore era quando gli era stata annunciata la
proposta per un altro contratto con la Maverick riconfermando così
la carriera come cantante della sua band.
I Mest.
Un
passo dopo l'altro sentiva il materiale dei suoi jeans scuri e
rovinati strusciare contro l'asfalto.
E solo quello.
C'era solo
pace in quel buio totale.
Take a look at my life,
all black
Take a look at clothes, all black
Like Johnny Cash,
all black
Like Rolling Stone when they painted black
Like the
colour of your dress all black
Amava stare a sentire ciò
che il mondo aveva da dire; il mormorio degli alberi, qualche insetto
che tesseva le proprie lodi alla notte suprema.
O semplicemente il
silenzio.
Di mp3, ipod non ne possedeva. Non ne aveva mai
voluti.
Per lui la musica doveva essere ascoltata forte e non solo
sussurrata all'orecchio, perchè la musica era il suo universo.
Voleva che la musica gli facesse male, lasciasse un' impronta
permanente su di lui, dentro di lui.
Doveva graffiargli l'anima,
lacerarla dalle emozioni.
L'oscurità era spezzata ogni
tanto da qualche lampione, fissato sulla veranda di qualche casupola
fino a Lincoln Boulevard.
La via più buia. Il quartiere
malfamato.
E il maledetto sottopasso ferroviario.
Passi
riecheggiavano dietro di lui.
Forti ed amplificati dall'enorme
vuoto che c'era lì attorno.
Piena di barboni che cercavano
di non crepare dal freddo come Buck, il cane intrepido del richiamo
della foresta.
Come le persone che ho lasciato indetro, che
faticano a scaldarsi dal gelo in cui le ho avvolte...
...Chelsea,
Matt, Benji, Joel, Nick, Jeremiah, Paul...
C'era silenzio, troppo silenzio per trovarsi in quel posto.
Si
sentiva inquieto. Si udivano sempre voci sommesse e rumori sinistri
provenire da angoli reconditi.
Fantasmi che si raccontavano i
drammi della loro vita, di come erano finiti a dormire per la strada
con voci spesso prive di emozioni.
Lo scoppiettio delle braci
dentro le taniche che in anni migliori avevano l'onore di contenere
litri e litri di oro nero.
Eppure quella sera tutto era silente,
statico.
Era ormai fuori di lì.
Cominciò a
respirare di nuovo a pieni polmoni poichè si era lasciato la
minaccia alle spalle.
"Guardati le spalle, Tony."
Le parole di un amico che come lui aveva avuto a che fare con la
gente dell'isola.
Ma era tanto tempo fa, un tempo troppo
lontano.
Un uomo alto gli si parò di
fronte.
L'odore di alcool era fortissimo, quasi come se avesse
scordato la sua anima dentro al bicchiere di un alcolico ed ora ne
era completamente intrisa.
Jack. Gin. Brandy.
Come i nomi
di persone, che col tempo erano diventati probabilmente i suoi
migliori amici.
"Tony, vecchio mio", lo
salutò accogliendolo tra le sue braccia.
Lo abbracciò
controvoglia. Un minimo contatto ed aveva il suo puzzo addosso,
sentiva il lerciume assalirlo pian piano. Chissà a quanti mesi
prima risaliva la sua ultima doccia.
"Hey Aaron"
Il suo tono era cauto, guardingo nei confronti di quello
che una volta era il leader della banda di skinhead locali.
"Perchè
non ci sei, non mi sei venuto a salvare da questa merda di posto,
eh?"
Le parole s'inceppavano tra le labbra del
ragazzo che era troppo ubriaco, troppo fuori di sè per
riuscire a pronunciare solo una parola correttamente.
"Eh,
brutto bastardo? Perchè non sei più tornato?"
Stava iniziando ad essere violento e dargli una risposta
sarebbe stato peggio.
Si sarebbe infuriato.
"Avevo
da fare"
Un concetto troppo vago e conoscendolo,
troppo presuntuoso da sopportare per lui.
"Cos'avrà
avuto da fare il piccolo Anthony fottuto Lovato da fare di più
importante da non ricontattare i suoi vecchi cari amici?"
Non
ha senso parlare.
[Take a look at my life,
all black
Take a look at clothes, all black
Like Johnny Cash,
all black
Like Rolling Stone when they painted black
Like the
colour of your dress, all black
Like the seats of my cadillac, all
black
Scopare le tue piccole troiette di
fans, uh?"
Guardava a terra, Tony. Evitando, come i
codardi fanno, di guardare l'altro in faccia.
"E a me
nulla, eh, Tony?", continuò imperterrito il suo
discorso "Sono stato come un fratello per te. Ti ho
cresciuto. Ti ho dato la roba anche quando non avevi un fottuto
dollaro. Ti ho salvato la pelle. E tu cos'hai fatto?"
Erano
tutte balle. Solo fottute balle. Ce l'aveva trascinato lui in quello
schifo.
"Party tutte le sere, ti divertirai a girare con
noi", aveva detto Aaron.
Le feste erano solo il regno
dell'eroina, assenzio e delle puttane.
Come i gironi
dell'inferno, ogni volta la trasgressione si spingeva lontano e man
mano si scendeva nell'abisso.
"No, non rispondere.
Risparmiati", comandò prendendosi la testa tra le
mani come disperato.
"Un cazzo, ecco. Mi hai lasciato
a marcire in questa merda. Ma ora, piccolo Tony, è arrivato il
momento di saldare il debito"
Gli si avvicinò
rapidamente.
"Vieni qui brutto frocetto"
Lo
prese per i capelli. Lo costrinse a guardarlo in faccia.
Il volto
era emaciato, sporco e i suoi occhi sporgenti come quelli di una
civetta; lucidi e sgranati come quelli di un pazzo.
"Ti
ha convinto la tua fidanzata troia a tingerteli così? E' per
fare di te un accessorio da abbinare ai vestiti rosa da battona che
si comprano a Los Angeles?"
Gli occhi che bruciano.
La rabbia che ti fa tremare, che ti fa venire la pelle d'oca.
Ovunque.
E il desiderio pressante di
ucciderlo.
Costante.
Gli stringeva la mascella come se
volesse frantumarla sotto la sua morsa, mentre continuava a
provocarlo prima con parole sempre più acide e taglienti e poi
con la violenza fisica.
Continuava a spintonarlo. Lui cercava di
respingerlo come poteva.
"Spinte su spinte. Non sai
fare altro, Aar?"
Era più alto di lui di una
spanna e il suo fisico era molto più possente del suo. Forse
era un rischio provocarlo, ma si era stancato.
Era livido.
Non
ce la faceva più a sopportare le sue pressioni e starsene
zitto.
"Finalmente parli. Temevo che il gatto ti
avesse mangiato la lingua", lo provocò l'altro.
Un
ghigno stampato sulla sua faccia.
Il suo volto gli dava sui
nervi, la sua presenza era intollerabile.
Gli andò adosso,
tirandogli un pugno che quasi non sentì.
La risposta fu
crudele, rapida e talmente potente che lo buttò a terra in un
istante.
Dolorante.
Come un'avvoltoio su una carcassa, se
lo trovò addosso.
Raffiche di pugni e calci sul volto, al
basso ventre, alle gambe.
Non riusciva ad alzarsi, non aveva la
forza e il tempo necessari. Il dolore era insostenibile e gli
attacchi troppo rapidi.
Chiamare aiuto era perfettamente
inutile.
Non c'era nessuno in giro.
Faceva male, un male
cane. Non si lasciò scappare nemmeno un gemito.
Il
sangue iniziò a colare dal suo volto a fiotti, il naso non se
lo sentiva nemmeno più.
Si toccò il volto.
La sua
mano era sporca di sangue e le goccioline cadevano sui suoi vestiti
macchiandoli.
Tradimento.
Lo rimise in piedi come se
fosse una marionetta in mano ad un burattinaio, e lo spinse
ferocemente verso il suolo con altrettanta facilità.
L'impatto
fu brutale.
La vista gli si appannò, e piano piano il
mondo si chiuse su di lui.
Take a look at my
life, all black
Take a look at clothes, all black
Like Johnny
Cash, all black
Like Rolling Stone when they painted black
Like
the colour of your dress all black.
Take a look at my life, all
black
All black