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Autore: Vivo_per_wattpad01    31/08/2016    0 recensioni
Meg, Jo, Beth e Amy March, quattro giovinette ansiose di vita e di gioia, vivono serene nel grande affetto che lega la loro famiglia, sebbene debbano rinunziare a molte aspirazioni, per le condizioni modeste divenute più difficili dopo la partenza del padre per la guerra.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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                                             Il gioco dei pellegrini

Natale non sarà più Natale, senza regali -brontolò Jo, sdraiata sul tappeto. -E' terribile essere poveri! -sospirò Meg, guardando il suo vestito decisamente vecchio. -Non mi sembra giusto che ci siano delle ragazze che hanno tante belle cose ed altre non hanno assolutamente niente -aggiunse sospirando la piccola Amy. -Ma noi abbiamo papà e mamma ed il nostro affetto -disse Beth, soddisfatta, dal suo angolino. I quattro visetti, che riflettevano il chiarore del fuoco del caminetto, si illuminarono alle care parole di Beth, ma si oscurarono nuovamente non appena Jo disse tristemente: -Il babbo non è qui con noi e non ci sarà ancora per molto tempo. -non aggiunse "forse mai più", ma ognuna di loro lo pensò, ricordando il babbo tanto lontano, là dove si stava combattendo. Per un attimo nessuno parlò, i Meg disse con tono alterato: -voi conoscete la ragione per cui la mamma ha proposto di non far regali questo Natale. L'inverno sarà difficile per tutti e non dovremmo spendere denaro in cose futili, quando i nostri uomini stanno soffrendo in guerra. Noi non possiamo fare molto, ma possiamo contribuire con qualche piccolo sacrificio e dovremmo farlo volentieri. Ma io ho paura di non esserne capace -e Meg scosse la testa pensando con rimpianto a tutte le belle cose che desiderava. -Non credo che quel poco che potremmo spendere possa giovare molto. Abbiamo un dollaro a testa e l'esercito non saprebbe che farsene. Sono d'accordo nel non aspettarmi regali dalla mamma o da voi, ma vorrei proprio comperarmi Andina e Sitram: è da molto che lo desidero -disse Jo che era una vera divoratrice di libri. -Avevo progettato di spendere i miei soldi comperandomi nuova musica - disse Beth con un piccolo sospiro che solo la scopetta e gli alari del camino poterono udire . - Ed io comprerò una bella scatola di matite Faber per disegno: ne ho proprio bisogno -disse Amy decisa. -La mamma non ha parlato del nostro denaro e non può volere che rinunciamo proprio a tutto. Compriamo dunque ciò che lavoriamo abbastanza sodo per meritarcelo! -esclamò Jo, esaminandosi i tacchi delle scarpe con piglio mascolino. -Io me lo merito proprio! Insegnare tutto il giorno a quei fastidiosi bambini, quando invece desidererei tanto divertirmi in casa -piagnucolò Meg. «La mamma non ha detto che non dobbiamo spendere il nostro dollaro! Ognuna di noi può comprarsi una cosa; in fondo lavoriamo e ce lo meritiamo», osservò Jo. «Già. Io insegno tutto il giorno ai figli dei King, e vi assicuro che non è facile», si lamentò Meg. «E io passo le mie giornate chiusa in casa della zia March! Non fa che strillare e brontolare. A volte mi viene voglia di buttarmi dalla finestra per non sentirla più», disse Jo. «Penso che lavare i piatti e mettere in ordine la casa sia il lavoro peggiore del mondo. Le mani mi fanno tanto male che quasi non riesco più a suonare il pianoforte.» Beth si guardò le mani ruvide e fece un sospiro che questa volta tutte riuscirono a sentire «Nessuna di voi soffre quanto me», obiettò Amy. «Voi non dovete andare a scuola con delle ragazze odiose che vi prendono in giro, ridono dei vostri vestiti, che vi insultano perché il vostro naso non è perfetto ed emigrano vostro padre perché non è ricco!» «Forse volevi dire denigrano, e non emigrano», la corresse Jo, ridendo. «Non prendermi in giro!», replicò Amy, guardando seccata la sorella. «Non puoi certo dirmi quali parole devo usare, visto che tu parli come un maschiaccio.» Per tutta risposta, Jo infilò le mani in tasca e cominciò a fischiettare. «Non fare così, Jo! Sembri un ragazzo!» «Per questo lo faccio.» «Non litigate», intervenne Meg, cominciando una delle sue prediche da sorella maggiore. «Jo, sei abbastanza grande per iniziare a comportarti come una signorina...» «Una signorina?!», sbuffò Jo. «Detesto l'idea di crescere e diventare "la signorina March", indossare gonne lunghe e stare sempre composta. È già abbastanza noioso essere nata femmina! Se fossi un maschio, ora sarei a combattere insieme a papà, invece di stare a casa a lavorare a maglia come una vecchietta.» Meg la ignorò e riprese la sua predica: «Per quanto riguarda te, Amy, oggi sei piccola e i tuoi modi da signorina sono divertenti ma, se non starai attenta, quando crescerai diventerai un'ochetta insopportabile. «Se Jo è un maschiaccio e Amy è un'ochetta, io cosa sono?», chiese Beth, pronta a ricevere la sua parte di predica. «Tu sei una brava ragazza e basta», rispose Meg con dolcezza. So che a chi legge piace conoscere l'aspetto dei personaggi, perciò ora descriverò le quattro sorelle che se ne stavano davanti al fuoco a chiacchierare, mentre fuori cadeva la neve. Margaret, o Meg, aveva 16 anni ed era la sorella maggiore. Era molto carina, con un bel viso tondo, occhi grandi, morbidi capelli castani e sottili mani bianche, delle quali era molto orgogliosa. La quindicenne Josephine, o Jo, era alta e magra, con occhi grigi e furbi. Non stava mai ferma e quando si muoveva, somigliava a un cavallo, perché non sapeva mai bene dove mettere gambe e braccia. i lunghi capelli scuri erano la sua bellezza, ma di solito li teneva legati, perché le davano fastidio. Elizabeth, che tutti chiamavano Beth, aveva 13 anni, capelli lisci, occhi luminosi e una voce timida. Sembrava vivesse in un mondo tutto suo dal quale usciva solo per incontrare le poche persone di cui si fidava e a cui voleva bene. Amy era la più giovane della famiglia March, ma era comunque un personaggio molto importante (o almeno così pensava lei). Sembrava un piccolo angelo con gli occhi azzurri e i riccioli biondi, e amava comportarsi come una vera signorina. Il carattere delle quattro sorelle lo lasciamo immaginare a chi legge. L'orologio suonò le 6: la mamma stava per tornare! Beth si alzò veloce, prese un paio di pantofole e le mise vicino al fuoco, per scaldarle. «Come sono rovinate... La mamma avrebbe proprio bisogno di un paio di pantofole nuove», osservò Jo. «Potrei comprargliele io», rifletté Beth ad alta voce. «Sono io la più grande e gliele regalo io!», disse Meg. «Invece tocca a me. Sono io l'uomo di casa, ora che papà non c'è!», affermò Jo. «Facciamo così. Ognuna di noi col proprio dollaro farà un regalo di Natale alla mamma.» «Io le comprerò dei guanti nuovi!», decise Meg, fissando le sue belle mani. «Io delle pantofole, le migliori che ci siano», esclamò Jo. «Io dei fazzoletti ricamati», disse Beth. «E io le regalerò dell'acqua di colonia. Le piacerà e non costa molto. E con i soldi che avanzano, potrò comprarmi qualche matita», concluse Amy. «Sarà una bellissima sorpresa! Però andremo a fare i regali domani, perché oggi dobbiamo fare le prove per lo spettacolo di Natale», disse Jo, camminando su e giù per la stanza con le mani dietro la schiena. «Questa è l'ultima volta che partecipo a una delle tue recite. Sono grande ormai per queste cose», disse Meg. «Sei la nostra migliore attrice! Non puoi abbandonare le scene...», protestò Jo. «Forza, iniziamo le prove: Amy, vieni qui e ripeti la scena dello svenimento; non ti riesce ancora bene. Devi fare così, ti faccio vedere: barcolla per la stanza e grida Rodrigo, Rodrigo, salvami!» Tra battibecchi e risate, le prove andarono avanti per un po'. Alla fine Jo fu molto soddisfatta; aveva scritto lei la commedia e voleva che tutto fosse perfetto. «Sono contenta di vedere che siete tanto allegre, figliole!», disse all'improvviso una voce dalla porta. Subito le ragazze corsero a salutare la mamma. «Com'è andata la vostra giornata? Beth, è venuto qualcuno? Come va il tuo raffreddore, Meg? Jo, sembri stanca. Dammi un bacio, Amy!» Mentre parlava, la signora March si toglieva il soprabito bagnato, infilava le pantofole calde e si sedeva in poltrona, per godersi le ore più serene della sua faticosa giornata. «Ho una bella sorpresa per voi!», annunciò la mamma. «Una lettera di papà!», gridò Jo entusiasta, e un sorriso brillò sui volti delle ragazze. Beth si sedette ai piedi della poltrona, Meg e Amy sui due braccioli, mentre Jo restò in piedi alle spalle della mamma, dove nessuno si sarebbe accorto se le fosse scesa qualche lacrima. Nella sua lettera, il reverendo March non raccontava di sofferenze e di pericoli, ma della vita vivace al campo, delle lunghe marce e delle notizie militari. Solo alla fine, parlando delle sue figlie, si concedeva qualche parola di nostalgia: "Baciale da parte mia. Penso a loro tutti i giorni e sono sicuro che non avranno dimenticato le mie raccomandazioni: saranno affettuose con te, faranno il loro dovere e proveranno ogni giorno a essere migliori, così che io, al mio ritorno, possa essere più che mai orgoglioso e innamorato delle mie piccole donne." Nessuna riuscì a nascondere la propria commozione. Jo non si vergognò della lacrimona che le scivolava sulla punta del naso, né Amy si preoccupò di spettinare i suoi riccioli mentre nascondeva il viso sulla spalla della mamma e singhiozzava. «Sono proprio egoista! Ma prometto di migliorare, perché non voglio deludere papà!». «Proveremo tutte a migliorare», disse Meg. «Io mi preoccupo sempre troppo di fare bella figura, e mi lamento del mio lavoro...» «E io cercherò di diventare una vera donnina», promise Jo, anche se sapeva che sarebbe stato difficile. Solo Beth non parlò; si asciugò le lacrime e tornò silenziosa ai suoi doveri di casa. «Vi ricordate quando giocavate al "Viaggio dei Pellegrini"?», chiese allora la signora March. «Vi legavate sulle spalle dei grossi sacchi, che chiamavate fardelli, e andavate in giro per casa, dalla cantina alla soffitta, superando difficoltà e vivendo mille avventure.» «È vero! Ci divertivamo tanto!», esclamò Jo. «Se non fossi troppo adulta per certe cose, mi piacerebbe ancora giocare ai Pellegrini», disse Amy, col suo solito tono da grande. «Non si è mai troppo grandi per quel gioco, mia cara», la corresse la mamma. «In un certo senso ci giochiamo tutta la vita: portiamo sulle spalle tanti pesi e preoccupazioni.

   
 
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