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Autore: ErZa_chan    31/08/2016    6 recensioni
Lancio un altro grido, mentre percepisco il dolore che attraversa il mio corpo, sempre più forte.
Tengo gli occhi chiusi, il buio mi sommerge completamente: tutto quello che sento è l'orribile squarciarsi della mia pelle e lo scricchiolio disumano delle mie ossa. [...] Il cuore mi batte all'impazzata e perdo totalmente la concezione della realtà: il mondo intorno a me diventa solo un ammasso indistinto di suoni e odori e sento di poter cedere da un momento all'altro.
No.
Devo resistere al dolore.
Non voglio morire.
Non posso morire.
Io voglio vivere.
________
Due ragazze francesi, prive di memoria, vengono ritrovate in un bunker sotterraneo durante una missione dello S.H.I.E.L.D. Non ci vuole molto perché scoprano di essere state vittime di orribili sperimenti e, affiancate dai migliori agenti del paese, cominceranno a scoprire che, nascosto nel loro passato, c'è qualcosa di molto più temibile di quanto pensino.
[Post-Avengers, Pre Capitan America TWS]
[OC(s)xAvenger(s)]
Genere: Angst, Azione, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Clint Barton/Occhio di Falco, Natasha Romanoff/Vedova Nera, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Bring me to life

A mia mogliah RedPhoenix, senza la quale questa storia non sarebbe mai andata avanti.
A Leda e Ginevra, per la loro immensa pazienza.
E a Evilcassy e la sua Addison, loro sanno perché.

 

 Parte uno

 Capitolo uno

 

It's the moment of truth and the moment to lie
The moment to live and the moment to die
The moment to fight, the moment to fight, to fight, to fight, to fight


This is war – 30 seconds to mars

 

 

 

Lancio un altro grido, mentre percepisco il dolore che attraversa il mio corpo, sempre più forte.
Tengo gli occhi chiusi, il buio mi sommerge completamente: tutto quello che sento è l'orribile squarciarsi della mia pelle e lo scricchiolio disumano delle mie ossa.
Affondo i denti nel labbro per trattenere l'ennesimo urlo e sento il sapore del sangue in bocca.
Un violento conato di vomito mi attanaglia lo stomaco e non riesco a contenerlo.
L'odore acre della bile si mescola a quello ferroso del sangue e la testa mi esplode, mentre premo violentemente le mani sulle orecchie per non sentire le mie stessa grida

Accanto a me percepisco la presenza di un altro corpo, un'altra persona, che si dimena freneticamente come me.
Ma i suoi gemiti silenziosi, come se fosse stremata.
Vorrei poterle parlare, ma un altro conato mi fa morire le parole in bocca.
Premo le mani più forte, quasi volessi sfondarmi da sola la testa.
Non sarebbe male, sicuramente sarebbe meno doloroso di quello che sto provando adesso.

 

Sento chiaramente il mio corpo scricchiolare, come se qualcuno stesse cercando di modificarlo contro il suo volere e, forse, da quel poco che mi ricordo, potrebbe essere proprio così.
Mi sforzo di pensare ma i ricordi sono sfocati, inconsistenti.
Nella mia mente non c'è spazio che per il dolore.

 

All'improvviso sento come se migliaia di aghi cercassero di penetrare la mia pelle e urlo ancora, fino a non avere più fiato nei polmoni, che ormai bruciano per lo sforzo.
Sento il cuore battermi all'impazzata e perdo totalmente la concezione della realtà: il mondo intorno a me diventa solo un ammasso indistinto di suoni e odori e sento di poter cedere da un momento all'altro.
No. Devo resistere al dolore.

Non voglio morire.

Una parte di me si chiede perché lottare... In fondo sarebbe meglio andarsene una volta per tutte e abbandonare questa sofferenza.
Proprio mentre sto per arrendermi un ordine preciso mi rimbomba nella mente:
"Tu devi sopravvivere."
La voce di un uomo, a cui mi aggrappo con tutta me stessa.

Io voglio vivere.

Cerco di aprire piano gli occhi e allontanare le mani tremanti dalle orecchie.
All'inizio c'è solo oscurità poi, poco a poco, distinguo gli oggetti intorno a me.
Sono rannicchiata in un angolo di una stanza, piccola, quasi soffocante, con solo un piccolo neon ad illuminarla.
Per terra la sporcizia ricopre tutto e l'odore è opprimente.
La luce per un attimo mi ferisce gli occhi, che iniziano a lacrimare copiosamente.

Fantastico, ci mancava solo che cominciassi a piangere.

Lentamente striscio verso il corpo accanto a me, distante si e no due metri.
La ragazza, come ipotizzo dai lunghi capelli scompigliati, giace su un fianco, rannicchiata su se stessa in posizione fetale, i pochi stracci che ha adosso completamente sporchi.
E' completamente immobile e quanto la sfioro non dà segni di vita.
La giro pian piano e, con orrore, la osservo, mentre indietreggio impacciatamente.
Ha il viso totalmente deformato: gli occhi sgranati sono completamente persi nel vuoto e dalle orecchie e dal naso esce una quantità smisurata di sangue.
Le braccia, torte in una posizione innaturale, sono ricoperte di grossi lividi violacei e di peli.
Peli che non hanno nulla di vagamente umano: sembrano più quelli di una qualche bestia selvaggia.
Anche le mani sono agghiaccianti: riesco a intravedere lunghe unghie spezzate e dita tozze, quasi deformi.

Mi allontano sempre di più dal corpo, spaventata e confusa.
D'istinto porto lo sguardo sulle mie braccia che, però, sono assolutamente normali.
Tirando un sospiro di sollievo cerco di alzarmi in piedi e barcollo, cadendo malamente a terra.
Ringhiando di dolore ci provo nuovamente e, questa volta, riesco a mantenere un equilibrio precario, nonostante tutto il mio corpo urli di dolore.

Guardandomi intorno noto delle sbarre che non avevo visto ad una prima occhiata: sembrerebbe proprio che mi trovi in una cella. Una fetida, sudicia e squallida cella.
Mi avvicino lentamente e con la mano sfioro il metallo freddo delle inferriate, forse la prima sensazione piacevole che provo da quando sono cosciente.

All'improvviso sento qualcosa muoversi dall'altra parte e compare una luce, al di fuori della stanza.
Indietreggio spaventata, ritraendo velocemente la mano dalle sbarre.

"Non avere paura." mi dice la voce di un uomo, tremendamente familiare.

Ci metto un attimo prima di riuscire a associarla a quella che ho ricordato poco prima, quella che mi incoraggiava a stare in vita, quella per cui ho resistito.

Pian piano mi avvicino nuovamente alle sbarre e vedo che l'uomo a allungato una mano dentro la cella.

"Mi capisci?" mi chiede, con fare gentile.

Annuisco.

"Avvicinati." mi ordina e non posso far altro che obbedire.

Mi scruta per qualche secondo, rischiarando intorno a sé con una piccola torcia, dopodiché tende una mano e afferra la mia.

"Brava piccola ce l'hai fatta."- mi dice- "Al contrario della tua compagna..." aggiunge, con tono deluso, guardando verso la ragazza raggomitolata a terra, in posizione fetale.

Sto per aprire la bocca, per chiedere spiegazioni quando all'improvviso sento avvicinarsi dei rumori piuttosto violenti.
E degli spari.

Vedo il viso dell'uomo rabbuiarsi, mentre fissa torvo il corridoio da cui è arrivato.
Lo guardo con aria preoccupata ma lui si sforza di sorridermi.

"Andrà tutto ben.." sta sussurrandomi quando due colpi di pistola lo centrano in pieno petto.

Lo vedo stramazzare al suolo, in una pozza di sangue, impotente.

La torcia si spegne all'improvviso e il corridoio torna buio come prima e soltanto il piccolo neon rimane a illuminare debolmente la cella.
Sento ancora degli spari in lontananza e una cieca paura mi assale: ho resistito a un dolore così terribile per poi morire subito dopo?
Non se ne parla.

Proprio mentre mi decido a fare qualcosa, sento qualcuno muoversi nel corridoio.
Ha il passo leggero, quasi impercettibile, ma lo avverto comunque.
Si ferma proprio davanti alla cella e sbircia cautamente all'interno: la luce illumina appena i suoi lineamenti.
E' una donna, una donna dai capelli rossi.

La guardo torva e faccio per parlarle ma dalla gola mi esce solo un sibilo, che sorprende persino me. Sembra quasi quello di un serpente.

Vedo una velocissima scintilla di sorpresa illuminarle gli occhi, prima che torni seria e glaciale come prima.
Poi estrae una pistola e mi spara.

**

Natasha guarda la ragazza davanti a sé accasciarsi al suolo con un tonfo sonoro, mentre rifodera la sua arma.

"L'hai uccisa?" le domanda una voce maschile alle sue spalle.

"No, Clint, l'ho solo addormentata. Erano ordini di Fury: se trovate prigionieri o cavie portatele alla base." risponde lei freddamente, mentre in qualche rapida mossa scassina la serratura della cella.

"Ce ne sono due..." le fa notare l'uomo, mentre entrano.

"Credo sia morta, comunque vale la pena controllare." replica Natasha sbrigativa, avvicinandosi al corpo e tastando il polso.

"E' viva.."- sussurra, dopo qualche secondo, con una note di stupore nella voce, dopodiché si porta la mano all'auricolare-"Steve com'è la situazione al piano di sopra?" domanda.

"Tutto libero." si sente gracchiare il Capitano, dall'altro capo.

"Ottimo abbiamo bisogno di te qua, nel seminterrato. Vieni appena puoi." -ordina la russa, chiudendo la comunicazione. -"Ci aiuterà a portarle." spiega a Clint che annuisce pensieroso.

"Cosa c'è?" le domanda lei, pungente, notando un'espressione insolita sul volto del compagno.

"La ragazza, non quella che hai addormentato, l'altra..è strana.." commenta lui, senza riuscire a trovare le parole per descrivere ciò che è davanti ai suoi occhi.

"Sono cavie da laboratorio, che ti aspetti? E' già tanto che siano vive." risponde Natasha, non senza una punta di amarezza nella voce.

Barton annuisce e fa per controbattere ma l'arrivo di Captain America lo interrompe.

"Eccomi!" -esclama l'uomo non appena varca la soglia- "Cosa devo fare?"

"Portare loro fuori di qui."- gli risponde Natasha, indicando con un cenno del capo le ragazze -"Clint tu dagli una mano." ordina, prima di sgusciare via nel corridoio.

"Tocca sempre a noi il lavoro pesante..." sbuffa Clint, cercando di sdrammatizzare, mentre si carica in spalla una delle due.

"Già.."- concorda Cap, con aria afflitta- "Su andiamo." dice avviandosi fuori con una ragazza appoggiata sulla schiena.

Clint lo segue borbottando seccato.

**

Come apro gli occhi, la prima cosa che sento è una violenta fitta di mal di testa.
Pian piano tento di mettere a fuoco ciò che mi circonda: sto fissando un soffitto grigio, assolutamente insignificante, ma sono abbastanza sicura di non essere ancora in quella sudicia cella.

Sono viva.
Ce l'ho fatta.

Tutto d'un tratto, però, l'immagine dell'uomo che si accasciava a terra, colpito dagli spari, mi torna in mente violentemente, mandandomi nel panico.
Sono stata catturata?
E la donna dai capelli rossi?
Cosa vogliono da me?

Tento di mettermi in piedi e, per miracolo, ci riesco.
Mi guardo intorno e noto di non essere sola: sdraiata a terra, poco distante, c'è un'altra ragazza.
Lentamente realizzo che potrebbe trattarsi della stessa che era imprigionata con me: è praticamente irriconoscibile, dato che non ha più né gli artigli né le braccia orrendamente pelose che mi avevano turbata.
E' vestita di un camice bianco e ha i capelli cortissimi, quasi pelata.
Istintivamente mi passo una mano sul capo e mi rendo conto di essere nella stessa situazione: anche io sono pressoché rasata, tranne che per un sottile strato di capelli, che pizzicano le dita al tatto.
Distrattamente faccio anche caso al fatto che qualcuno deve aver anche disinfettato i miei tagli, ma non gli do molta importanza.

Mi avvicino, evitando il piccolo tavolo bianco al centro della stanza, proprio mentre la ragazza comincia a muoversi. Dapprima emette solo piccoli gemiti, in uno stato di dormiveglia, poi spalanca gli occhi e riesco a leggerci una paura indescrivibile, proprio come la mia.

Resto in silenzio, mentre la guardo provare ad alzarsi e, più di una volta, rovinare al suolo in malo modo. Quando capisco che da sola non può farcela, almeno non così debole, mi avvicino a lei e le porgo una mano, sulla quale fa leva.
Nemmeno il mio equilibrio è troppo stabile e per un attimo rischiamo di cadere entrambe, ma alla fine ci ritroviamo in piedi, a fissarci negli occhi. E' in quel momento che noto che sono azzurri, vitrei.
E' cieca.
Non è molto più alta di me, ma è di una magrezza impressionante, pare quasi uno scheletro.

Sul suo volto compare un piccolo sorriso di ringraziamento.
Lascio pian piano la presa e rimaniamo lì, entrambe, sole e spaventate.

All'improvviso la vedo alzare il viso, come se qualcosa avesse attirato la sua attenzione e, subito dopo, anche io percepisco dei passi che si avvicinano.
Sono estremamente vicini e, infatti, dopo pochi attimi, la porta si spalanca e la donna dai capelli rossi entra nella stanza.






chiacchiere inutili dell'autrice
Salve a tutti! Prima di tutto, grazie per aver letto questo primo capitolo! Questa storia nasce molti anni fa (nel lontano 2013) e resta archiviata in una cartellina del mio computer per molto tempo, fino a quando, qualche mese fa, non l'ho ritrovata. Mi scuso quindi se lo stile dei primi capitoli risulterà un po' "infantile" rispetto a quelli che seguiranno, ho fatto il possibile per adattarli :)
Le due protagoniste, che pian piano spero imparerete a conoscere, ultimamente sono diventate molto importanti per me. Sono dell'idea che ognuno sia libero di immaginare i personaggi come vuole, nel caso foste curiosi più avanti posterò le prestavolto "ufficiali" per le mie due bambine ahahaha
Che dire, grazie di tutto, se volete lasciatemi una vostra opinione!

Baci
Erza

 

  
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