It takes two.
La
prima volta fu perché erano
ubriachi; la seconda perché
volevano riprovarci.
La
terza fu perché erano soli
e la quarta perché avevano
freddo; la quinta perché
Michael aveva la febbre e la sesta perché
credevano che sarebbero morti...
Dopo
un po', quando esaurirono le
giustificazioni, i sergenti Damien Scott e Michael Stonebridge furono
costretti ad affrontare una semplice e assoluta verità: per quanto
tentassero incoerentemente di dare la colpa alle circostanze, l'unica
ragione per cui ogni volta finivano a letto insieme era perché...
Si piacevano. Tutto qui.
Piccola raccolta di one-shot incentrata sul pairing Scott/Stonebridge.
1: Alcol
«Fottiti, non rompere--»
«Ehi! Reggiti a me...»
«Ma se non stai in piedi nemmeno tu, Mikey!»
«Mi viene da vomitare...»
«Stai ridendo...»
Sono
entrambi così ubriachi che riescono a infilare la porta per pura
fortuna. Ed è patetico, il
loro tentativo di sorreggersi a vicenda nonostante nessuno dei due
sia effettivamente in condizioni migliori dell'altro. Ma è
questo che fanno, che siano sobri oppure no: si sorreggono a vicenda.
Sempre.
La vista di Michael è
appannata dal caldo, dall'alcol e dalla stanchezza, e rende ancora
più complicata la ricerca
della chiave della doppia in cui alloggiano in questo periodo. Ma lo
stordimento generale non gli impedisce di trattenere Damien per una
spalla quando quest'ultimo, barcollante e devastato, sembra
improvvisamente intenzionato a baciare il pavimento.
«Dopo
questa, non berrò mai più,
lo giuro,» promette l'americano,
passandosi una mano sulla faccia – dita che sfregano contro la
solita barbetta incolta che gli irruvidisce le guance. Scalciano
entrambi via gli scarponi, entrando.
«Il
tuo mai più
di solito dura meno di ventiquattr'ore...»,
gli fa notare l'inglese, guidandolo all'interno con una smorfia. Il
dopo-missione è quasi più
devastante della missione stessa, ma è una tappa obbligata: un
rituale di liberazione. Festeggiano il fatto di essere vivi, di aver
fottuto i bastardi di turno, di averla scampata ancora una volta...
Di essere ancora insieme, uniti e pronti a coprirsi le spalle sul
prossimo campo di battaglia.
Are
you man enough? Are you man enough to be mine... To be mine... To be
my girl?
Damien
ha ancora il motivo che gli
ronza nella testa. La canzone suonava nel locale dove sono andati a
distruggersi, tra gente assatanata, luci violente e fiumi di alcol.
Il cantante dei Def Leppard aveva sollevato la questione esattamente
quando anche gli ormoni di Scott avevano cominciano a scuotersi. Sarà
stata colpa del whisky, sarà stato il caldo della sera che li aveva
fatti sudare e aveva appiccicato loro addosso i vestiti; sarà stato
che, così alterato e poco lucido, Mike si era finalmente sciolto e
Damien lo aveva visto, incredibilmente, muovere qualche passo sulla
pista, a qualche metro di distanza... Sarà stato tutto questo o
forse soltanto qualcosa che ha covato sotto la cenere per molto,
moltissimo tempo... Fatto sta che, all'improvviso e senza alcuna
premeditazione, Damien si era ritrovato a guardare l'amico con occhi
diversi, chiedendosi cosa ci fosse davvero, dietro quei determinati
occhi chiari e quella mandibola scolpita nel granito. E, ingoiando
ancora un altro bicchiere, si era soffermato a contemplarlo con
attrazione crescente, sfiorando vagamente l'assurda idea che,
magari... Naah, impossibile, Mike è più etero dell'etero
più etero sulla faccia della Terra, si
era detto Scott, cercando di distogliere lo sguardo da lui e godersi
la serata. Ma quella
sottomarca libanese di Jack Daniel's continuava a instillargli nella
testa un altro tipo di pensieri - e, ben presto, Damien si era reso
conto che anche il proprio corpo aveva un'opinione da esprimere al
riguardo. Soprattutto, dalla vita in giù.
Attratto
da lui?
Da Michael fottuto Stonebridge?
Damien
se lo chiede ancora, mentre quasi inciampa sul proprio letto e si
lascia cadere a pancia in su sul materasso, ancora completamente
vestito. Si copre gli occhi con un braccio, infastidito dalla luce;
ma poi sente i passi vicini di Michael e si volta a guardare l'amico
ignaro - anche lui con le guance arrossate e gli occhi resi lucidi
dall'alcol in circolo, - che, con un certo disorientamento, a poco a
poco si riappropria dello spazio nella stanza. Diamine,
no. Mike è... Mike. Punto, si
rimprovera Damien. Non dovrebbe nemmeno pensarla, una cosa del
genere. Sarebbe come scoparsi un fratello, no? Scott si ripete
questo, chiudendo gli occhi e riparandosi di nuovo sotto
l'avambraccio, mentre le tempie gli pulsano dolorosamente e lo
stomaco brucia.
«Mi
scoppia la testa...» Mike si massaggia la fronte e poi si sfila la
maglietta barcollando, col chiaro intento di andare a farsi una
doccia fredda per schiarirsi le idee. Ancora una volta, Damien cede
alla tentazione di guardarlo ancora e si ritrova a socchiudere appena
le palpebre per seguirlo, sfiorando con gli occhi il corpo stanco,
infiammato di caldo e perfetto dell'amico – un corpo segnato da
lividi, tagli freschi e cicatrici, proprio come il suo... Un corpo
caldo, duro e sodo. Un corpo che sa di buono, di sudore, di terra e
di cuoio... Di uomo.
Damien
quasi reprime un ringhio. Lo ha guardato per... Quanto? Due secondi?
Tre al massimo? Be'... A quanto pare, sono stati sufficienti per
risvegliare quei bollenti spiriti che la sbornia aveva
momentaneamente placato.
Michael
è troppo duro, troppo netto, troppo spigoloso
– quasi arcigno, a volte, - per rientrare nei comuni parametri di
bello. Ma
Damien si è abituato in fretta ai suoi tratti aspri, e ha imparato
presto ad andare oltre la superficie. Ad apprezzare ogni sorriso su
quelle labbra sottili, ogni sfumatura divertita di quei lunghi occhi
affilati... E, soprattutto, la profonda mitezza – e la segreta
dolcezza – di quell'uomo inflessibile e duro come il fottuto
acciaio, ma con un cuore enorme e una sensibilità fuori dal comune.
Sensibile. Nessuno
lo direbbe, di uno come lui. Nessuno userebbe mai una parola simile
per descrivere qualcuno di loro della sezione 20, a dire il vero; ma
Mike lo è. È un fottuto bravo ragazzo, dolce, sensibile e pieno di
premure verso le persone a cui tiene – persino con Scott: Michael
si comporta come una mammina premurosa, quando controlla le cinghie
del proprio paracadute e poi quelle del suo, assicurandosi che sia
tutto in ordine prima di un lancio, o quando... Quando fa un sacco di
altre cose per cui Scott lo prende in giro, ma che in realtà gli
fanno piacere. Dannazione, è quasi istinto
materno, il
suo! Ma basta dargli in mano un mitra o una granata o persino uno
stupido coltello a serramanico, e diventa una iena. In una parola: è
perfetto. Ed è anche per questo – perché non si è mai sentito
così in sintonia con nessun altro, - che Damien Scott, ora, si rende
conto di provare questo tipo di desiderio verso di lui.
Mentre
lo osserva, l'americano sente qualcosa muoversi dentro - un nodo
caldo di tensione eccitata che gli si stringe nel bassoventre. Là,
nel locale, si era chiesto quanto ci volesse per spingere oltre il
limite uno solido e granitico
come Michael Stonebridge, per mandare in mille pezzi quella sua aria
stoica e impassibile...
E aveva provato a fare delle ipotesi. Si era chiesto anche che suono
avesse la voce di Mike, - con quel pesantissimo accento inglese a cui
Scott si è abituato col tempo, - quando non urla per comunicare
degli ordini o delle direttive, ma soltanto... Per puro piacere.
Aveva proseguito domandandosi cosa si provi a tenere sotto uno come
lui – così tosto e forte, indurito dall'addestramento e dagli
allenamenti, - e quale sia il suo odore, più da vicino... Da molto
vicino.
Si
era chiesto queste e altre cose ancora più intime, Damien; e, ora,
ha terribilmente voglia di ottenere delle risposte.
***
Voglio
toccarti. Lo faccio. Voglio metterti con le spalle al muro. Lo
faccio. Voglio prenderti di sorpresa. Ci riesco. Voglio aprirti la
bocca con la mia, cominciare a entrarti
dentro con la lingua prima di penetrare in ogni altro angolo di te e
prendermi tutto il resto. Lo faccio. Trattengo con difficoltà tra le
dita i tuoi capelli cortissimi, ma abbastanza da farti scoprire il
collo e succhiarti piano, graffiarti con i denti, leccare la tua
pelle arrossata e poi baciarti di nuovo. Sei troppo chiaro, troppo
delicato – di quel pallore inglese che il sole di questi posti
brucia e infiamma con facilità, e che le mie mani stanotte
marchieranno di lividi... E sai di ferite e di stanchezza; ti porti
addosso la polvere e l'odore di questa città straniera, oltre che il
tuo.
Le
mani di Damien si incollano ai fianchi di Mike, il suo corpo premuto
contro quello dell'altro. Nel momento stesso in cui aveva deciso di
alzarsi e seguirlo nel piccolo bagno comune, Damien aveva spento il
cervello. O la va o la spacca. Sono ubriaco. Non sono padrone di
me, giusto? Posso farlo. Stasera posso farlo e dare la colpa
all'alcol. Posso togliermi il dubbio... Si era preparato a essere
steso con un diretto secco oppure giustiziato sul posto a colpi di
pistola, nel caso Mike non fosse stato d'accordo. Ma mai, mai e poi
mai si sarebbe aspettato questo.
Una
resa.
Sul
viso di Mike era comparsa dapprima un'espressione del tipo Damien,
dai, vattene, non ho voglia di scherzare; ma poi, quando il suo
compagno di squadra lo aveva spinto con le spalle al muro, qualcosa
era cambiato. C'era stato un attimo di attesa – un attimo in cui
erano rimasti a guardarsi, alcolizzati, confusi e iper-ricettivi, -
in cui Damien aveva davvero temuto che Michael l'avrebbe steso con
una capocciata. Ma poi, quando l'americano si era allungato su di lui
per prendersi la sua bocca, non era successo niente. Assolutamente
niente. Michael l'aveva lasciato fare passivamente e aveva lasciato
che esplorasse con le mani la pelle nuda del suo petto, del suo
addome e dei suoi fianchi... E poi aveva cominciato a ricambiare,
chiudendo gli occhi e trattenendo il respiro.
Pelle
calda tesa attorno alle ossa e ai muscoli spessi; spigoli e minuscoli
granelli di terra, occasionali increspature di tessuto cicatriziale,
la punta rotonda e dura di un capezzolo. Questo è ciò che le mani
di Scott incontrano, questo è ciò che Michael Stonebridge è: un
fascio di nervi e muscoli senza la minima traccia di morbidezza.
Questo non è il corpo di un uomo, pensa Damien, scendendo a
baciarlo sul petto e trattenendo i suoi fianchi tra le mani,
saggiando la durezza delle vertebre sotto i polpastrelli. Questo è
il corpo di un animale; anzi, no: è una macchina. Una macchina
funzionale, potente e precisa, una macchina assemblata con lo scopo
di essere efficiente – correre, uccidere, prendere la mira,
combattere. E Damien ha un debole per la tecnica... Mettiamola così.
Michael
è forte e potrebbe sopraffarlo, se volesse. Potrebbe farlo smettere.
Potrebbe davvero mandarlo ko, se lo desiderasse. Se lo
desiderasse. Ma la verità è che è troppo sorpreso, troppo stordito
- troppo confuso e intorpidito, - per dire di no. E quando le mani di
Scott si fanno sentire, quando i suoi baci cominciano a invaderlo e a
togliergli il respiro, Michael capisce di volerlo. Di volere tutto
questo. Di desiderare, più di ogni altra cosa, di essere toccato e
sopraffatto e messo con le spalle al muro. Non dice di no, non lo
dirà mai. Non stasera. Dopotutto, è ubriaco. Dopotutto, può
permetterselo. Dopotutto... È Damien. Non uno qualsiasi, anche
perché Mike non riuscirebbe mai a lasciarsi andare con un estraneo.
È Damien che lo cerca, che lo vuole, che lo assale... E lui ne ha
bisogno. Soltanto adesso si rende conto di quanto lo ha voluto; di
quanto ha desiderato che accadesse, nonostante non lo avrebbe mai
ammesso nemmeno a sé stesso. Scott gli piace. Di Scott si fida
ciecamente. Damien è la sua ombra, il suo pari, il suo migliore
amico... Senza di lui, si sentirebbe incompleto, mutilato. Scott è
la persona giusta, cazzo.
Damien
sente le mani di Michael salire a sfilargli la camicia, e si muove
quanto basta per assecondarlo. Prende come un buon segno il fatto che
l'altro si stia piano piano sciogliendo, e si lascia travolgere
dall'eccitazione. Lo riconduce in fretta nella stanza da letto, sul
primo dei due materassi che incontrano lungo il tragitto. Lo spinge
indietro, gli sale sopra, continua a baciarlo e leccarlo e riempirlo
di segni. Michael mugola piano, socchiudendo le palpebre; posa le
mani sulle sue spalle, se lo attira più vicino ancora... E Damien
sente un improvviso bisogno di guardarlo, di baciargli il collo e le
labbra, di metterci persino un po' di tenerezza. Perché è vero,
Scott è alterato e sta ragionando più con l'uccello che con il
cervello, ma... Michael non è una sveltina qualsiasi. Non può
scoparlo e basta. Non vuole che poi, la mattina dopo, rimpianga ciò
che hanno fatto. Perciò, si prende un po' di tempo... Tempo per lui.
«Mikey...»
Lo chiama sospirando, tra un bacio e l'altro: quel diminutivo è la
cosa più vicina ad un nomignolo affettuoso che Damien possa
pronunciare. Michael passa una mano dietro la sua nuca e risponde con
un gemito; i loro corpi aderirebbero del tutto, se non fosse per i
pantaloni di entrambi: ma la stoffa non riesce ad alleviare la
frizione, e anche attraverso di essa i due riescono a percepire la
reciproca eccitazione. Damien sembra ricordarsene all'improvviso, e
scende a slacciargli la cintura con una mano. Posa una fila di baci
rapidi e affamati sulla sua gola, al centro del suo petto e lungo la
linea alba, prima di sfilargli via il resto degli indumenti. Michael
sussulta, non appena l'aria fresca della stanza gli accarezza la
pelle nella parti più intime; si sente vagamente vulnerabile, ora
che è il solo dei due ad essere completamente nudo, e la sensazione,
sorprendentemente, gli piace. Non che abbia molto tempo di
riflettere, ad ogni modo. Passa solo un istante prima che la mano di
Damien scenda ad occuparsi di lui, accarezzando e pompando la sua
erezione con la consapevolezza di sapere esattamente come dargli
piacere; e Michael si ritrova a gemere sommessamente, tra le labbra
dischiuse, mentre la sbronza gli arrossa la vista e gli fa male alla
testa, gli infiamma la pelle.
«Damien...»
Il modo in cui l'altro mormora il suo nome è la cosa più eccitante
che Scott abbia mai sentito. E, per Damien, avere Michael interamente
nudo e disteso sotto di lui, a sua completa disposizione, è come
essere davanti ad un fottuto buffet e non sapere da che parte
iniziare. Obbligandosi a frenarsi, per tenere fede alla promessa che
si è fatto poco prima, l'americano applica sul corpo dell'altro
tutta l'esperienza che possiede in fatto di preliminari. Lo esplora,
lo accarezza, stimola i suoi punti più sensibili fino a portarlo sul
confine pericoloso tra piacere e dolore; e mette un trasporto
decisamente inusuale nei baci, sorprendendosi per primo del proprio
impeto. Fottere Michael gli sta piacendo molto più di quanto avesse
mai potuto immaginare - e, per un attimo, ha come l'impressione che la
cosa gli stia sfuggendo di mano. Ma è troppo coinvolto da ciò che
sta facendo per curarsene davvero, troppo preso a premere baciare
mordere afferrare stringere annusare assaggiare prendere; e, ogni
volta che riesce a provocare una reazione nel corpo sotto di lui,
Damien cerca di replicarla e spingersi oltre, scoprire come
funzionano la testa e il cuore di Michael Stonebridge – i
meccanismi del suo piacere.
La
loro reciproca vicinanza è solida e reale, calore corporeo e massa e
peso e profumo naturale e respiro e battito cardiaco. E mani, che si
vogliono e si reclamano. Con le mani, Michael lo cerca, lo scopre, e
ricambia i suoi baci, gli slaccia la cintura e Scott si disfa in
fretta dei propri pantaloni, ma addosso ha ancora i maledetti slip.
Assapora ancora per un po' il gusto lontano del whisky nella bocca
dell'inglese, premendo il proprio bacino contro il suo: e tutto il
corpo di Mike si agita in uno spasmo, in risposta allo sfregamento.
Deciso
a terminare ciò che l'alcol ha iniziato, Damien si allunga a cercare
qualcosa in un cassetto ma non trova niente: dovrà arrangiarsi, ma non vuole fargli male. La
sua mano torna quindi tra le gambe dell'amico, e un ginocchio le
divarica quanto basta per permettergli di approfondire il tocco.
Michael lo guarda, ha gli occhi appannati dalla sbornia e tutta una
serie di piccoli segni rossi – sulle guance, sull'angolo della
bocca, lungo la mandibola, sul mento, sul collo e sulle clavicole,
sul petto, attorno ai capezzoli e sull'addome... Sono la firma che
Damien gli ha marchiato addosso con intenzione, per dimostrargli una
volta per tutte che lui è suo, solo suo. Dopo tanti anni di
missione assieme, dopo tutte le volte in cui hanno rischiato di
morire assieme e si sono salvati il culo a vicenda, Scott sente di
avere tutto il diritto di reclamare Stonebridge come sua esclusiva
proprietà.
Sei
mio. Per tutte le pallottole che abbiamo preso, per tutte quelle che
ti ho estratto – per tutte quelle che mi hai estratto. Per le
ferite di coltello e i cazzotti e per tutte quelle volte che abbiamo
saltato senza sapere se, dove e come saremmo atterrati. Per tutti
quei brevissimi istanti in cui ti ho perso di vista, dietro un angolo
o in una nube di fumo o nel fragore di una granata, e mi sono sentito
perso e ho urlato il tuo nome e sono corso a cercarti per coprirti le spalle. Per tutte
quelle volte che abbiamo dovuto pisciare nella stessa bottiglia nel
fottuto deserto e abbiamo dormito schiena contro schiena nei posti
più angusti e sporchi e inospitali e disgustosi del mondo - e solo la
tua presenza me li faceva sembrare più sopportabili, quei posti. Per
quando abbiamo dovuto masticare quello schifoso integratore di
potassio aromatizzato all'arancia perché non avevamo nient'altro per
sopravvivere. Per tutte quelle volte in cui ho sentito la terra
sparirmi da sotto i piedi e non riuscivo a dormire e tutto quello che desideravo eri tu –
prenderti, abbracciarti, aprire il sacco pelo o sollevare la coperta
e infilarmi lì sotto con te, perché la verità è che tu sei
l'unica cosa al mondo che riesce davvero a farmi sentire tranquillo.
Per tutte quelle volte che mi hai lanciato un caricatore in più per
assicurarti che me la sarei cavata, e per tutte quelle volte in cui
ti ho dato il mio C4 per non farti accerchiare. Per tutte quelle
volte che abbiamo corso per salvarci a vicenda, e riso pensando che
fosse arrivata la fine... Per quell'unica volta in cui ti ho visto
vulnerabile, drogato e mezzo nudo e coperto di sangue dopo che quei
bastardi di trafficanti di organi avevano cercato di farti a pezzi; e
in quel momento, lo sai?, in quel momento, quando non mi hai
riconosciuto subito e ho dovuto abbracciarti forte per tenerti in
piedi e ti ho visto fragile, mi è crollato il mondo addosso e ho
capito che senza di te io non sono niente. Sei sempre stato tu quello
forte, quello davvero duro; io sono il coglione che sopravvive a
tentativi, lo sai, lo hai visto bene quando sei venuto a scovarmi in
Malesia, a Kuala Lumpur dove sopravvivevo combattendo per pochi soldi
in luridi scantinati del cazzo. Sei tu quello forte, Mikey, anche
quando sei a pezzi. E per questo, per quello che sei e per quello che
siamo quando siamo insieme – per la persona che divento quando sono
con te e che mi piace essere, - tu... Tu. Sei. Mio. E forse sto
pensando queste cose perché ho bevuto troppo, ma sai...? Io ti
voglio adesso e so che ti vorrò anche domani quando sarò lucido,
così come ti ho voluto per un sacco di tempo in questi anni, senza
mai trovare il coraggio di dirtelo... Tu sei mio, Mikey. Nessun altro
può averti, perché tu sei solo mio.
Damien
chiude gli occhi, intreccia le proprie mani con quelle di Mike e le
porta sul cuscino, continuando a baciarlo e a pensare troppo. È
eccitato come mai si è sentito in vita sua, eppure anche un altro
tipo di sensazione gli si addensa dentro, più profonda e
stratificata. Ha un bisogno urgente di infilarsi dentro Mike, di
premere fino in fondo il proprio corpo contro il suo, di sentirsi
unito con lui nel modo più drastico e totale in cui possono unirsi
due esseri umani. Ne ha bisogno. Ha un disperato, lancinante bisogno
di Michael.
È
sempre stato così, dopotutto.
***
Al
risveglio c'è caldo. C'è il sole cocente e ostinato della mattina
mediorientale che batte attraverso le persiane, e il calore intenso
di due corpi vicini e allacciati. Ci sono profumi
conosciuti mescolati all'aroma salato del sesso, all'essenza pungente
di piante straniere portata dal vento, all'odore familiare e buono di
Michael e all'impronta di tabacco e fumo di Damien; il tutto
accompagnato da un lieve sottofondo di sudore e dal penetrante
sentore di detersivo a buon mercato delle lenzuola.
Ci
sono anche un'emicrania spaventosa, la confusione e qualche istante
di spaesamento, quando Damien apre gli occhi e si rende conto che la
testa gli gira così forte, ma così forte, che il brutto disegno
geometrico della carta da parati sembra tremolare.
E
poi c'è Michael. Un respiro vicino al suo, un lento alzarsi e
abbassarsi dell'addome, un battito quieto e regolare. Damien si
sveglia con un braccio di traverso sul suo petto liscio e solido, una
mano adagiata sulla sua spalla e la testa posata sul cuscino accanto
alla sua. L'americano soffoca uno sbadiglio, realizzando di avergli
dormito addosso per tutto ciò che restava della notte. Un braccio di
Michael, quello parzialmente intrappolato sotto il suo corpo, è
piegato attorno alle sue spalle; e Scott percepisce chiaramente il
peso e il tepore della mano di Stonebridge che riposa tra le sue
scapole, come se l'inglese volesse tenerselo addosso e impedirgli di
scappare fuori dal letto prima dell'alba. Scott sbatte le palpebre un
paio di volte, mettendo a fuoco il profilo dell'uomo sdraiato nel suo
stesso letto. Uomo che ancora dorme, pacifico e tranquillo, con
un'espressione serena che Damien non gli ha visto in faccia per fin
troppo tempo, e che invece gli sta stupendamente bene addosso.
Si
chiede se sia il caso di muoversi, Scott, oppure di lasciare che la
pace si prolunghi ancora per un po'. Michael potrebbe non essere così
tranquillo, quando si sveglierà, pensa l'americano. Anzi, a dire il
vero è molto probabile che perderà la calma e andrà in crisi e
dovranno discutere di quello che è successo, e--
Già,
ma che è successo? Scott ricorda solo frammenti; il resto, be'... Ci
pensano gli odori e la posizione e i segni sul corpo di Michael, a
dirglielo. Ci sono stati calore e forza e gemiti, e qualche livido
nuovo, circolare, impresso dai polpastrelli. E poi... E poi
l'espressione deliziosamente tesa di Mike, al culmine, in parte
dolore e in parte piacere e in parte... Paura. Consapevolezza
di non avere più il controllo. Di essere scoperto e sensibile, perso
in un territorio senza coordinate, senza altro punto di riferimento
all'infuori del ritmo dettato dall'uomo sopra di lui.
Damien
sorride sornionamente, al ricordo. E così, ci è riuscito. È
riuscito a smontare l'armatura di pietra di Michael Stoneface. Ha!
Ed è stata l'esperienza più eccitante e soddisfacente e
piacevole della sua vita. Scott non avrebbe mai pensato di riuscire
davvero
a renderlo così vulnerabile, e disporre di lui e del suo corpo e del
suo piacere con tanta facilità. Ma, superato il dolore iniziale,
Michael si era lasciato prendere prigioniero senza opporre
resistenza; e Damien aveva fatto tutto ciò che era in suo potere per
ricambiare la sua fiducia, per dimostrargli che poteva lasciarsi
andare senza temere nulla. Erano venuti a pochi istanti l'uno
dall'altro – il primo era stato Michael; e poi Damien non aveva
resistito, sentendolo gemere forte e guardandolo così corrucciato e
preso alla sprovvista, mentre si agitava e spasmava sotto e
tutt'intorno a lui, stringendolo più forte dentro di sé fino a
fargli vedere le stelline dietro agli occhi. Era stato fottutamente,
fottutamente, fottutamente forte. Intenso.
Cazzo.
E
così, hanno condiviso anche l'ultima cosa che restava. Damien ha
avuto l'unica parte di Michael che ancora non aveva conosciuto: il
suo piacere – il suo viso trasformato dall'orgasmo, il suo corpo
muscoloso e asciutto attraversato dalle scariche, la sua voce che
chiamava il suo nome in quel
modo, così
implorante, così urgente, così... Sporco, e perfetto.
Damien sarebbe pronto a rifarlo
anche subito. Trascorrere così tutti i venti giorni di riposo che
hanno ricevuto dal comando. Restare chiuso dentro quella stanza del
cazzo, restare su quel letto sfatto e scopare con Michael senza
sosta, una botta dietro l'altra, farselo in tutte le posizioni senza
pause, fino a non avere più la forza di reggersi in piedi – fino a
morire di sete e di stenti e a venire così forte da farsi scoppiare
il cervello, cazzo.
Ma molto probabilmente, però,
questa è stata la prima e l'ultima volta. Damien conosce Michael
troppo bene per farsi illusioni. Quando si sveglierà, quando
ricorderà e si renderà conto di ciò che hanno fatto... Perderà la
testa. E dovranno trovare un modo di far quadrare le cose, un modo di
razionalizzare quello che è successo... Forse, fingere che non sia
mai accaduto.
Meglio
godersi ciò che resta, finché si può. La calma, la distesa
stanchezza, la vicinanza e la serenità... Il profilo e la stretta
assonnata di Michael, la condivisione intima e profonda che Damien ha
sempre desiderato avere con lui senza mai riuscire a trovare il modo
di esprimersi. Il sesso e
l'affetto. Due cose
che Damien Scott non ha mai sperimentato, nella sua vita, se non
separatamente – e il primo sempre più spesso del secondo. Solo
stanotte, per la prima volta, è riuscito ad averli entrambi... Una
combinazione che può creare dipendenza. E ora, infatti, mentre si
stiracchia restando quasi immobile, l'americano non sa se sarà in
grado di rinunciarvi.
Lo
vuole. Soltanto adesso ne è pienamente consapevole. Anche ora
che l'effetto dell'alcol sta svanendo, Damien lo vuole. Michael,
Mikey, il suo partner, il suo amico, la sua ombra, il suo
appoggio, la sua forza. L'unica persona al mondo per cui morirebbe.
Respira
a fondo il suo profumo, Scott. Memorizza il ritmo del suo respiro e
il colore della sua pelle nuda, si incide nella testa il disordine
insolito dei suoi capelli cortissimi e il confortevole intreccio di
gambe e di braccia in cui si sono stretti. Cerca di imprimersi nella
mente questo momento di perfezione che da semplice desiderio astratto
è finalmente riuscito a
concretizzarsi; e sospira di rammarico pensando che, quando dovranno
parlarne, tutto questo forse finirà.
Peccato.
♪♫♯ Note