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Autore: MissyHarry    01/09/2016    0 recensioni
Un bravo fattorino non fa mai domande sulla merce che deve trasportare... Nemmeno da un punto di vista etico. Ma se questa merce venisse danneggiata?
Un nuovo medico è arrivato in città e, volente o nolente, la Black Lagoon Company sarà costretta a collaborare se vuole ribaltare le carte in tavola, e a scontrarsi ancora una volta con la legge.
*Questa storia è pensata per essere collocata cronologicamente dopo il secondo arrivo di Roberta. E' necessario che scriva RevyxRock come pairing? No, vero?
Genere: Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dutch, Nuovo personaggio, Revy, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1.
Nervi



L'acqua blu brillante del golfo del Siam rifletteva senza sosta la luce del sole del pomeriggio. Qualsiasi fosse la stagione, il caldo non concedeva mai tregua, in Thailandia.
Poco distante dal mare, la gigantesca e pacchiana scritta al neon "Pattaya City" che troneggiava sulla collina faceva da sfondo ogni giorno all'atterraggio di decine di aerei, perlopiù turistici, che si fermavano all'aeroporto U-Tapao. In realtà, nonostante i numerosi cartelloni pubblicitari ed i negozi del duty-free, la sua forma ricordava più che altro un capannone, come quelli che sorgevano a fianco delle piste di decollo dell'esercito.
I turisti provenivano da ogni parte del mondo, attirati dalle spiagge paradisiache, dalla metropoli Bangkok e dal turismo sessuale. Tuttavia, un occhio attento si sarebbe accorto che, quel giorno, un numero insolito di atterraggi apparteneva alla stessa compagnia aerea russa, la Domra...
Ma, in fondo, quale turista ansioso di raggiungere la spiaggia si sarebbe mai soffermato su un particolare del genere?


"Cazzo, Domra ovunque. Come possono pensare che nessuno se ne accorga?!"

La voce lagnosa di Revy tradiva il suo nervosismo e il suo disappunto per trovarsi lì contro la sua volontà. Non era passato nemmeno un giorno dall'ultima missione, che era stata a dir poco pesante ed impegnativa; inoltre, lei odiava alla follia Pattaya. Per prima cosa, c'erano troppi turisti, e ciò significava fondamentalmente una gran poca libertà di movimento; poi c'era pieno di puttane, letteralmente ovunque,che erano strettamente collegate alla mafia locale e ad altrettanti turisti. Più turisti, più puttane, più turisti ancora: era un loop degenerativo che la spingeva letteralmente all'isteria.
Dutch non rispose, stringendo la sigaretta fra i denti: non se la sentiva proprio di darle una strigliata. Riconosceva quando il suo equipaggio era stanco e spossato e, da bravo capo, sapeva quando tacere. Si limitò a sorridere, stringendo le palpebre e cercando di mettere a fuoco le scritte sugli aerei nonostante il riverbero.
"Ecco" disse finalmente, alzandosi ed indicando dritto davanti a sé. "E' quello là, quello con le ali gialle". Spense la sigaretta contro il muro. "Andiamo".



 

Nello stesso momento, a qualche chilometro di distanza, in un appartamento al secondo piano di Roanapur un giapponese stava fumando la sua nona sigaretta della giornata.
Era solo, in casa. Revy e Dutch erano in missione e si erano categoricamente rifiutati di portarselo dietro, e Benny non era ancora tornato - Balalaika l'aveva ormai monopolizzato. Si chiese cosa ci fosse di tanto interessante, in lui, da essere sempre così richiesto...

Attribuì i suoi pensieri maligni allo stare da solo in casa: quelle tre stanze erano davvero soffocanti, soprattutto con il caldo di quei giorni, e rimanere da solo senza sapere cosa stesse succedendo non faceva altro che alimentare la sua inquietudine.
Abbassò meccanicamente lo sguardo sulla sua mano. Aveva tirato un pugno al muro la notte prima¹, preso da un impeto di rabbia, e adesso si stava pian piano pentendo di quel gesto. Le nocche avevano assunto una sfumatura verdognola che non faceva presagire niente di buono, ed il polso gli faceva un male boia ogni volta che tentava di ruotarlo, spandendo un fastidioso formicolio ai nervi sottopelle. Alzò gli occhi al soffitto, lasciando cadere le spalle.
"No..." si lagnò, parlando all'appartamento vuoto. "Non dirmi che mi sono rotto qualcosa".



 

“Mi ricordi cosa diavolo dobbiamo prendere…?” chiese Revy, con un sussurro.
Dall’aereo, a prima vista comunissimo 787 di linea, non era sceso nessuno. I portelloni si erano spalancati, qualcuno aveva anche portato le scalette, ma niente, non si vedeva anima viva.
“Deve essere questo” sussurrò Dutch, sovrappensiero. I suoi occhi furono però quasi subito catturati da due figure, vestite con una tuta integrale gialla, che uscivano dalla stiva. “Seguimi” le ordinò.
La zaffata calda dei motori appena spenti li travolse. Chiusero un attimo gli occhi, sbattendo più volte le palpebre per riprendere il controllo della situazione.
“Là” le urlò, facendole cenno di seguirlo. Si strinse nello smanicato e raggiunse gli operai a grandi passi.
“Ehi, ehi!” cominciò a sbracciarsi man mano che si avvicinavano. Cercò di metterli meglio a fuoco: stringevano in mano delle valigette nere, cubiche. Ne prendevano due per volta con attenzione, le adagiavano sul muletto e sparivano di nuovo nella stiva, per prenderne altre.
Sembravano non prestare la minima attenzione alla coppia, ma si precipitarono verso di loro non appena videro la rossa sfiorare la merce. “Ehi Dutch, sono gelide, cazzo!”
“Che cazzo stai facendo?!” urlò uno di loro, piazzandosi fra il carico e la ragazza. L’altro gli appoggiò una mano sulla spalla per tranquillizzarlo prima che la rossa facesse scoppiare una carneficina.
“Stai tranquillo, ti ricordi cosa ha detto il capo?” Si rivolse a Dutch, sorridendo. “Scusatelo, volare lo rende nervoso. Siete i fattorini, giusto?”
“Black Lagoon Company” assentì lui. “Serve una mano a scaricare?”
Uno dei due operai scosse la testa. “No, grazie. Fa un freddo cane in stiva, vi congelereste le palle”. Indicò le gambe di Revy. “E poi, il carico è molto fragile, sappiamo come maneggiarlo. Non vi preoccupate, ancora tre casse e abbiamo finito”.
Revy spostò il peso da una gamba all’altra, senza staccare gli occhi dalla pila di valigie. “Fragile, eh…?” mugugnò fra sé e sé. “A bassissime temperature” continuò il capo, chinandosi verso di lei per farsi sentire. “Che cazzo è saltato in mente a Baialaika, questa volta…?”


“Sono loro i fattorini, allora”.

Due cinesi, appoggiati ad un pullmino vuoto per il trasporto dei passeggeri, stavano squadrando la scena da lontano. Il più alto porse il binocolo all’altro. “Sembra che siano solo in due, a quanto pare”.
“Già”. Un sorrisetto sarcastico si dipinse sulle sue labbra. “Un vero peccato, Shi. Sai che mi piacciono le sfide”.

“Ehi, Ling, dici che sanno cosa stanno trasportando…?” Shi si mosse a disagio, impaziente. “Avranno adottato misure di sicurezza”.
Ling alzò le spalle, noncurante. “Che ti frega della sicurezza? Mica dobbiamo rubarlo. Stai tranquillo… Andra tutto bene, come l’altra volta”.




 

Rock ribaltò contrariato tutti i cassetti del bagno, prima di rendersi conto che non c’era praticamente nessun medicinale. Trovò solo qualche fiala di morfina, che ripose con estrema cautela fingendo di non averla mai vista. In effetti, forse, la sua idea di trovare un tubetto di crema per gli ematomi in quel casino era a dir poco utopistica...  Per non parlare della scarsa attenzione alla salute che avevano suoi coinquilini. Sospirando, raggiunse il freezer con passo strascicato e si chinò sulle ginocchia. Aprì il portellone, attento a non staccare le calamite del Giappone che aveva comprato l’ultima volta che ci era tornato, e tolse il portaghiaccio. Staccò sotto l'acqua corrente alcuni cubetti - "Revy mi ucciderà, quando si accorgerà che non ce ne saranno più per il suo rhum" - e li avvolse in un fazzoletto. Si sedette sul divano, pensoso.
Era la prima volta che gli capitava di farsi male, lì a Roanapur. Fosse stato in Giappone, si sarebbe immediatamente affidato alla sua costosa assicurazione sanitaria, ma lì...?
Ci rimuginò un po' su. 'Come faranno' si chiese 'questi mafiosi, quando qualcuno gli spara?’ Si perse un attimo via, dimenticandosi il dolore. In effetti, non aveva mai pagato tasse da quando era lì, e non si era registrato mai da nessuna parte - la privacy sembrava essere un valore fondamentale, da quelle parti. ‘Dopotutto’ si disse ‘Mica puoi entrare in un ospedale qualsiasi, e dire, ehi, ciao, ho un proiettile in pancia, me lo togli, per favore...?'




______________________
¹ = Vedi "No Matter who you are", cap. 18


***
Angolo Autrice

Buonasera a tutti! Come vedete non vi ho mentito, avevo davvero in mente un'altra storia. E' un po' presto per fare considerazioni... Sappiate che questo capitolo è prettamente introduttivo. Pazientate!
Buona lettura!
  
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