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Autore: DeniseCecilia    02/09/2016    17 recensioni
Una fanfic dedicata a Judy, a Nick e a un possibile "noi".
Alle scelte che il mondo ci chiede di fare e che non possiamo ignorare, se vogliamo crescere.
Ma che, in fondo, sono soltanto nostre, e di chi amiamo.
Genere: Drammatico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bonnie Hopps, Judy Hopps, Nick Wilde, Stu Hopps, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Furry, Tematiche delicate
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Ringraziamenti...
Siamo giunti a destinazione e, com'è giusto che sia, voglio ringraziare (tanto, tanto, tanto!) ogni singolo lettore di questa storia.
Se è passata dall'essere un breve divertissement senza impegno ad una long densa di dettagli e carica di emozioni il merito è vostro, che mi avete sostenuta, gratificata ed ispirata.
L'ho mai detto che amo questo fandom?

 

… e anticipazioni.
Long e raccolta sono concluse, ma naturalmente non sparirò: conto di rimanere a lungo in questo fandom (l'ho già detto che lo amo? Ah, ooops, è stato due righe fa) e spero che continui a crescere.
Non escludo un sequel di Fare una scelta (e leggendo capirete che mi sono lasciata aperta questa possibilità), ma per il momento è soltanto questo: una possibilità, non un progetto.
Ho in cantiere altro, per ora: una nuova raccolta di shot piuttosto particolare, ed una nuova long che almeno nelle intenzioni sarà molto diversa da questa; entrambe con rating rosso.
Spero continuerete a seguirmi e che mi facciate sapere che ne pensate, sempre con la massima libertà.
A presto e, di nuovo, grazie a tutti!!! ❤

 



XXII. Tracce

 

“Buongiorno, rododattila” sussurrò Nick Wilde, in piedi davanti alla finestra della stanza d'ospedale, guardando assorto di fuori.
“Nick? Che ci fai già alzato?”.
Alle sue spalle la voce della compagna – di sua moglie, realizzò con orgoglio – lo distrasse dai suoi pensieri vagabondi.
Corse a baciarla, poi si sedette sul bordo del letto.
“Lo so, è strano. Immagino che entro il pomeriggio crollerò esausto da qualche parte e dormirò per le successive dodici ore. Ma per adesso, sono ancora sovraeccitato, Carotina. E la colpa è tua”.
Judy Hopps sorrise, stropicciandosi gli occhi.
“Ma ti sei addormentato, almeno?”.
“Ma sì, certo”, rispose la volpe, mentendo spudoratamente.
E come diavolo voleva che si addormentasse, dopo avergli montato il sangue in quel modo pazzesco?
“Senti un po'. Ora che mi sono ripreso e che abbiamo fatto il colpaccio” proseguì ammiccando “non c'è motivo per cui debba restare imprigionato un minuto di più qui dentro”.
“Nick...” lo redarguì la coniglia. “Non vorrai essere dimesso? Sono passate poche ore, vorrei ch – ”
“Accetterò di fare ancora una risonanza, promesso. Tanto li ho inquadrati, questi qui, so che insisteranno. Ma solo quella, Carotina... te l'ho dimostrato che sto bene e sono in forma, no?”, ghignò, allungandosi su di lei a rubarle un altro bacio e parlarle in un orecchio.
“Non hai voglia di cominciare la nostra luna di miele, piccola? Uhm?”.
Come vuoi che ti risponda se mi lasci senza fiato così?, pensò lei.
“Il prima possibile, in effetti”, riuscì a biascicare poi.
“Allora dai, aiutami. Tu che conosci meglio le truppe di stanza in questo posto, perché non ti informi mentre mi faccio una doccia? Se bisogna firmare per uscire, lo farò”, disse Nick.
“E va bene” concesse Judy sgusciandogli da sotto controvoglia e cominciando a vestirsi. “Però devi giurarmi che una volta a casa non ti inventerai qualcuno dei tuoi passatempi rischiosi, e ti riposerai”.
Evitò di ricordargli episodi che, tanto, erano perfettamente stampati nella memoria di entrambi: quella volta che si era appassionato ai droni per esempio, ne aveva costruito uno insieme a Finnick e poi ne aveva perso il controllo, mandandolo a schiantarsi e incendiarsi contro una motocicletta parcheggiata.
La volpe, dal canto suo, pensò che in realtà quella dei passatempi rischiosi era piuttosto lei: ma non gli parve il momento più adatto per farsi venire i brividi ricordando la volta in cui l'aveva trascinato a fare rafting, quella in cui l'aveva “convinto” a provare lo sky-diving, o peggio quella in cui l'aveva costretto a seguirla all'autodromo per una lezione di guida... sicura. Si sarebbe sentito più al sicuro sdraiandosi in mezzo ad una pista di rally, invero.
Con una smorfia scherzosa giurò.
“Prometto, anche se ne va della mia sanità mentale”.
“A quella ci penso io, tranquillo”, lo punzecchiò la coniglia. “Ci sono tanti modi per divertirsi per cui non occorrono aggeggi elettronici. Solo un paio di zampe a testa e tanta fantasia”.
“Come quelli che abbiamo provato stanotte?”, chiese la volpe leccandosi mentalmente le labbra.
“Come quelli”, confermò Judy.
“Allora ho davvero urgente bisogno di una doccia. Fredda”, replicò Nick. “Forza, vai, prima che ti salti addosso di nuovo”.
Judy rise.
“Non sarebbe una cattiva idea”, disse già alla porta. “Ma solo se ritiri quel che hai detto prima”, aggiunse.
“E che ho detto prima?”, chiese Nick perplesso, fiutando il pericolo.
“Uhm... com'era?” ragionò Judy. “Ah, sì, rododattila. Io non sono un roditore, Nick. E' quello che pensano molti, ma in realtà i conigli fanno parte dei leporidi”, si impuntò, i pugni chiusi sui fianchi.
“Non ridere, è importante!”, disse ancora vedendolo trattenere uno dei suoi soliti ghigni sarcastici.
“Carotina... guarda che non parlavo di te”, le rispose lui.
“In che senso, scusa?”.
“Beh, ecco, davo il buongiorno... al giorno. All'aurora. Mai sentito parlare di aurora rododattila? E' greco, significa dalle dita rosa”.
Judy sgranò gli occhi. Se fosse stata il personaggio di un manga, a quel punto una gocciolina di sudore le sarebbe scesa sulla fronte.
Che imbecille. Però, che cosa carina. Aveva appena sposato un poeta.
“Arr... no. Non l'ho mai sentito dire” tossicchiò, voltandosi per uscire.
“Vabbeh, io vado... buona doccia” lo salutò.
“Certo, certo” ridacchiò Nick. “Torna presto, bella leporide”.
Ed armeggiando con una stampella si infilò nel bagno.

 

La mattina era soleggiata e invitante, sembrava già estate.
Si godettero la luce naturale, da giorni dimenticata, camminando verso la fila di taxi in attesa vicino al piazzale dell'eliambulanza.
“Allora, vediamo” esordì la volpe.
“Capitan bufalo muschiato ha la fissa dei Caraibi, ma io ritengo siano una meta sopravvalutata. Comunque, per me qualunque posto tu scelga va bene, Carotina. Pure la montagna, purché tu non mi chieda di fare parapendio...”.
“Oh, Nick. Sei molto caro, ma avremo ben due settimane di tempo per valutare cosa fare. Te lo ricordi, sì, che da oggi sei ufficialmente in convalescenza?”.
Nick grugnì un sì irrequieto.
Aveva ottenuto di uscire subito, prendendosene la responsabilità, e con l'impegno di tornare per un paio di day-hospital di controllo.
“Tu, in ogni caso, pensaci”, insistette.
“Certo” gli promise la coniglietta stringendogli la zampa, appena prima che un trambusto alle loro spalle li travolgesse e una selva di microfoni li inchiodasse dove si trovavano.
“A cosa deve pensare sua moglie, agente Wilde?”, fece una voce, subito seguita da un'altra ugualmente petulante.
“State progettando una fuga d'amore? O avete in cantiere qualcosa di più... serio?”.
In breve, i reporter che per tutta la notte erano rimasti appostati attorno al Cedar Hospital li circondarono.
Inutile chiedersi da chi avessero saputo del matrimonio, la struttura contava centinaia di dipendenti, e d'altronde loro non avevano fatto nulla per nasconderlo.
Era probabilmente bastata una voce passata di bocca in bocca davanti alle macchinette del caffé perché a qualcuno venisse in mente di vendersi una succosa esclusiva.
Tanto Judy quanto Nick evitarono di rispondere se non con un tradizionale no comment, e la volpe pian piano si fece strada tra la calca con la stampella.
Le voci, intanto, si accavallavano.
“Siete felici, ora? Avete programmi per il futuro?”.
“E' vero che era presente anche il noto boss Mr. Big? L'amicizia che vi lega non vi pone in conflitto di interessi con il vostro lavoro?”.
Tutto sommato, gli era andata bene: i corvi della carta stampata erano stati avvertiti, ma non sembravano troppo ben informati, e delle televisioni non c'era traccia.
Raggiunto a fatica un taxi, vi si chiusero dentro e partirono chiedendo al conducente di fare un po' di giri a vuoto per seminare gli intrusi.

 

Il resto della mattina lo impiegarono sbrigando formalità noiose ma necessarie, in parte al distretto, dove salutarono i colleghi, in parte in municipio per l'ufficializzazione delle nozze.
Padre Vedder aveva detto il vero, non avevano avuto complicazioni di sorta. La notizia lasciò invece di stucco i genitori di Judy, che per quanto fossero ormai entrambi ampiamente favorevoli alla cosa coltivavano ancora il sogno pomposo di una cerimonia in grande stile.
“Non farò mai qualcosa solo perché lo fanno tutti e si è sempre fatto così, mamma”, Judy tenne a sottolineare.
“Io, però, non ho mai usato queste espressioni tesoro” ribattè Bonnie.
“La scelta deve essere vostra, lo so. Ma a me dispiace. Insomma, non si tratta di accontentare i parenti, capisci...”.
“Anche perché è impossibile accontentare centinaia di persone diverse, senza contare i figli” si interpose Stu.
“... si tratta di... beh, rivederli. Di un'occasione per stare insieme, che non abbiamo spesso lo sai”.
“Su questo hai ragione, mamma. Anche a me farebbe molto piacere riunire tutti. Solo, vi chiedo di lasciarci del tempo: magari festeggeremo più avanti”.
“E con i vostri colleghi e amici, anche, naturalmente”, aggiunse Bonnie.
Nick si staccò dalla parete cui si era appoggiato – buttò un occhio sulla strada, ma non vide nessun paparazzo in giro: meglio così – e cercò di rassicurare entrambe.
“Si può fare. Anche presto se volete, non appena potrò appoggiare la gamba a terra, e non ci vorrà molto. Ma prima devo poter guarire, altrimenti come faccio a scarrozzare coniglietti sulla schiena?”.
I quattro mammiferi si scambiarono un sorriso a vicenda, al ricordo del weekend precedente a Bunnyburrow.
“Comunque, Bonnie, sappi che non era nostra intenzione scavalcarvi o escludervi” precisò Nick, “volevamo sposarci, ma non avevamo certo in mente di farlo nel cuore della notte, in un ospedale e...”
“... con questi” concluse per lui Judy, mostrando lo Shokkyband rosa che portava all'anulare sinistro.
“Oh, no, non abbiamo pensato nulla del genere, vero Stu?” fece Bonnie.
“Figurati. Siamo solo sorpresi”, rispose lui.
“E felici” aggiunse ancora sua moglie.
“E felici, sì. Ma c'è una cosa che potete fare, se vi può far comodo. Avete detto che i medici hanno prescritto due settimane di convalescenza a Nick, perché non venite a passarle da noi?”.
“Ah...”.
Su due zampe la volpe rimase interdetta, si era immaginato di uscire dall'ospedale per tornare a casa – e adesso c'era, a casa sua – ma per restarci e rilassarsi, non per ripartire subito.
A pensarci meglio, però, folla di coniglietti a parte, la campagna era proprio il posto giusto per godersi un meritato riposo.
E d'altra parte, era ben consapevole d'aver sposato, con Judy, anche tutta la sua famiglia.
Come leggendogli nel pensiero, Stu disse:
“Faremo in modo di tenere buoni i bambini, naturalmente. Altrimenti che periodo di riposo sarebbe? E potrete stare nella dependance vicino alle serre, per conto vostro”.
Ecco, la prospettiva ora si faceva davvero rosea.
Non era ancora la luna di miele che Nick non vedeva l'ora di fare con la sua tenera coniglietta, ma costituiva un buon preludio. Lontano dalla città, avrebbero potuto lasciare che l'interesse morboso nei loro confronti scemasse almeno un po'.
“Suona bene”, si risolse dunque la volpe. “Vi ringrazio... tu che ne pensi, Carotina?”.
Judy si alzò e si sgranchì.
“Penso che sarebbe perfetto” acconsentì, “ma ora smettiamo di parlare di cose serie. Ho bisogno di mettere qualcosa sotto i denti e dormire. Decideremo più tardi quando partire, okay?”.
“Vuoi dormire, tesoro? Ma è quasi mezzogiorno!”.
“Lo so, è strano per un coniglio. Ma, accidenti, devo recuperare”.
Evitò di guardare Nick, casomai le loro espressioni avessero rivelato troppo. In fondo, era pur sempre a causa sua se aveva passato le ultime notti quasi in bianco: che fosse in coma o ben sveglio, quel volpone le aveva rubato il sonno.
“E sia. Allora forza, buttiamo la pasta!”, non perse tempo la madre.

 

Verso le due del pomeriggio il breve sonno di Judy fu interrotto da una chiamata di Bogo, che nuovamente reclamò la loro presenza alla centrale.
Avevano comunque in animo di uscire, bere qualcosa e svagarsi, perciò decisero di levarsi il pensiero subito e poi gironzolare per la città, convinti di aver tralasciato una firma sul rapporto relativo alla sparatoria o qualcosa di simile.
Certo non si aspettavano che il capitano dicesse loro:
“Lavorerete sotto copertura”.
Se a Judy avessero proposto una cosa del genere solo un paio di settimane prima, non avrebbe potuto contenere la gioia. Ma in quel momento non sapeva bene come reagire, le sembrava prematuro, dopo l'incidente.
Eppure il vecchio bufalo, dopo tutto quel tempo, qualcosa su come la sua agente ragionava l'aveva pur capito.
“Il modo migliore per riprendersi da un trauma, Hopps, è risalire subito in sella”, le disse quindi recisamente, non senza una punta di dolcezza.
“Sì, signore”, rispose la coniglia. “Con subito immagino intenda tra due settimane, è corretto?”.
“Corretto. Dei dettagli parleremo nel frattempo”.
La conversazione sembrò terminare lì, ma in realtà Nick aveva tutt'altre perplessità per la mente, e le esternò nel momento in cui la compagna fece per alzarsi e congedarsi.
“E come pensa che potremo agire sotto copertura, dato che ormai anche i sassi ci conoscono?”, chiese infatti la volpe.
“Sono sicuro che con una buona passata di rossetto e grazie alle sue doti di attore consumato potrebbe anche spacciarsi per sua sorella, Wilde”, lo rintuzzò Bogo.
“Sempre gentilissimo”, fu la risposta.
“Si figuri. Grazie all'abilità di Hopps nel districarsi in quell'intervista, pare che vi siate guadagnati la stima di Casey, il capitano del Distretto di Sahara” spiegò il capitano.
“Vorrebbe avervi come consulenti per migliorare i rapporti tra i suoi agenti, tra i quali si contano anche molti orsi bruni, che pare siano ai ferri corti con i ghepardi”, continuò.
Adesso la perplessità dei due partner e neosposi era in perfetta, e palpabile, sintonia.
“Molto carino, capo, sì”, disse Nick “ma cosa c'entra tutto questo con un lavoro sotto copertura?”.
“C'entra, Wilde, perché la storia della consulenza è solo una scusa”.
“Oh”.
“Ve lo dico qui, in questa stanza, e da questa stanza non deve uscire”.
“Chiaro, signore”, annuì Judy con aria grave e concentrata.
“Sì”, disse soltanto Nick.
“Pare che giù a Sahara ci sia un poliziotto corrotto. Io e Casey vogliamo che sfruttiate l'occasione per indagare. Il Progetto di Integrazione Mammifera di Lionheart sarà un paravento perfetto”.
Ancora non disponevano dei particolari del caso, ma non si trattava, comunque, di infiltrarsi in una gang di spacciatori o roba simile: un certo grado di rischio c'era, ma non così alto.
Eppure Judy si sentì un po' franare la terra sotto le zampe: quella era la prima volta che aveva a che fare, concretamente, con la corruzione nella ZPD. Non era un romanzo, non era un telefilm.
“Se per caso avevate in programma di fare un viaggio, rimandatelo”, concluse Bogo.
Non c'era scelta, a quanto pareva: la loro luna di miele avrebbe aspettato.

 

“C'è sempre una scelta”, Judy disse scuotendo il capo.
Seduti su una panchina di fronte alla gelateria di Jerry Jambeaux, con un ghiacciolo gigante nella zampa, stavano discutendo dell'eventualità di rifiutare quel caso.
“Forse sì”, ammise Nick “ma significherebbe rinunciare ad un incarico che speri di ottenere da un sacco di tempo, Judy”.
“Lo so... infatti non ho detto che non voglio accettare. Anzi. Sapere che uno dei nostri potrebbe stare tradendo la polizia mi fa star male, ma proprio per questo non intendo permettere che la passi liscia”, replicò la coniglia.
“Ne fai una questione personale. Anche altri agenti sono all'altezza di indagare ma, certo, su una cosa Bogo ha ragione: noi abbiamo... l'alibi ideale per presentarci in quel distretto e non destare meraviglia”.
“Vero”, concordò lei. “Ma sai quanto ci tengo alla mia immagine” scherzò.
“E all'immagine della polizia, soprattutto”, rincarò Nick.
“Appunto. Solo, dopo quel che abbiamo appena passato voglio essere assolutamente sicura che anche tu te la senta. Perché un fatto è certo, non sarà una passeggiata”.
“Ah, no”, concesse Nick. “Non lo sarà. Ma è il nostro lavoro, no?”.
Ci pensò su un attimo, e poi aggiunse:
“In questa storia sei stata tu a soffrire, più di me. Io ho sentito soltanto il dolore prima di svenire, e poi non ho fatto che dormire, in fondo”.
Si beccò un meritato pugno nel fianco, ma non se ne lamentò.
“No, sul serio... puoi fidarti, la mia gamba è già quasi come nuova, e per il resto sono bello carico. L'importante è che lo sia anche tu”.
“Oh, lo sono, Nick”.
Le stampò un bacio sulla guancia.
“Abbiamo fatto la nostra scelta, allora. Prepariamoci come si deve a quest'operazione, e poi... Italia, hai detto?”.
“Sì! E' lì che vorrei andare”, sorrise lei.
“Purché non raccontiamo nulla ai miei, nei prossimi giorni”, si raccomandò ancora una volta la coniglietta.
“Nemmeno se tuo padre mi minacciasse col fucile”, rispose Nick incrociandosi due dita davanti alla bocca.
“Ragni, serpenti, scorpioni e zanzare, se faccio la spia ch'io possa crepare...” cantilenò, ricordando un vecchio cartone animato che sua madre gli faceva sempre vedere quando era piccolo.
Judy tirò un sospiro di sollievo.
Non aveva nessuna voglia di sorbirsi una nuova infornata di preoccupazioni da parte loro.
Passando attraverso il Museo di Storia Naturale, ripresero a camminare in direzione del club naturista di Yax.
“Ricordi com'ero imbarazzata, quando venimmo qui sulle tracce di Otterton?”, disse Judy ridendo.
“E come potrei dimenticare, Carotina? Mi chiedo invece cosa, o chi, abbia avuto il potere di trasformarti nella coniglia selvaggia e disinibita che ho visto ieri notte...”, la provocò.
“Shhh! Almeno non farti sentire, volpe ottusa che non sei altro”, lo zittì lei.
“Altrimenti te la sogni, la coniglia disinibita” bisbigliò.
“Perciò non ho nessuna possibilità di entrare qui, con te, e vederti levare i vestiti in pubblico?”, continuò lui godendosela un mondo.
Judy sospirò.
Per un motivo o per l'altro, quel giovedì non faceva che sospirare.
“Forse è un po' presto per sfruttare il vecchio adagio, ma in fondo abbiamo fatto tutto molto velocemente, quindi... maledetto il giorno che ti ho sposato, Nick”, gli disse fingendo esasperazione.
Non che fosse poi troppo difficile fingere, quando lui ci si metteva.
“Era notte, cheri”, puntualizzò la volpe.

 

L'anatomia di Zootropolis delineava la loro storia comune.
Ogni luogo in cui erano stati durante la loro collaborazione al caso Bellwether conservava una traccia, una memoria del loro rapporto in fieri, ma nel tempo molti altri se ne erano aggiunti alla geografia della loro relazione.
Così, persino il basso e largo edificio della Motorizzazione, con la sua estetica non particolarmente affascinante, strappò ai due un sorriso nostalgico.
Flash si era preso una pausa per offrir loro un caffé, e siccome raggiungere il bar interno, ordinare e salutare l'amico aveva richiesto un'ora di tempo, quando uscirono da lì – proprio come la prima volta – si era ormai fatta sera.
“Sarà bene tornare”, suggerì Nick.
“Te la senti di arrivare alla metro, o sei stanco?”, gli chiese Judy.
La volpe valutò l'opzione taxi, ma la serata era così tersa e tiepida, e invitante, che gli dispiacque l'idea di chiudersi in un'auto e non approfittare anche degli ultimi minuti per stare all'aperto.
“No, ce la posso fare”, rispose dunque, mettendo un braccio attorno alle spalle della moglie e avviandosi verso la stazione più vicina.
“E poi” rise “ci aspettano ore di macchina già domani. Chissà se riuscirò a schiacciare almeno un pisolino...”.
“Con me e Ben che ci dimeniamo e chiacchieriamo senza sosta? Ne dubito, caro”, disse la coniglietta.
Avevano infatti telefonato a Bogo per confermare la partenza, e il capitano aveva messo a loro disposizione un mezzo, oltre alla guida prudente – così l'aveva definita – di Clawhauser.
“Ma ci metteremo secoli, e con la vostra parlantina dopotutto potreste anche ipnotizzarmi”, replicò Nick.
“Sì, può essere... potrei cogliere l'occasione per interrogarti e scoprire tutto quello che voglio su di te”.
“Ma basta chiedere, Carotina. Ormai mi hai addomesticato, no?”, sghignazzò la volpe.
“E, comunque, preferisco correre questo rischio che farmi di nuovo portare in giro da McHorn. La prima e unica volta che l'ho fatto mi sono beccato un proiettile. Dicono che le corna proteggono dalla sfiga, ma mi sa che non è vero...!”.
“E dai... lo sai benissimo che non è colpa sua se è successo”, lo ammonì lei.
“No, hai ragione. E' colpa mia che ci son salito” si impuntò lui.
Judy si batté una zampa sulla fronte.
Anche se ne avesse desiderati, non le sarebbe pesata l'impossibilità di avere dei cuccioli tutti loro: c'era già Nick che recitava anche quella parte...

 

… e poi c'era quella marea di fratelli e sorelle che Bonnie e Stu le avevano donato nel corso degli anni, mentre lei cresceva e, con lei, crescevano i suoi sogni di città.
Li poteva già scorgere in lontananza, piccini ma numerosi, che sollevavano polvere mentre giocavano e cominciavano a correre loro incontro.
Cercò gli occhi di Nick nello specchietto retrovisore della berlina del dipartimento, e lo vide ricambiarla con uno sguardo intenso.
Durante il viaggio di andata, nemmeno una settimana prima, gliel'aveva promesso: quelli sarebbero stati anche i suoi fratelli e sorelle.
Non era che l'inizio.
Passando davanti ai campi, videro Josh intento a misurare l'altezza di certe piantine che Nick non riconobbe. Si sbracciarono dai finestrini per salutarlo.
Su un furgoncino azzurro proveniente dalla direzione opposta incrociarono anche Gideon, che a quel punto Nick non temeva più.
E poco oltre, prima di raggiungere il sentiero privato che conduceva alla cascina degli Hopps, con gran sorpresa di Judy passò loro vicino... Harry, figlio di Howie. Proprio quel coniglio col quale aveva cenato, non troppo entusiasta, in quella che sembrava una vita precedente.
“Ecco uno che ci ha provato...” commentò didascalico Nick.
“... e a cui ha detto male”, completò la frase per lui Judy.
Dalla borsa ripescò un oggetto che, pensò, li avrebbe accompagnati per tutta la vita: una penna a forma di carota, che nascondeva al suo interno un piccolo registratore.
La coniglia l'avvicinò al marito – Dio, che bella parola –, premette un pulsante, e la sua voce si diffuse nell'abitacolo.
E' stato un quarto di miglio duro, ma lo ripeterei altre mille volte per stare con te. Perciò sì, lo voglio”.
“Anch'io, Carotina”, disse Nick Wilde sorridendo soddisfatto, mentre l'auto terminava la sua corsa e si fermava nel piazzale.
Erano arrivati a casa.

  
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