Film > Il gobbo di Notre Dame
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Autore: AcquaSaponePaperella    02/09/2016    4 recensioni
Questa raccolta verrà scritta prendendo spunto dai prompt della challenge "Il gioco della vita challenge" indetta da Alexlovesmal sul forum di EFP.
# Secondo compleanno
# Compiere sei anni
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Ma sempre nella mia bocca devono fare il nido i piccioni?" urlò Hugo, sputando la paglia.
"Meno male che se ne sono andati, non ne potevo più!" disse, guardando con aria torva i volatili che si allontanavano.
"Anche io non ne posso più!" urlò Laverne, in preda ai suoi soliti attacchi di isteria quando si trattava degli animali tanto odiati.
Hugo sobbalzò. Laverne era messa peggio di lui con tutti quei piccioni che le volavano attorno e che faticava a scacciare.
"Vi odio tutti!" gridò agli uccelli.
"Si può sapere che avete da urlare voi due? Sto cercando di meditare..." fece il suo ingresso l'ultimo dei gargoyles, Victor.
"Ah, i piccioni..." intendette, quando vide Laverne in mezzo allo stormo.
"Laverne, ma ancora non l'hai capito? Tutti quei piccioni... Loro... Sono innamorati di te!" scherzò come sempre Hugo, ricevendo uno scontato pugno sull'occhio dalla statua anziana, che lo fece gemere dal dolore.
"Che succede?" I tre si voltarono verso la quarta voce.
"Quasi!" Hugo era euforico. "Buon..."
Un altro pugno di Laverne arrivò sull'occhio di Hugo, che cadde a terra, mentre Victor, preoccupato, fece cenno all'amico gargoyle di non dire quella parola.
"Cosa?" domandò Quasimodo stranito.
"Ehm... Niente..." disse Hugo, poco convincente, dopo essersi ripreso dalla botta.
"Buon cosa?" ripetè Quasimodo curioso.
"Buon... Buon..." Hugo non seppe cosa inventarsi, ma Laverne fu pronta a rimediare al danno: "Buongiorno! Hugo stava per dirti buongiorno! Vero, Hugo?" chiese con una risatina nervosa.
Il gargoyle si affrettò a tapparsi la bocca per non dire altro e fare sì con la testa. "E anche io e Victor te lo volevamo dire: buongiorno!" "Buongiorno!" la imitò Victor.
Quasimodo sorrise. "Ah, allora buongiorno 
anche a voi!" disse con entusiasmo. "Torno subito!" disse, dopodichè lasciò i suoi tre amici da soli.
"Hugo, se la prossima volta non chiudi quella boccaccia, io ci infilo dentro una cosa dei piccioni, che non dico di che si tratta perchè sono una signora!" Laverne minacciò Hugo.
"È che mi dimentico sempre che non lo devo dire... Ma a me piacerebbe tanto dirlo! Perchè non glielo diciamo? Ormai è grande!" Hugo mise il broncio.
Victor sospirò. "Perchè poi lui andrà a dirlo a Frollo, lui gli chiederà chi glielo ha detto, lui risponderà che siamo stati noi e quello poi si arrabbia con il piccolo. Vuoi che Frollo si arrabbi con Quasimodo, Hugo?" Hugo abbassò la testa.
"Io continuo a non capire perchè si arrabbia quando gli parla di noi... Si sa che i bambini hanno gli amici immaginari!" la buttò sul ridere Hugo. Poi tornò serio: "E poi possiamo pur sempre dirgli che non lo deve dire a Frollo!"
"Abbiamo affrontato lo stesso argomento già gli anni scorsi... Quasimodo non vorrà mantenere questo segreto così importante... Lui vorrà sicuramente festeggiare con Frollo!" spiegò Laverne. Hugo questa volta non ribattè.
"È un giorno speciale oggi!" fu l'esclamazione di Quasimodo, che nascondeva qualcosa tra le mani.
I tre gargoyles sussultarono.
"Io non ho detto niente!" disse Hugo all'indirizzo di Laverne e Victor.
"Non vi ricordate più?" continuò Quasimodo, senza ricevere risposta, ma solo sguardi confusi.
"Dai, mi sembra di parlare con delle statue!" scherzò il bambino.
Victor fu il primo a parlare. "Quindi Frollo ti ha detto..." "Frollo? Cosa doveva dirmi?" il bambino aggrottò la fronte. "Allora è stato l'arcidiacono!" ipotizzò ancora Victor. "Cosa dovevano dirmi?" Quasimodo guardava i suoi amici frastornato.
"Che giorno è oggi, Quasimodo?" domandò allora Laverne.
"Lo sapevo, ve ne siete dimenticati... Oggi..."
"Il piccione volerà!" si ricordò improvvisamente Hugo, mentre Quasimodo aprì le mani entuasiasta, rivelando un cucciolo di piccione.
"Te lo sei ricordato Hugo!" disse contento Quasimodo.
"Eh, eh, mio caro Quasimodo... Noi due ci capiamo... al volo!" fu un'altra battuta di Hugo, che suscitò l'ilarità generale, tranne quella di Laverne, che disse: "Ah, già... Il piccolo mostricciatolo!" guardando con aria corrucciata l'animaletto.
"Laverne! È nostro amico!" si offese Quasimodo.
Dopodichè si avvicinò al davanzale e accarrezzò affettuosamente la testolina del piccolo.
"Non aver paura, cucciolo. Apri le ali e vola. Tu puoi farlo. Vorrei farlo anche io, sai? Però io non ho le ali. Ma ho le braccia. Certo, è più bello avere le ali, ma anche le braccia non sono male, perchè con le braccia puoi suonare le campane. Sai che sarà io a suonare le campane un giorno?Padron Frollo mi ha detto che ancora non posso perchè sono troppo piccolo e non ho abbastanza forza... Eh, sono grandi le campane, sai? Ma quando sarò grande potrò farlo! Ed è un grande privilegio suonare le campane, sai? È molto importante suonarle, perchè segnano l'ora e infatti io non vedo l'ora di suonarle, eh, eh!"
L'uccellino ascoltava incantato le parole di Quasimodo.
"Sai, vorrei tanto che tu volassi il giorno della festa dei folli. Non esiste giorno più bello di quello, sai? Se potessi scegliere un giorno per volare per la prima volta, sceglierei quello. Ma è bello lo stesso anche questo giorno che hai scelto tu, sai? È sempre un grande giorno anche questo!"
Altrochè se era un grande giorno, pensarono le statue.
Non vedeva l'ora di crescere, Quasimodo... Oggi era cresciuto di un anno. Sei anni avrebbe compiuto. I tre gargoyles avevano ascoltato tanto tempo fa il dialogo tra l'arcidiacono e il giudice sul "compleanno" di Quasimodo e naturalmente appoggiavano l'idea dell'arcidiacono: sarebbe stato bello poter festeggiare quel giorno speciale in cui quel bambino era arrivato all'improvviso a riempire di gioia la loro vita così... Così... Da statue.
Piccolo gobbo, lo chiamava Frollo. Come avesse fatto un uomo così crudele a crescere un bambino come Quasimodo ancora se lo domandavano. E si domandavano anche come facesse ad appellare quel bambino con un nominativo così crudele.
Laverne si pentì amaramente di aver chiamato "piccolo mostriciattolo" l'uccellino, perchè in quel momento la scena che aveva davanti era quella di un cucciolo che teneva in mano un altro cucciolo.
Non un piccolo mostriciattolo il piccione, ma un cucciolo; non un piccolo mostriciattolo Quasimodo, ma un cucciolo.
"Vienimi a trovare... Mi riconoscerai... Sarò il campanaro!" disse orgoglioso Quasimodo, salutando per l'ultima volta il suo amichetto, che cinguettando si librò in aria.
Quasimodo faceva ciao ciao con la manina.
"È proprio un giorno speciale oggi, sapete?" disse il bambino, sempre con lo sguardo rivolto verso il cielo ad osservare l'uccellino andare via.
Victor, Hugo e Laverne trattennero le lacrime e Quasimodo pensò che fosse perchè erano felici anche loro per l'uccellino.

Dopodichè Laverne, commossa, si avvicinò al piccolo e gli disse: "Sì, Quasimodo... Lo sappiamo."

 

   
 
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