Anime & Manga > Inuyasha
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Autore: Elenie87    02/09/2016    13 recensioni
Tratto dalla storia
****
-Trovalo- dice con voce strozzata.
Mi afferra la testa con le mani ed alza il mio viso inchiodando i nostri occhi.
-Cosa..?- mormoro stordita.
-Trova il tuo motivo per vivere, Kagome. Tu devi…. trovarlo- ribadisce con voce roca, poi con una leggera spinta mi allontana da sé e mi da le spalle.
-T-te ne vai?- chiedo spaventata. Non appena perdo il contatto con i suoi occhi la mia testa inizia a farneticare ed a cercare risposte a mille domande. Perché mi ha baciato? E perché io… vorrei lo rifacesse?
Lo vedo stringere i pugni, poi annuisce.
Mi sento mancare l’aria.
-E… il mio compito per domani?- chiedo inumidendomi le labbra; ho ancora il suo sapore sulle mie, intenso e frizzante.
Mi rendo conto che la mia domanda è quasi una scusa per guadagnare del tempo con lui.
Non andartene, ti prego…
Inuyasha si volta e mi sorride ed io mi sento avvampare, provando qualcosa mai sperimentato prima.
-Te l’ho appena dato-
****
Quando tutto sembra perduto trova il coraggio, trova un modo ma... vivi.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inuyasha, Kagome, Sango | Coppie: Inuyasha/Kagome
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Bring me to Life
 
 
 
 
La vita è una merda.
Quante volte si dice questa frase quotidianamente? Spesso, ma quasi mai seriamente.
Nel novantanove per cento delle persone è solo un pensiero fugace, uno momento di sfogo, quell’attimo dove la pazienza finisce a zero.
Diverso è per quell’ un per cento che rimane, per loro la vita è davvero una merda.
Si pongono delle domande, ogni giorno, per le quali non esistono risposte, né qualcuno può fornirgliele.
 
Perché? Non lo so.
Sarebbe potuta andare diversamente? Non lo so.
Tra quanto andrà meglio? Non lo so.
 
Col tempo, quelle mancate risposte diventano un’ ossessione. Un chiodo fisso che muta, si radica, si conficca nella profondità della tua testa. La tua mente pensa, pensa e pensa e finalmente trova
delle risposte. C’erano, erano lì, e allora perché prima non le avevo viste?
 
Perché? E’ colpa tua.
Sarebbe potuta andare diversamente? Sì.
Tra quanto andrà meglio? Mai.
 
Ci sono “mai” e “mai”. C’è il “mai” pronunciato dal novanta percento citato prima. Il loro “mai” è dettato sempre dal fugace attimo di mancata speranza. Passato quel momento diventa un“Ma, sì! Domani”.
Per il piccolo uno rimasto…. quel “mai” è proprio Mai.
 
Ed io? Io sono quell’uno. Perché la vita di merda me la sono procurata con le mie mani. Ho rovinato tutto.. Sì, sarebbe potuta andare diversamente. Ed andrà meglio? NO. Perché? E’ colpa mia.
Ed ora riesco a pensare solo una cosa: basta così.
Non voglio più sentire nulla.
Dolore. Rimorso. Rimpianto.
Voglio spegnere l’interruttore nel mio cervello, disattivare i sentimenti. Ma è impossibile, vero?
E’ quando inizi a pensare a quell’interruttore bastardo che nasce una nuova domanda.
 
Vorresti farla finita?
Sì.
 
Oggi ho deciso che farò il mio ultimo salto alla "Baia dell'Angelo."
E' un posto che si trova a circa trenta minuti a piedi da casa mia. Costeggia il mare, è su una collinetta un po’ in salita. Vi è una fantastica vista.
Si chiama Baia dell'Angelo perché due anni fa vi è morta una ragazzina di quattordici anni.
E' un buon posto per morire. C'è silenzio, la pace… Va bene.
 
Guardo il buio profondo sotto di me. Le onde del mare si infrangono sugli scogli, posso udirne il suono, il fruscio. Loro sono la mia ninna nanna funebre all’ ultimo atto della mia esistenza.
Gli occhi sono gonfi per le troppe lacrime piante in questi ultimi mesi, il dolore mi ha consumato il viso e corroso l’anima.
 
-Sono morti-
 
Chiudo gli occhi, il petto si alza ed abbassa più velocemente ogni volta che quelle due parole mi tornano alla mente, pronunciate dall’uomo in divisa che aveva bussato alla mia porta.
Avete presente il suono di uno specchio che si infrange? Per il mio cuore è stato lo stesso.
Ho ventidue anni, ma credo di sentirne nelle ossa almeno il doppio.
Rido tristemente e muovo un passo verso il dirupo. Sento nelle tempie il mio battito cardiaco e percepisco la paura dal suo correre lesto.
-A un passo da me, a un passo da te- mormorò, allargando un poco le braccia.
Punto gli occhi verso il cielo, le nuvole coprono la luna lasciando intravedere solo un flebile alone di luce.
 
-Kagome, ho preso gli ingredienti per fare del sushi per cena, ti va?-
-Oh, mamma, lo sai che devo studiare per l’esame! Perché non ci prendiamo una pizza da asporto? E’ più veloce-
 
Così ti ho proposto e tu sospirando mi hai detto che saresti andata a prenderla con papà.
 
-Sono morti-
 
Un singhiozzo mi scuote ed il volto mi si deturpa ancora per quel dolore che non vuole lasciare il mio cuore.
Le lacrime solcano per l'ennesima volta il mio viso e guardo più decisa il buio sotto di me.
-A un passo da me, a un passo da te- bisbiglio ancora.
Mamma, papà, perdonatemi se potete, ora espierò le mie colpe.
La gamba destra si muove lenta, tremante.
Sì, ho paura. Non so come sia la fine, non so cosa ci sarà dopo. Forse l’inferno Dantesco, forse il fuoco eterno e di certo non il Paradiso.
Il mio piede ora è nel vuoto, il mio corpo in bilico.
Il cuore batte così veloce che non sento altro che il suo rintocco,persino il rumore delle onde che si infrangono è a malapena udibile. Come sarà morire? Cosa hanno provato mia madre e mio padre quando quel tir si è schiantato sulla loro auto?
-A un passo da me… a un passo da te-
La voce mi esce in un singulto.
Dio, come sono patetica. Non sono neppure in grado di morire senza frignare, senza ripetere ciò che mi diceva mia mamma quando mi dava la buona notte da piccola.
 
-Non temere Kagome, se avrai paura del buio ricorda: tu sei ad un passo da me, ed io ad un passo da te-
 
-Mamma…- mugugno in un altro singhiozzo.
Ancora un poco, ancora un poco. Devo sbilanciarmi di più se voglio cadere.
-E’ un bel salto-
Sussulto, colta alla sprovvista e lo spavento mi fa posare il piede a terra; mi volto spaesata.
-Chi c’è?- chiedo con voce tremante.
I miei occhi cercano nel buio una sagoma umana ed infine scorgo la figura di un ragazzo che mi osserva, seduto sul bordo del dirupo con una gamba penzolante e l’altra appoggiata a terra.
-Chi sei?- chiedo.
Lui si alza con calma ed una volta in piedi si scrolla la polvere dai pantaloni.
Lentamente avanza verso di me ed ecco che la luce del lampione lo illumina e riesco a vederne il volto.
I lunghi capelli neri gli incorniciano un viso dalla bellezza decisa,gli occhi neri brillanti ed ironici mi fissano curiosi.
-Chi sei?- chiedo di nuovo, vedendo che non risponde alla mia domanda ma mi scruta in silenzio.
Lui mi sorride e mi arriva davanti.
-Mi chiamo Inuyasha. E tu?-
-Non avvicinarti!- gli inveisco contro. Dannazione, che vuole questo?! Ho scelto accuratamente questo posto. Nessuno passa mai, soprattutto a quest’ora. E proprio stasera doveva circolare questo qui?!
-Tranquilla, non mi avvicino. Posso sapere il tuo nome?- chiede alzando le mani in segno di resa.
-Non sono affari tuoi, lasciami sola- gli rispondo irosa.
Lui muove un altro passo, facendomi spostare leggermente indietro.
-Ti ho detto fermo lì!- lo ammonisco.
Per tutta risposta lui ridacchia, facendomi innervosire ulteriormente.
-Che caratterino. Sei davvero intenzionata a farlo?- mi chiede inclinando un poco la testa di lato. Ah, la classica domanda del cretino di turno.
-Mi pare evidente- sibilo.
Il ragazzo guarda verso il dirupo, poi si acciglia.
-Davvero? Eppure mi sembravi indecisa-
Ma… che cavolo vuole questo tizio! Io indecisa? Per niente! No,che non ero indecisa!
-Ti dispiacerebbe molto andartene?- gli ringhio contro.
Lui fa spallucce.
-In realtà sì-
-Come?!- sbotto. Sono al limite della sopportazione giornaliera. Sento le mie mani informicolarsi ed il respiro accelerare. Calma,devo stare calma. Non posso lasciare che il panico prevalga su questa situazione assurda.
-Perché vuoi farlo?- mi domanda, ed io ritengo che stiamo avendo il botta-risposta più senza senso che probabilmente sia mai esistito. L’uno non risponde alle domande dell’altro, anzi, dice proprio tutt’altro.
-Forse non sono affari tuoi?- replico sbuffando.
Lui si gratta il mento, poi mi sorride ancora.
-Quanti anni hai?-
Che?!
-Per l’amor del cielo, non hai di meglio da fare?- chiedo ormai esasperata.
Inuyasha (così ha detto che si chiama?) resta in silenzio a braccia conserte, fissandomi con un sorriso idiota.
Roteo gli occhi e sospiro.
-Ventidue- borbotto regalandogli una piccola vittoria in questa schermaglia di non-risposte.
-Io ventiquattro- dice. Gliel’ ho, forse, chiesto?
-Fantastico- dico ironica, e lui ridacchia.
-E perché vuoi morire? Non credi di essere un tantino giovane per questo?-
La sua domanda mi gela il sangue, cancellando ogni parvenza di sarcasmo dalla nostra assurda  conversazione. Resto in silenzio, con il capo chino. Parlare con lui mi aveva quasi fatto dimenticare perché fossi qui. Non è una gita di piacere, non sono qui per ridere o scherzare con qualcuno. Sono qui perché
ogni giorno è una sopravvivenza, ed io sono stanca di sopravvivere.
-Non sei obbligata a rispondermi- lo sento mormorare, questa volta con dolcezza.
Alzo lo sguardo per incontrare il suo, e per un attimo mi chiedo come questo ragazzo possa vedermi in questo momento. I miei occhi sono gonfi e rossi, il viso solcato da notti insonni e di pianto, i capelli non curati e probabilmente si intravede la mia eccessiva magrezza.
Starà pensando: povera stupida ragazza che vuole farla finita per un voto andato male all’università….
-Non penso che tu sia patetica- dice spiazzandomi. I miei occhi si allargano per la sorpresa.
-Te lo leggo in faccia. Ti stavi chiedendo se pensassi tu fossi patetica. La risposta è “no”- specifica ancora, ed io arrossisco distogliendo lo sguardo.
Mi sta confondendo e non va bene. Io devo andare, devo proprio andare adesso.
-Senti, grazie della compagnia, ma…- inizio, ma lui mi blocca.
-Facciamo un gioco!- esordisce, e ci manca poco che la mia mascella non si schianti a terra.
-P-prego?- balbetto.
Lui sorride ancora ironico di fronte alla mia bocca spalancata, ed io vorrei piantargli invece una cinquina in faccia.
-Hai capito bene. Un gioco. Tu vuoi morire, giusto? Rimanda quel momento di tre giorni- continua.
Rimandare?
-Tu sei matto!- borbotto, dandogli le spalle, ma lui mi afferra per un braccio girandomi nuovamente verso di lui. Perché non smette di sorridere?
-Eddai! Stammi a sentire!- dice con finta voce implorante.
-Finiscila. Sarà un gioco per te, ma per me non lo è!- replico fulminandolo con lo sguardo.
- Ma io sono serio. Ci incontreremo qui ogni sera per i prossimi tre giorni. E se alla fine tu vorrai ancora buttarti io non ti fermerò- mi dice.
La sua voce cambia tono. E’ profonda, ma incredibilmente… dolce, pacata.
-E cosa pensi di fare incontrandomi qui ogni sera? Cosa ci guadagno?- chiedo stizzita.
-Ti darò un compito che tu dovrai eseguire nel giorno successivo. Tutte cose semplici, giuro, niente di complicato. E se tutto andrà come spero, alla fine di questi tre giorni, tu avrai trovato un motivo per vivere-
Ma è serio? Cioè, questo sconosciuto (perché tale è), vuole dirmi cosa devo fare per tre giorni?!
E crede di trovarmi un motivo per vivere, ho capito bene?
Una risata ironica sale alle mie labbra.
-Oh, ho sbagliato a giudicarti. Tu non sei solo idiota, sei proprio completamente andato di testa!- esordisco.
Inuyasha scoppia a ridere.
Resto incantata, non so bene da cosa, e mi trovo a fissare le sue labbra sorridenti e penso che non ricordo nemmeno qual è l’ultima volta che io ho riso così.
-Non vuoi darti una possibilità?- mormora.
Sussulto, uscendo da quella specie di incantesimo che mi aveva colta e mi accorgo di tremare.
Una possibilità? Io?
Io ho avuto una possibilità, una scelta, ma ho sbagliato tutto quella sera e guarda com’è finita. Ho distrutto una famiglia, ho ucciso i miei genitori.
Che possibilità potrebbe offrire ancora, la vita, ad una come me?
-Non piangere- sussurra Inuyasha ed io sbatto le ciglia stordita.
Perché, lo sto facendo?, mi chiedo nello stesso istante in cui sento qualcosa di bagnato solcare la mia guancia.
-Non puoi essere serio. Nemmeno mi conosci- gli dico con espressione dura.
Inuyasha ridacchia ma pare non scoraggiarsi.
-Lo sono, invece, più di quanto immagini-
Resto in silenzio e lui fa altrettanto, come a volermi dare il tempo di elaborare ciò che sta accadendo.
-Il tuo nome?- chiede.
-E’ importante?- ribatto secca.
Sorride. Oh, lo odio. Perché lo fa così spesso?
-Voglio solo sapere con chi sto giocando- dice facendo spallucce.
-Kagome- mormoro. Non riesco a staccare i miei occhi dai suoi. Quel nero pare inghiottirmi, trascinarmi.
Mi fa paura.
-Kagome…- ripete lui piano, provocandomi un brivido. –C’è qualcuno che ti aspetta a casa, Kagome?- domanda.
Un velo copre subito i miei occhi. Sota.
-C’è qualcuno- confesso involontariamente.
Inuyasha mi guarda interrogativo.
-E chi è?-
Stringo i pugni, ed ecco il dolore sordo invadermi le tempie.
-Mio fratello. Ma non mi aspetta- bisbiglio.
Lo vedo sgranare gli occhi e mi pare che un'improvvisa ombra passi sul suo volto, ma un attimo dopo torna con la solita espressione da idiota.
-Nah, impossibile. I fratelli aspettano sempre una sorella- esordisce Inuyasha.
-No, invece- replico con rabbia. Perché mette in dubbio la mia verità? Che ne può sapere lui?
Mi guarda di nuovo pensieroso, mugugnando tra sé e sé, poi battele mani.
-Trovato! Ho il primo compito per te. Domani preparerai la colazione a tuo fratello-
Ok, è pazzo. Strabuzzo gli occhi e quasi, sottolineo quasi, potrei mettermi a ridere.
-Non se ne parla- borbotto.
-Mio il gioco, mie le regole- sogghigna, scuotendo la testa.
-Non ho mai detto di voler giocare- ringhio tra i denti.
-Ma vuoi- replica, ed io sbuffo. Dannazione, in qualche modo ha ragione. C’è qualcosa che mi spinge a fare questa immensa cazzata!
Sospiro pesantemente esaminando di nuovo il dirupo. Forse era meglio se mi fossi buttata prima, questa serata sta prendendo una piega inaspettata e per nulla gradita.
-Domani alle nove- lo sento dire.
Guardo Inuyasha che aspetta che confermi.
-Potrei non venire. Che so, andare a morire in un altro posto- lo sfido.
Lui scuote la testa.
-Non lo farai-
Sembra così tranquillo, sicuro di sé. Non lo sopporto mica.
Lo guardo, lasciando cadere tra di noi ancora il silenzio. Effettivamente, cos’altro dovremmo dirci?
-Beh, io me ne vado- dico dandogli le spalle. Muovo qualche passo e vedo che non risponde. Ne faccio ancora qualcuno ma lui continua a non dire nulla.
Nessun: ehi, te ne vai? Oppure un semplice "ciao". Nulla, resta zitto.
Mi fa venire il nervoso! Mi volto per insultarlo e… lui è lì, che mi guarda, con quel ghigno canzonatore.
Mi rigiro arrossendo e fumando come una ciminiera. E' proprio un…
-Idiota-
 
 
Inutile dire che non ho dormito nulla. Non ho fatto che girarmi e rigirarmi nel letto, fissando la sveglia come un dannato gufo. Alle07.30 mio fratello si alzerà per fare colazione ed io dovrei precederlo.
In realtà nessuno mi obbliga a farlo, tantomeno quell’ Inuyasha, e per la cronaca potrei anche presentarmi all'appuntamento dicendo una grossa balla, per esempio che ho preparato questa benedetta colazione quando non è vero nulla.
Ma… un grillo mi assilla dicendo “fallo, fallo, fallo!” e sono talmente stufa di metterlo a tacere che alle 07.00 precise mi alzo. In punta di piedi vado in cucina e tiro fuori la pentola per preparare le crepes.
Ricordo che a Sota piacciono con il miele. Gliele preparavo sempre prima che….
La pentola quasi mi scivola di mano mentre i ricordi tornano violenti. Forse sto facendo una gran cavolata.
 
-E’ colpa tua! Tua e della tua stupida ossessione per i voti!-
 
Il labbro mi trema e sento le gambe cedermi. Stai sbagliando tutto Kagome, non sarà per una colazione che lui ti perdonerà. Ormai le nostre conversazioni si limitano al "Stai uscendo?", "A che ora torni?" e forse ogni tanto la buona notte. Mi mancano le nostre chiacchiere, i nostri abbracci, mi manca appoggiare la mia
testa sulla sua spalla quando guardo un film alla tv.
Le lacrime escono incontrollate e mi tappo la bocca per soffocare un singhiozzo.
Oh, Dio, cosa darei per poter tornare indietro! Gridare con tutta la voce che ho in corpo“Sì, mamma! E’ un’idea fantastica, prepariamo insieme la cena!”, cambiare il corso degli eventi.
-Kagome?-
La voce di Sota mi riscuote ed io apro gli occhi colmi di lacrime mettendo a fuoco la sua figura dritta davanti a me. Sì è appena alzato, ha i capelli neri tutti scompigliati dal sonno. Anche in queste condizioni ho sempre pensato che il mio fratellone fosse il ragazzo più bello del mondo.
-Kagome, stai bene?- mi chiede, probabilmente notando le lacrime ed il viso rosso.
Che sia preoccupato? No, impossibile.
Appoggio la pentola sul fornello e chino la testa.
-Sì. Bene. Volevo solo…- inizio, ma la voce va via. Ho paura di continuare, ho paura di dire qualcosa che possa dargli fastidio.
- Ti sei alzata presto stamattina- dice.
Annuisco, tenendo il capo basso. Sento il cuore che mi batte come un tamburo.
-Hai da fare?- mi chiede, ed io come un automa nego con la testa.
Perché?
Lui mi guarda per un istante sorpreso e poi accenna un sorriso.
-Ti va di aiutarmi con la colazione?- mi chiede.
Annaspo, mentre i miei occhi incontrano i suoi. E’ dolcezza quella che sento nella sua voce? Amore?
No, impossibile. Lui mi odia.
Non rispondo, dalla mia bocca non esce alcun suono.
Mi si avvicina lentamente e mi prende le mani. Le sue sono grandi il doppio delle mie. Le dita mi tremano a quel contatto e vedo la sua bocca storcersi in un piega amara.
-Ti disgusto, vero? Al punto che ti è impossibile persino toccarmi. Non ti biasimo- bisbiglia.
Ancora una volta mi stupisce, lasciandomi interdetta. Di che parla?
-Cosa dici?- mormoro con voce rotta.
i suoi occhi si inumidiscono ed io spalanco la bocca sorpresa. Cosa sta succedendo?
-Ogni volta che entro in una stanza tu scappi a gambe levate. Lo so che mi odi, so che ho detto una cosa riprovevole quella sera. Non penso affatto sia colpa tua. E’ successo e basta. Potrai mai perdonarmi, Kagome?-
Ogni sua parola colpisce il mio cuore come una stilettata. Poi, è come se il carico sul mio petto si alleggerisse all’improvviso,chilo dopo chilo sino a scomparire. Mi sento più leggera.
Non riesco a rispondergli, a dire nulla tanta è la sorpresa di fronte a quelle parole.
Perdonarlo? Non ho mai pensato avesse una colpa da perdonare,perché quello che ha detto quella sera è esattamente ciò che ho sempre pensato. Se mamma e papà sono morti la responsabilità è solo mia. No, Sota, non ho nulla da perdonarti.
Deve interpretare male il mio silenzio, perché mi lascia le mani e si allontana, facendo per uscire dalla cucina. E’ per la paura di vederlo varcare la soglia che le mie gambe si muovono e le mie braccia lo cingono da dietro.
Un singhiozzo mi scuote, ma non mi muovo da quella posizione e lui nemmeno. Aspiro il suo profumo e mi beo un poco del suo calore. Quanto tempo è passato dall' ultimo abbraccio?
Tiro su col naso come una bambina ma non mi importa. Sto abbracciando Sota, e mi sento così bene…
-Vuoi una crepes?- bisbiglio.
Lo vedo annuire con la testa, poi si passa un braccio sul viso. Che fa?
Si volta, dandomi un buffetto sulla guancia e sorride.
-Vedi di non bruciarla sorellina, ho una fame da lupi-
Sei davvero il ragazzo più bello del mondo.
 
 
Alle nove spaccate sono al dirupo. Non ci metto molto ad individuarlo, si può dire che sia dove lo ho lasciato la sera precedente.
-Ehi- borbotto per attirare la sua attenzione e lui si volta con un sorriso a trentadue denti.
Sbuffo infastidita. Mi si smuove qualcosa dentro, ed io giuro che vorrei essere ovunque tranne che di fronte a lui, che mi guarda con questi occhi neri penetranti.
-Ciao!- mi saluta allegro. –Hai fatto i compiti?- chiede ironico, ed io vorrei spaccarti la faccia. E' insopportabile.
-Sì- mugugno. So di dargli soddisfazione con questa affermazione ed è esattamente l’ultima cosa che vorrei.
-E com’è andata?-
Male, di merda, ti odio e voglio ancora morire!, vorrei gridare. Ma non è vero, non del tutto. Ho abbracciato mio fratello e questo non può che alleviare in parte il mio dolore.
-Mio fratello non mi odia- mormoro, e tu annuisci come se capissi quello che ti sto dicendo mentre in realtà, di me, non sai nulla.
Restiamo un po’ in silenzio, entrambi guardiamo il cielo. Poi è lui a spezzarlo.
-Ti va di dirmi perché vuoi farlo?- mi chiede. Capisco a cosa si riferisce. Vuole sapere perché voglio suicidarmi.
Ci sarebbero milioni di cose da dire riassumibili in una sola: io merito questo. Ma non sono capace di farle uscire dalle labbra, le sento sepolte sotto un ammasso di fuliggine.
-No- la parola esce in un bisbiglio. Sento la testa pesante, troppi pensieri si sono affollati l’uno sull’altro.
-Va bene, Kagome. Allora ti dirò qualcosa di me-
Lui non sembra offeso dal mio rifiuto.
Si siede per terra, su un grosso sasso, ed io lo imito.
-Dunque, vediamo. Mi chiamo Inuyasha, ho ventiquattro anni evado all’università di Tokyo. Studio medicina. Vivo a pochi passi da qui, nel quartiere di Aruna con mia madre e mio padre-
-Mmh- mugugno, fingendo disinteresse alla sua storia. In realtà sono tutta in tensione e sento una inesprimibile voglia di scoprire di più su di lui.
-Attualmente sono specializzando nel reparto di pediatria-
Oh, gli piacciono i bambini. Anche a me.
-Mi piacciono i bambini. E a te?- afferma proprio in simbiosi con il mio pensiero e per questa piccola coincidenza mi trovo ad arrossire. Ed ovviamente lo nota.
-Come mai sei rossa, Kagome?- domanda. Oh, quanto lo odio!Odio la sua acutezza; perché è stato messo sulla mia strada?
Distolgo lo sguardo.
-Non sono rossa- nego.
Ride, tirandomi piano una ciocca di capelli.
-Bugiarda- sussurra. Un brivido mi attraversa. Perché mi fa questo effetto?
Mi alzo di scatto, ho bisogno di mettere distanza tra me ed Inuyasha.
-Basta tergiversare. Allora, cosa devo fare domani?-
Il mio sguardo si è indurito e mi pare di vedere un lampo nei suoi occhi neri. Ma è una impressione, vero?
O forse, è la sua sicurezza che crolla di fronte alla mia.
Si alza e si mette le mani in tasca.
-Dovrai sfogliare un album di ricordi-
Dice quella frase con una calma totale, peccato che sento come semi avesse sganciato una bomba atomica dentro al petto.
-No- rispondo secca. Ho tolto ogni sorta di ricordo dentro casa:foto, soprammobili, ogni cosa che potesse farmi rivedere il volto dei miei genitori più di quanto già non fosse impresso nella mia memoria.
-E' il gioco. Ricordi? O hai paura che io possa avere ragione?-
Stringo i pugni.
-Di che parli?- chiedo. Non capisco di cosa parla.
Sorride.
-Oh, mi riferisco al fatto che tu non vuoi affatto morire-
Deglutisco a vuoto ed i miei occhi bruciano affrontando i suoi.
Non è vero. Ho capito benissimo qual è il mio posto e non è su questa terra.
-D'accordo- dico.
Se non lo faccio sarebbe come dargliela vinta, dargli ragione. E non è così.
I pugni sono ancora stretti sino allo spasmo. Sento l’aria mancarmi nei polmoni perché so che farà male, dovrò provare altro dolore.
Inuyasha mi afferra un braccio, poi con una lentezza disarmante apre il mio pugno con le sue dita e vi appoggia sopra la sua mano.
E' un contatto strano, innocente. Siamo palmo a palmo e mi sento vibrare in ogni cellula del mio corpo.
-I ricordi sono una malattia lunga e difficile da sconfiggere (*)- mi dice in un sussurro.
-I ricordi fanno male. Tu non farai altro che portarmi al baratro- gli rispondo, ma la mia voce non esce irosa come vorrei, ma vuota, priva di ogni energia.
-Ti porto giù Kagome, ma troverai un motivo per risalire. Io lo so- replica,e nel dire queste parole sigilla le nostre mani intrecciando le dita.
Sussulto colta alla sprovvista ma non tolgo il contatto. Osservo curiosa le nostre mani unite e quando alzo lo sguardo lo trovo come sempre sorridente a fissarmi con quegli occhi indecifrabili.
Ed è l'imbarazzo, adesso, a farmi allontanare di un passo e sciogliere il contatto.
Resta immobile, rigida come un tronco. Inuyasha mi confonde, fa nascere in me delle sensazioni nuove, strane. Non mi piace sentirmi così affannata per un nonnulla.
-A-adesso devo proprio andare- balbetto con voce roca. Devo allontanarmi da lui, subito!
Lui annuisce.
-A domani, Kagome-
Domani? Ci sono molte ore tra adesso e domani. Mi suona bene questa parola, stasera. Solitamente la odio.
Resto ad osservarlo per un attimo, persa nelle mie riflessioni. Le mie gambe sembrano ancorate a terra, comando il movimento ma non si muovono.
-A domani- dico cercando i suoi occhi neri. Sono neri, vero?
Socchiudo le palpebre guardandoli meglio. Sì, neri ma con sfumature oserei direi violacee.
Beh, devo dire che sono…. Belli.
Con la coda dell’occhio vedo le sue labbra inclinarsi in un sorriso di scherno e mi rendo conto di averlo salutato senza essermi mossa.
Arrossisco furiosamente. Dio, che figura da stupida!
-S-scusa. C-ciao- balbetto ancora, azionando questa volta le mie gambe. Muovetevi, cretine!
Lo sento ridere alle mie spalle mentre il mio cuore parte in una corsa sfrenata.
Ma si può sapere che cavolo mi prende?
 
 
Lo odio, lo odio, lo odio. Potrei andare avanti a ripeterlo per ore. Qualcuno dovrebbe spiegarmi perché sto in soffitta, ad aprire scatole, nel tentativo di trovare un dannato album dei ricordi! E solo perché sto dando retta ad Inuyasha, un ragazzo che conosco da… quanto? Due giorni?
-Emerita cretina- mi dico, tossicchiando per la polvere.
Apro l’ultimo scatolone rimasto. Se non sono nemmeno qui, non ho idea di dove possa averlo messo mesi fa, ed avrei la scusa perfetta per mandare al diavolo Inuyasha.
Lo apro con uno sbuffo.
-Merda- borbotto, vedendo esattamente ciò che cercavo. Lo tiro fuori mettendomelo in grembo e sospiro.
Quando volterò la copertina faranno capolinea i loro volti:mamma e papà che sorridono, centinaia di foto felici. Perché vuole che lo faccia? Ho davvero bisogno di questo?
Qual è lo scopo? Farmi soffrire? Non è abbastanza quello che sto patendo?
 
-Hai paura che io abbia ragione?-
 
-Oh, mi riferisco al fatto che tu non vuoi affatto morire-
 
-Ma stà zitto!- borbotto. Quell’Inuyasha, è proprio un cretino.
Sospiro e fisso l’album. Ne sfioro con le dita il contorno. L’ultima volta l’avevo aperto a diciotto anni, seduta sul divano con mamma per ricordare me e Sota quando eravamo piccoli.
Sorrido amaramente. E’ così lontano quel tempo.
Apro lentamente l’album con il cuore in subbuglio e subito ai miei occhi appare l’immagine dei miei genitori e con essa arriva la prima stilettata al petto.
La prima foto: mamma e papà felici al loro matrimonio. Lei tiene in mano il bouquet, papà invece la abbraccia da dietro. I loro occhi sono luminosi, radiosi.
Chiudo le palpebre un istante.
-Dai, Kagome- mormoro per farmi coraggio. Riapro gli occhi.
Volto la pagina e vedo mamma intenta a fare il bucato con il pancione.
L’angolo della bocca si inclina automaticamente perché so bene che in quella foto ci sono anche io. Era incinta di me quando papà gli scattò questa fotografia.
Accarezzo quell' immagine come fosse la cosa più preziosa del mondo.
Vado avanti e senza rendermene conto passo attraverso i miei ricordi, dall’asilo, alla scuola, ai compleanni miei e di Sota e poi arrivo ai diciotto anni.
Che strano, l’album si chiudeva con una foto di famiglia, ma sembra esserci dell’altro nella pagina successiva. Deve avere aggiunto qualcosa papà, era lui l’artefice del manufatto.
Giro la pagina e sgrano gli occhi.
Porto una mano alla bocca, coprendola per lo stupore, mentre calde lacrime pungono i miei occhi.
Ritrae me e Sango, la mia migliore amica, il primo giorno di università.
Mi era venuta a prendere sotto casa perché entrambe avevamo scelto la stessa facoltà, e mentre uscivamo papà ci scattò questa foto.
-Sango..- mormoro con il cuore in frantumi.
Sono sei mesi che non la vedo né la sento. Ricordo che è venuta al funerale, ma io….
Ho impedito a chiunque di vedermi. Non volevo parlare, non volevo sentire nulla da nessuno, nemmeno da lei. E sì, ora ricordo.
Il mio maledetto cellulare suonava imperterrito, decine di messaggi al giorno. L’ho spento e da allora mai più acceso.
Oh, Dio..
Un singhiozzo mi scuote così forte che l’album mi scivola dalle mani.
Come ho fatto a seppellire tutto così infondo nella mia mente,persino da dimenticare l’esistenza di un’amica?
Senza rendermene conto mi alzo e vado in camera mia. Apro il cassetto e prendo il cellulare, il suo carica batteria e lo attacco.
Sento il cuore che mi rimbomba nel petto ed una voglia improvvisa di vomitare.
Che cavolo mi prende? Mi manca l’aria, mi manca l’aria!
Apro la finestra ed inspiro. Espiro. Inspiro. Dio, aiutami ti prego,ho paura, ho paura!
Paura di cosa?! Ecco un'altra domanda senza risposta.
Non lo so!
 
Bip
 
Il cellulare segnala che ora c’è quel tanto di batteria che basta per accenderlo.
Premo l’interruttore e fisso lo schermo che si illumina.
Aspetto. I secondi sono interminabili. Si carica il mio sfondo, una foto scattata al mare che ritrae me e Sango.
Lo stomaco mi si ribalta. Ispiro, espiro.
Compaiono le icone e vedo il simbolo del wifi caricare le tacchette di ricezione.
Inspiro, espiro.
Tlin.
Tlin.
Tlin.
Tlin…..
Il desktop inizia a lampeggiare imperterrito sotto il mio sguardo attonito. Sono messaggi di chiamate perse, sms di whats-app e passano così veloci che non riesco nemmeno a registrare nella mente tutti i mittenti.
Devo aspettare circa due minuti prima che il cellulare smetta di caricare l’arretrato.
Poi finalmente il silenzio. Lo schermo si rabbuia ed ora non mi resta che scoprire cosa c'è dentro quell'aggeggio.
Deglutisco a vuoto, poi il mio indice tremante entra nel registro chiamate:
37 chiamate perse di Sango.
8 chiamate perse da vari parenti.
1 chiamata persa dal dentista.
2 chiamate perse dall’Università. Ah, merda, gli esami. Non ho mai chiamato per segnalare la sospensione.
Poi mi dirotto su whats-app. Indugio un poco prima di cliccare sull’icona. Vedere le chiamate perse è un conto, dover leggere dei messaggi un altro.
Il primo nome della cronologia è quello di Sango e ciò che mi sconvolge sono i 76 messaggi non letti.
Sento le lacrime calde cadere sulle mie guance ed una voce dentro che mi ordina di non essere codarda.
Respiro e sfioro appena la conversazione.
I miei occhi mettono a fuoco le parole sullo schermo e come previsto iniziano a bruciare.
I messaggi della mia migliore amica sono di incoraggiamento,affetto, vicinanza.
Qualcosa che nemmeno ricordavo esistesse su questa Terra, tanto mi sono rinchiusa nel mio mondo privato.
 
Kagome, come stai? So quanto sia stata dura ieri, al funerale. Chiamami per qualsiasi cosa, io ci sono.
 
Buongiorno. Hai voglia di vederci per un caffè? Ti voglio bene.
 
Kagome, so quanto sia difficile, ma ti prego fatti sentire.
 
Sappi che ti penso sempre.
 
Oggi sono andata a comprarmi un bel vestitino con i saldi. Perché non andiamo insieme a dare un occhio se c’è qualcosa di carino che ti piace?
 
Sai, ho conosciuto un ragazzo… è molto carino. Si chiama Miroku, mi farebbe piacere presentartelo. Fammi sapere se ti va di vederci per un caffè. Mi manchi, lo sai?
 
Kagome!! Sono tre mesi che non ti fai sentire e Sota non fa che dirmi unicamente che non vuoi vedere nessuno! Non vieni nemmeno alla porta ad aprirmi! Permettimi di starti vicino, non puoi andare avanti così. Per favore, rispondimi….
 
E’ vero. Ricordo che Sota più volta ha bussato alla porta della mia camera dicendo che Sango era venuta a trovarmi, ed io ho risposto che non volevo vedere nessuno, che desideravo essere lasciata in pace. Le parole uscivano dalle mie labbra, ma era come se fossi assente, svuotata, priva di vita.
Cosa c’è di diverso oggi, da quei giorni?
Il volto di Inuyasha per un attimo mi passa per la mente, come un lampo nel buio.
Scuoto la testa. Che c'entra lui?
Finisco di leggere i messaggi di Sango. Dio, come mi manca, solo adesso me ne rendo conto. Lei c’è sempre stata per me.
Mi asciugo con rabbia una lacrima. Un altro punto a mio sfavore,un altro motivo per sentirmi una nullità. Sango ora sarà ferita, si sentirà esclusa e tradita dalla mia amicizia. Ed ha ragione.
-Sono una stupida…- mormoro, uscendo dalla conversazione.
L’ultimo messaggio di Sango risale ad un mese e mezzo fa, cosa che mi fa capire che si deve essere rassegnata al mio silenzio.
Singhiozzo, coprendomi il volto con le mani. Posso aggiungerla alla lista di persone che ho perso.
Me lo sono meritato.
In un moto di stizza decido di leggere anche tutti i messaggi di amici e parenti che ho su whats-app.
Li scorro velocemente, poco interessata alla maggior parte di essi, ma è quando arrivo al più vecchio non letto che il cuore mi si congela.
Il labbro trema, le mani diventano inermi, il respiro immobile.
 
**Papà**
Ultima volta visto online: Circa sei mesi fa
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C’è un po’ di traffico in strada, ma stiamo arrivando. Per favore prepara la tavola.
 
Il cellulare mi scivola di mano mentre il mio sguardo resta fisso nel vuoto.
Papà….?
Questo messaggio è… di quella sera? Quanti minuti prima dello schianto? Uno? Due? Secondi, forse?
E perché mi torna in mente una frase, pronunciata dal carabiniere che ci era venuto ad avvisare dell’accaduto?
 
Siete voi i figli del Signor e la Signora Higurashi? Siamo spiacenti di comunicarvi che c'è stato un brutto incidente e ne sono rimasti coinvolti. Purtroppo… sono morti.  Abbiamo trovato il cellulare tra i piedi del signor Higurashi. Probabilmente era al telefono nel momento dell’impatto. Non ci è possibile stabilire se è stato suo padre a mancare la precedenza , a causa della distrazione, o l’uomo alla guida del Tir. Siamo desolati per la vostra perdita.
 
Di quelle parole, credo di non aver registrato solo che erano morti.
Ogni singola sillaba di quel messaggio sta esplodendo nella mia testa ed io mi sento morire. Qualcosa di potente e distruttivo sale alla mia gola e non riesco a frenarlo.
Mi alzo traballante e mi butto sul letto a faccia in giù, affondo il viso nel cuscino e lo faccio: urlo, urlo con quanta voce ho in corpo, urlo la distruzione che sento nel cuore e che era sepolta in profondità, un dolore che avevo cullato e tenuto per me.
Urlo, tanto nessuno mi sente e potrà distogliermi da questo momento.
Urlo per me e per la mia famiglia fatta a pezzi.
Urlo perché mi tornano alla mente quelle tre domande a cui credevo di aver trovato delle risposte, ma ora se ne ripresentano prive.
 
Sarebbe potuta andare diversamente? Non lo so.
Perché? Non lo so.
 
E se non fosse colpa mia? E se fosse semplicemente successo perché era così che doveva andare?
Qualcuno mi aiuti, qualcuno mi aiuti a capire!
Urlo ancora più forte sino a quando dalle mie labbra non escono che rantoli esausti.
 
 
Quando arrivo alla “Baia dell’Angelo”, Inuyasha è già lì, come la sera precedente.
Mi osserva con occhi ridenti e un lieve sorriso sulle labbra che ormai ho compreso che lo contraddistingue ma quando gli arrivo quasi davanti il suo sorriso scompare. Si muove veloce verso di me e senza che io proferisca parola le sue braccia mi cingono in un abbraccio inaspettato.
Sussulto, trovandomi stretta in quella calda morsa.
-Kagome!- lo sento dire con tono preoccupato. Mi ricorda vagamente quello di Sota, ieri mattina, quando mi ha trovata piangente in cucina. Ora che ci penso non faccio che piangere. E, sempre ora che ci penso, forse non sono mai uscita di casa in uno stato tanto pietoso come oggi.
Mi sento così stanca, così svuotata. Una bambola di pezza che cammina trasportata da fili invisibili, ed Inuyasha  è il burattinaio che mi tiene in vita, legandomi a lui da questo strambo gioco.
-Perché vuoi che io viva?- gli chiedo in un mormorio. Vorrei saperlo, vorrei capire perché tiene così tanto a me, che per lui sono solo una sconosciuta.
Una sua mano si immerge nei miei capelli e mi stringe al suo corpo ancora un poco.
Non sono mai stata abbracciata così e … devo ammettere che non mi dispiace. E' come se temesse che io possa dissolvermi.
-E tu perché vuoi morire?- mi risponde. Ecco che ricominciamo a fare domande senza dare risposte. Ma questa sera non ho voglia di giocare, mi sento priva di energie.
-E’ colpa mia se li ho persi- sussurro, appoggiando la testa al suo petto. Sento la sua mano accarezzarmi i capelli.
-Chi?- mi chiede piano, scostandosi un poco da me, facendo incontrare i nostri occhi. E’ così vicino che potrei lasciare che il suo nero mi inghiottisca.
-I miei genitori- rispondo con voce atona.
Lui mi accarezza una guancia, ed io mi sento arrossire. Inuyasha è bello, davvero. Lo noto con piena coscienza solo ora: ha una bellezza sconvolgente. Ed è un pensiero effimero ma insidioso, che riesce ad infiltrarsi nella sua leggerezza in mezzo a tanti altri pieni di tristezza e rimpianto.
-Raccontami cos’è successo, Kagome- mi esorta.
Le gambe mi tremano a quella richiesta.
-Non posso, Inuyasha- sussurro appena, scostandomi da lui. –Se lo faccio sarà ancora più reale di quanto già non lo sia-
Ha senso questa frase? Non lo so, ma per me sì. Dire ad alta voce che sono morti, raccontare l’accaduto, fa sì che si trasformi in reale. E magari sin ora io ho solo dormito e potrei ancora svegliarmi, no?
-Kagome….- bisbiglia Inuyasha con la voce rotta da un sentimento che oserei dire sia dolore, poi si avvicina e posa le sue labbra sulla mia fronte. Resto immobile, stupita da questo piccolo contatto.
Sento il calore di questo bacio sulla mia pelle fredda, ed è strano. Strano ma…. Bello, piacevole.
Sento il cuore battere forte nel mio petto e quasi mi stupisco…  è un sentimento ben diverso dal dolore o l'angoscia. Davvero il mio cuore può battere ancora per qualcosa che non sia sofferenza? Io sono ancora viva?
Alzo un poco la testa per vedere i suoi occhi e ne resto stupita: mi guardano con un’espressione disperata; nessuno mi ha mai guardato così. Sembrano quasi urlare qualcosa, ma che io non so decifrare.
-Inuyasha…- sussurro rapita. E quando il suo nome lascia le mie labbra, lui si abbassa mormorando il mio in un gemito e mi bacia.
Il mio intero corpo viene attraversato da una scossa di energia, un brivido tanto intenso da farmi tremare.
Inuyasha mi stringe, accarezza le mie labbra con le sue, gioca con la mia lingua ed io mi accorgo che ricambio quel bacio come se fosse la mia ancora di salvezza in un mare in tempesta.
Afferro la sua maglia e la stringo, lo tiro verso di me lasciando che il mio corpo sfiori il suo. Sento il suo calore ed è così bello, così dolce. Mi sento … in pace.
D’improvviso si stacca da me ansimando, ed appoggia la sua fronte sulla mia.
 E' già finito?, mi trovo a pensare inconsciamente.
Nel silenzio si sentono i nostri respiri accelerati ed oserei dire anche il battito spasmodico dei nostri cuori.
-Trovalo- dice con voce strozzata.
Mi afferra la testa con le mani ed alza il mio viso inchiodando i nostri occhi.
-Cosa..?- mormoro stordita.
-Trova il tuo motivo per vivere, Kagome. Tu devi…. trovarlo- ribadisce con voce roca, poi con una leggera spinta mi allontana da sé e mi da le spalle.
-T-te ne vai?- chiedo spaventata. Non appena perdo il contatto con i suoi occhi la mia testa inizia a farneticare ed a cercare risposte a mille domande. Perché mi ha baciato? E perché io… vorrei lo rifacesse?
Lo vedo stringere i pugni, poi annuisce.
Mi sento mancare l’aria.
-E…  il mio compito per domani?- chiedo inumidendomi le labbra; ho ancora il suo sapore sulle mie, intenso e frizzante.
Mi rendo conto che la mia domanda è quasi una scusa per guadagnare del tempo con lui.
Non andartene, ti prego…
Inuyasha si volta e mi sorride ed io mi sento avvampare, provando qualcosa mai sperimentato prima.
-Te l’ho appena dato- mi dice. Davvero?
Lo guardo con aria interrogativa mentre lui si allontana. Lo osservo scomparire nel buio della notte ed il freddo mi investe. Ma non è un freddo qualunque, quello che si prova nelle sere fresche d’autunno. E’ diverso. Assomiglia di più al freddo di una mancanza, quello che si prova quando…. hai bisogno di qualcuno e quel qualcuno non c'è.
Mi abbraccio, tentando di darmi calore ma non funziona.
 
Trova il tuo motivo per vivere, Kagome.
 
Un motivo.
C’è qualcosa per cui dovrei vivere?
Mi sfioro le labbra con le dita e le accarezzo piano.
Sento la domanda stonare nella mia testa. Il cuore accelera sensibilmente i battiti quando, quella domanda, muta senza preavviso.
 
C’è qualcuno per cui dovrei vivere?
 
 
Il giorno dopo apro gli occhi e la prima cosa che percepisco è l’immenso dolore ad ogni muscolo del mio corpo. Mi metto seduta con una smorfia ed uno sbuffo di frustrazione.
Mi trascino in cucina senza forze, lo stomaco mi brontola. Ieri sera ho saltato la cena a causa dell’assenza di appetito ed ora il mio fisico manda chiari segnali: ha fame!
Mi preparo stancamente del the e tiro fuori una brioche dalla dispensa, poi mi siedo a tavola.
Alzo lo sguardo verso l’orologio e resto stupita nel notare che sono già le 11:30. Quanto cavolo ho dormito?
Le forti emozioni del giorno prima devono avermi spossato più di quanto potessi immaginare.
Arrossisco immediatamente non appena il ricordo di Inuyasha e di quel bacio mi tornano alla mente.
-Oh, Dio…- mormoro, sentendo il cuore battere furiosamente nel petto.
Questa sensazione di calore che mi si irradia nel corpo è così forte che mi stordisce. Perché mi sento così?
Finisco la mia colazione immersa in questi pensieri, poi decido di infilarmi qualcosa addosso.
Indosso la mia felpa preferita ed i pantaloni della tuta, poi vado in bagno per darmi una rinfrescata alla faccia.
Lo specchio al muro restituisce la mia immagine spenta: gli occhi solcati da aloni scuri, i lineamenti scavati, i capelli crespi.
-Che meraviglia…- mormoro con biasimo.
Nuovamente il volto di Inuyasha si presenta tra i miei pensieri e mi chiedo come sia possibile che un ragazzo tanto attraente possa avermi baciato in questo stato.
-Che vergogna- sussurro coprendomi il volto con le mani. Cosa diavolo l’avrà spinto a compiere un gesto così… intimo?
Sento le gote andarmi in fiamme.
Dlin Dlon.
Il campanello suona distogliendomi dalle mie turbe psichiche. Beh, chiunque tu sia, grazie.
Con un sospiro mi avvio all’ingresso, convincendomi che sarà il postino o qualcuno di simile.
Apro la porta ed i miei occhi incontrano due pozze scure a me ben note.
Il mio intero corpo si paralizza per lo stupore ed un senso di euforia mi invade le membra.
-Cosa…?- mormoro appena, troppo incredula per parlare.
La bellissima donna che ho di fronte mi guarda in silenzio con un flebile sorriso in volto e gli occhi umidi.
-Ho visto che hai visualizzato i miei messaggi su whats-app- dice piano.
-Sango- bisbiglio completamente attonita.
Lei mi si avvicina ed io resto immobile, meravigliata dalla sua presenza.
-Mi fai entrare?- mi chiede. Mi riscuoto in un piccolo sussulto.
-Oh… c-certo, scusa- balbetto arrossendo. Mi metto di lato così da permetterle di passare. Lei varca la soglia e poi aspetta che le faccio strada.
Andiamo in cucina, come facevamo abitualmente. La scruto di sott’occhi, cercando qualche diversità rispetto alla Sango che conoscevo, ma lei è la stessa. L’unica irriconoscibile, delle due, sono io. Una non-morta vivente, in bilico tra questo e l’altro mondo.
-Come stai?- domanda osservandomi con i suoi occhi scuri. Ha sempre avuto degli occhi bellissimi e misteriosi ed oggi come non mai mi appaiono unici.
Arrossisco, sentendomi terribilmente in colpa per il modo in cui sono scomparsa. Cosa starà pensando di me? Mi odia? E’ venuta per mandarmi al diavolo?
-Bene- rispondo mentendo spudoratamente. Ci mancherebbe solo che la stordissi con le mie paranoie.
Sango socchiude gli occhi e storce la bocca. Mi irrigidisco sotto il suo sguardo d'improvviso raggelante.
-Come stai?- chiede di nuovo, ed io resto un attimo basito. Che non abbia sentito la mia risposta?
Il suo tono mi è parso carico di rabbia, ma forse è una mia impressione.  
-Bene- ripeto. Ed è un attimo.
Sango si muove verso di me decisa e non ho il tempo di accorgermi di cosa vuole fare che un secondo dopo sento un tremendo bruciore alla guancia sinistra in corrispondenza di un suono secco che scuote il silenzio.
Sgrano gli occhi assolutamente spiazzata: mi ha schiaffeggiata. Mi sfioro la guancia offesa e guardo Sango basita.
Lei è di fronte a me con gli occhi pieni di lacrime ed il volto distorto da una smorfia di insofferenza.
-Mi hai tagliato fuori dalla tua vita. L’ho accettato ed ho aspettato. Mi mancavi. L’ho accettato ed ho aspettato. Ho pregato per te, perché non facessi sciocchezze. Ho atteso un segnale per mesi e …- dice, poi la voce le si incrina –ieri whats-app ha finalmente indicato che tu avevi letto i miei messaggi. Sai, ho tenuto la nostra conversazione per tutto questo tempo come prima della lista, solo per tenere monitorati quegli stupidi tick grigi. Ho sperato in un tuo sms o una chiamata che non è mai arrivata ma…. Non mi sono scoraggiata e, mandando giù un boccone amaro, ora sono qui-
Fa una pausa di silenzio, un silenzio che pesa sulla mia testa in ogni suo secondo.
-Sono qui nonostante tutto, sono la tua migliore amica ed osi mentirmi!- esplode alzando la voce, tanto da farmi sussultare.
Sango ha usato il tempo al presente o me lo sono immaginato? Lo pensa davvero? Mi considera ancora tale?
Sento la vergogna salire ai miei occhi che si bagnano di calde lacrime.
-Scusa…- bisbiglio con voce rotta.
Quando pronuncio quella parola lei spalanca le palpebre.
-Io.. non so cosa… scusa- dico scossa dai singhiozzi. Ed è vero. Io non so più niente, so solo che è andata così e non posso dare una spiegazione razionale alle mie scelte.
-Vieni qui, stupida- sussurra, spalancando le braccia. Il mio cuore potrebbe non reggere questa emozione che identifico come "sollievo": le gambe mi si muovono da sole ed un attimo dopo mi butto addosso a Sango.
Le sue braccia mi stringono, mi cullano mentre il mio corpo è scosso dai singulti, mentre esce nel pianto un dolore che non ho mai raccontato a nessuno. Ed io mi sento per la prima volta… felice, al sicuro.
A casa.
 
Mi ci vuole una buona mezz’ora per riprendermi. Sedute sul divano, Sango mi riempie di domande in merito all’università e su cos’ho fatto in questi mesi. E quando lei si rende conto che non ho fatto proprio nulla mi guarda dubbiosa.
-Kagome, ti rendi conto di essere depressa?- mi dice. Depressa? Io?
Faccio una leggera smorfia.
-Non saprei- mormoro. In realtà non ci ho mai pensato.
-Hai chiesto aiuto a qualcuno?- domanda.
La guardo interrogativamente e lei sospira.
-Tesoro… ad uno specialista. Uno psicologo- spiega ed io mi sento gelare.
-Non ho bisogno di queste cose- replico con voce dura. Mi sento a disagio di fronte a Sango, figurati se riuscirei a parlare dei fatti miei ad uno sconosciuto.
-Ah no?- dice guardandomi con un sopracciglio arcuato –Sei il fantasma della Kagome che conoscevo. Sei pelle ed ossa, passi la maggior parte della giornata persa in chissà quali pensieri lugubri, dormi male (e lo capisco dai tuoi occhi scavati) e Dio solo sa cosa ti frulla in quella testa. Davvero non ne hai bisogno?- mi chiede più dolcemente.
Abbasso il capo come una bambina colta in fragrante nel fare una marachella.
Che abbia ragione? Dovrei chiedere aiuto a qualcuno?
-C’è Inuyasha- sussurro. Sussulto, appena il suo nome lascia inconsciamente le mie labbra. Che ho detto?! Perché l’ho pensato?
Sango mi guarda interrogativamente.
-E chi è questo Inuyasha?- domanda curiosa. Io arrossisco furiosamente.
-B-beh ecco, un ragazzo… che ho conosciuto facendo una passeggiata- dico. Non è propriamente vero.
-Abbiamo iniziato a… parlare, per caso. E’ solo un amico- ci tengo a precisare, e forse nemmeno questo è vero. Cos’è Inuyasha per me, ora che ci penso?
-E dimmi, per caso lui ti ha chiesto di rivedervi?- mi chiede con un sorrisetto ironico che non promette nulla di buono.
Mi imporporo subito e distolgo lo sguardo. Ci rivediamo, sì, ma non per il motivo che presume.
-Più o meno- borbotto.
Sango resta un attimo in silenzio, poi sorride ancora.
-Lui ti piace?- mi chiede ed io vorrei sotterrarmi seduta stante.
-No!- rispondo con veemenza. Troppa, forse, perché Sango ridacchia.
-Ok, ok. Diciamo, allora, che pensi un po’ a lui?- domanda dolcemente.
Lo faccio? Sì, spesso. Quel bacio mi è rimasto cucito addosso.
Mi sento di nuovo andare a fuoco, ma questa volta annuisco, consapevole di non poterle mentire.
-E credi che.. lui pensi a te?-
Gemo di frustrazione e mi copro il volto con le mani.
-S-Sango, io non… non credo sia come dici tu. E’ impossibile- mormoro con la voce ovattata.
-Perché? Credi di non poter più interessare ad un ragazzo?-mi domanda afferrandomi una mano e stringendola piano.
Mi trovo ad annuire.
-Mi sento… diversa, non sono più la stessa Kagome. Sento di essermi persa, di aver distrutto me stessa. Non posso cancellare ciò che è successo e tantomeno andare avanti. Sono in un limbo da cui non posso uscire - sussurro le ultime parole stringendo a mia volta la mano di Sango.
Lei sembra riflettere sulle mie parole ed improvvisamente si alza. La guardo stupita cercare qualcosa per la stanza, poi afferra una scodella della mia credenza, la riempie d’acqua e la mette sul tavolo.
-Sango?- la chiamo, ma lei non risponde.
Esce di gran fretta dalla porta, che io fisso per un buon trenta secondi basita, poi rientra sorridendo tenendo tra le mani qualcosa di piccolo.
Afferra la scodella, la appoggia sul divano tra me e lei, e mi si siede nuovamente vicino.
-Sango, ma cosa..?- faccio per chiederle, ma lei mi fa segno di tacere.
-Sssh, guarda quest’acqua Kagome-
Dopo un attimo di sbigottimento faccio quanto mi dice.
-Come vedi, è calma, piatta, in pace- spiega.
Poi solleva la mano e mi mostra ciò che tiene in essa: un minuscolo sassolino.
Lo avvicina alla scodella e lo lascia cadere dentro. Il sassolino affonda, provocando cerchi concentrici nell’acqua, che è ora increspata ed agitata.
-Hai visto, Kagome? E’ bastato qualcosa di così insignificante per agitare l’acqua… Ma guarda: non trovi che sia meraviglioso? I secondi stanno passando ed essa torna lentamente cheta…. Ecco, ora è di nuovo calma, immobile, come nulla fosse accaduto. Eppure, nonostante l'apparenza, qualcosa è cambiato perché il sassolino è proprio là sotto, nella tazza- mormora. (**)
Ed io inizio a comprendere. Sento gli occhi inumidirsi e di nuovo il mio cuore farsi più leggero, il mio animo acquietarsi proprio come quest'acqua.
-Hai capito, tesoro? Non puoi tornare indietro e cambiare ciò che è successo, è stata solo un’immensa sfortuna di cui tu non hai colpa. Quest’esperienza dolorosa ti ha lasciato una ferita permanente  e nessuno ti chiede di non soffrire, sarebbe inumano. Ma puoi sempre andare avanti Kagome, imparare ad accettare il dolore. Ed il tempo, può sembrare banale come frase, ma sarà l’unica cura al tuo dolore. La ferita aperta che ora porti qui- mi dice sfiorandomi il petto –un giorno diverrà una cicatrice-
Tirò su col naso mentre il mio petto viene scosso dai singhiozzi.
-Ti prego, Sango, dammi un motivo per cui dovrei vivere, perché proprio non lo trovo- le chiedo supplicante, mentre stringo convulsamente la sua mano.
Sango mi cinge in un abbraccio sussurrando il mio nome.
-Tu sei il motivo, te stessa. E Sota, che ti ama più di ogni altra cosa, ed io che ti voglio bene come una sorella. Per i tuoi genitori che ti hanno donato la vita. Sarebbe un delitto se tu la buttassi via e non lottassi per riavere la felicità che meriti- afferma guardandomi negli occhi con sincerità ed affetto.
-Non so se sono in grado di farlo- confesso con il labbro tremante e lei mi fa una leggera carezza sui capelli.
-Datti tempo, Kagome, nessuno ti chiede di farlo adesso. Domani, già andrà meglio, vedrai-
Annuisco con sguardo vacuo. Mi chiedo Sango come reagirebbe se le dicessi che domani potrei non esserci.
Tenterebbe di fermarmi?
Sì, perché tiene a me.
Il pensiero di questa sua possibile reazione mi riempie di un sentimento che assomiglia vagamente alla gioia. E se io sono felice di questo, allora…
 
Io… voglio essere salvata?
 
 
 
Questa sera sono arrivata decisamente in anticipo rispetto all’ora dell’appuntamento con Inuyasha. Avevo bisogno di pensare a me stessa ed a tutte le cose che sono successe in questi ultimi giorni.
La “Baia dell’Angelo” è silenziosa, si ode solo il rumore del mare e delle sue onde che si infrangono sulle rocce.
Apro le braccia e respiro a pieni polmoni il profumo che porta il vento fresco. Il sole è appena calato all’orizzonte, il cielo tiene per sé ancora qualche tratto di pennellata rossa.
Sospiro tristemente.
-Vorrei sapere se questa scelta è giusta…- sussurro al vento.
Mi accosto al dirupo e guardo verso il basso.
-Dio, ti prego, dammi un segno. Se è sbagliato ciò che sto facendo, dimmelo adesso...- bisbiglio, sporgendomi un poco.
Basterebbe un nonnulla per farmi finire laggiù.
-E’ un bel salto-
La sua voce mi giunge forte e chiara alle orecchie. Come potrei non riconoscerla?
Sbuffo contrariata. Anche questa volta ha interrotto il flusso dei miei pensieri.
-Sei davvero intenzionata a farlo?-
Sta ripetendo le stesse domande del nostro primo incontro.
-Sai che proverò a fermarti sino all’ultimo secondo, vero?- continua, e posso sentire il rumore dei suoi passi avvicinarsi.
Faccio spallucce e fisso l'orizzonte. Mi mordo un labbro nervosa, torturandomi le mani.
-Kagome! Guardami, dannazione!- dice in un ringhio.
Guardarti. Oh, se mi costa.  Ho paura, sto tremando dentro, perché questa emozione non l'ho mai provata prima.
Mi volto lentamente e quando vedo i tuoi lineamenti ammorbidirsi, la tua bocca aprirsi dallo stupore ed i tuoi occhi sgranarsi so bene il perché, sto facendo qualcosa che non accadeva da tanto tempo: la mia bocca è addolcita in un sorriso e sulle mie gote scorrono lacrime di liberazione.
-Kagome..?- mormora meravigliato.
-Voglio saltare- dico in un singhiozzo. Lui sussulta e fa per avvicinarsi.
-K-Kagome, ascoltami, non farlo..- balbetta. Posso leggere la paura nei suoi occhi neri ed è per me.
Rido ed intanto piango. Sembro una pazza. Lui ha uno sguardo smarrito e posso capirlo, sono io la causa della sua confusione.
-Sarai lì per prendermi?- chiedo in un sussurro.
Si immobilizza e lo vedo trattenere il fiato. Dopo un attimo di smarrimento i suoi occhi si accendono di un nuovo vigore.
-Guardami. Sono proprio ad un passo da te- mi dice con un tenue sorriso, offrendomi la sua mano, ed ora tocca a me trattenere il fiato.
Le stesse parole di mia madre.
Dalle mia labbra esce di nuovo una risata ed annuisco.
-Ad un passo da me…- mormoro. E lo faccio. Muovo piano le gambe, avvicinandomi ad Inuyasha. Afferro la sua mano e lui mi trascina con uno strattone tra le sue braccia, allontanandomi dal dirupo.
-Ti ho preso- sussurra al mio orecchio. Ed io rido, rido dopo tanto tempo.
-Non intendevo buttarmi- gli dico e lui ridacchia. Sento il suo alito sfiorare il mio orecchio ed io provo di nuovo quella sensazione bruciante nelle vene.
Mi sento viva.
-L'ho capito solo alla fine, piccola imbrogliona-
Questa volta è il mio turno di ridacchiare. E' strano come questo suono mi sia quasi estraneo, eppure esce proprio dalla mia bocca. Devo riabituarmi.
Mi scosto un poco da Inuyasha per guardarlo negli occhi e sospiro piano.
-Devo chiederti una cosa. E' da questo pomeriggio che ci penso- mormoro.
Già, la giornata di oggi è stata piena di pensieri, riflessioni che si sono smosse a seguito della mattinata con Sango. Ho rimuginato sui miei ultimi tre giorni, a cosa è cambiato dentro di me perché arrivassi a scegliere di vivere. Tutt'ora non so se è la scelta giusta, perché quando ripenso a quella sera i sensi di colpa si fanno ancora vivi in me, potenti come una sferzata di vento, tuttavia è la mia scelta. Forse è sempre stata lì e l'ho solo fatta emergere.
Aveva ragione Inuyasha quando diceva che non ero sicura di voler morire. E l'indecisione era dovuta al fatto che volevo un'altra possibilità per me, che non volevo andarmene pensando che Sota mi odiasse, non volevo sparire da questo mondo senza gustare di nuovo, anche solo per un istante, la felicità.
Inuyasha annuisce ed io mi inumidisco le labbra nervosa.
-Cosa ci facevi qui, quella sera di tre giorni fa?- chiedo. Questa domanda si è insinuata nella mia testa come un tarlo silenzioso.
Lo vedo irrigidirsi all'improvviso e distogliere lo sguardo. Il suo volto si incupisce ed io inclino un poco la testa scrutandolo curiosa.
-Kagome… sai come si chiama questo posto?-
Io annuisco.
-E sai il perché?-
Ancora sì.
Lui sospira e sulle sue labbra compare un sorriso triste.
-Kikyo NoTaisho, la quattordicenne che si suicidò buttandosi giù da questa rupe, era mia sorella-
Sgrano gli occhi completamente raggelata. Non è possibile…
Inuyasha mi guarda e forse aspetta che io gli dica qualcosa, ma dalle mie labbra non esce una parola.
-Kikyo era una ragazza piena di vita. Gioiosa, allegra. Era un uragano di energia. Non stava mai ferma, amava vivere esperienze e mettersi in gioco in ogni cosa-
Lui inizia il suo racconto ed io non oso muovermi di un millimetro.
-O almeno lo è stata sino a quando ha frequentato le medie. Pochi giorni dopo l'inizio della scuola superiore iniziai a vederla diversa. Era cupa, silenziosa e quando le chiedevo cosa non andasse lei non rispondeva. Il tempo passava ma la situazione non accennava a migliorare e se provavo a chiederle spiegazioni iniziava a gridare ed a dire di lasciarla in pace-
Inuyasha sospira frustrato e stringe i pugni. Leggo il dolore nei suoi occhi ed io sento un impulso quasi irrefrenabile di stringerlo a me.
-Non avevo capito niente. Avrei dovuto… insistere, indagare- ringhia tra i denti.
Timidamente gli afferro una mano e lui sussulta al mio tocco.
-Dopo la sua morte pensai di impazzire. Passavo le ore a disperarmi e mi davo la colpa per quanto accaduto, perché avevo capito che non stava bene ma non avevo intuito nemmeno lontanamente che sarebbe potuta arrivare a compiere un gesto così folle. Avrei dovuto dar retta al mio istinto che, quella sera non vedendola tornare a casa al solito orario, si era messo in allarme. Come ti ho avevo detto… un fratello, aspetta sempre una sorella- dice con un dolore nella voce che mi trafigge.
-Nelle settimane successive anche la situazione in famiglia divenne insostenibile. Mia madre piangeva incessantemente, mio padre stava fuori casa il più possibile ed io arrivai al punto di pensare di seguire mia sorella nella morte, tanto mi logorava dentro il senso di colpa-
In questo momento sento Inuyasha così vicino a me, così simile a me in quel dolore e senso di colpa che mi sento quasi un tutt'uno con lui. Sento le lacrime pungermi gli occhi ma le trattengo.
-Quando si vive nella disperazione, i giorni passano e nemmeno te ne accorgi, e così fu anche per me. Dopo tre mesi dalla sua scomparsa trovai il coraggio di entrare nella sua stanza. La mamma non aveva mai toccato nulla: la scrivania era ancora disordinata come l'aveva lasciata, i vestiti ammucchiati su una sedia nell'angolo. Ricordo che la scena mi strappò persino un sorriso. Mi sedetti alla scrivania e rimasi lì per più di un'ora perso nei miei ricordi, fino a che un piccolo quadernetto, semi nascosto sotto altri libri, non attirò la mia attenzione. Non so bene perché sentii l'impulso di vedere cosa vi era contenuto, ma lo feci. Appena lo aprii riconobbi la calligrafia di Kikyo e dopo aver letto poche righe capii l'importanza di ciò che tenevo tra le mani: quello era il suo diario. Rimasi titubante il primo attimo, indeciso se leggerlo. Mi sembrava di mancarle di dispetto e invadere la sua privacy. Ma la sola idea che lì potessero esserci le risposte alle mie domande vinse su ogni indecisione. Aveva iniziato a scriverlo due anni prima rispetto al giorno in cui … se ne era andata-
Abbasso il capo, commossa dal suo racconto. Lui mi guarda negli occhi e sorride, ed io mi sento sciogliere. Alza una mano e mi accarezza piano una guancia ed io resto incantata da quel tocco. Sembra che voglia consolarmi, mentre sono io che dovrei farlo con lui.
-Lessi il diario avido, pregando di trovarvi scritto qualcosa e dopo circa un'ora che sfogliavo le pagine iniziai a leggere le prime stranezze legate ai nuovi compagni di classe delle superiori. Diceva che la guardavano continuamente durante le ore di lezione. Questo all'inizio. Poi le loro attenzioni si fecero pressanti ed iniziarono a commentare il suo modo di vestire, definendolo scialbo, o la prendevano in giro per il fatto che portasse gli occhiali. Poi si accanirono sul suo corpo, descrivendola grassa. Lei dapprima lottava contro questi insulti, poi pare che abbia iniziato ad interiorizzarli ed a sminuirsi….-
La voce di Inuyasha muore ed io comprendo senza che continui. L`avevano distrutta, annientata, fatta sentire una nullità e inadeguata solo per il fatto che esisteva. Era un bersaglio per il loro puro divertimento. Una persona insicura di sé può venire schiacciata al punto da perdere di vista il confine tra la realtà e ciò che le viene fatto credere.
-Sai, Kikyo se ne era resa conto che stava cadendo in un baratro. Sul diario, aveva instaurato un gioco con se stessa-
Io lo guardo stupita.
-Un gioco…?- chiedo improvvisamente di nuovo attenta.
Lui annuisce e sorride dolcemente.
-Ogni dì, in compagnia di quei bulli, si era trasformato in un' agonia. Così si era data un compito. Trovare dei motivi per vivere ogni giorno-
Sussulto violentemente a quelle parole. Ma cosa…?
-Erano solo piccoli traguardi, ma fondamentali per scorgere un appiglio nello stato in cui si trovava. Ad esempio scriveva: "devo resistere sino a settimana prossima, al cinema proietteranno Iron Man": oppure "tra cinque giorni è il compleanno di mamma, non posso mollare proprio ora"-
Sento le gambe improvvisamente molli, mentre questa rivelazione si sovrappone al gioco che avevamo instaurato io e Inuyasha. Gli obiettivi che lui mi dava, quel modo di fare,..lui… si è ispirato a sua sorella.. per salvare me.
-Inuyasha…- mormoro tra le lacrime.
Mi sorride ancora, portando le mani al mio viso, chiudendolo come in una coppa.
-Dio, Kagome, tu non hai idea di cosa ho provato vedendoti quella sera in procinto di buttarti- sussurra roco, facendomi tremare.
-Pensavo a Kikyo, quel giorno, e nel passeggiare, senza rendermene conto, ero venuto qui. Accade spesso quando sento fortemente la sua mancanza. È stupido, lo so. Ma mi sembra di sentirla più vicina- fa una pausa ed il mio cuore trema sentendo il suo pollice carezzarmi piano la pelle del viso.
-Ero seduto su quel masso, perso nei miei ricordi, mi sono voltato e ti ho visto. Mi sei parsa un angelo, con i tuoi lunghi capelli al vento ed il volto illuminato dalla luna, e per un attimo ho quasi creduto che avresti spiccato davvero il volo da quella sporgenza. Poi mi sono reso conto di cosa stessi realmente per fare e la mia mente ha dovuto trovare in un centesimo di secondo cosa dire per fermarti- dice in una risatina.
Arrossisco per quel complimento. Mi ha appena definita.. un angelo?
Sento il cuore battere veloce come mai nella vita, ma c'è ancora una domanda che devo fargli.
-P-perchè… mi hai baciato?- sussurro piano.
I suoi occhi neri mi inghiottiscono, mi stordiscono ed a malapena vedo quel nuovo sorriso che nasce sul suo volto.
-Perché quella sera ero sicuro che non sarei riuscito a salvarti. Vedevo così tanta disperazione nei tuoi occhi che ero più che certo che ti avrei persa. Ho pensato seriamente di rapirti e chiuderti da qualche parte sino a quando non ti avrei fatta ragionare, o di chiamare la polizia per denunciare un possibile suicidio, ma sapevo che.. beh nel primo caso mi avresti odiato e non avremmo concluso nulla, nel secondo sarebbe stato alquanto stupido. Sarebbe stata la mia parola contro un fatto probabile ma non ancora successo- dice con un ghigno divertito.
Non mi sembra una spiegazione del tutto coerente alla mia domanda. Che stia tergiversando?
-Continuo a non comprendere- dico un poco confusa.
Le sue mani scendono sulla mia vita e con una piccola spinta mi avvicina al suo petto.
Oh, Dio. Una vampata di fuoco mi sale alle guance e lui se ne accorge.
Ride sommessamente ed io credo di poter morire davvero dall'emozione che mi sta consumando il petto.
-Volevo un ricordo. Se non ti avessi salvato avrei comunque avuto un bel ricordo di te a cui aggrapparmi- mormora, portando le sue labbra alla mia fronte. Il suo alito caldo mi sfiora ed io rabbrividisco.
-Oh, capisco- proferisco a bassa voce e lui ridacchia ancora. In realtà non credo di aver capito davvero quello che sta cercando di dirmi.
-Non credo- dice ironico. Mi legge di nuovo nel pensiero?!
Le sue braccia mi avvolgono, mi stringono di nuovo. Che meraviglioso tepore.
-Per stasera, Kagome, va bene così-  sussurra.
Sono confusa ma non importa. Non ho più la forza per pensare.
Chiudo gli occhi e mi lascio cullare dal suo profumo.
Mi sento protetta e… diversa in qualche modo.
-Ben rinata, Kagome- mi bisbiglia all'orecchio.
Ed io sorrido.
 
 
 
 
 
Un anno è trascorso dalla mia ultima sera alla "Baia dell'Angelo". Beh, l'ultima sera in cui ci sono andata con l'obiettivo di togliermi la vita. In realtà ci torno tutt'ora con Inuyasha ma solo per onorare il luogo in cui Kikyo è morta.
La sua morte ha sconvolto la vita di Inuyasha e quella dei miei genitori la mia, eppure in tanta sofferenza, c'è stato anche qualcosa di buono. Ed è questo la morte insegna a chi rimane a camminare su questa Terra.
Insegna che, quello che ci succede nella vita, ci accade per uno scopo specifico: farci arrivare esattamente dove siamo. Se i miei genitori non fossero morti, io non avrei mai conosciuto Inuyasha, non avrei mai capito quanto amo la vita, non avrei mai compreso il valore delle piccole cose della vita quotidiana. Ho capito che doveva andare così ed io ho saputo trarre il bene da una situazione di estremo dolore.
Insegna che se accade qualcosa di terribile proprio a noi, e proprio quella cosa inimmaginabile, è perché noi e solo noi abbiamo la forza dentro per superarla. È una scelta: essere schiacciati o lottare. Il libero arbitrio rimane nostro.
Ho imparato molte cose nell'ultimo periodo, e tra le tante c'è che andare da uno psicologo non significa essere deboli o malati. Si va per imparare a conoscersi, capire come funzioniamo e, se ci siamo ridotti in mille pezzi, ricomporci con qualcuno che ha lo strumento giusto per farlo.
La strada è ancora lunga, in fondo ero distrutta in tanti piccoli cocci, ma davanti a me ho tutto il tempo che mi serve.
 
-Va tutto bene, tesoro?- mi chiede Inuyasha in un sussurro, le sue braccia mi cingono da dietro dolcemente.
-Certo- sussurro in risposta, sorridendo di rimando alla foto dei miei genitori appoggiata alla piccola lapide dove ora riposano.
- Ti dispiace incamminarti?- gli chiedo. - Ti raggiungo subito-
Lui mi guarda per un istante pensieroso, poi annuisce e senza pormi ulteriori domande si allontana.
Lo vedo raggiungere l'uscita del cimitero e lì aspettarmi.
Mi inginocchio davanti alla foto e la sfioro piano con le dita. È la prima volta che vengo al cimitero dalla loro scomparsa e l'essere qui mi insidia una dolce malinconia nel cuore. Tuttavia la loro mancanza non è più soffocante come prima.
-Vi voglio bene- sussurro al vento. So che possono sentirmi, ovunque loro siano.
Mi alzo con gli occhi umidi ma un caldo sorriso in volto. Con passo sicuro mi volto e mi avvio verso Inuyasha.
Ecco, c'è un'ultima cosa che ho imparato.
 
Se alcune vite formano un cerchio perfetto, altre assumono delle forme che non possiamo prevedere né comprendere appieno. Il dolore è stato parte integrante del mio percorso, ma mi ha fatto capire che niente è più prezioso di un grande amore. (***)
 
Ce l'ho davanti e mi sta aspettando.
Mi sorride.
 
Ad un passo da me.
 
 
 
 
(*) e {***)  frase tratta dal romanzo di Nicholas Sparks - Le parole che non ti ho detto
(**) Il discorso di Sango è un dilemma. Non ricordo se questa immagine è una mia invenzione, qualcosa che ho letto in un libro o visto in qualche film. Ho cercato a lungo su google senza trovare nulla per cui… o è una mia rielaborazione di qualcosa o boh… se voi ricordate un qualcosa del genere avvisatemi così la smetto di impazzire e cito la fonte.
Il titolo della storia è tratto dalla canzone degli Evanescence, direi che ci sta tutto.
 



ANGOLO AUTRICE

E così ce l'ho fatta a pubblicare questo duro lavoro di tre lunghe settimane. Lo so, è una fic strana, che di romantico forse ha poco, per alcuni tratti realistica per altri forse meno.
Come vedete la fic si chiude senza esplicitare cosa ci sta nel mezzo, non c'è la nascita idilliaca del grande amore o mega dichiarazioni, è una os e per descrivere tutto sarebbe servita una long.
Resta tutto velato nel realismo perchè qualcosa di più tra i due sarebbe stato eccessivo. Non si conoscono, hanno in comune un passato doloro ed è con esso che si uniscono inesorabilmente. Il resto è storia.

Ci ho messo l 'anima ed una buona parte di me in ogni riga.
Spero che, per quanto sia una OS dal tema inusuale, passi il messaggio che sta dietro e che la apprezziate.
Non so bene cosa dire in realtà, sono persino io stordita dal mio scritto!.. fatemi sapere il vostro parere, le emozioni positive o meno che sono riuscita a trasmettervi in questa impresa di introspezione.

Ringrazio di cuore Martina RodenJaymes per i suoi prezioni consigli.

Vi abbraccio tutti di cuore!
Manu
  
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