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Autore: _Rewrite    04/09/2016    2 recensioni
Verity Willis - compagna di avventure di Loki nei fumetti di Agent of Asgard (tranquilli, non vi è presenza di spoiler) - decide di scrivere un blog sulla sua vita, anzi, più precisamente sulla vita sua accanto a Loki, il nostro amato Dio delle menzogne. Questo ha da poco riscoperto una sfrenata passione per la fotografia, la quale si sta lentamente tramutando in un'ossessione. Eppure Loki ha una giustificazione a tutto ciò.
Possibili riferimenti a Loki e cavalli, you know.
Genere: Comico, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Loki, Sorpresa
Note: Missing Moments, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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Notifica relativa alla storia: in questa storia è presente Verity, personaggio che compare nei fumetti di Agent of Asgard. Nonostante ciò la storia non comporta alcuno spoiler.
Buona lettura!
 

Just remember.

Giorno undici agosto 2016. Forse cominciare questo blog non è stata una pessima idea, almeno potrò riportare avvenimenti così importanti: certe storie meritano di essere condivise. Ricordate di Loki? Certamente, parlo solamente delle mie disavventure con lui in questo blog. "Dio delle menzogne", "Dio delle storie", talvolta Dea. Ebbene, come al solito non fa altro che stupirmi.
Sarà bene raccontarvi tutto fin dall'inizio però.
Da qualche tempo a questa parte Loki ha cominciato ad appassionarsi alla fotografia: tempo fa gli regalai una vecchia macchina fotografica che avevo abbandonato. In realtà credo non fosse neanche mia, la ritrovai in mezzo a dei scatoloni polverosi, ed era pure una di quelle che riproduceva istantaneamente le foto: insomma, un pezzo di antiquariato, niente che valesse più la pena di utilizzare, probabilmente avrei potuto venderlo e ricavarci qualche soldo.
"Cos'è?"
Stavo tirando fuori quelle cianfrusaglie per poterle porre dentro sacchi e sbarazzarmene quando il Dio delle menzogne mi affiancò: durante il tutto mi serviva tenere la porta di casa aperta, ricordo che fu abbastanza faticoso. Presi la macchina fotografica ed inarcai un sopracciglio. "Un vecchiume, oggi facilmente rimpiazzabile dai cellulari."
"Non sono mai stata una tipa sentimentale, lo sai, se una cosa non mi serve è inutile che io la tenga" continuai, mentre lui era intento ad osservare l'oggetto tra le mie mani.
"Quindi manda lettere?"
Dischiusi la bocca per qualche secondo - andiamo non poteva essere così stupido - "No, Loki", poi mi alzai e mi misi di fronte a lui, soffiando sulla macchina per togliere la polvere residua e premendo poi sullo stantuffo che rispose alla mia azione con un click ed il rumore dello scatto: funzionava ancora, non male. Attesi mentre impressionava e poi sviluppava la foto e gliela porsi.
"Ecco a te" Loki abbassò il capo verso la fotografia e la prese, esaminandola con interesse.
"Come hai fatto?" alzò il capo, il volto dipinto da un'espressione di pura curiosità. Sembrava un bambino che vedeva per la prima volta i regali apparsi magicamente sotto l'albero di Natale.
"Non ho... non ho fatto assolutamente niente, ha fatto tutto la macchina fotografica: sono come le foto che fai al cellulare, ma le puoi, ecco, tenere in mano, visto che sono su carta"
"È magia"
"No, è scienza"
"Non sono la stessa cosa?"
"Può darsi"
Lo vidi rigirarsi più volte l'immagine tra le mani con fare meticoloso. Ammetto che ero parecchio confusa dal suo atteggiamento, eppure non riuscivo a non sorridere di fronte a questo suo lato: solitamente le persone non pongono attenzione questi particolari, soprattutto in questi anni si può dire che nessuno pone attenzione su niente. La voglia di scoprire sembra essersi scemata nel tempo.
"Se vuoi puoi tenerla, io non me ne faccio niente" dissi mentre prendevo una scatola e mettevo quel prezioso oggetto là dentro prima di darla a Loki, il quale abbassò lo sguardo verso questa e la prese. Sembrava in trance: tutti i suoi movimenti furono terribilmente calcolati e lenti, come se in quella macchina fotografica fosse in realtà un gioiello della regina d'Inghilterra.
"Ecco, io" stette qualche attimo in silenzio, prendendo un grosso respiro e volgendo poi lo sguardo nel mio "Grazie, non so che dire". Sorrisi più compiaciuta che altro: non era ordinario vedere "lingua d'argento" senza parole, in balia di sentimenti che lui stesso non comprendeva.
"Non devi dire niente"
"Ora, se non ti dispiace, avrei un lavoro da completare però: tu divertiti con quella" finii, piegandomi per prendere l'ennesimo scatolone pieno di robaccia, quando sentii due braccia più forti delle mie tirarlo su.
"Mi divertirò dopo, per ora penso ad aiutarti con queste: sei troppo fragilina per fare lavori di forza, mia cara Verity" così disse, mentre con orgoglio appositamente pomposo portava fuori il tutto sotto il mio sguardo divertito.
                                                                                                                       
Ora voi vi starete chiedendo cosa ci sia di tanto speciale in ciò vi ho raccontato finora; ma state pur certi che siamo ancora agli antipodi di questa storia, e che questo prologo era più che necessario.
Dunque, nei giorni successivi Loki non fece altro che fare foto: agli alberi, ai marciapiedi, alle papere del parco là vicino, talvolta importunando lo sciagurato sconosciuto di turno, che si trovava una macchina fotografica volante accanto, dato che Loki diceva che "l'invisibilità è una caratteristica immancabile per un lavoro professionale!". Sinceramente non avevo mai visto un uomo lanciare una scarpa addosso ad un fotografo. Nonostante le brutte esperienze come quella appena narrata, i soggetti preferiti di Loki rimanevano gli esseri umani - a volte anche i cavalli: faceva commenti strani su quegli animali, e sinceramente non ho voglia di scoprire il perché di tanta attrazione verso questi -, così spesso mi ritrovavo fotografata da lui nei momenti più impensabili: mentre lavoravo, cucinavo, o perfino quando guardavo la tv con un secchio di gelato in mano dopo l'ennesimo speed dating andato in fiasco. Certo, successivamente c'erano anche scatti di me che lo prendevo a pugni. Una volta ricordo di avergli pure lanciato la vaschetta contro.
In ogni caso credevo si trattasse di una delle sue solite passioni, come quella per il bacon, di cui va matto - ammetto che l'ho ricattato con questo -, niente di cui restar sorpresa, comunque: il Dio del caos era solito assumere certi comportamenti fuori dal comune o fissazioni strane. Mi accorsi del problema quando entrai a casa sua in un giorno che, a quanto pare, era diverso dagli altri. Quella mattina aveva completamente tappezzato i muri e gli scaffali di foto, tutte raffiguranti persone tratte in momenti di pura quotidianità: una famiglia felice che faceva un picnic, dei ragazzi che giocavano a palla, due ragazzi innamorati, talvolta due che litigavano, un barbone, o una bambina che piangeva. Nessuno che fosse messo in posa o avvertito dell’imminente scatto.
Camminai lentamente per le stanze guardandomi attorno con un misto d’irrequietudine e curiosità; trovai infine Loki in salotto, inginocchiato a terra mentre smistava accuratamente diverse foto immerso in un marasma indefinito di scatti.
“Loki? …” sussurrai avvicinandomi a lui.
“Mh? Oh, ciao Verity” non si voltò nemmeno, era concentrato in altro “Hai tenuto il passo piuttosto leggero, sinceramente pensavo che avessero mandato un sicario per uccidermi, un sicario molto scarso: fortunatamente non è questo il caso, non avrei saputo come sbarazzarmi del corpo.”
Touchè. Sì, era ancora in sé.
“Dio mio …”
“Sì?”
“Si può sapere cosa stai facendo?!” ignorai la sua precedente espressione, non credo ci sia bisogno di specificare il motivo.
“Metto la carta magica in uno schermo di vetro e lo appendo al muro: non è così che fate voi midgardiani?”
“Sì, cioè sì ma non in questo modo” dissi allargando le braccia come ad indicargli il contesto in cui la sua presunta casa si trovava. Lui finalmente si voltò a guardarmi per qualche secondo, poi scrollò con nonchalance le spalle: tutt’ora non capisco se lo fece perché non aveva compreso ciò che gli dissi, o semplicemente poiché non gliene fregava niente.
Rimasi in silenzio per un paio di minuti, dopodiché decisi di sedermi per terra accanto a lui.
“Come mai fai tutto questo?” gli chiesi stavolta pacatamente, prendendo una delle tante foto ed incantandomi di fronte all’immagine di due fratelli che ridevano insieme.
“Noi Dei siamo immortali Verity” disse in un sospiro.
“Lo so” inarcai un sopracciglio.
“Ricordo poco e niente della mia infanzia, e ancor di meno dei mortali che incontrai da giovane”
Non capivo dove volesse andare a parare, ma qualcosa mi disse che era meglio che stessi semplicemente in silenzio ad ascoltarlo; o forse la mia era solo una giustificazione del non riuscire ad alzare lo sguardo sul suo.
“Io conosco e pratico la magia, Verity, e so che non esiste alcun modo per fermare il tempo e conservare il passato nel presente” la sua voce era flebile e bassa, sembrava potersi spezzare da un momento all’altro, eppure sapevo che non sarebbe successo.
“O perlomeno, noi Dei non abbiamo saputo inventarlo, voi mortali sì: comincio a pensare che la mortalità non sia poi una cosa così brutta” allungò una mano verso un mucchio di scatti e ne estrasse con eleganza uno in particolare.
“Guardati”
Era una mia foto, avevo gli occhi chiusi e stavo sorridendo dolcemente e sinceramente, mentre tenevo in mano una tazza di tè, infagottata in una morbida coperta di lana. Non era venuta molto bene in realtà: avevo i capelli raccolti male, parecchie ciocche uscivano disordinatamente dalla presa dell’elastico, il mio naso era arricciato – forse per il freddo, anche se in seguito Loki mi disse che a volte ero solita assumere quell’atteggiamento mentre sorridevo – , e mi ero messa in una posizione davvero assurda per potermi riscaldare il meglio possibile con la coperta.
“Cosa vedi?”
“Una brutta foto di me in pigiama, Loki.”
Oh sì, quasi dimenticavo del pigiama.
Il mio enorme pigiama con i gufi.
Forse. Sai quando ti ho scattato questa foto?”
“No, credo proprio di no.”
“Davvero?”
Stavo per rispondergli un ripetuto “No”, quando voltandomi lo vidi sorridere, sorridere sinceramente, sorridere con il cuore.

Verity e Loki erano seduti sul divano  l’una accanto all’altro, mentre si godevano il calore del tè che stavano bevendo, in contrasto con quella giornata piovigginosa. Il Dio delle bugie guardava fuori dalla finestra, concentrandosi sulle gocce d’acqua che ad una ad una s’infrangevano sul vetro, sussultando al rumore dei tuoni.
“Pensi a tuo fratello?” era incredibile come riuscisse a leggergli l’anima.
“Una sorta” era inutile mentirle, sapeva che non poteva farlo “in poche parole: sì”.
“Mi domando da dove troviate ancora la forza per fronteggiarvi”
“Cosa vuoi dire?” Il Dio lasciò perdere il tempo e si voltò verso la sua amica.
“Vivete millenni: non siete stanchi? Io sarei stanca”
“ … Loki?” il suddetto aveva smesso di parlare ormai da circa dieci minuti, dopo quell’ultima affermazione.
“Voi midg- umani. Voi umani non siete stanchi di morire?”
“È inevitabile, non siamo noi a deciderlo” ribatté Verity con una smorfia.
“Ma non ti piacerebbe, vivere all’infinito dico, vero?”
Abbassò la testa scuotendola leggermente “No, è vero”.
“A volte bisogna … sapersi tenere stretti al petto quei momenti della tua vita, belli o brutti che siano, e custodirli come un tesoro: è così che si impara ad apprezzarne il valore … ad apprezzare il valore di tutto”
“ … di tutti”
Loki sentì distintamente il bisogno di piangere. Forte, impellente, mentre la gola bruciava come un tizzone ardente e respirare diventava sempre più difficile; ma non lo fece.
“E quando tu morirai … “
“No, Loki, non voglio- so cosa vuoi dire, non voglio.” Verity chiuse gli occhi e si morse il labbro inferiore, avendo capito perfettamente cosa volesse dire l’altro, ma non era pronta per parlarne, e forse non lo sarebbe mai stata.
“Okay”
Ci furono attimi di silenzio che sembrarono interminabili in cui entrambi decisero che la finestra era diventata improvvisamente la cosa più interessante del pianeta.
“Verity”
“Sì?”
“Non voglio dimenticare come sei, non voglio dimenticare chi sei” prese un grosso respiro, e lei l’avrebbe volentieri interrotto se non fosse che la voce incrinata di Loki le si era trasmessa come un nodo alla gola.
“Ti voglio bene” finì lui, rigirandosi l’amata macchina fotografica tra le mani e percorrendone meticolosamente tutti i meccanismi con le dita.
Verity abbassò il capo e lo scosse, increspando le labbra in un dolce sorriso ed arricciando il naso come se quel gesto potesse cancellare l’amarezza.
“Vero” strinse la presa sulla tazza, godendosi quella verità tanto gradita che le attraversava il cuore con un’ondata di gioia. “Ti voglio bene anche io, Dio delle storie”
                                                   E Loki impresse il suo primo ricordo.


“Non posso morire se qualcuno non mi uccide e tu non puoi vivere così per sempre, ma ci sono tanti modi per restare in vita, ci sono tanti modi per non far sparire una storia, ed il modo più sicuro per far sì che duri è …” sollevò la foto e la portò davanti al proprio viso “ … metterla su carta”
“Non voglio dimenticare il tuo viso, né la fiducia che riponi in me. Non voglio dimenticare il bene che ti voglio. Sei e sarai per sempre il monito del buono che c’è in me; ed anche quando non sarai più presente in questa dimensione, lo sarai nei miei ricordi.”
“Ed i ricordi non hanno tempo, i ricordi vivono nello stesso istante in cui vivi tu, sono scatti della tua vita intrappolati in un pezzo di carta”
Non ebbi il coraggio di dire niente, ma sentii improvvisamente le mie guance umide: non ricordo quando cominciai a piangere, ma forse avrei dovuto accorgermene dai contorni sfocati di Loki.
“Grazie, Verity, per avermi dato un modo per ricordare come fate voi, come fai tu”

Inutile dire che lo abbracciai e rimasi appiccicata a lui per tutto il resto della giornata. Non sapevo cosa dire allora e non so cosa dire neanche adesso, ma mi sono resa conto che da quando Loki mi è accanto, ho imparato a far caso a molte cose che prima davo per scontate. Forse dovrei essere io a ringraziarlo. O forse dovrebbe essere l’umanità: lui riesce ad apprezzare perfino la merda del mondo in cui viviamo ed a far sembrare tutto un mistero piacevole da scoprire.
Ebbene, anche questo capitolo del blog è completato, e dovrò star bene attenta a non farmi scoprire da Loki mentre lo pubblico, o potrebbe decidere di dar fuoco al mio computer per rimuoverlo da internet – a modo suo –.
Non voglio proprio che accada, in fondo ho anche io il mio modo per imprimere la sua storia: scrivere.
 
 
“Un’ultima cosa, come mai hai così tante foto di cavalli? E sii sincero”
“…”
“Una volta mi sono trasformato in una puledra ed ho fatto sesso con un cavallo”
“Cosa?!”




Angolo dell’autrice:
Salve a tutti giovani mdigardiani! Eccomi ritornata
con una nuova storia su Loki!
Dovete sapere che non ero molto sicura sul fatto
di pubblicarla, ma alla fine ho deciso di farlo lo
stesso, e chissà, magari se piacerà potrei anche
decidere di trasformarla in una fanfiction a capitoli.
Mi rendo conto che l’inizio non è fluido come speravo
ma non avevo idea di come modificarlo, e per non
rovinare la storia ho deciso di lasciarlo invariato.
In ogni caso, tornando al tema della storia, credo
che la questione dei ricordi si applichi perfettamente
al personaggio di Loki: la sua vita è caratterizzata
da un continuo ripresentarsi del suo passato, dei
suoi errori, senza che lui possa appigliarsi a quei
momenti felici in cui non sapeva di vivere in una
menzogna. Però poi si presenta Verity, che lo
accetta per quello che è e che gli fa capire che
chiunque può riscrivere la propria storia.
E cosa meglio di una foto per raccontare una storia?
 
   
 
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