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Autore: Sherlokette    06/09/2016    1 recensioni
Nella Parigi contemporanea, un ladro misterioso si diletta a rubare gioielli antichi dai musei. Apparentemente inafferrabile, una squadra viene incaricata della sua cattura: Joe, William, Jack e Averell Dalton.
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Sono tornata, signore e signori! Dopo un periodo vegetativo sui libri e prossima ormai alla laurea, ecco a voi una storia fresca fresca dalla vostra Sherlokette :)
Genere: Avventura, Azione, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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-Non credo di aver capito bene…- Joe Dalton si passò una mano sul viso, cercando di mantenere la calma alla vista dei suoi tre fratelli minori appesi a testa in giù con una corda nel punto in cui prima era custodito un prezioso manufatto egizio, una collana d’oro e smeraldi.

-L’abbiamo colto con le mani nel sacco, Joe!- esclamò William, seguito a ruota dal gemello, Jack: -Ce l’avevamo in pugno, ma poi ha tirato fuori una bomba fumogena e…-

-Ci siamo ritrovati a fare i salami un attimo dopo!- si lamentò il minore, Averell.

Joe ringhiò agli altri agenti giunti sul posto: -Fate scendere questi imbranati e trovatemi il direttore del Louvre; voglio tutti i dettagli su quella collana! Se finisce sul mercato nero, possiamo almeno tentare di recuperarla!-

-Sì signore!- gli risposero in coro tre uomini. I fratelli Dalton vennero liberati, e caddero bruscamente a terra; il maggiore sbottò: -In piedi, voialtri! Dobbiamo elaborare una nuova strategia!-

-Ancora? Noi siamo stanchi, Joe!- protestò Averell, beccandosi un’occhiataccia dal fratello: -Io non mi arrendo, lo sai benissimo!- Continuò, borbottando fra sé e sé: -Ti troverò, Lucky Luke, ti troverò a costo di buttare all’aria tutta Parigi!-

 

 

 

Da un anno ormai sui giornali comparivano articoli sui clamorosi furti di gioielli e gemme antiche, avvenuti a intervalli regolari a Parigi e altre città francesi, ad opera di un ladro misterioso.

All’inizio i media lo avevano soprannominato “Lupin” in onore del personaggio creato da Leblanc, ma sfacciatamente lo stesso ladro aveva mandato una lettera alla polizia firmata Lucky Luke. Un nome che apparve assurdo, ma fortunato dimostrò d’esserlo eccome: quando si trovava alle strette, per caso o per mano sua accadeva qualcosa che ribaltava la situazione, come quando un silos d’acqua su di un tetto cadde travolgendo gli agenti all’inseguimento del ladro.

Incaricati della sua cattura, il detective Joe Dalton e i suoi tre fratelli, tutti poliziotti, più volte lo avevano messo in difficoltà, ma quell’uomo sembrava inafferrabile.

Avevano troppe poche informazioni, e queste le avevano raccolte loro stessi sul campo: probabilmente il soggetto aveva ricevuto un addestramento militare speciale, poiché sparava, solo per disarmare, più veloce della sua ombra, una cosa mai vista. Non aveva mai detto una parola, e portava sempre un passamontagna a coprirgli il volto, per cui la sua identità restava un mistero che rendeva ancor più difficile il lavoro dei fratelli.

Joe, frustrato, le aveva provate tutte, organizzando appostamenti calcolati nel minimo dettaglio e partecipandovi in prima persona, ma l’esito era sempre uguale: Lucky Luke svaniva nella notte con la refurtiva, dopo aver fatto cadere in qualche trappola i suoi inseguitori.

Una cosa però divenne chiara al detective Dalton fin dall’inizio: il suo ladro colpiva principalmente i musei che conservavano gioielli antichi o gemme rare senza tuttavia rivenderle nei canali conosciuti del mercato nero. La domanda dunque era: se non per soldi, perché la refurtiva era stata valutata parecchi milioni, per quale motivo Lucky Luke compiva i suoi crimini?

Dalton, nella sala tattica alla centrale, sbatté una mano sulla mappa alle sue spalle (dopo essere salito in piedi su una sedia, data la sua scarsa statura) che indicava i luoghi derubati, e rivolto ai suoi fratelli e agli agenti si alterò: -Ascoltatemi bene, branco di rammolliti! Sono stanco di questo viscido serpente che ci sfugge dalle mani, e del ridicolo che sta gettando sul nostro corpo di polizia!-

William alzò la mano: -Ma Joe, i serpenti non sono viscidi…-

-Risparmiami i tuoi commenti da secchione!- Sembrava quasi che al fratello maggiore stesse per uscire il fumo dalle orecchie, così l’altro si zittì.

-Ci vogliono le cattive maniere, signori; a costo di fare gli straordinari dobbiamo catturarlo! Jack!-

-Sì?-

-Raduna gli uomini migliori che trovi. Ho un piano, ma mi servono più agenti per realizzarlo, agenti pronti a tutto! William!-

-Eccomi!-

-Fai una ricerca, e scopri quale fra i musei non ancora colpiti ha il tipo di “mercanzia” che può far gola a Lucky Luke. Ci aggiorniamo alle sette di domani mattina. Scattare!!-

Tutti si alzarono tranne Averell: -E io, Joe? Che faccio?-

-Tu… Uh… Tu organizza un’unità cinofila, potrebbe servire.-

Contento dell’incarico affidatogli, il minore uscì dalla stanza a testa alta: -Ci vediamo a casa!-

Ah, già. Loro quattro vivevano assieme; Joe non l’aveva considerato quando aveva sciolto i ranghi. Andò a sedersi alla scrivania più vicina e appoggiò la testa sul piano.

Sentiva l’esaurimento nervoso alle porte.

Si tirò su, recuperando una cartella di documenti e articoli di giornale riguardanti Lucky Luke proprio da sopra un tavolino alla sua sinistra. Fissò insistentemente una fotografia, che ritraeva una figura scura colta nel momento in cui saltava agilmente da un tetto a un altro, stagliata contro la luna.

Molto poetico, se non si fosse trattato di un criminale.

All’inizio era solo un incarico come un altro per Dalton e famiglia, ma con il passare del tempo per Joe era diventato un’ossessione. Non riusciva ad inquadrare Lucky Luke in nessuna categoria di fuorilegge: sparava senza uccidere, rubava un oggetto per volta e addirittura ne rimandò indietro uno perché aveva scoperto essere un falso! E proprio al suo ufficio come destinazione!

“Chi sei, maledetto?” Prese in mano la fotografia e si accigliò, lisciandosi un baffo: non odiava Lucky, non in senso stretto almeno, perché era troppo curioso.

Sì, curioso di sapere che faccia avesse, quale movente lo spingesse a rubare… Se gli avesse piantato un proiettile in corpo non lo avrebbe mai saputo.

Un tonfo all’esterno seguito da un coro di risate distrasse Joe dai suoi pensieri. Andò a vedere, trovando un uomo in completo beige alla ricerca frenetica di qualcosa per terra, circondato da fogli stampati.

-Hey, Pierre, su cosa sei inciampato stavolta?- lo prese in giro un agente dell’ufficio.

Joe intuì che il collega stesse cercando i propri occhiali; li individuò accanto ad una pianta:

-Aspetta, te li passo io.- A quella frase tutti smisero di ridere. Il detective squadrò per un attimo quelle lenti così spesse. Quanto era miope il loro proprietario?? –Tieni, Pierre.-

-Grazie, capo.-

Pierre Gerard era un uomo timido, riservato e imbranato. Vestiva sempre in giacca e cravatta, portava i capelli castani pettinati all’indietro ed era alto e magro, con la schiena leggermente curva. Difficile dargli un’età, forse una trentina d’anni o giù di lì; la sua voce, bassa e nasale, si sentiva solo quando doveva comunicare informazioni da un agente all’altro dato che non era abituato a parlare con gli altri in termini di socializzazione. Aveva le lentiggini sul viso talmente fitte da sembrare uno spruzzo di caffè, e senza i suoi occhiali da talpa non vedeva niente; gli andavano spesso in avanti per via del naso un po’ grosso.

Tutti lo prendevano in giro per la sua goffaggine, che lo portava ad inciampare anche sul niente. Lavorava in archivio da un anno e mezzo, ormai, e per le sue caratteristiche si poteva dire che Joe gli si era abbastanza affezionato; lo vedeva come una specie di cucciolo pasticcione. Una specie di Averell II.

Per questo Dalton aiutò Pierre a raccogliere i fogli finiti per terra, sotto lo sguardo degli altri agenti che temevano di aprire bocca. Il detective era una mezza tacca in altezza, ma picchiava sodo.

-Tornate al lavoro o vi dimezzo la paga!- li minacciò Joe. L’archivista gli porse i documenti: -Sono i dati relativi alla collana rubata che ci ha mandato il direttore del Louvre.-

-Ah, grazie.-

-… Signore, se posso permettermi…-

-Sì?-

Gerard deglutì nervoso e arrossì vistosamente: -Io… Io so-sono sicuro che lo acciufferà quel Lucky Luke!!- Corse via in direzione dell’archivio.

Uno degli agenti soffocò una risata, ma Dalton lo sentì lo stesso: -Cosa ti diverte, Bonnet?-

-Oh, no, capo…- Troppo tardi l’agente si era reso conto del suo errore. I colleghi gli fecero vuoto attorno.

-Coraggio- sorrise Joe con aria tranquilla, incrociando le braccia dietro la schiena.

-Solo questa simpatica teoria…fra di noi… Su Pierre che avrebbe una cotta per lei…-

Mantenendo l’espressione, il detective si avvicinò a Bonnet, gli fece cenno di abbassarsi alla sua altezza e, senza preavviso, gli rifilò una sonorissima sberla.

-Ora al lavoro, o ti spedisco a dirigere il traffico!!-

  
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