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Autore: alga    06/09/2016    15 recensioni
Oscar chiuse gli occhi e strinse la mano di André in una delle sue poggiando l'altra sul suo petto, là dove il suo cuore batteva, forte come il proprio.
**Il disegno, o meglio lo splendido racconto in immagine alla fine del primo capitolo è di Sabre, che ringrazio.**
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Uno strano inizio

Com’era iniziato … com’era stato che un giorno i loro respiri si erano fusi in un unico suono, il battito dei loro cuori in un gemito e come avrebbe potuto rinunciarvi ora, dopo che tenendola tra le sue braccia aveva conosciuto la felicità perfetta. Per lei aveva rinunciato alla sua vita, a lei aveva sacrificato se stesso precludendosi ogni possibilità di realizzazione individuale. Era stato giusto? Aveva fatto bene?
Se l'era domandato e spesso a dire il vero, specie quando nei corridoi di Versailles camminava sempre un passo dietro di lei, praticamente invisibile agli occhi di coloro che, vestiti di seta e arroganza, lo ignoravano o nel migliore dei casi lo trattavano con la distratta benevolenza che si riserva a un animale domestico, ed anche mentre nelle scuderie, o nelle cucine o in qualsiasi altro posto riservato a quelli del suo rango, attendeva che lei finisse le sue mansioni, rendendosi conto, nell'attesa, di avere davvero poco da dire o da condividere con gli altri suoi pari. 
Un domestico istruito… uno che non può stare nei salotti, ma non sta bene nelle cucine, eternamente fuori posto …
Eppure un posto adatto a lui, nel mondo, avrebbe potuto trovarlo. Non gli sarebbe stato difficile mettere a frutto ciò che il benevolo interesse del generale Jarjayes gli aveva così generosamente concesso. Trovare un lavoro più adeguato, che gli desse soddisfazione e magari un ruolo sociale di maggior rispetto; no… non sarebbe stato difficile, doveva  solo... rinunciare a lei. In fin dei conti il mondo era pieno di donne da amare... 
Amare qualcuna che non fosse Oscar… sorrise a quel pensiero mentre il dorso della mano scivolò piano tra la mascella e il collo della donna addormentata accanto a lui, avvolta nel velo tremulo della penombra.
Impossibile…
Impossibile perché per qualche strano ed inspiegabile motivo, forse per una sorta di alchimia di fantasie e presagi dell'anima, che fin dal loro primo incontro l'aveva come avviluppato, Oscar era l'unica donna con cui immaginava di poter condividere la vita. Ogni volta che la guardava era come se guardasse il sole, il suo splendido sole… tutto di lei lo affascinava, non di certo solo il suo aspetto. Il suo animo, puro come acqua di fonte e al contempo ardente come la fiamma viva di un incendio; la sua irragionevolezza e la testardaggine, degne del più classico dei muli, che la portavano talvolta a sbagliare, spesso a cacciarsi nei guai, ma anche a non arrendersi, ad essere forte, addirittura travolgente nell’affrontare il mondo, una forza che lo rapiva, lui così calmo e riflessivo, e lo inteneriva nel contrasto che offriva con quella fragilità di  fiore e l’insicurezza di  bambina che invece aveva quando era di fronte a se stessa.
Dunque a che scopo porsi certe domande. Era giusto? Era sbagliato? Faceva bene? Faceva male? Non importava … La amava e non avrebbe potuto fare altrimenti; e se per anni a lei l'aveva legato la sottile incertezza di una speranza, oramai da tempo a legarlo a lei a doppia catena, era la certezza di una schiavitù. 
Oscar gli era entrata nel sangue. Era una parte di lui, quella più viva e splendente, quella senza la quale si sentiva incompleto e smarrito, com’era stato nei giorni bui in cui si era persa dietro la fantasia di un amore impossibile e lui aveva passato i mesi a lacerarsi nel desiderio dell’unico possibile.
Era stato in una notte d’autunno che, inaspettato come un dono, quel desiderio si era realizzato.
Gli aveva chiesto di portarla a Parigi quella sera, gli aveva detto che aveva voglia di bere e lui aveva acconsentito nonostante il motivo di quella richiesta gli avesse stretto il cuore.
Quel pomeriggio avevano incontrato un soldato, un reduce di quella lontana guerra per cui Fersen era partito ammantato di malinconia; dignitoso e coraggioso come un eroe, insinuandosi ancor più nel cuore idealista di Oscar che non aveva voluto vedere in quel gesto, né la vigliaccheria della fuga, né la viltà dell'abbandono, né l'egoismo di chi spera di poter dimenticare e voltare pagina, lasciando sola con se stessa la donna che amava e che lo amava e che quella possibilità non l'aveva.
Si era sempre detto che Fersen avrebbe dovuto tacere  se davvero avesse tenuto al suo amore impossibile, convivere in silenzio con i propri sentimenti, dominarli per non causare alla donna che diceva di amare un'inutile sofferenza … Era difficile, ma non impossibile, bastava cercare di non pensare solo a se stessi, di contenere il proprio desiderio proteggendo così l'oggetto del proprio amore.  Esattamente come faceva lui e come avrebbe fatto se pure avesse avuto quella possibilità che non aveva...
Sorrise di se e di quel discorso che si era infinitamente ripetuto, un discorso che, in conclusione, non reggeva e che era crollato in un attimo, una notte di cinque anni prima sotto lo sguardo esterrefatto degli avventori di quella taverna in cui erano entrati per bere.
Se ben ricordava non era proprio un postaccio d’infimo ordine, ma di certo non era un posto elegante. Era uno di quei posti dove va chi vuole stare allegro e in buona compagnia senza però rischiare di ritrovarsi in un vicolo con la gola tagliata e le tasche vuote.
Erano entrati in silenzio, ognuno accompagnato dai propri demoni e subito erano stati accolti da un rumoroso vociare che si accompagnava al rumore dei dadi che erano rumorosamente sbatacchiati in una tazza prima di rotolare su un largo tavolaccio di legno sotto gli occhi di un numeroso gruppo di giocatori che li seguivano attenti, imprecando o gioendo secondo la fortuna.  Avevano superato un tavolo cui sedevano tre uomini, piuttosto alticci che bevevano e ridevano e preso posto in un angolo un po’ appartato che offriva un’ottima visuale della sala fumosa e della variegata umanità che affollava quel posto così diverso, eppure tanto simile ai saloni affrescati della Reggia. Quello era il mondo della povera gente: di coloro che non avevano avuto la fortuna dalla loro parte, che non vivevano in palazzi sontuosi, ma in umide stamberghe, che bevevano vino senza pretese in bicchieri di stagno invece che vino d’annata in calici di cristallo, che indossavano abiti rattoppati invece che sete preziose, ma nonostante queste vistose differenze,  sia gli uni che gli altri si affannavano ad inseguire tra vino, giochi d’azzardo e compagnia più o meno buona una felicità ed una spensieratezza difficili da raggiungere.
Ricordava bene anche l'oste André. Era un uomo dall'aspetto rubicondo e un ventre degno di persona del suo mestiere, li aveva raggiunti poco dopo che si erano seduti, pulendosi le mani sul grembiule, tutto felice di vedere nella sua bettola due clienti che avevano la parvenza di chi poteva pagare fino all'ultimo soldo di ciò che avrebbe bevuto e la faccia di chi aveva bisogno e intenzione di bere parecchio.
Le sue speranze non erano state disattese e nonostante l'impegno di André per controllare il tiro, erano già alla seconda bottiglia, quando una procace bellezza rossa si era venuta a sedere sul tavolo innanzi a Oscar.
“Ma che bell'ufficiale abbiamo qua questa sera!” Aveva esordito la donna con sorriso e sguardo da sirena, sollevando il viso di Oscar con un dito mentre s’inclinava in avanti avendo cura di offrire allo sguardo il proprio tornito decolleté.
“Lieto di ricevere l'apprezzamento di una così graziosa … Signora" aveva ribattuto Oscar prendendole la mano e allontanandola gentilmente da se dandole con quel gesto l’illusione di volerla meglio apprezzare; la donna compiaciuta, aveva fatto un lento giro su se stessa sollevando con civetteria l’orlo della vistosa gonna gialla, per meglio mostrarsi in tutta la sua grazia.
Oscar aveva abbozzato un sorriso d’apprezzamento. 
"E di sapere che incontro il gusto di qualcuno...” aveva aggiunto con un’ironia rivolta più a se stessa che alla prostituta “Al vostro buon cuore madame!"  e sollevato il bicchiere lo aveva vuotato in un sol sorso, imitata da André, che dall'altro lato del tavolo con la schiena appoggiata alla spalliera della sedia e le lunghe gambe accavallate, osservava la scena senza parlare e aveva risposto al suo brindisi con lo stesso gesto ed un sorriso triste.
La donna aveva riso, e lusingata dall'appellativo per lei inusuale e dai modi cortesi del bell'ufficiale, che sembrava non sentirsi sufficientemente apprezzato, si era creduta in dovere di consolare quel giovane imberbe il cui tenero e di certo inesperto cuore, qualche stupida doveva aver crudelmente calpestato.
"E come potrebbe essere altrimenti" aveva detto suadente "Vi garantisco, mio giovane Signore, che raramente ho visto un soldato bello e affascinante come voi, e si che ho una certa esperienza in materia di uomini... " aveva aggiunto provocatoria, allungando l'indice a sfiorare il mento di Oscar che per un momento l'aveva fissata in silenzio, sorpresa,  per poi lasciare andare il capo all'indietro in una sonora e divertita risata, mentre Andrè bofonchiava un quanto mai opportuno: non si direbbe.
Attribuendo al vino, che, in effetti, aveva giocato il suo ruolo, quell'improvviso scoppio d'ilarità, la donna l’aveva guardata ridere senza scomporsi, quindi si era alzata e dopo averle girato intorno con lentezza da gatta, le si era seduta in grembo.
"Lasciate che ci pensi io a farvi capire quanto possiate essere gradito a una donna degna di questo nome." Le aveva sussurrato accostandosi al viso e facendole scivolare entrambe mani dalle spalle al petto.  
Infastidita da quella carezza audace e dall'odore acre che emanava la sua pelle, spruzzata di un profumo dolciastro, Oscar l’aveva allontanata bruscamente spingendola questa volta in malo modo e quasi facendola cadere.
"Ma cosa diavolo vi è preso razza di idiota!" aveva sbraitato offesa la donna, con rabbia, perdendo in un momento ogni dolcezza e portandosi le mani sui fianchi con il viso rosso di collera, mentre Oscar, ancora disturbata dal senso di nausea che aveva provato e con la testa che le girava per il vino bevuto, sentiva di non aver motivo di continuare a essere cortese con quella creatura importuna e volgare.
"Non ve la prendete." Era intervenuto a quel punto André, che per quanto avesse bevuto, ancora aveva la lucidità necessaria per rendendosi conto che il vino aveva ormai troppo infiammato il sangue di Oscar perché potesse lasciar perdere come sarebbe stato opportuno ."Il mio giovane amico è un po’ timido ed ancora inesperto per poter apprezzare certe attenzioni” aveva continuato con voce conciliante e tono paziente cercando di calmare la donna. 
Oscar aveva sbuffato un sorriso e scuotendo la testa era tornata a sedersi, quindi si era riempita il bicchiere e se lo era portato alle labbra, mentre la prostituta ancora scura in viso, si era voltata verso André.
Ad accoglierla trovò un sorriso cordiale che rischiarava il verde cupo di due occhi profondi come laghi che lasciavano trasparire un’ombra di malinconia, una sorta di travaglio interiore che spesso aveva visto nello sguardo degli uomini che amavano lei, ma sognavano un’altra. 
Per quegli uomini tristi lei era Gisèle o Amélie o Sophie, e non se ne faceva un cruccio, anzi se ne compiaceva perché in quei momenti non era più una volgare meretrice, una sporca donna di malaffare, una puttana… ma era un sogno, era l’amore, l’unico che le era stato concesso di conoscere, che le era permesso vivere. E con quell’uomo bello e un po’ triste, dalla voce gentile e gli occhi da incantatore, l’avrebbe vissuto molto volentieri, qualunque fosse stato il nome con cui l’avesse chiamata. 
“Scommetto che voi, invece, siete in grado di farlo” aveva detto inarcando le sottili sopracciglia scure e schiudendo le labbra morbide e rosse in un sorriso seducente, mentre avvicinandosi languida pensava che forse, quella sera, le sarebbe ancora riuscito di unire utile e dilettevole…
Per la prima volta da quando l’aveva vista André la guardò davvero. Era giovane, forse vent’anni o poco più, e non ancora sciupata dal suo mestiere. Non era male, pensò, aveva un viso forse un po’ spigoloso, ma grandi occhi scuri che lo addolcivano, il collo aveva una linea morbida le spalle erano tornite, il seno alto e pieno, non era esattamente il suo tipo di donna, ma era bella e si muoveva e parlava come una gatta in amore, ma soprattutto lo guardava come se fosse l’unico uomo sulla faccia della terra.
Cosa non avrebbe pagato perché Oscar lo guardasse a quel modo, e invece  lei neanche lo vedeva, persa dietro il ricordo degli occhi grigi dell’affascinate conte svedese e a chi sa quali fantasie. 
Pesante come un macigno, doloroso, insostenibile, un pensiero lo aveva schiacciato: lei sognava Fersen come lui sognava lei? No, no, no! Non poteva essere! Non poteva! E lui... lui... non poteva essere geloso anche dei suoi sogni, delle sue fantasie! Strinse tra le dita il bicchiere di vino ancora pieno con cui fino ad un attimo prima aveva giocherellato guardando Oscar che fingeva di essere ciò che non era e mai sarebbe stata e lo svuotò in un sorso! Stava impazzendo e averla innanzi agli occhi quella sera così smarrita e triste non l’aiutava affatto.
Il liquido era sceso aspro nella sua gola, ma non aveva placato il turbamento, non allentato la tensione, non annegato il dolore.
Senza neanche rendersene conto André aveva posato il bicchiere sul tavolo e si era alzato, e afferrando la donna per la vita l'aveva attirata a se.
"Anche io ho bisogno di essere consolato e dimenticare sapete?” aveva detto facendole scivolare lentamente una mano dal collo alla spalla mentre con l’altra le teneva la schiena.
Un sorriso soddisfatto e sensuale si era allargato sulla bocca della donna che con malizia si era morsa il labbro inferiore, trattenendo una risata che prometteva delizie.
Senza capire perché Oscar si era sentita gelare il sangue mentre una sensazione di frustrazione si faceva lentamente strada nella sua mente confusa quando la donna lo aveva spinto a sedere e sollevando la gonna fino a scoprire le ginocchia si era messa a cavalcioni su di lui ed iniziato ad carezzare con la punta delle dita il torace di André scendendo piano, descrivendo piccoli cerchi, fino a giungere ai fianchi dove aaveva indugiato in fuggevoli carezze piene di promesse prima di  tuffarsi nell'orlo dei pantaloni.
“Siete troppo audace madame, mi mettete in imbarazzo, siamo in un luogo pubblico” aveva detto Andrè con un sorriso forzato e un certo sforzo di volontà bloccandole le mani prima che si spingesse troppo oltre.
La donna aveva riso reclinando il capo all’indietro ed André in quel momento aveva incrociato lo sguardo di Oscar che lo fissava senza battere ciglio,  indifferente e lontana ai suoi occhi, quando in realtà era  impietrita e cercava con tutta se stessa di dominare il fastidio aggressivo e violento, quasi doloroso, che quella scena le provocava e che divenne insopportabile quando la donna prese il viso di André fra le sue mani, riportando a lei il suo sguardo, con l’evidente intenzione di baciarlo.  
Incapace di resistere oltre, Oscar era scattata inpiedi.
“Dove vai ?”le aveva domandato André vedendola alzarsi ed afferrare il mantello che aveva poggiato sulla sedia entrando.
 “A casa" aveva risposto lei con voce sbrigativa. "Tu rimani pure con la tua amica.” Aveva aggiunto con freddezza.
André aveva sospirato e si era passato una mano sulla fronte come per schiarirsi le idee dopo un sogno.
“Vengo con te”  aveva detto infine facendo alzare la donna che ancora era seduta sulle sue gambe e alzandosi a sua volta.
“Non ce n’è bisogno” aveva ribattuto Oscar infastidita.
“Ha ragione” si era intromessa la terza incomoda “È abbastanza cresciuto per poter rincasare da solo, dimenticatevene e vi garantisco che quando avrò finito con voi avrete dimenticato anche il vostro nome”
Oscar aveva sollevato un sopracciglio “Sentito? Resta pure André ti si prospetta finalmente una serata interessante, stasera non t'impongo la mia compagnia, sei libero e padrone di impegnare il tuo tempo in attività più piacevoli  che ascoltare Mozart, sorbirti noiose sedute di lettura o monotone  partite a scacchi " 
Quelle parole avevano lasciato André di sasso. Per un lungo momento l'aveva fissata stranito domandandosi perché mai avesse tirato in ballo le loro serate  insieme, ironizzato su quei momenti esclusivi e per lui tanto preziosi che nulla avevano a che vedere con quello che era accaduto un attimo prima per i troppi bicchieri di vino  e  la frustrazione  che si portava nel cuore. Come era possibile si era domandato che Oscar non si rendesse conto di quanto gli piacesse passare con lei il suo tempo, che la sua compagnia non era un'imposizione, ma un piacere sincero. Una profonda delusione gli avvolse il cuore e complice il vino bevuto che non lo faceva pensare e gli dava una leggera ebrezza, decise di averne abbastanza, di non poter più trattenere i suoi sentimenti. 
Lei doveva sapere e  capire e non gli importata cosa sarebbe successo quello che avrebbe detto o fatto dopo.
 "Oscar… " aveva detto quasi in un sussurro "Tu per me sei..” 
Stava per dirle che  lei era l’unica, la sola compagnia che gli interessasse avere, che adorava ogni singolo minuto delle sere passate insieme, che sentirla suonare era la cosa che più gli piaceva al mondo, che leggere per lei, che lo ascoltava ad occhi chiusi, gli dava uno straordinario senso di pace e appagamento e ancor più ascoltarla quando era lei a leggere per lui, e che... che anche le loro infinite partite a scacchi gli piacevano, sebbene dovesse aspettare un quarto d’ora prima che lei si decidesse a fare una mossa e si arrabbiasse se si distraeva o chiacchierava troppo o era avventato. Stava per dirle che sarebbe rimasto ore anche solo a guardarla quando era pensosa, ma che preferiva di gran lunga vederla ridere e che  non sopportava che buttasse il suo cuore alle ortiche e soffrisse per un uomo che non si rendeva conto dell’enorme fortuna che aveva avuto.
Stava per dirglielo ma lei non glielo aveva permesso.
“Approfittane André.” lo aveva interrotto con asprezza mentre le sue stesse parole le rimbalzavano nella mente annebbiata "Le cameriere di palazzo hanno troppa paura di tua nonna per attentare alla tua virtù e tu sei un uomo nel fiore degli anni, è bene che quando ti si presenti l'occasione soddisfi certe esigenze… e sai una cosa? Forse dovrei farlo anch'io, magari dovrei cercarmi qualcuno disponibile, chiaramente spiegandogli a scanso di equivoci con chi ha a che fare!” aveva concluso rendendosi solo vagamente conto di ciò che aveva detto e senza dargli modo di ribattere alcunché si era avviata vero la porta con il cuore tremante di furore e l'animo in subbuglio.
André l’aveva seguita afferrandola per un braccio e bloccandola al centro della sala.
Nonostante la poca lucidità Oscar si era resa conto che qualcosa nel suo sguardo era cambiata e un'ombra scura rendeva torbido il verde dei suoi occhi. 
"A me non dovresti alcuna spiegazione..." le aveva detto fissandola e senza lasciarle il braccio, mentre lei lo guardava, le si era fatto più vicino e aveva sollevato l'altra mano a sfiorarle con le dita il labbro inferiore.
Al contatto di quelle dita calde sulla sua bocca, Oscar aveva avvertito un brivido lungo la schiena, si sentiva stordita, ma nonostante la mente annebbiata aveva capito che non era il vino a farle quell'effetto bensì  la sua vicinanza, il modo in cui la guardava.
 Quasi tremando era indietreggiata di un passo, temendo che lui potesse sentire i battiti del proprio cuore, così come lei sentiva il suo respiro.
André le aveva lasciato il braccio "Sono così terribile per te Oscar?" Le aveva detto con un sorriso triste, fraintendendo la sua ritirata "Chiunque ma non io..."
Le sue parole, ma ancor più i suoi occhi e il tono della sua voce erano giunti ad Oscar come un pugno nello stomaco... aveva sentito la bocca farsi secca, aveva ingoiato e scosso la testa, non aveva parole.
Sul viso di André era comparsa una smorfia come di dolore "Io... che vorrei baciarti in ogni momento..."
Quelle parole furono per lei una stilettata “André ..." aveva mormorato sentendo la voce tremarle, rotta da un'emozione nuova, mentre una sensazione sconosciuta le serrava il petto.
"Non immagini quanto mi faccia star male averti ogni giorno affianco e non poterti toccare..." aveva continuato lui, poi improvviso sul suo volto era comparso un sorriso e il tono della sua voce da roco era diventato amaramente dolce.
"Mi dispiace... non volevo turbarti, né con il mio comportamento, né con le mie parole... abbiamo entrambi bevuto troppo andiamo a casa."  
Questa volta era stato lui a voltarsi per uscire. Lei a fermarlo.
"André! Aspetta!" Lo aveva richiamato e in un passo si era avvicinata più di quanto lui in quel momento riuscisse a sopportare.
"Io... non...non  sapevo André...non... io... mi... mi dispiace..." aveva balbettato confusa, mentre il cuore le batteva nel petto e dentro sentiva un'inspiegabile urgenza di parlargli, spiegarsi... di consolarlo.
André aveva distolto lo sguardo, il viso di Oscar gli era parso angosciato, ma anche soffuso di una certa tenerezza, si era detto che il vino gli faceva vedere cose inesistenti, ad ogni modo era troppo per il suo autocontrollo.
"Andiamo a casa e dimentichiamo questa serata. Non importa Oscar... "
"Non è vero..." aveva insistito lei, consapevole solo di non sopportare che i suoi occhi non fossero nei propri.
“Ti prego Oscar... non parliamone più..." l'aveva allora supplicata lui credendo che in quel momento Oscar provasse per lui solo pena, cosa che lo faceva stare più male di ogni altra cosa.
A quelle parole Oscar aveva aggrottato la fronte e  scuotendo la testa gli aveva preso una mano.
"E invece dovremo farlo... e da troppo che non parliamo davvero... e... mi manca..." aveva detto con un sorriso. 
André, sorpreso dall'espressione intensa del suo viso, l'aveva guardata: c'era qualcosa di strano e sconosciuto in lei, qualcosa che non aveva mai visto nei suoi occhi e nella piega del suo sorriso, qualcosa che lo incantava, gli faceva battere il cuore e lo spingeva a tacere e ad ascoltarla, a lasciarla fare.
Oscar gli si era fatta più vicina, i loro corpi oramai quasi si sfioravano.
"E solo ora capisco, mi rendo conto del perché..." aveva sussurrato un attimo prima di incontrare le sue labbra.
Ancora ricordava perfettamente André il sapore di quel primo bacio, dolce come il vino che avevano sulle labbra, caldo, delicato avvolgente e i brividi che l'avevano scosso. In quel momento gli era parso che il tempo si fosse fermato e che al mondo non ci fosse nessun altro tranne loro.
Era stato l'oste a ricordargli che così non era.
"Schifosi sodomiti! Fuori dal mio locale! O giuro che chiamo le guardie!"
Aveva gridato mentre nella taverna calava il silenzio e tutti gli occhi si giravano verso di loro.
Si erano staccati e rimanendo vicini l'avevano guardato, ancora confusi dalle loro emozioni, perplessi, senza rendersi conto lì per lì di quello che stava accadendo.
Poi il rumore di una sedia che veniva scostata bruscamente e le figure di un paio di ceffi che avanzavano verso di loro li aveva fatti capire. Allora André aveva afferrato Oscar per un braccio e prima che lei facesse qualcosa di avventato e pericoloso, l'aveva trascinata fuori. Erano usciti dalla taverna giusto un attimo prima che li raggiungessero, erano montati velocemente in sella ed erano corsi via ridendo, con la testa e il cuore leggeri, seguiti dagli insulti degli avventori e soprattutto della prostituta che era stata il loro involontario cupido.
Ogni volta che ricordavano quella sera non potevano fare a meno di riderne ancora, pensando a quanto poco romantico ed anticonvenzionale fosse stato l'inizio della loro relazione.
Fu col sorriso sulle labbra che Oscar lo ritrovò aprendo gli occhi...
   
 
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