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Autore: Marianna 73    08/09/2016    8 recensioni
Un piccolo missing moment affidato ad un profumo, a raccontare una verità non ancora compresa.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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DESTINATA A LUI


Era scesa nel salone solamente per la prospettiva allettante dell’oblio che le avrebbe regalato il vino del Reno di Colum.
Non rammentava la presenza del bardo, e nel sentirne la voce e la musica, decide di restare fuori dalla vista di tutti coloro che si sono già accomodati sulle panche per  godere meglio dell’esibizione del cantastorie.
Forse, se fosse rimasta semi nascosta dietro una delle grandi colonne, nessuno avrebbe fatto caso a lei e sarebbe riuscita nel suo intento.
Bere, un calice e poi un altro, ancora e ancora, sino a smarrirsi, fino a farsi avvolgere dalla bruma fumosa dell’alcol, quella ovattata e spessa  in cui tutto giunge sfumato e, tutto, anche il dolore sembra attenuarsi. Poi sarebbe  tornata nella sua camera e avrebbe sprofondato la testa nel cuscino, la mente ed il cuore ottenebrati dal fumo denso e grato dell’incoscienza che l’avrebbe riportata a casa, almeno in sogno.
Avrebbe ritrovato Frank e le sue mani gentili, il loro incedere lento sulla pelle, il ronzio lontano delle auto fuori dalla finestra e lo sfrigolio leggero della lampadina dell’abat-jour, quando si accendeva. Nessuno l’avrebbe seguita per spiare ogni sua mossa, nessuno l’avrebbe guardata con sospetto, o minacciata. Sarebbe stata a casa. A casa…

Poi, di colpo, qualcosa cambia, nel profondo del petto. Il sangue accelera la sua corsa nelle vene, spinto a fluire da un’arcana malia.

Percepisce il suo profumo, ancora prima di vederlo. Profumo di cuoio e di lana grezza. Di paglia fragrante e di nebbia…
Lo stomaco le si contrae ed un languore caldissimo la avvolge improvviso,  dorato come il sole di quel pomeriggio alle stalle, in fondo alla bocca lo stesso sapore di vino e di vento.
Poi quando lui le si fa  più vicino,  insieme alla sua voce calda, le giunge l’afrore corposo del suo corpo di giovane uomo  ed il sentore lieve di fumo, imprigionato come una ragnatela odorosa tra il fulvo dei suoi capelli.
“Vi ho fatto segno, Mrs. Beauchamp, non mi avete visto?” Si china un poco, per parlarle e l’azzurro screziato d’erba dei suoi occhi riflette inquieto le fiamme delle torce “Mi sono quasi slogato il braccio, gesticolando, nel tentativo di chiamarvi…”
È calda la sua mano e incredibilmente gentile quando stringe la sua e, tra un sorriso ed un altro agli ospiti che si spostano al loro passaggio, la conduce verso una panca.
Vorrebbe ritrovare la voce, per dirgli che no, non ne ha voglia, che desidera solo tornare nella sua camera, che proprio non è dell’umore adatto per ascoltare le tristi ballate che cantano di battaglie e dolore  ma qualcosa in quel sorriso la paralizza…Nulla può se non seguirlo e inalare, greve e pungente, l’odore oleoso dei finimenti di cuoio e quello aspro della biada che si sprigionano dalle sue mani.
Sono salde e forti e grandi, quelle mani, che non la lasciano, che le stringono il braccio attraverso il tessuto scuro del suo abito, lievi e sicure al tempo stesso, che sono, insieme, supplica ed imperio e promessa di conforto e calore, e la inducono a sedersi, il bicchiere dimenticato tra le mani, il cuore che batte inspiegabilmente ad un ritmo diverso.
Ringrazia con un cenno del capo mentre stringe le mani l’un l’altra inquieta, il profumo di biada sostituito da quello di menta selvatica e muschio, quando lui le si accomoda al fianco e, la testa china sulla sua tempia, torna a parlare. “Questa è la mia preferita” sussurra, accennando alle note che si stanno levando dal fondo della sala. “La conoscete?”
Di nuovo il profumo vivo della sua pelle, mentre scuote il capo in un gesto di diniego.
Qualcosa la paralizza, sul legno duro di quella panca, circonfusa dalla fragranza di quel corpo grande e caldo.
Una sensazione quasi dimenticata, di casa e fiducia, di tenerezza e rifugio e… di abbandono. Come se fosse la cosa più naturale del mondo affidarsi a quella voce rauca e sommessa, caldissima di whisky, che le sta traducendo le parole del bardo.
Qualcosa che non sa spiegare, che pizzica forte le corde del suo istinto, che le imperla di goccioline minuscole l’incavo nascosto tra i seni e le fa trattenere il respiro.
Qualcosa che la obbliga a domandarsi,  aldilà  di ogni logica e volontà, quale sia il sapore di quella bocca ed il profumo di quella pelle, nelle pieghe più segrete e come sarebbe quella voce, impastata di desiderio, a gemere all’unisono con la sua…
Sobbalza a quel pensiero, le guance infiammate  come se davvero quelle labbra le avesse assaporate e quel lamento sentito, in tempo per cogliere le ultime parole di lui, il finire di quella strana leggenda che narra di pietre e viaggiatori e mondi così lontani da sembrare irreali…
Prova a ricomporsi, le mani diacce al pensiero di quel desiderio che l’ha travolta, sulle ali di quella voce ipnotica e di quel profumo maschio e sincero. “Davvero?” riesce a sussurrare, “davvero la ragazza della leggenda  è tornata a casa attraverso le pietre?” 
La voce di lui torna ad avvolgerla, intrisa di meraviglia e magia, ed i suoi occhi rispecchiano quell’incanto rendendolo vivo e reale, come lui, come loro, in quella serata fuori dal tempo.
“Si,” risponde ridandole quella speranza che aveva smarrito nella terribile impotenza di quei giorni “le pietre hanno questo potere…”

Profuma di cenere il lino grezzo del cuscino. 
Ha provato a pensare a ciò che dovrà fare, da quando è  tornata nella sua stanza, cercando di convincersi che riproverà a tornare nel suo tempo, che perseguirà quello scopo, con tutte le sue forze, a costo di morire nel tentativo. 
Ha provato a convincersi che è  la cosa giusta da fare, che è ciò che desidera, con tutta sé  stessa.
Ma ora, sprofondata stanchissima tra le lenzuola, nell’ultimo barlume di veglia che precede l’oblio non può  più  impedirsi di sentire ciò che la sua anima urla, disperatamente, da quando ha lasciato la grande sala affollata di fumo e sogni cantati, sicura che la luce del giorno, domani, cancellerà ogni cosa, ogni traccia di ciò  che proviene da quella notte incantata. Si abbandona, a quel grido muto, a quella verità inammissibile….
È la voce di Jamie, dolce e rotonda come il sapore del miele selvatico spalmato sul pane, a tornarle alla mente, è  il suo profumo di nebbia e di nuvole, e quel pulsare veloce di sangue e respiro a cullarla.
E non è la prospettiva di riuscire a tornare a casa a condurla nell’abbandono ai sogni.
Non è il pensiero di Frank a lenire il suo cuore e a indurre le sue labbra al sorriso.
Non lo ha voluto ammettere a se stessa, nella determinazione della coscienza.
Lo fa la sua anima, ora, quando ogni difesa è caduta e l’unica voce a parlare è  quella del cuore. 
E in quell’ultimo momento di consapevolezza, un istante prima del sonno, comprende che sono  stati quella voce e quel profumo a chiamarla, in quel tempo.
È  stato il canto dell'anima di Jamie a condurla lì.
Perché è a lui che è destinata.
   
 
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