SALVE, questa è la prima fic che pubblico
e quindi prego tutti quelli che la leggeranno o capiteranno qui per sbaglio di
fare una recensione o commento per darmi consigli, correggermi errori o dirmi
se vi è piaciuta!
La storia è ambientata a Krynn, dove si svolge la saga di Dragonlance, scritta
principalmente da Margaret Weis e Tracy Hickman. Chi conosce questa terra mi
perdonerà le mie licenze poetiche sul tempo e sullo spazio, chi invece non la
conosce è ugualmente invitato a leggerla, tanto se non capisce la trama è
normale, in quanto non la capisco nemmeno io ^^! Alla prossima!!!
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Ali di Tempesta - Il Messaggio
Era notte, e Solinari brillava vivida nel
cielo scuro, oscurata a intermittenza da nuvole che passavano veloci, spinte
dal vento del New Sea.
Un drago sorvolava instancabilmente le pianure dell’Abanasinia, e la luce
argentata illuminava chiaramente le sue ali blu, mentre sulla sua schiena
sedeva la figura di un cavaliere. Non indossava elmo nè armatura, e un ampio
mantello –anch’esso blu- svolazzava sulle sue spalle, mentre il cappuccio,
strappatogli dal vento, rivelava lunghi capelli corvini spettinati.
Era ormai l’alba quando il drago cominciò a disegnare grandi cerchi nell’aria e
atterrò dolcemente ai margini di un boschetto di pioppi. Il cavaliere smontò e
si guardò stancamente intorno; quelli erano i confini della patria degli elfi,
Qualinesti.
Silphy sospirò di sollievo per essere giunta a destinazione ed estrasse da una
sacca che portava legata alla vita una piccola sfera argentata che brillò
vivida quando lei pronunciò parole in un linguaggio sconosciuto. Il drago alle
sue spalle, rimasto in paziente attesa intento a scrutare il bosco, scomparve.
Silphy sorrise alla piccola figura blu ora dentro la sfera, e con ultima
occhiata stanca agli alberi, si addentrò decisa nel bosco.
Il sole morente illuminò
per un istante le cime degli alberi attraverso la fitta coltre di nubi, e
affondò oltre l’orizzonte.
Il drago azzurro si alzò in volo dalla foresta e, dopo un attimo di stallo in
cerca delle correnti ascensionali, si diresse rapido verso nord.
Silphy sospirò e ripensò a quella strana giornata, passata nel reame elfico.
Dopo essersi addentrata nel bosco, era stata trovata da una pattuglia di
confine di Qualinost, che l’aveva immediatamente condotta al palazzo. Lì aveva
trovato chi stava cercando, ossia Leweyn, a cui aveva consegnato la pergamena
che recava il messaggio di Dalamar per lei, e per cui aveva intrapreso quel
viaggio. Infine Leweyn l’aveva accompagnata in una passeggiata per l’intera
Qualinost, in cui avevano discusso del contenuto del messaggio, non troppo
chiaro, e durante quella Silphy aveva finalmente rivisto la patria di suo padre
e in cui lei non era mai vissuta, ma che sentiva comunque scorrere nel suo
sangue.
Silphy si volse a guardare dall’alto i boschi verdeggianti di Qualinesti, che
ora scivolavano nell’ombra. In lontananza, colse un ultimo riflesso di luce
sulla lontana Torre del Sole, e ripensò, forse con un po’ di rimpianto, a quel
reame incantato, dove la vecchiaia e il dolore sembravano così lontani, e a
quei boschi assolati, senza la macchia dell’oscurità. Un’oscurità che nel
territorio esterno era fin troppo presente, a cui lei ormai era più che
abituata.
Silphy si riscosse dai suoi pensieri, e guardò verso nord, verso la sua vera
casa, Palanthas, così lontana da lì, ma dove lei sarebbe giunta all’alba,
quando la luce nascente avrebbe svegliato la città. Che era anche suo compito
proteggere.<> Silphy si chinò sul collo del drago:
-Blueprize, affrettiamoci, sono ansiosa di tornare a casa.- disse.
Blueprize girò appena la testa per guardarla con uno degli occhi rosso-rubino e
annuì comprensivo, sbattendo le ali e alzandosi di quota, sempre puntando verso
il nord lontano.
La fioca luce di una brumosa alba
d’autunno accolse il drago e il suo cavaliere quando arrivarono a Palanthas.
Atterrarono distanti dalle mura per non creare allarme tra i soldati di guardia
e presto Silphy si ritrovò sola e infreddolita a varcare le porte della città.
Percorse le strade selciate con passo frettoloso e sgusciò tra gli edifici
bianchi ancora addormentati come un’ombra, avvolta nel pesante mantello blu e
ansiosa di arrivare a casa.
Quando finalmente si trovò ad armeggiare con le chiavi davanti alla soglia
della propria abitazione, un’ombra si proiettò nella sua mente. Un istante, e
scomparve. Silphy alzò lo sguardo e arretrò di un passo, mentre le sue difese
magiche si alzavano pronte. Ma niente si mosse, mentre lei ispezionava con la
magia i dintorni.
Sicura del proprio sesto senso di maga che le aveva salvato la vita in più di
un’occasione, aprì la porta e lasciò che la luce illuminasse l’interno,
aspettando ad entrare.
Un’oscurità pesante e gelida come la morte uscì dall’igresso e un fetore di
putrescenza la avvolse, togliendole il respiro; attese fremente con un
incantesimo già pronto, mentre un’ombra si coagulava nella stanza.
Uno spettro della Torre? Pensò stupita fissando quegli occhi bianchi e
disincarnati davanti a lei, e immediatamente lo spettro parlò.
-Tu sei Silphyell Bluepower- affermò la fredda voce. –Ho un messaggio per te.-
Silphy sgranò gli occhi per lo stupore.
-Da parte di chi?- chiese esitante, anche se conosceva, o sperava di conoscere,
la risposta.
-Il Maestro della Torre te lo invia- rispose lo spettro –Ascolta.-
E tendendo una mano, l’oscurità si infittì, mentre un’altra forma, ancor più
trasperente dello spettro, compariva proprio davanti a lei.
Silphy riconobbe l’alta e aggraziata figura di un elfo avvolto nelle Vesti
Nere, Dalamar, il Maestro della Torre dell’Alta Stregoneria di Palanthas.
-Innanzitutto, scusatemi, Silphyell, se il mezzo del mio messaggio, come ben
so, non vi è molto gradito, ma esso era di una tale importanza e urgenza da
indurmi a diffidare delle tradizionali vie della magia, e per questo l’ho
affidato al mio fedele servitore. Tuttavia, anche così, non posso sapere se vi
siano altri in ascolto, e quindi perdonatemi se parlerò in modo allegorico, ma
spero che voi con la vostra mente pronta e acuta riuscirete a comprendere
ugualmente.- qui l’ombra fece una pausa, metre Silphy sorrideva al pensiero del
modo teatrale che Dalamar aveva utilizzato per inviarle quel messaggio, essendo
certa che esso sarebbe stato di poche parole.
-Dunque, il messaggio che avete recapitato alla mia parente lontana, benchè dal
contenuto molto oscuro, era –ahimè- molto ottimista rispetto ai presagi che
intravedo adesso, e che si fanno sempre più nitidi. Invero temo che le nuvole
intraviste precedentemente non siano altro che il fronte di una perturbazione
molto più estesa e devastante. Dobbiamo tenere pronti i mantelli.- Dalamar qui
sospirò, e Silphy si sentì gelare il sangue, mentre una cupa consapevolezza le
attanagliava il cuore –Ed inoltre, il burattinaio temo rimarrà legato dai
propri fili, sotto le ali della tempesta.- concluse Dalamar in tono cupo.
Silphy sentì le proprie ginocchia cedere e si aggrappò allo stipite per non
cadere, mentre ogni colore svaniva dal suo viso.
Lo spettro riabbassò la mano mentre la figura di Dalamar sfumava e lentamente
scomparve, portando via con sé l’oscurità e il fetore di morte, lasciando la
casa intatta e luminosa come Silphy l’aveva lasciata due giorni prima.
Silphy si raddrizzò tremante e chiuse la porta dietro di sé, appoggiandosi ad
essa con la schiena; si riscosse e, dopo essersi liberata di mantello e stivali
da viaggio, corse al piano superiore spalancando la finestra della propria
camera, da cui si vedeva nitida, in contrasto netto con gli altri edifici
bianchi della città, la Torre dell’Alta Stregoneria, oscura e ammantata di
morte. Silphy la fissò intensamente, mentre il dolore si impadroniva del suo
cuore. Si accorse di essere stanca, sfinita sotto un peso enorme, da una
consapevolezza che era troppo grande per lei.
Si staccò faticosamente dalla finestra e si lasciò cadere sul letto, fissando
con sguardo vitreo il soffitto, ripensando al messaggio di Dalamar.
Mentre il sole saliva nel cielo ed entrava dalla finestra, Silphy finalmente si
addormentò, ma una frase aleggiava ancora nella sua testa, come un avvoltoio.
Il burattinaio rimarrà legato dai propri fili, sotto le ali della tempesta.