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Autore: Mel_mel98    09/09/2016    3 recensioni
Quella che ora sta sfrecciando nel cielo non è una stella cometa.
È una aereo.
È partito oggi da Tokyo. New York è la sua meta.
Pieno zeppo, come sempre, ha spiccato il volo alle 16.45 di questo pomeriggio.
Chissà che cosa ci va a fare tutta questa gente in America.
Di tutti quei passeggeri, due sono in viaggio per lavoro.
Lei, guarda fuori dal finestrino, fa finta di dormire.
È un po' lunatica, non ha più voglia di parlare.
Lui, il ragazzo più misterioso di tutta la metal saga, è immerso nei suoi pensieri.
Forse non vorrebbe essere lì, in quel momento.
Sarà un bene o un male che questi due giovani siano stati costretti a lavorare insieme?
Solo leggendo potrete scoprirlo.
Genere: Avventura, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Tsubasa Otori, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Scomode verità
 

“It may be over but it won't stop there
I am here for you if you'd only care”
Goodbye my lover, James Blunt

Note dell'autrice (sì, come detto nell'altro capitolo da ora in avanti le metterò prima del capitolo):
Udite udite, ce l'ho fatta. Prima dell'inizio della scuola, sono riuscita a buttare giù il trediciesimo capitolo. Sono commossa da me stessa.
Prima di iniziare, le dovute premesse.
Il capitolo ho paura sia uscito fuori leggermente troppo lungo, ma non sono riuscita a spezzarlo in due separati, erano scene troppo collegate tra loro a mio parere.
Spero possiate perdonarmi e che riusciate ad arrivare alla fine della lettura tranquillamente senza addormentarvi sulla tastiera.
Come la volta scorsa, già che ho creato una pagina voglio sfruttarla: qui il link al riassunto della puntata precendente (non s'abbia a vedere che quest'estate ho fatto indigestione di episodi di serie tv) -> https://www.facebook.com/permalink.php?story_fbid=1695408820782917&id=1504712416519226
Buona lettura a tutti, qualunque cosa sapete dove trovarmi, lasciate un commento laggiù nel finestrella apposita :P
Sempre la vostra ritardataria di fiducia,
Mel



“Akane!”
Si voltò e vide Madoka raggiungerla sul campo di battaglia.
“Portatelo all'ospedale immediatamente”- disse guardandola negli occhi.
Madoka annuì, un po' esitante.
La Tategami la intimoriva da morire. Era un effetto che faceva a molte persone.
Madoka era decisamente sopraffatta dalle emozioni, dentro di lei un vortice di terrore e sconforto stava prendendo il sopravvento.
Che cosa era accaduto al possessore di Eagle?
Lei non riusciva a spiegarselo in alcun modo, pur avendo assistito da vicino e monitorato la scena con il suo computer.
Aveva bisogno di un appiglio, di qualcuno di forte e sicuro a cui aggrapparsi.
Sapeva che quando aveva bisogno poteva sempre rivolgersi a Ginka, ma in questo caso il povero Hagane sembrava più colpito e rassegnato di lei.
E così, quando aveva visto l'ormai ex agente della WBBA accorrere in aiuto del loro amico, aveva pensato che lei potesse essere la persona giusta a cui rivolgersi.


“Verrei con voi ma... adesso devo fare una cosa urgente”- continuò Akane, e Madoka si risvegliò dai suoi pensieri.
Sussurrò un flebile “Ma certo...”, prima che l'altra si voltasse e cominciasse a camminare verso l'uscita.
Akane si stava dirigendo a grandi passi dalla parte opposta dello stadio, quando si sentì chiamare da una voce maschile.
“Ehi tu! Sì, dico a te, fermati un po'!”
Lei si fermò e girandosi incontrò lo sguardo devastato del tipo che aveva visto all'aeroporto prima di andare in America. Masamune Kadoya.
“Che c'è!?”- sbuffò Akane.
“C'entri qualcosa in questa storia? Che cosa sta succedendo a Tsubasa?”- gridò il ragazzo mentre si caricava in spalla il compagno.
“Non ne sono certa, ma lo scoprirò presto.”


“Hikaru, vieni con me”- disse afferrandola per il polso.
La segretaria, ancora stravolta per l'accaduto, si lasciò guidare in una piccola stanzetta buia, probabilmente un vecchio magazzino, senza opporre alcuna resistenza.
Akane invece era oltremodo agitata, non riusciva a darsi pace.
“Allora...”- iniziò- “Quando è iniziato tutto questo?”
Entrambe sapevano a cosa si stava riferendo. Non c'era bisogno di dirlo.
“Direi... alle qualificazioni, quando Tsubasa ha combattuto contro Kyoya. È in quell'occasione che per la prima volta si è manifestata la sua furiosa rabbia.”- rispose Hikaru, appoggiando le spalle al muro.
“Ma sarai d'accordo con me se dico che questo non è un comportamento da Tsubasa? Calmo, riflessivo, tranquillo... a me lo avevano raccontato così, o sbaglio?”- domandò l'ex agente.
Hikaru sospirò: “Sì, hai ragione, Tsubasa non è il tipo da perdere il controllo in questo modo. A pensarci bene, durante questi momenti non sembra neanche più sé stesso, sembra piuttosto...”
“...Ryuga durante il Battle Bladers, vero?”- finì Akane avvicinandosi all'amica.
Hikaru spalancò gli occhi.
“No, non ci credo... non può essere che...”- balbettò.
“Non ci credere, Hikaru. Ma io temo proprio che abbiamo a che fare con il Potere Oscuro.”
“No, come è potuta accadere una cosa simile?! Te ne rendi conto anche tu che è una cosa folle, non è possibile! Il Potere Oscuro di L-Drago, Akane! Come ha fatto ad arrivare a Tsubasa?”- chiese la ragazza dai capelli celesti, tremando visibilmente.
In quel momento la porta dello sgabuzzino si spalancò.
“È successo proprio durante il Battle Bladers, quando L-Drago si è preso lo spirito del blader di Tsubasa”- disse Ryo con tono serio, entrando velocemente e chiudendo la porta alle sue spalle.
Le due ragazze lo guardarono stupite.
“Dì un po', ci stavi spiando?!”- esclamò Akane, ma il signor Hagane sembrava particolarmente preso dal discorso e non le dette troppo peso.
“Akane, mi dispiace di non averti ascoltato quando mi hai avvertito. Avevi ragione”- ammise allora.
“Anche a me dispiace di aver avuto ragione, Ryo”- disse tornando concentrata sulla questione- “Ma piuttosto, adesso che possiamo fare?”
Nella stanza calò il silenzio.
Ryo sospirò: “Non lo so. L'unica cosa che io posso fare è togliere Tsubasa dalla squadra. Non può continuare a gareggiare in queste condizioni.”
“Signor direttore, sa bene che Ginka e gli altri non saranno mai d'accordo con questa sua scelta!”- esclamò la segretaria.
Il direttore fece spallucce: “Cos'altro dovrei fare?”
Akane si avvicinò alla porta.
“Dobbiamo pensare ad un modo per aiutare Tsubasa. Se il Potere Oscuro si è impossessato della sua mente combattendo a beyblade, è solo combattendo che riuscirà a sconfiggerlo, questo è certo.”
Era così in pena, così in ansia. Cosa poteva fare lei, per aiutarlo davvero?
“Akane...”- provò a ribattere il padre di Ginka.
“No, non voglio sentire altro. Vedete di trovare un modo pratico per salvarlo. E mentre pensate”- disse guardandoli negli occhi, prima Ryo e poi Hikaru- “...state bene attenti, che nessuno venga a sapere una parola di quello che ci siamo detti qui dentro. Io vado all'ospedale, voi pensate a come far finire presto la sfida tra i Galassia Gun Gun e gli Zanna Selvaggia. Questa manche del torneo sta diventando eterna.”
E detto questo uscì.
Ancora una volta sembrava che avesse tutto sotto controllo. Quando invece la situazione le stava pericolosamente sfuggendo di mano.
***


Seduti nella sala d'aspetto dell'ospedale, erano in trepidante attesa di una risposta.
Tutti in fila, un po' avviliti, preoccupati. Per la sorte del loro amico, per la sorte del loro viaggio all'interno del torneo.
“Io ancora non riesco a capire che cosa gli sia preso”- mormorava Masamune di tanto in tanto, che per l'agitazione non riusciva a stare fermo sulla sedia.
Accanto a lui c'era Kenta, sempre pronto a supportare i suoi amici, che assieme a Madoka riguardava le immagini di quell'ultimo scontro.
“Madoka per favore, spegni il computer”- disse ad un certo punto Ginka, che le sedeva vicino- “Sono stanco di rivedere queste immagini.”
Anche se era distrutto a causa della sua sfida con Kyoya, aveva insistito per poter venire all'ospedale con loro.
Ma era... strano. Non era il solito Ginka di sempre.
Sul suo volto era chiaramente disegnata un'espressione di preoccupazione.
“D'accordo...”- rispose la meccanica- “Va tutto bene, Ginka?”- chiese poi.
“Sì, tutto a posto. Voglio solo smettere di pensare a ciò che è successo per un attimo. E non posso riuscirci senza il vostro aiuto”- rispose mostrando il suo bel sorriso, del quale ogni volta Madoka si innamorava.
“Noi siamo con te, Ginka”- intervenne Kenta.
“E tutti insieme siamo con Tsubasa”- rispose il blader dai capelli rossi.
“E con Yu!”- si aggiunse Masamune, pensando al piccolo che avevano lasciato a riposare in una stanza poco distante.


Akane camminava per il corridoio con un groppo alla gola. Non le erano mai piaciuti gli ospedali. E a chi piacciono, dopotutto?
Cercava di raggiungere la camera indicatale dall'infermiera il più in fretta possibile. Ma le sue gambe sembravano due pezzi di legno in quel momento.
Poi, guardando di lato, scorse una figura a lei familiare.
Era il bimbo biondo, riserva della squadra giapponese e molto amico di Tsubasa.
Se ne stava seduto sul letto, incerto sul da farsi.
Entrò nella stanza guidata dall’istinto, contro ogni sua stessa aspettativa.
“Ciao!”- la salutò calorosamente lui, appena la vide.
“Ciao, ehm... scusa ma non ricordo il tuo nome”- fece lei, leggermente imbarazzata.
“Mi chiamo Yu”- rispose tranquillo lui- “E tu sei Akane, vero?”
“Sì”- disse semplicemente lei, sedendosi vicino al piccolo.
“Tutto bene? È stato scontro difficile, quello di oggi”- chiese dopo un po'.
“Ho solo un po' di mal di testa, ma penso di stare bene. È solo che...”- Yu si interruppe.
“Cosa?”- lo incalzò l'agente.
“Non riesco a dormire. Tutte le volte che chiudo gli occhi arriva un incubo a spaventarmi”- finì tristemente- “Sei qui per Tsubasa, giusto?”
Akane diventò improvvisamente tutta rossa.
“Ehm... già.”
Yu sorrise. “Gli farà piacere vederti, ne sono sicuro.”- pensò ad alta voce.
“Davvero?! Tu credi?”- disse sorpresa la ragazza.
“Ma certo. Ne sono convinto.”
Akane sentì lo strano bisogno di sorridere. Abbracciò il biondino.
“Grazie Yu”- gli sussurrò- “Adesso coraggio, prova un'altra volta ad addormentarti. Sei troppo stanco per riuscire a stare alzato.”
“D'accordo”- sussurrò non troppo convinto lui, distendendosi.
“Ci vediamo presto”- gli disse Akane, prima di uscire.
“A presto”- fece, prima di chiudere gli occhi.




Si svegliò da quell'incubo che lo tormentava dopo diverse ore.
Si sentiva calmo, tranquillo. Si sentiva... sé stesso.
Gli sembrava che, dopo tanto tempo, fosse tornato tutto a posto, più o meno.
Ma non aprì gli occhi.
Sapeva dove si trovava in quel momento, e non gli piaceva affatto l'idea.
Sentiva l'ago di una flebo nel braccio, il suono flebile di alcuni macchinari nella stanza.
Era ovvio che lo avessero portato in ospedale.
Dopo tutto quello che era successo durate il match, cos'altro avrebbero potuto fare i suoi amici?
I suoi amici... chissà cosa stavano pensando di lui, in quel preciso momento.
Forse erano in pensiero per lui, forse si stavano domandando con una punta di rabbia per quale motivo non avesse mai detto loro niente di tutto ciò che sentiva crescere dentro di sé.
Aveva tentato di tenerli fuori da quella situazione che neppure lui stesso capiva molto bene.
In cuor suo aveva sperato di riuscire a controllare tutto quanto, ma nella sfida contro Benkey aveva decisamente perso le staffe. Si era lasciato completamente pervadere da quella forza distruttiva che ogni giorno si faceva più potente dentro di lui.
E adesso... si sentiva strano, diverso. Sconfitto, in qualche modo. Ricordava vagamente il momento in cui era stato sopraffatto, ma quei pochi istanti impressi nella sua memoria, quelle sensazioni lancinanti nel suo corpo, si ripresentavano persino adesso come fossero reali.


Faceva tremendamente male, ripensare a ciò che era successo. Ma in fondo, non riusciva a pensare a nient'altro. La sua mente, svuotata di qualsiasi altro ricordo, era impotente.
Non riusciva a fare niente se non crogiolarsi nel suo odio verso sé stesso, verso la sua debolezza.
Doveva aprire gli occhi, o sarebbe certamente impazzito. Doveva vedere la luce, voleva essere accecato dal riverbero delle lampade dell'ospedale.
Non poteva più rimanere nell'ombra, sarebbe sprofondato nuovamente in balia di quella forza oscura che si stava prendendo gioco di lui.


Si chiese se anche Earth Eagle si sentisse come lui, in quel momento.
Decise che doveva assolutamente alzarsi, che non poteva rimanere disteso in quel letto un minuto di più.
Basta pensare, basta ricordare.
Aprì gli occhi, con un enorme sforzo.
E immediatamente cambiò idea. Non si sarebbe mosso di lì per le ore seguenti.


La vide sul suo letto, stretta al suo petto e immediatamente si chiese come avesse fatto a non accorgersi della sua presenza prima.
Aveva gli occhi chiusi, ma le lacrime luccicavano sulle sue guance, e Tsubasa sentì il cuore volargli in gola.
Con estrema lentezza portò la mano al suo viso, asciugandolo malamente.
“Akane...”- disse, ma la sua voce era così roca in qual momento che quasi si pentì di averlo fatto.
Akane sentendosi nominare trasalì, e con un agile movimento si sciolse dall'abbraccio e scese dal letto.
Era rossa dalla vergogna di essere stata sorpresa in un attimo di debolezza, ma il ragazzo non ci fece caso.
Lei era lì, vicino a lui.
Nonostante si conoscessero appena, nonostante lei avesse sicuramente faccende più urgenti da sbrigare. Lei era in Giappone, non in America come aveva deciso.
Lì... per lui.
“Grazie di essere qui, Akane”- sussurrò, sapendo benissimo che non c'era nient'altro da dire.


“Stai ringraziando un'ignobile presuntuosa. Sono tornata qui per aiutarti ma... io non posso fare proprio un bel niente”- rispose guardandolo in faccia, senza amore, o anche solo amicizia. C'era solo tanto dolore in quello sguardo e in quelle parole.
“Non importa”- rispose lui piano- “Io ti ringrazio lo stesso”
E sorrise, anche se forse in quella situazione non c'era niente di così bello da far sorridere.
“Gliel'avevo detto, a Ryo. Ma lui niente, certe cose le prende sempre alla leggera, sai come fa lui. E adesso...”
“Che cos'è che gli avevi detto?”
Akane esitò un attimo. Non era sicura che quello che stava per dire fosse esattamente credibile.
“Durante la sfida con Kyoya per le qualificazioni, hai decisamente tirato fuori il tuo lato di blader peggiore. Ti sei rifiutato di perdere, il che va anche bene, ma lo hai fatto con rabbia e arroganza. Sono cose che succedono, ma tu non mi sembravi il tipo.”
Si fermò, non ce la faceva a continuare.
Era tutto troppo ridicolo, troppo strano. Ma come si dice... strano ma vero.
“Vai avanti, ti prego”- mormorò Tsubasa.
“Ho fatto alcune ricerche, ho chiesto ad Hikaru. E alla fine sono arrivata alla tua sfida contro Ryuga al Battle Blader. Quando il potere oscuro del suo bey si è preso il tuo spirito di blader.”
Passarono alcuni secondi in silenzio.
“Quindi... stiamo davvero parlando del potere oscuro? Si sta prendendo la mia mente e il mio corpo come fece con Ryuga?”- non riusciva a nascondere il lieve panico che cominciava ad attanagliargli le viscere.
“Io... purtroppo credo proprio di sì, Tsubasa”


“Vorrei davvero poter fare qualcosa, mi sento così inutile”- fece Akane dopo un po'.
“Tu non sei affatto inutile”- ribatté Tsubasa.”
“Sì che lo sono. A pensarci bene... non sono più nemmeno inutile. Non sono più niente, ormai”- disse lei forte, stringendo i pugni.
“Perché dici così?”- chiese Tusbasa confuso.
La ragazza, evidentemente sull'orlo di una crisi cominciò a camminare avanti e indietro per la stanza, facendo preoccupare sempre di più l'altro.
Adesso era lui ad essere in pensiero.
Ad un certo punto, Akane si voltò di scatto verso di lui e letteralmente gli rovesciò addosso la verità: “La WBBA mi ha cacciata, ok? E si sono tenuti Storm Cancer! Adesso non sono più né un'agente segreto né una blader!”- si avvicinò pericolosamente al volto del ragazzo, decisa a sfogare su di lui tutta la sa rabbia e frustrazione- “Dimmelo tu, Tsubasa, dimmelo tu che cosa sono io!”
“Sei la persona che mi ha fatto innamorare. Non so come tu ci sia riuscita Akane, ci conosciamo da meno di qualche mese eppure... eppure ne sono certo. Fidati di me, Akane. Tu sei l'opposto del niente, te lo assicuro.”
Si tirò su dal letto, ignorando le proteste di ogni suo muscolo. Si avvicinò alle labbra di Akane e senza darle il tempo di scappare ancora la baciò.
E lei si appoggiò a lui, riducendo a zero ogni possibile distanza.


L'aveva già baciato una volta, è vero.
Ma questa volta era completamente diverso.
Le veniva da piangere. O forse da ridere. Perché semplicemente quel contatto era tutto quello che le serviva, tutto ciò di cui aveva sempre avuto bisogno.
Era come se in qualche modo avesse trovato l'equilibrio. Dopo tutto quello che era successo per la prima volta non era triste, né spaventata.
Era solo... solo felice.
Perché lui teneva a lei nella stessa maniera in cui lei teneva a lui.
Forse quello non era davvero amore, e sinceramente dubitava di avere qualcosa da insegnare in fatto di sentimenti.
Ma dopo tutti quei dubbi, quelle paure, finalmente aveva avuto una conferma.
Era ancora capace di farsi volere bene.
***


Ryo sedeva, tutt'altro che tranquillo, nel suo ufficio.
Aveva mille cose a cui pensare: il torneo mondiale, Ziggurath in America e adesso anche il potere oscuro di Tsubasa.
Sentiva sopraggiungere una tremenda emicrania.
Non ce la faceva veramente più, era distrutto. Organizzare un torneo a livello mondiale era una cosa affatto semplice.
Troppe erano le cose da gestire, da decidere. Troppi impegni, troppe gare anche per lui che le adorava. Troppa... fatica.
Però la soddisfazione era veramente tanta, doveva ammetterlo. Aveva visto spettacoli entusiasmanti nella manche a cui aveva assistito personalmente.


Ma adesso... era diventato troppo difficile.
Come si poteva pretendere che avesse tutto sotto controllo? C'erano così tanti problemi a cui pensare!
Per adesso aveva archiviato quello della manche dei Galassia Gun Gun e gli Zanna Selvaggia annunciando alle due squadre il quarto e decisivo match che avrebbero disputato e che avrebbe deciso le loro sorti all'interno del torneo.
Aveva mandato da poco Hikaru ad avvertire i ragazzi.


Adesso che ci pensava, anche gestire Hikaru non era più così facile da quando avevano scoperto il ritorno del potere oscuro. Era così nervosa che a momenti rasentava l'isterico.
Però la capiva.
La ragazza era rimasta traumatizzata dal suo scontro con Ryuga al Battle Blader. Tanto da non avere più il coraggio di lanciare il suo bey.
E adesso, per lei era come se tutto ricominciasse da capo.
Il direttore cercava di tranquillizzarla, in fondo Hikaru era una ragazza di animo docile, quando le si chiedeva di fare qualcosa faceva di tutto per accontentare la richiesta.
Non come Akane Tategami, testarda come pochi, che faceva sempre tutto come le pareva. Lei sì che era una tipa difficile!
Adesso poi che aveva in nervi a fior di pelle per le condizioni di Tsubasa, Ryo stentava a sopportarla. Ma stringeva i denti e cercava di ignorare le rispostacce della ragazza, per il bene di entrambi.


Stava guardando fuori dalla finestra, quando vide riflessa sul vetro l'immagine di... Kyoya.
Era decisamente fuori dall'ordinario trovarlo lì, nel suo ufficio della WBBA.
Non lo aveva sentito bussare perché era solito tenere la porta sempre aperta.
“Oh, ciao Kyoya. Come va?”- disse il padre di Ginka voltandosi e invitandolo a sedersi con un sorriso.
Il possessore di Leone chiuse la porta alle sue spalle e si sedette, visibilmente a disagio in quel luogo. Si comportava in modo decisamente strano.
“Meglio”- rispose semplicemente dopo qualche secondo.
Era pieno di cerotti e fasciature. I lividi erano innumerevoli.
Ryo sapeva benissimo che, come suo figlio, il ragazzo non era proprio al massimo della forma.
“Avete saputo del match a squadre?”- chiese ancora al giovane.
“Sì, Hikaru è passata poco fa ad avvertirci in albergo”- disse Kyoya, quasi esitante- “Poi le ho detto che dovevo parlare con te. E così eccomi qua”
Ryo era senza dubbio sorpreso. “Dimmi allora, ti ascolto.”


Kyoya sospirò, continuando a guardarlo sempre più minacciosamente. Anche se in realtà il direttore non gli aveva fatto niente di male.
“Kyoya, perché sei qui? Vuoi parlare con me di... cosa esattamente?”- fece alla fine il direttore, esasperato da quel silenzio. Aveva un'aria decisamente stanca.
“Si tratta di Akane, ok?!”- sbottò allora il ragazzo- “Sono venuto qui, a rendermi ridicolo perché sono preoccupato per lei, perché pensavo che potessi aiutarla! Ma forse mi sono sbagliato!”
Con un gesto rabbioso si alzò dalla sedia, già pronto a tornare dai suoi compagni.
“Calmati Kyoya”- lo ammonì il direttore.
“No, non mi calmo. Non sarei venuto qui, da te, se non avessi bisogno davvero di aiuto, non ti pare?”- ringhiò.
Ryo si avvicinò con il busto alla scrivania. “Sì, hai ragione”- disse guardandolo negli occhi.
Sapeva che per calmare un Tategami la miglior cosa da fare era dimostrarsi disponibili all'ascolto.
“Allora, sei disposto ad aiutarmi?”- disse quindi il blader, scontroso come suo solito.
“Sì, Kyoya. Adesso calmati e dimmi cosa c'è.”


Kyoya era decisamente confuso. Davvero Ryo non sapeva nulla?
Avrebbe giurato che lui sapesse sempre tutto quello che accadeva nella WBBA.
Ma a giudicare dall'espressione sul viso del direttore, questa volta doveva essere all'oscuro di tutto.
“Akane non è più un'agente segreto. L'hanno cacciata”- disse sospirando.
Ryo corrugò la fronte. Non era davvero sorpreso, ma adesso capiva chiaramente il problema che fino a pochi secondi prima aveva ignorato.
“Il presidente avrà scoperto che ha letto il fascicolo di vostro padre nell'archivio. E... beh, credo sia normale che l'abbia cacciata. È vietato per gli agenti accedere all'archivio. Lei sapeva i rischi che correva compiendo quell'azione.”
“Lo so, ho capito, ma alla fine non le è mai interessato lavorare qua dentro, so per certo che il suo unico obiettivo era quello di scoprire la verità sulla morte di papà, ed è proprio per questo che è diventata un'agente”- fece Kyoya in tono serio.
“Ok Kyoya, ma se queste cose le sai già ed è tutto a posto sotto questo punto di vista, che cosa vuoi da me? Io di certo non posso farla riassumere, ma a quanto pare il posto di lavoro a Akane interessa poco o niente adesso... quindi?”- replicò Ryo allargando le braccio, esasperato da quella conversazione che sembrava a senso unico.
“Le hanno preso Storm Cancer, Ryo. Mia sorella è una blader senza il suo bey, una figlia senza suo padre”- disse a quel punto il ragazzo, trapassandolo con lo sguardo- “Devi fare qualcosa. Qualunque cosa. È distrutta, sta lentamente cadendo a pezzi.”


Ryo era allibito.
Era successo davvero. Il presidente le aveva revocato la carica ed il bey Akane Tategami per la WBBA era ufficialmente fuori. Solo un ricordo, forse un brutto ricordo.
Il padre di Ginka cominciò a muovere freneticamente le mani.
Doveva fare qualcosa, Kyoya aveva ragione. Akane sarebbe impazzita lontana dal suo Cancer.
“Non è una situazione facile, quella di tua sorella... Adesso ti spiego: Storm Cancer è stato costruito da tuo padre con un rivoluzionario progetto da lui stesso ideato. Per la WBBA è un'arma importante per combattere i piani malvagi del dottor Ziggurath e della sua accademia di beyblade”
Kyoya spalancò gli occhi.
“Dottor... Ziggurath?”
Ricordava quel nome, nonostante fossero passati degli anni dal giorno in cui lo aveva sentito nominare alla televisione.
Nonostante avesse fatto di tutto per sotterrare il passato, non aveva davvero dimenticato del nome.
Quel nome che era stato pronunciato al posto di quello di suo padre quella sera.


“Esatto”- rispose Ryo- “L'unico superstite dell'incidente aereo nel quale tuo padre ha perso la vita.”
“E quest'uomo ha... un'accademia di beyblade e piani malvagi da portare a termine?”- sussurrò Kyoya, mentre i pezzi cominciavano a combaciare nella sua testa.
L'uomo sospirò. Gli dispiaceva svelare la verità a Kyoya che a quanto pareva aveva fatto di tutto per ignorarla, a differenza della sorella.
“Kyoya... sì. La verità, quella che Akane ha per tanto tempo cercato, è che è stato Ziggurath a far dirottare l'aereo. Ha ucciso tutte quelle persone solo per mettere le mani sugli ultimi lavori di Yori, in particolare quello di Storm Cancer che stava portando in visione alla sede americana della WBBA. Akane non ha mai creduto all'innocenza di quell'uomo, e nemmeno gli agenti segreti allora in servizio. La WBBA ha svolto delle indagini, e la dinamica effettiva dell'incidente è venuta fuori.”
“E nessuno ha mai pensato di mettere in galera quell'uomo, eh? Nessuno ha mai pensato di fargliela pagare?!”- Kyoya urlava, adesso accecato dal dolore.
“No, le possibilità di mandare Ziggurath a scontare una pena tra altri criminali sono nulle. I suoi contatti, le sue amicizie e la sua potenza lo proteggono fin troppo bene. Con la sua accademia e le sue ricerche Ziggurath muove un sacco di soldi, se finisse in galera probabilmente il mondo del beyblade americano sparirebbe. Il nostro è un mondo delicato, se improvvisamente uscisse fuori la notizia in America il beyblade smetterebbe di essere praticato nel continente e piano piano anche negli altri. Il mondo del beyblade ha dinamiche fragili, rischia di sparire se non si fa attenzione.”


“È un mondo di ladri e assassini, se si lasciano correre cose del genere. Ecco cos'è il beyblade.”
A Kyoya, patito di trottole fin dall'infanzia, in quel momento non importava assolutamente nulla del mondo del beyblade.
“Allora avete pensato di tenere per voi, di nascondere ogni cosa sotto al tappeto, giusto? Di fare finta di niente?!”- gridò poi, colto da un nuovo attacco di rabbia.
“Io ancora non lavoravo per la WBBA, prima di tutto. Conoscevo Yori ma non lavoravamo entrambi qua. E secondo... sì, è stato tutto tenuto nascosto. Ma non abbiamo mai smesso di pensare a Ziggurath, te lo posso assicurare. È per questo motivo che sono stati mandati due agenti ad indagare in America, mesi fa”
“Certo, una dei quali era mia sorella! L'avete mandata a scoprire cose sull'uomo che ha ucciso papà!”
Ryo tacque. Non avrebbe saputo ribattere perché era esattamente quello che era successo.
E forse, da una parte lui ce l'aveva mandata di proposito, perché capisse, perché conoscesse il suo nemico. Perché magari perdesse la speranza e smettesse di cercare informazioni proibite e si accontentasse di ciò che aveva trovato in America.
Ziggurath non poteva essere sconfitto in una battaglia o con una rivelazione plateale. Doveva essere annientato con discrezione, lui e i suoi metodi, e non la sua accademia.
Era questo che avrebbe voluto far capire ad Akane, senza però dire niente.
“So che Akane non vuole altro che la vendetta, e adesso la capisco. Ma io no, non mi interessa. Nostro padre non c'è più, se non su qualche pezzo di carta in qualche stanza inaccessibile. Me la sono cavata anche senza di lui, sbagliando forse, ma ce l'ho fatta. Non mi importa di Ziggurath, del torneo e in questo momento non mi importa nemmeno del mondo del beyblade. Mi importa di lei, di mia sorella. Quindi parliamo di lei, del suo bey, della soluzione ai suoi problemi.”
Kyoya si fermò un attimo a riprendere fiato, a riordinare i pensieri nella testa, che vorticavano veloci ed instancabili.
“Quell'ultimo lavoro di cui stavi parlando...”- disse alla fine.
“Si tratta di una speciale ruota di fusione, il cui prototipo tuo padre ha montato sul bey di Akane”- spiegò Ryo.
“Quindi se Ziggurath ha il progetto della ruota di fusione... è molto probabile che l'abbia usata anche lui su uno dei suoi bey”- fece il blader, pensieroso.
“È tornata in America dopo la missione solo per trovare il possessore di un bey identico al suo, che pare essere un membro della squadra americana, e scoprire come funziona la ruota di fusione dato che l'unica copia del progetto è adesso nella mani di Ziggurath.”


Adesso aveva tutto un po' più senso.
Adesso gli sembrava quasi di conoscere sua sorella per davvero, dopo tanto tempo.
Sapeva che aveva sempre avuto dei sospetti riguardo all'incidente di volo, come sapeva che avrebbe fatto di tutto per trovare quell'uomo comparso solo per qualche minuto alla televisione, in quella fatidica sera. Magari originariamente lei voleva solo parlarci, rivivere per un attimo l'accaduto.
Quella era la vendetta che voleva prendersi, la vendetta contro chi aveva affogato quella notizia tra mille altre, e aveva fatto sparire Yori Tategami senza rumore, senza dolore.
Voleva sapere come era accaduto, voleva dare un senso a tutto quello che aveva passato.
Ma adesso, adesso più che mai era certo che Akane non si sarebbe mai fermata, non le sarebbe bastato ricordare. L'avrebbe fatto fuori un giorno o l'altro, quell'assassino.
Avrebbe fatto qualcosa di folle, Kyoya ne era certo.
Ne aveva tutto il diritto, dopotutto. Aveva tutto il diritto di essere pazza dal dolore.
Ma ogni volta che pensava a lei, Kyoya sapeva di essere responsabile di una parte della sua disperazione.
Certo, non era al pari di Ziggurath in quanto a stronzaggine, ma a momenti ci si avvicinava davvero.


Per questo era lì, a scoprire cose che aveva sempre evitato, a conoscere verità un po' troppo scomode per i suoi gusti.
Voleva aiutarla, in qualche modo.
Voleva fare qualcosa di giusto nei confronti della sorella, dopo tanti errori, dopo tanta indifferenza.


“Kyoya, è tutto a posto?”- chiese Ryo, dopo minuti di religioso silenzio passati ad osservare gli occhi blu del blader persi nel vuoto.
“Sì, è tutto ok”- rispose quello- “Ma adesso Akane sa come funziona la sua ruota di fusione?”
“Non lo so per certo... insomma, è una che quando vuole scoprire qualcosa il modo per capirla lo trova sempre... ma non mi ha più detto niente in proposito.”
Poi una scintilla illuminò gli occhi del direttore.
“Ma se sapesse sarebbe un punto a nostro favore! Lei sarebbe l'unica in tutta la società a conoscere un'informazione così importante, e il presidente per forza di cose sarebbe costretto a riassumerla!”
Kyoya annuì soddisfatto.
“In ogni caso, che abbia scoperto la funzione speciale o meno, al presidente potresti raccontare che Akane è a conoscenza di ogni segreto del suo bey. Se è davvero così, meglio per lei. Altrimenti, dovrà fare un altro viaggio in America per tentare di scoprirlo di nuovo”- disse il giovane- “Vado a cercarla, spero non abbia fatto pazzie mentre ero qua.”
“Io vado a cercare il presidente”- fece Ryo alzandosi- “Vedrai Kyoya, tua sorella riavrà presto il suo bey”
 

   
 
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