Una delle rare storie che ho tentato di rendere ironiche
volontariamente, spero che il risultato sia apprezzabile.
Il prologo sarà legato a tutte le prossime shot.
Parte I:
SasukevsRavioli.
Mangia i ravioli ma non farti mangiare da loro.
Va bene, il proverbio forse parlava di saké, ma il concetto
è quello. O forse no, perché
qui si parla di essere mangiati letteralmente e quel mostro sul tuo
piatto non è metaforico ma un vero e proprio raviolo, in pasta e
ricotta, posto che nello schifo preparato da Naruto ci sia finito per caso
qualche ingrediente giusto.
Sasuke deglutisce, pallido. Non il solito pallore sexy che le ragazze
che gli vanno dietro adorano, piuttosto un biancore verdolino dovuto al fatto
che probabilmente rimetterà l’anima a breve, dovendo mandar
giù qualcosa di più pericoloso dei veleni con cui ha avuto a che fare nella sua
breve vita.
L’unico
esponente ancora in vita -in vita ancora
per poco, gli suggerisce il raviolo- della
casata Uchiha prende saldamente in mano la forchetta e prova a spostare la cena
con un colpetto.
Ora ha la sensazione che lo fissi.
Se fosse del pesce o la testa di qualche animale sarebbe comprensibile,
ma si suppone che della semplice pasta priva di occhi non debba dare
quell’impressione. Forse poi il fatto che un singolo raviolo sia grande
quanto un piatto non aiuta a classificarlo nei non viventi. E Naruto sarebbe
capace di averci messo sopra qualcosa di allucinogeno, a ben pensare.
«Io… eww, credo si sia mosso.» li
informa Ino cautamente, seduta al suo fianco ed incapace per una volta di
mostrare tutto il suo disgusto attraverso la sua espressione, rapita dalla
contemplazione della cosa.
Quasi davanti a loro, per la prima volta in vita sua, Choji non si sta
abbuffando, ma giocherella col raviolo stuzzicandolo con una bacchetta. La sua
parte rigonfia trema in modo anomalo e si formano delle piccole increspature,
come le onde nel mare. È poetico e disgustoso, in qualche modo. Ma
è impossibile distoglierne lo sguardo.
«Eww.» ripete Ino, con gli occhi
spalancati.
«Credo che
darò un nome al mio. Lo chiamerò Taro.» afferma Kiba,
assorto, e per un agghiacciante momento che per sempre avrà davanti agli
occhi quando parlerà con l’Inuzuka, Sasuke lo immagina con tra le
braccia un enorme raviolo infagottato nel raso azzurro, e Akamaru ed un
cane-raviolo che giocherellano attorno a loro.
Inuzuka family.
Lo stomaco
dell’Uchiha si contorce.
Sasuke sta per
spingere il piatto avanti e buttare tutti fuori di casa perché, per
l’amor del cielo, se come dice Choji sono davvero felici che sia tornato
tra loro e Naruto vuole festeggiare il primo anniversario, perché lo fa
cucinando quando tutti sanno che così non arriveranno a festeggiarne un
altro? E, domanda più importante, perché si sono ritrovati tutti
a casa sua, due giorni dopo il Capodanno, quando l’accozzaglia di gente
con cui siede a tavola ora è più isterica per il sonno perso nei
festeggiamenti e meno incline ad accettare le schifezze culinarie
dell’idiota che vuole fare festa uccidendo il festeggiato? Forse
Naruto non è davvero felice che sia tornato, forse vuole assassinarlo e
poi ci sarà la vera festa, si risponde Sasuke da solo. Il quartiere
Uchiha è stato raso al suolo come Konoha due anni prima, e lui ha
chiesto che fosse ricostruita solo casa propria, attingendo dai suoi ricordi
tramite una Ino entusiasta di mettere le mani sulla sua mente, perché
tutto il resto delle abitazioni sarebbe stato inutile. Se avesse saputo che la
sua povera dimora sarebbe diventata la succursale della cucina di Naruto, gli
avrebbe dato fuoco personalmente e sarebbe rimasto a Suna.
Il raviolo è d’accordo, presumibilmente.
Choji ha assicurato
che è solo per oggi, davvero
Sasuke, è l’unico giorno in cui ci siamo tutti qui a Konoha,
è solo per Naruto, sai com’è, ma poi non sarà
lui a convivere con l’odore di ramen sui muri che, tra parentesi, non
dovrebbe esserci dato che ramen non è stato preparato. Choji la
pagherà.
E Sasuke sta
veramente per spingere via il piatto, con la speranza che il raviolo non gli
azzanni la mano, e dire qualcosa come: «Ne
ho abbastanza, andate a divertirvi da qualche altra parte.» cosa di
cui nessuno si stupirebbe detta da lui, quando Naruto ritorna dalla cucina,
sbattendogli in faccia il sorriso amichevole e veramente felice, e quei due
grandi occhioni da cucciolo ugualmente allegri e innocenti, con la stessa
espressione ebete di due anni prima dopo il loro scontro, in mezzo alla polvere
e alle macerie, quando gli ha chiesto: «Allora,
resti, bastardo?» e lui ha rantolato: «Dove vuoi che vada con le gambe rotte, idiota?» e
tutti vissero felici e contenti.
E’ una faccia talmente felice e stupida, Sasuke ha iniziato a
pensare che i due aggettivi viaggino insieme nelle stesse facce, che tutti si
muovono intorno ai loro piatti, più convinti che forse c’è
la possibilità che un solo assaggio non distrugga il loro apparato
digerente per sempre.
Lui lo odia. Odia quella faccia. Anche il proprietario, ma soprattutto quella
faccia, perché per colpa sua sta stringendo più forte la
forchetta mentre infilza spietatamente il fratello di Taro, e l’altra sua
mano sta andando al coltello.
«Quest’anno
ho fatto un esperimento ai fornelli.» annuncia Naruto solenne, ignaro di
aver appena ucciso dentro tutti i
suoi amici.
Un secondo dopo si
sente un suono soffocato provenire da Choji. È una specie di schiocco
liquido, uno squish, seguito dal
rumore di qualcosa di croccante che viene morso e poi un altro squish, prolungato e risucchiato.
Sasuke pensa che è il rumore che potrebbe fare dare un morso a
delle interiora umane.
Sasuke si rende effettivamente conto di ciò che
ha pensato e sa, con assoluta e dolorosa certezza, che non mangerà mai
più ravioli, guarderà mai più ravioli, penserà mai
più ai ravioli.
Tutti stanno guardando Choji ora, che è rimasto assolutamente
immobile dopo il primo morso, con ancora tre quarti di raviolo davanti alla
bocca a coprirgli metà faccia, grande quanto metà continente, gli
occhi ancora spalancati. Abbassa la forchetta e, rigido, lascia calare la
mandibola. Tutti quanti la guardano con interesse scientifico andare prima
giù e poi su per una volta. Infine, un rivolo rosso chiaro scivola fuori
dalle sue labbra.
È il panico.
Strilli prolungati, urla, Shikamaru che lo incita a sputare e Lee che
senza un valido motivo sventola un fazzoletto per fargli aria.
Sasuke, esteriormente
impassibile, ne approfitta per spingere finalmente il suo piatto più
avanti e mettersi al sicuro. Sposta lo sguardo alla sua destra, oltre i
compagni di sventura di Konoha, e incrocia gli sguardi del team Hebi/Hawk.
Suigetsu sta ghignando, come sempre, ma stavolta scuote anche la testa “Sono amici tuoi”, Karin ha la
bocca aperta ma si ricompone subito, sebbene sia palese che pensi “Che diavolo ci faccio qui?” e
Juugo sorride divertito: Sasuke gli chiederebbe volentieri di farsi venire uno
dei suoi attacchi schizofrenici ora.
Per qualche ragione gli viene in mente Sakura, che si è dileguata
poco prima.
«Come dicevo…» inizia Naruto apparentemente offeso,
apparentemente in procinto di essere assassinato senza rendersene conto,
«ho fatto un esperimento. Invece della solita noiosa ricotta ho provato a
metterci del ramen.»
Dieci minuti dopo Ino canticchia in cucina, dopo aver picchiato
selvaggiamente Naruto, e sta preparando qualcosa di commestibile velocemente,
con l’aiuto di Suigetsu e Tenten. Hinata ha appena finito di dare una
sistemata alla buona al naso rotto di Naruto, unica ad essersene preoccupata,
ed ora Shino la sta portando mezzo svenuta dopo una involontaria testata al
paziente di fortuna, trascinandola da qualche parte in casa sua. Sasuke ne sarebbe
infastidito, ma ha troppa fame e sinceramente è spossato, quindi
appoggia i gomiti sul tavolo e la testa sopra le mani incrociate, e lascia che
il mondo gli scorra chiassosamente intorno.
Di nuovo nota che Sakura non c’è.
Si gira verso Naruto, sperando di avere un’aria sufficientemente
disinteressata, pronto a chiedergli qualcosa, e coglie qualche sprazzo di
conversazione.
«Gli esperimenti non si fanno sulla pelle degli altri.» lo
sta rimproverando Karin, braccia incrociate e capelli rosso fuoco legati in un
alta coda.
«Ho davvero pensato che Choji stesse sputando sangue, sei un
demente.» aggiunge Kiba, suonando un po’ troppo entusiasta.
Shikamaru annuisce e Ino approva rumorosamente dalla cucina.
«La prossima volta lascerò che lei-» Shikamaru indica
Ino, «Ti uccida.».
Sasuke si chiede di quale prossima volta parlino, e vorrebbe uccidere
lui tutti. In casa sua non ci entrano più di sicuro.
«Ho capito, capito.» borbotta Naruto con aria molto
oltraggiata, seduto per terra con un kunai oltraggiosamente poggiato sul naso
gonfio, per oltraggiosamente sgonfiarlo. È tutto molto oltraggioso per
lui. Prima che Sasuke se ne renda conto però lui si è già
girato a guardarlo, ed eccoli di nuovo, quel sorrisone e quegli occhioni da
cucciolo-barra arma di persuasione. Persino Karin si addolcisce visibilmente.
«E’ che potevi dircelo prima. Comunque non erano da buttar
via.» dice Choji coraggiosamente.
«E chi li butta? Posso insegnare a Taro a parlare.»
suggerisce Kiba e tutti ridono.
«Cercherò Sakura-chan per farmi curare del tutto il naso.
» proclama Naruto a voce alta, e scatta in piedi.
«Vengo con te, ho bisogno di pace.» si unisce a lui Sasuke.
Molte, molte occhiate di scherno accolgono questa infelice uscita, e si sente
correggersi: «Di aria, intendevo dire.»
Naruto annuisce vigorosamente, e lui geme dentro. Si chiede se mai
smetterà di guardarlo come se fosse appena resuscitato e avesse una
tinozza di ramen sulla testa. Questa è almeno l’unica descrizione
a parole del modo in cui lo fissa trasecolato ogni volta che fa caso al fatto
che sia in mezzo a loro, fornita gentilmente da Sakura.
Sakura, che ha pianto due volte: una quando hanno combattuto e Naruto
l’ha trascinato fino a Suna all’ospedale dopo avergli spezzato
parecchie ossa, anche se sarebbe più corretto dire che Sakura ha
trascinato Naruto che trascinava lui, dopo che si erano spezzati parecchie
ossa, e lei ci aveva messo anche del suo quando l’avevano fatta
innervosire; Aveva pianto anche quando, dopo che Naruto aveva annunciato che
sarebbero tornati alle macerie di Konoha per ricostruirla, con qualche jutsu
utile, ed essendo utile sicuramente proveniente da qualche altro paese,
e l’avrebbero fatta esattamente identica a prima, Sasuke aveva lasciato
intendere che non aveva altro da fare e sarebbe andato con loro. Tutto nella
norma, insomma.
Sakura aveva
pianto, lo aveva persino
abbracciato quando era sul letto d’ospedale scatenando le ire di
Karin, e poi aveva cominciato a comportarsi come se fosse sempre stato
lì, ma non nel senso “OH,
Sasuke-kun, ti adoro, sono la tua schiava.” più nel senso
“Bene Sasuke, siamo una squadra, il
team sette. Tu ne hai anche un altro, ma non mi importa. Non mi stare tra i
piedi ed io non intralcerò te. Ah, siamo amici.”
E questo non è nella norma.
Sakura è sempre stata strana, ma ora di più. È
ancora legata ai sentimenti più di quanto una kunoichi dovrebbe essere,
ma assomiglia anche a quella spaventosa donna che fa loro da Hokage, sia
perché violenta, sia perché sicura di sé e determinata.
È indipendente e saccente e matura e giocosa e sempre a suo agio e,
disgraziatamente, Sasuke la trova interessante e, anche se non lo ammetterebbe
sotto tortura neanche a se stesso, la cosa fa un pochino paura perché
può portare a tante strade, tutte inquietanti.
«Sasuke, ci sei ancora? Andiamo a cercare Sakura-chan!» lo
incita Naruto a voce troppo alta come sempre, e Sasuke annuisce. Lo precede,
per liberarsi dei suoi pensieri sperando che restino attaccati ai muri con
l’odore di ramen, e dice addio mentalmente al raviolo, che ricambia.
Spero che Sasuke non sia troppo ooc, nel caso ditemelo e lo
segnalerò. Io lo giustifico con tutto ciò che avrà vissuto
negli ultimi due anni, e nel fatto che dopotutto non dica quasi una parola e
che il suo sia stato un monologo mentale.
Le ripetizioni sono volute, sì.
Io penso nello stesso identico modo, o non sarei riuscita a darle questa
forma temo, quindi posso scusare tutto attraverso la formula -X era voluto
dall'autrice- XD
Il prossimo capitolo sarà SasuSaku, per Recchan.
Quei ravioli esistono, ho scritto la storia a Capodanno e sì, li
ho mangiati a Capodanno. Ed erano così, ma senza ramen, grazie al cielo.
Un saluto a tutti!