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Autore: Zane    11/09/2016    2 recensioni
Le piacerebbe dire che il brutto è passato, ma se getta un'occhiata anche solo fugace alle proprie spalle, scorge ancora l'ombra di un qualcosa che si nasconde nel buio quando lei guarda. Passando in rassegna la sua vita si rende conto che probabilmente non l'ha vissuta a pieno, ma è stato soddisfacente quando Naruto Uzumaki le si è dichiarato di fronte tutta la scuola con fare molto teatrale.
Genere: Angst, Malinconico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Boruto Uzumaki, Himawari Uzumaki, Hinata Hyuuga, Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha | Coppie: Hinata/Naruto, Naruto/Sasuke
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nessun contesto
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He loves me
« Love breaks my
bones and I
laugh »

Charles Bukowski




Hinata lava le stoviglie abbandonate nel lavello d'acciaio con movimenti quasi meccanici. Preme la spugna, fissa la schiuma. Strofina nella parte concava della tazza e intorno al manico, poi lo fa di nuovo. L'acqua ghiacciata scorre dal rubinetto e le bagna le mani pallide e fredde. Il getto è probabilmente troppo forte, schizza un po'. I capelli li ha legati in un nodo stretto dietro la testa, ma alcune ciocche sfuggono continuamente alla presa. Cerca di rimetterle a posto con il polso, per l'ennesima volta, sollevando il braccio.
La televisione parla da sola in sottofondo, nonostante nessuno la stia propriamente guardando. Fuori piove e fa freddo, quindi le tiene compagnia. L'ha impostata casualmente su un canale di cucina per coprire il silenzio. Il vento scuote i pioppi del giardino e lei non ha il coraggio di guardare oltre le tende della finestra. Quel genere di giornate le ha sempre messo addosso una sorta di strana malinconia malcelata.
Sospira, il suo tè posato sul tavolo si è raffreddato. Dovrà buttarlo ed è uno spreco, riflette. La corda del filtro pende ancora dal bordo del bicchiere. Non sa perché l'ha preparato, non aveva voglia di tè. Forse per tenersi impegnata. E forse sta perdendo di vista i principi fondamentali che le sono stati impartiti da piccola, perché è alquanto indecente la maniera in cui si sta comportando. Ha sempre dato ascolto a suo padre, poi una volta ha deciso di fare di testa sua e il risultato è più o meno quello.
Stringe l'orlo del lavello e si sente improvvisamente male, dentro. È come tentare di evadere un pensiero onnipresente, perché Hiashi gliel'aveva detto che da sola, nella vita, non sarebbe stata capace di cavarsela.
Chiude il rubinetto e chiude gli occhi, senza scostare la mano. Un senso di nausea le stritola gli organi interni e si curva leggermente verso il mobile. Si vergogna tremendamente di se stessa.
Ci sono cose che non riesce a capire. Forse si tratta di lei, forse è semplicemente il periodo. La sua testa è così affollata di domande che non è capace di concentrasi su nient'altro. Le piacerebbe dire che il brutto è passato, ma se getta un'occhiata anche solo fugace alle proprie spalle, scorge ancora l'ombra di un qualcosa che si nasconde nel buio quando lei guarda. Passando in rassegna la sua vita si rende conto che probabilmente non l'ha vissuta a pieno, ma è stato soddisfacente quando Naruto Uzumaki le si è dichiarato di fronte tutta la scuola con fare molto teatrale. È stato un po' come venire ripagata per tutte le mancanze e le privazioni di una famiglia altolocata. Dopo tre anni di relazione segreta e un successivo matrimonio sbrigativo a diciannove anni ha detto addio alla casa dove è cresciuta e ai sogni di una carriera per crearsi una famiglia delle favole tutta sua. Col senno di poi, avrebbe aspettato, ma se c'era nel mondo una persona che più di tutte non voleva deludere, allora quella era Naruto. Suo padre si era opposto, come da facile intuizione, e quindi aveva raccattato le sue cose, i risparmi, i ricordi più belli ed erano scappati insieme. Aveva dato alla luce due bambini ed erano riusciti a comprarsi una bella casa, con l'aiuto di qualche amico. È stato come una rapida ascesa al paradiso, ma poi ha perso le ali, probabilmente perché non è una brava moglie.
«Hinata.» Sussulta, voltandosi. Naruto la guarda, lei cerca di ricomporsi e mostrarsi tranquilla. Ha il borsone gettato su una spalla e veste il suo sorriso migliore.
«Vado a giocare a calcetto con i miei amici.» La informa, sempre all'ultimo minuto. E lei non chiede, giusto per darsi ancora un po' l'illusione che sarebbe stata quella, la serata che avrebbe deciso di passare con lei. Ha problemi a lavoro, ultimamente. È stressato, ha bisogno di rilassarsi. Anche se piove forte e va a giocare a calcetto.
«Va bene, amore.» Si asciuga le mani con lo strofinaccio, accennando un sorriso timido.
«Non aspettarmi sveglia.» E si ritrova a dirsi mentalmente che no, lo avrebbe aspettato sveglia, fingendo di dormire, per gettare uno sguardo all'orologio sul comodino e rendersi conto che ogni notte fa sempre più tardi. Si sarebbe lasciata abbracciare senza muovere un muscolo e avrebbe aspettato l'alba per scostarsi, rovinandosi il cervello in cerca di una spiegazione plausibile allo scontrino del parcheggio sotto casa di Sasuke, ritrovato per sbaglio sui tappetini della macchina.
«Va bene.» Lui si avvicina e le bacia la fronte. Facile fare leva sulle sue debolezze, pensa, ma è ancora più semplice dare la colpa agli altri, per questo sta zitta e non chiede spiegazioni.
«Sei sicura ti faccia piacere vada?» Non gli dice mai di no, in un modo o nell'altro, silenziosamente, gli fa passare sempre ogni cosa. E Naruto lo sa.
«Certo, Boruto torna tra poco. E poi non sono sola, c'è Himawari di là che dorme.» Boruto, il figlio adolescente a cui non piace stare a casa, perché risente dell'assenza del padre, che per lavoro o per svago lì non c'è mai. E Himawari, la neonata in fasce che non può tenerle compagnia, perché è ancora troppo piccola. È difficile tenere a bada il maschio, perché di Naruto ha preso solo il colore dei capelli. Lui ce l'ha, il coraggio di parlare, è per questo che le cose tra padre e figlio non vanno bene. E lei deve sempre cercare di mantenere un pacato equilibrio, perché Boruto ha ragione, ma preferisce indifferenza.
«Allora vado.» Naruto se ne va, sente il portoncino dell'ingresso sbattere e poi il motore della macchina che romba. Sembra felice di andarsene. Tutti sembrano felici di andarsene, da lì. Anche Himawari, probabilmente, quando crescerà.
Si volta, per ritornare a fare quello che stava facendo. Indietreggia, sbattendo contro al tavolo con un fianco. Trattiene un gemito, mordendosi le labbra. Non l'ha visto. E non si accorge nemmeno del tè, se n'è dimenticata. Urta la tazza con un gomito e prima che possa provare un qualsivoglia salvataggio, l'oggetto cade. Si rompe. La ceramica si sparge in cento pezzi sul pavimento piastrellato. Il rumore secco rimbomba dentro la sua testa. C'è un attimo di confusione generale, poi si piega sulle ginocchia per raccogliere i cocci. È brava a raccogliere i cocci, modestamente forse è l'unica cosa che le riesce alla perfezione. Solo in un secondo momento si rende conto di essersi ferita al braccio, perché per terra nota delle strisce di sangue e le sue dita sono sporche. È un taglio superficiale, ma stranamente brucia come non dovrebbe bruciare.
Si alza, mette la ferita sotto il rubinetto. Mentre si sciacqua, il rumore dei sonagli di Himawari rimbomba nell'aria. Congela.
È solo suggestione, si dice. È solo suggestione, ma non ha il coraggio di andare a vedere. Ultimamente fa fatica a distinguere ciò che è reale da quello che non lo è. È così confusa da non ricordarsi nemmeno il proprio nome, a tratti. Ed è sempre stanca. Si sente osservata, pedinata e mai sola. Ha l'impressione di averceli intorno, senza riuscire a vederli. Quando ci pensa l'aria diventa pesante e vorrebbe piangere, ma non lo fa quasi mai. Sostanzialmente, potrebbe essere anche solo una proiezione inconsapevole dei suoi nervi che stanno per cedere, ma preferisce dire che è solamente tanto stanca da non ricordarsi dove sistema gli oggetti che spariscono.
Deglutisce, posando lo strofinaccio sul ripiano della cucina e facendo capolino dalla porta con la testa. Il segreto è ignorare e fare finta di niente, un po' come per tutto. Non bisogna mai far capire a nessuno di essere spaventati, perché altrimenti ne approfittano.
Il corridoio è buio e vuoto e incomincia a salire le scale. Si tiene con una mano al muro, perché per qualche ragione ha paura di perdersi. Di fronte la stanzetta di Himawari i sonaglini stanno ancora suonando e quando posa la mano sulla maniglia della porta, quest'ultima si apre da sola e lei raggela.
Entra. Si avvicina alla culla, guardandosi intorno. La stanza è buia, c'è solo un lume acceso. Himawari dovrebbe star dormendo. Ha il fiato corto e il cuore che batte a tremila. Lo sente prendere a pugni la cassa toracica e potrebbe vomitarlo. Tutto quello le causa un'ansia inspiegabile, perché è sempre stata una ragazza paurosa. Non è vero che è solo timida, come dicono gli altri. Lei ha proprio paura del mondo e basta. Appoggia le mani sul bordo della culla, sporgendosi. Scosta le tende e spegne il sonaglio con il pulsante. Si umetta le labbra con la lingua e poi abbassa lentamente lo sguardo, ma Himawari dentro non c'è. Sussulta, indietreggia appena. Ha il forte impulso di mettersi ad urlare, chiamare Naruto al telefono e setacciare ossessivamente la casa, ma deve mantenere la calma. Lei è lì, da qualche parte. È solo che lei non la vede, perché non ricorda dove l'ha posata.
Uno spostamento d'aria la fa voltare automaticamente a sinistra, verso la porta, e nell'angolo c'è una persona, seduta sulla sedia a dondolo. Sente i sensi che la abbandonano e poi si riprende, perché in braccio regge la sua bambina, avvolta nelle copertine. Indossa una veste logora e sporca e i capelli neri le coprono il viso. Il particolare che più di tutti cattura la sua attenzione è la pelle, perché è violacea.
Schiude le labbra, ma non sa che cosa dire. Solleva un braccio, ermeticamente compresso contro al petto, come per comunicarle tacitamente di non fare niente di avventato, ma lei ride. Ride e stringe maggiormente Himawari a sé.
«
Perché dubiti di quello che vedi?» E Hinata a quel punto capisce che al peggio non c'è davvero mai fine e che suo padre aveva ragione. La donna si alza e scappa, esce fuori. E lei la segue, non appena riesce a convincere il suo cervello a muoversi. Sente il rumore dei suoi piedi nudi sulle piastrelle, ma incomincia a sentirli ovunque. Scende le scale freneticamente, anche se è un po' disorientata in una casa che ormai non sente più sua, e si precipita all'esterno, perché la porta principale è aperta.
Si blocca, non appena mette piede fuori. Il suo giardino è pieno di figure scure e minuscole di bambini, che se ne stanno fermi e immobili a fissarla, sparsi un po' ovunque. Una si avvicina, ma non riesce a riconoscerla.
«
Sono una brava bambina, meritavo di nascere, non ti pare?»
Scappa. Non le risponde, scappa solamente. Va verso la piscina, saltando i cespugli e correndo. Quando arriva non ci trova nessuno, solo il corpicino di Himawari che galleggia nell'acqua. E in quel momento le torna in mente che lei, quel bene di lusso, a Naruto non l'aveva mai chiesto. Era stato lui ad insistere, così da poter invitare gli amici e Sasuke, in estate, ma a lei non era mai piaciuta.
«Himawari!» Urla, non appena si rende conto, e senza pensarci due volte si getta in acqua per raggiungerla. In apnea vede il suo visino rivolto in giù e le gambe e le braccia che non si muovono. La vede, la vede chiaramente e quando la afferra, riemergendo, si guarda tra le mani e non trova altro che stoffa. Fa per guardarsi attorno, ma qualcosa la tira di nuovo giù. Soffoca un grido, perché la bocca le si riempie di acqua. Annaspa, cercando di aggrapparsi con un braccio a qualsiasi cosa possa fungere da sostegno, ma non ci riesce. Apre gli occhi e guarda in basso. Oltre alle bollicine, il fondo della piscina è diventato nero. Sembra quasi non esserci più, un fondo e inizia a dimenarsi. Il buio che si modella le stringe le caviglie. Sente delle mani che la afferrano e se la sua sanità mentale non la sta ingannando, allora quelle sono delle braccia.
Solleva il volto, verso il bordo. Incomincia a piangere, ma poi vede qualcuno che si accovaccia e pensa sia Naruto tornato indietro per lei. L'ombra è sbiadita, ma quello non è Naruto. Si stringe Himawari al petto e la saluta, andando via.
Hinata si agita e in qualche modo riesce a risalire. Facendo leva sul bordo con le braccia si tira su, spalmandosi sulle mattonelle del giardino. Tossisce e sputa acqua, salvo poi rimettersi subito in piedi e correre dentro casa. Gocciola e fa freddo, ha i vestiti zuppi e i capelli bagnati. Si sfrega gli occhi, tentando di asciugarsi almeno il viso. Entra dal retro e salta i cocci della tazza ancora dispersi sul pavimento. Dalla finestra della cucina vede i bambini che sono ancora tutti in giardino. Alcuni si stanno dondolando placidamente sull'altalena, gli altri giocano.
Ritorna nella stanza di Himawari, andando a guardare direttamente nella sua culla. La ritrova ancora una volta vuota e si infila le mani nei capelli. Trattiene un grido frustrato e si volta di scatto. L'intento è quello di andare a controllare altrove, ma si ritrova il viso della donna ad un centimetro dal naso e urla, urla forte. Indietreggia all'istante, urtando la culla e rovesciandola. Cade all'indietro, battendo la testa sul pavimento. E non ha nemmeno il tempo materiale per rendersi conto di cosa sta succedendo, perché viene trascinata fuori dalla stanza e la porta si chiude.
Tenta di rimettersi in piedi, ma scivola sul primo scalino e sbatte il volto per terra. Si spacca il labbro inferiore, ma ignora il dolore. Si getta contro la porta di sua figlia, armeggiando con la maniglia e cercando di forzare la serratura. Si sente male, incomincia a piangere. Si fa prendere dal panico e urla, colpendo ripetutamente la superficie della porta con le mani chiuse a pugno. Dall'altra parte, la sente strillare e lamentarsi.
Non sa che fare, si accascia a terra, coprendosi la faccia con le mani. Scarica un po' di quella frustrazione che si è sempre ermeticamente chiusa dentro.
Non si accorge della porta principale che si apre e dei passi frettolosi che risalgono le scale. O di Boruto che la chiama e si avvicina, preoccupato. La afferra per le spalle, anche se si dimena, e riesce a metterla in piedi.
«Mamma, ehi.» Le prende il volto tra le mani e la costringe a guardarlo negli occhi. «Che c'è, che è successo?»
Lei non riesce a guardalo, ha la testa che se non la tenesse ferma si rivolterebbe all'indietro.
«La porta... Si è bloccata, ma Himawari è dentro... Non riesco ad aprirla.» Mormora in frasi sconnesse, flebilmente. Boruto le bacia la fronte, stringendosela contro al petto.
«È tutto okay, ci sono io.» Le dice all'orecchio, afferrando la maniglia. La abbassa e senza opporre nessuna resistenza, la porta si apre.
«Vedi? Va tutto bene.» La rassicura, sfregandole la schiena. Non sa che cosa ha fatto, ma è fradicia e trema. Sembra sconvolta, senza un apparente motivo. La prende per mano e la guida nella stanza. Lei si muove a scatti, perché è impaurita. Si guarda intorno e stringe il figlio. Non riesce a parlare, emette solo piccoli mugolii e tiene gli occhi ben aperti.
«E anche Himawari.» Boruto scosta le tende e Hinata ci guarda attraverso. Himawari dorme placidamente, accoccolata tra le sue copertine morbide, dentro la culla di vimini. E sta bene.

   
 
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