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Autore: Sarah M Gloomy    11/09/2016    0 recensioni
Secondo libro della serie The Exorcist.
Amabel è stata costretta ad accettare di non essere una normale sedicenne, bensì la reincarnazione dell’esorcista della menzogna, morta sul rogo nel 1400. Ha accettato anche il suo compito, quello di esorcizzare gli spiriti con l’aiuto di Lie. Solo che neppure così la sua vita è normale. Quello che ha fatto nell'ultimo periodo continua a ripresentarsi e Ridley, il ragazzo da lei salvato, sembra convinto di conoscere la sua seconda natura. Ma qualcos'altro sta succedendo, come se Bel non fosse stata l’unica persona riportata dal passato.
Genere: Commedia, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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      Chase mi da un colpo alla schiena, come una pacca per complimentarsi. «Chase, io …»
   «Non sapevi quello che facevi. E in ogni modo, già prima quel ragazzo aveva caratteristiche strane, no?»
Sì. Quello che mi avevano impedito di esorcizzarlo a suo tempo lo rendevano particolare: non ricordava nulla del suo passato, piccoli scorci solo quando io mi avvicinavo alla verità. E quando è tornato in vita, anche allora la sua era stata un’esistenza strana. Era ossessionato da Dalila.
Seguo Chase, chiedendomi quanto possa dire agli altri. Sono certa che la verità mi porterebbe di nuovo a essere discriminata, e non so proprio dargli torto! Gli altri se ne stanno fermi, dove li abbiamo lasciati. Warren calcia l’altalena, a ogni colpo il cemento che la tiene affissa sembra intenzionato a cedere. Eliza sta mangiucchiando un panino, più per nervosismo che per vera fame. O forse è il contrario. Ho difficoltà a comprendere quanto il suo vizio influenza il suo comportamento. Robert, pallido, è accucciato a terra, osservato a vista da Philippe. Julia è la prima a vedere il nostro avanzare, gli occhi una fossa nera di pura rabbia.
Chase fa un cenno con la mano, tutti istintivamente ci muoviamo a seguirlo. «Abbiamo un indizio. Il primo fantasma è stato visto in una scuola.»
Jamar corruccia la fronte. «In una scuola? Stai parlando della nostra, di scuola?»
Le spalle di Chase sono rigide. Di nuovo, torniamo in un luogo in cui almeno quattro di noi passano la maggior parte del tempo. Anche Robert, probabilmente, per una questione o per l’altra ha avuto l’onore di passeggiare per le nostre aule. Dal risveglio, lui deve essersi avvicinato a Chase. Dannazione. Se è quello, dal risveglio tutti noi siamo stati almeno una volta lì!
Chase inizia a correre. Sono certa che anche lui sta pensando. Tutte le strade puntano a noi. Forse non è per colpa di Ridley che la città si è trasformata. Forse siamo noi che non dovevamo tornare. Sento Philippe imprecare e lamentarsi per la ginnastica non voluta, mentre supero gli altri. Affianco Chase, prima di superarlo con uno scatto. Merda merda merda.
Il terreno si scuote ancora, penso solo ai piedi che sfiorano l’asfalto e poi si alzano, pronti per un nuovo attacco. La scuola è lì, a un passo da noi, e lo vedo. Lo spirito di ottavo livello è enorme, e l’averlo visto da lontano non mi prepara. È un agglomerato di nulla, di tenebre e sangue che stanno attaccate con qualcosa di non meglio definito, forse paura e rabbia. È un enorme lenzuolo nero, senza forma, se non per delle stilizzate braccia e gambe. Il volto, una sorta di salsicciotto, mostra solo un tunnel da cui sgorga quell’urlo silenzioso che fa vibrare il mondo.
Quelle che sono le sue gambe, sono esattamente nel cancello d’ingresso. Beh, per lo meno avevamo supposto bene sul fatto che lo spirito che protegge il luogo dove vivi e morti si sono incontrati è in realtà l’ottavo livello.
Mi blocco con un gemito, alzando la testa per vedere il cielo. A malapena riesco a vedere il volto dello spirito. Mi sento pigolare. «Mi sento così …»
   «… piccolo.» Conclude Warren. E lui è almeno trenta centimetri più alto di me e Julia!
Philippe impreca nuovamente, Robert è ammutolito, con la bocca aperta. Jamar mi affianca, schioccando la lingua. «Bene. La buona notizia è che sappiamo dov’è quel fottuto luogo.»
   «La cattiva …» Interviene Eliza. «… è che comunque siamo morti.»
Lo spirito si muove a disagio, strisciando e dondolandosi per controllare meglio le pulci degli esorcisti. Per quanto fossimo piccoli, in confronto a lui, di certo ha paura.
Chase urla, per farsi sentire. Il continuo strisciare dello spirito gli fa toccare il cancello, che trepida e si fonde come se invaso da una lava. Ammetto di aver pensato che il modo migliore fosse quello di attraversare lo spirito e fregarsene dell’odore di morte. Ho dovuto ricredermi. Toccarlo, e sarei morta bruciata all’istante. Di nuovo. «Fate gli esorcismi più potenti che siete in grado di fare!»
   «E io che pensavo di dover sobillare lo spirito per ricercare una bella spiritella da fottere.»
Le nostre sette voci si uniscono. «Jamar!»
Mi posiziono, con le mani a triangolo davanti a me. Il punto più alto che riesco a inquadrare è il basso ventre, ma se non ho di meglio mi fa bene anche così. Deglutisco. Sono pronta a compiere un settimo esorcismo? Dannazione, no. Non mi sono ancora del tutto ripresa, e non è certo che il piano funzioni. Se non abbiamo mai usato otto esorcismi diversi per combattere contro uno spirito superiore, un motivo ci deve essere. Solo perché in Dragon Ball gli amici di Goku gli danno la sua energia, questo non significa per forza che noi possiamo fare lo stesso. Devo smetterla di sbirciare i cartoni animati di Edward.
È per lui, però, che sono lì, ferma. Non ho la certezza che l’esorcismo funzioni, ma ho la necessità che qualcosa faccia. Non sarà un’altra Città degli Spiriti, non sarò ossessionata da una miriade di “se”. La croce al collo brucia a contatto con la pelle. Non ho neppure la certezza che, con tutti gli esorcismi fatti, la benedizione sia ancora attiva.
Ha importanza? Come voglio morire? Di nuovo da sola, con la certezza che è a causa mia se verranno catturati, torturati, processati per stregoneria? Di nuovo voglio sentirmi in colpa? O preferisco farlo al loro fianco, con la certezza di aver fatto tutto quello che era nelle mie possibilità?
In fondo, non è male morire per qualcun altro. Non è male sacrificarsi insieme a degli amici. Glielo devo. Lo devo a loro e all’infinità di scelte sbagliate che ho fatto fino a questo momento, a partire da Malachite per finire con Carlos.
Respiro a fondo, alzando le mani. «Settimo esorcismo: imposizione.»
Le catene sibilano, si agganciano al ventre e, altre simili con il colore dell’arcobaleno, si uniscono alle mie. Vedo Chase, vicino a me, nella mia stessa posizione. Le catene dei due esorcismi quasi si fondono, formando una catena più grossa che strizza lo spirito come un canovaccio.
Robert, come mi aspettavo, a fatica regge il quarto esorcismo. Il suo volto è pallido e sudato, la mano sinistra sollevata in preghiera è scossa da piccoli tremiti. Tuttavia, le catene grigie che ne fuoriescono sono salde quando agganciano le gambe dello spirito. Il sesto esorcismo di Julia si aggancia a quello di Robert, con la creazione di un altro strumento di morte. Una catena color oro sventra lo spirito dalla gambe, e per un attimo quel fantasma rimane sospeso nel vuoto, con le gambe che pian piano si polverizzano per andare in altri luoghi. Lì arriva il quinto esorcismo di Eliza, Jamar e Philippe, lo spirito viene letteralmente sollevato. Le catene si uniscono a quelle mie e di Chase, dilaniando lo spirito. Il sesto esorcismo di Warren arriva, lentamente, a unirsi ai nostri e anche quelli di Robert e Philippe.
Lo spirito urla e lo sappiamo non dal suono, poiché è senza voce, ma dai tremori. Mi reggo a malapena in piedi, rivoli di sudore mi scendono dalle tempie e lungo la schiena. Sto per perdere il contatto, quando alle mie spalle sento il petto muscoloso di Warren che mi regge. Vorrei dirgli grazie, ma mi manca voce e forza.
Le catene fanno qualcosa di strano. Come una sola mente, abbandonano lo spirito e avvolgono lui e la scuola in una cupola di speranza.
Oh, Dio mio. Ci stiamo riuscendo. Non stiamo solo esorcizzando un ottavo livello, ma stiamo purificando l’intero luogo. Scosse elettriche percorrono l’aria, piccoli fulmini del tutto visibili attaccano come tante zanzare lo spirito, la scuola, lo stesso cancello dove siamo noi. Il metallo fuso si aggiusta, l’aria carica di morte si fa respirabile, il peso al petto si fa più sopportabile.
Un altro urlo, un tremendo urlo di Munch fa scuotere lo spirito, ma non la terra. E poi, finalmente, ascende. Inizia a scomparire piano, proprio come le sue gambe, in un continuo dibattersi. Non vedo il suo passato, non sento il suo dolore, ma so che qualcosa di lui è rimasto in questo mondo.
Attendiamo ancora, agganciati dai nostri esorcismi. Poi i nostri corpi sobbalzano e il legame è rotto. Scivolo a terra, Warren alle mie spalle ansima come dopo una corsa. Sono presa da mille dolori, le ferite alle mani sono inguardabili e, lo sento, alle gambe le garze si sono inzuppate. Lo supponevo. Troppi esorcismi per una semplice collana.
Julia si regge un fianco, il suo corpo scosso da singulti. Philippe ansima e lo vedo ridere. Poi scoppia. E non è il solo. Prima ridacchio, poi si trasforma di qualcosa di più isterico e sento che anche gli altri, abbandonata la tensione, trovano il tutto divertente.
Abbiamo fottuto un ottavo livello. Mentre lo penso, lancio un’occhiata a Jamar, piegato in due in una risata. Sì, meglio non stargli troppo vicino.
Robert, seduto, alza una mano e mi ritrovo a dargli una pacca, un cinque parecchio debole. Warren scuote la testa. «Ragazzi, siamo forti.»
Eliza si porta le mani al volto, non so se piange dalla felicità o che altro. Il sacchetto di panini è mezzo bruciacchiato al suo fianco. Per lo meno gli spiriti hanno la loro utilità nella cottura del cibo.
Un uccellino plana piano, becchetta il terreno, e poi riparte. È quello il segnale che non siamo più una Città degli Spiriti.
Giro la testa, per vedere la strada che sarà deserta ancora per poco. Sarà dura per la gente spiegare tutto quello che è successo, ma avranno altro cui pensare, monumenti da riparare, spiegazioni razionali da trovare. Non mi accorgo subito che qualcuno sta camminando. La mia risata si spegne piano, obbligandomi a corrucciare la fronte. La persona, dalla stanchezza la mia vista è appannata, sta camminando piano, la sua ombra si allunga nel terreno come lo spirito appena sconfitto.
L’uomo che ci apparve davanti ci sorride, con fare paterno.
Chase trattiene il respiro, io rimango rannicchiata nella mia posizione. Philippe corruccia la fronte e bisbiglia al vento l’impossibile. «Jo … Johannes!»
   
 
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