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Autore: Drunk on Love    11/09/2016    1 recensioni
Quando sei innamorato faresti di tutto. [...] È come la risata nella testa di un pazzo, che riecheggia nelle stanze vuote della mente, dandoti il tormento fino a farti perdere la ragione. Non vorresti che succedesse proprio a te, eppure, allo stesso tempo, lo desideri tanto ardentemente da essere disposto a fare di tutto.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: James 'Bucky' Barnes, Steve Rogers
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1

 
Brooklyn, 5 Giugno 1949.

 
Quando James era di cattivo umore, era solito uscire di casa e andare a passeggiare sul lungo mare, finché il sole e la salsedine non l'avessero rallegrato, o quantomeno stancato. Quella mattina, James era davvero di pessimo umore. La ragazza con cui si frequentava da qualche settimana lo aveva piantato, accusandolo di prestare più attenzione ai giocatori di baseball che a lei. James sapeva bene che non sarebbe durata, ma neanche che sarebbe finita tanto presto. Come se non bastasse, aveva litigato pesantemente con un suo amico e collega, il quale aveva molta influenza sul loro datore di lavoro, per cui adesso rischiava anche il posto. Non che lavorare come venditore di elettrodomestici gli piacesse poi molto, ma gli permetteva di arrivare a fine mese con un tetto sulla testa.
Mentre passeggiava, cercava di distrarsi e pensare ad altro ma, essendo solo, era difficile sfuggire ai pensieri. Raggiunse una panchina rivolta verso l'oceano e vi si sedette, chiudendo gli occhi e lasciando che il sole gli baciasse la pelle chiara.
Non seppe esattamente dopo quanto tempo, ma all'improvviso sentì un rumore, come qualcosa che sbatteva contro i frangiflutti, e si destò dal dormiveglia in cui era caduto. Dovette sbattere le palpebre più volte per riabituarsi alla luce così forte, dopodiché si alzo e si sporse dal parapetto. Non credette ai suoi occhi: a soli pochi metri da lui, a testa in giù, nell'acqua, c'era un corpo. Il suo primo istinto fu di scappare a gambe levate, ma poi qualcosa, nel profondo, lo convinse a restare.
Forse era ancora vivo, forse era suo compito salvarlo. Prese la sua decisione: si tolse la giacca e le scarpe, scavalcò il parapetto e saltò sui frangiflutti, dopodiché si tuffò in acqua per raggiungere il corpo che veniva trascinato dalla corrente.
Avvicinandosi, si accorse che era un uomo piuttosto possente, non più grande o più piccolo di lui. In acqua , il capelli biondi fluttuavano e brillavano di sole. James lo afferrò per un spalla e lo trascinò fino ad una spiaggetta poco lontana. Arrivati a riva, James si accovacciò accanto a lui per controllare che fosse ancora vivo.
Dopotutto era un militare, sapeva cosa fare. Prima di tutto, gli prese il polso. Rimase stupito: debolissimo, quasi impercettibile, ma c'era battito. Iniziò immediatamente il massaggio cardiaco, alternandolo con la respirazione bocca a bocca. Dopo circa un minuto di manovre ininterrotte, l'uomo sconosciuto finalmente riprese a respirare, sputando acqua salata.
«Ehy, amico, sta' calmo. Respira, resta giù,» disse James, sbrigativo. Gli teneva una mano salda sulla spalla, in modo da costringerlo a restare disteso. «Dove..» tentò l'uomo, ma aveva la gola troppo arida e salata per riuscire a parlare.
«Le domande le fai dopo. Adesso vado a cercare aiuto, okay? Non muoverti.»
In quel momento, l'uomo aprì gli occhi e li puntò sul suo salvatore. James rimase a bocca aperta: erano gli occhi più limpidi e azzurri che avesse mai visto.
L'uomo mimò un 'grazie' con le labbra, poi poggiò la testa sulla sabbia e attese, non facendo altro che respirare.
James iniziò a correre verso la strada per tornare a dove aveva lasciato la giacca e le scarpe, sperando di ritrovarle. Per fortuna, almeno quella cosa gli andò bene quel giorno, e riprese i suoi effetti. Frugò nella tasche della giacca in cerca di qualche spicciolo da usare per una cabina telefonica. Dopo averli trovati, corse al telefono più vicino e compose il numero d'emergenza, indicò all'interlocutrice il luogo esatto in cui si trovava e la ragazza gli assicurò che presto sarebbe arrivata un'ambulanza.
James si affrettò a tornare alla spiaggetta dove, per sua fortuna, l'uomo era esattamente dove l'aveva lasciato. Gli andò vicino e si sedette accanto a lui. Gli sollevò la testa e la appoggiò sulla propia gamba destra. Voleva evitare di farlo addormentare, così iniziò a parlargli.
«Ce la fai a parlare?»
L'uomo annuì.
«Come ti chiami?» chiese James.
«S-Steve..» biascicò l'uomo.
«Quanti anni hai?»
«Io..venti-ventisei.»
«D'accordo Steve, te la senti di raggiungere la strada? Ti dò un mano io, okay?» chiese James.
Steve non rispose, ma lo guardò.
«Sarà più facile per i soccorsi se siamo sulla strada invece che sulla spiaggia, ti pare?» insistette James. Steve annuì.
Vari tentativi e tanta tosse dopo, Steve riuscì a stare in piedi, sorretto dalle forti braccia di James. Lentamente, raggiunsero il marciapiede.
James fece sedere Steve sul parapetto e insieme aspettarono l'arrivo dell'ambulanza. James pensò che Steve avesse bisogno d'acqua, ma non poteva lasciarlo solo sul parapetto. Decise quindi di chiedere ai passanti e, dopo qualche sfortunato tentativo, finalmente una donna di mezz'età gli diede una bottiglina d'acqua fresca. Steve bevve avidamente, tanto da far colare due rivoli d'acqua sul mento, fin sul collo, per poi sparire sotto la maglietta già zuppa d'acqua di mare. James ringraziò la donna e, proprio in quel momento, arrivò l'ambulanza.
 
Due paramedici scesero dal veicolo, portando una barella. James gli fece segno di avvicinarsi. Dopo aver fatto stendere Steve sulla barella, i paramedici fecero per portarlo via, ma l'uomo afferrò con quanta forza gli rimaneva il polso di James, implorandolo con lo sguardo spaventato di non lasciarlo solo.
Perfetto, si disse James, adesso devo seguire questo tizio in ospedale.
Non si fece supplicare anche a parole, e salì in ambulanza. Steve respirava ancora a fatica -chi sa quanto tempo era stato in acqua- e James, in fondo, voleva assicurarsi che tutto andasse bene.
In ospedale, i medici tempestarono James di domande, ma come poteva rispondervi, se nemmeno lui conosceva quell'uomo? Tutto ciò che sapeva era il suo nome e l'età, che aveva già detto loro appena glieli avevano chiesti.
«Non so altro, non so chi sia né da dove venga.»
Dopo alcuni esami, i medici comunicarono a James che il cervello di Steve era rimasto relativamente poco senza ossigeno, per cui non aveva riportato danni.
«Sta bene, allora?» chiese James.
Il medico annuì.
«Quindi posso andarmene?»
«In realtà.. il paziente vuole vederla.»
Il dottore se ne andò, senza dare possibilità a James di rispondergli. Ma poi, cosa a rebbe dovuto dirgli? Che non aveva tempo perché doveva lavorare? Era una balla. Che doveva vedere la sua ragazza? Un'altra balla. In fondo, inoltre, quello Steve lo aveva incuriosito. Si chiese cosa nascondeva sotto quel viso d'angelo e, per scoprirlo, avrebbe dovuto conoscerlo.
Si recò quindi nella stanza dove era tenuto e si avvicinò al letto.
«Hanno detto che volevi vedermi,» disse. Steve annuì.
«Volevo ringraziarti,» disse, stavolta con un po' più di forza nella voce.
«Non devi,» fece James.
«Invece sì,» insistette Steve, guardandolo negli occhi, «se non mi avessi salvato, sarei morto.»
James si sedette su una sedia vicina, mantenendo però il contatto visivo.
«Come ti chiami?» gli chiese Steve.
«James Buchanan Barnes,» rispose, sorridendo, «e tu? Non mi hai detto il tuo cognome.»
«Rogers, mi chiamo Steve Rogers.»
  
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